Sulla sanzionabilità per il mancato addestramento dei lavoratori in materia di salute e sicurezza sul lavoro. A cura di Pietro Ferrari.
Il D.Lgs. 81/08 definisce, all’art. 2 (Definizioni), comma 1, lett. cc), l’addestramento come il “complesso delle attività dirette a fare apprendere ai lavoratori l’uso corretto di attrezzature, macchine , impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale, e le procedure di lavoro;”
Con l’art. 18 (Obblighi del datore di lavoro e del dirigente), comma 1, lett. l), indica poi che il datore di lavoro -“e i dirigenti che organizzano e dirigono le stesse attività secondo le attribuzioni ad essi conferite”- debba “adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento di cui agli art. 36 e 37;”. [1]
In realtà, è solo l’art. 37 (Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti) a richiamare l’obbligo addestrativo, ai commi 4 e 5:
4. La formazione e, ove previsto, l’addestramento specifico devono avvenire in occasione:
a) della costituzione del rapporto di lavoro o dell’inizio dell’utilizzazione qualora si tratti di somministrazione di lavoro;
b) del trasferimento o cambiamento di mansioni;
c) della introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi.
5. L’addestramento viene effettuato da persona esperta e sul luogo di lavoro. [2]
In quanto rappresentanti disposizioni descrittive di carattere generale, i commi 4 e 5 non conoscono sanzione.
Peraltro, nel decreto legislativo 81/08, diversi articoli contenuti nei titoli speciali successivi al 1° richiamano l’obbligo generale di addestramento senza che, perciò, sia prevista direttamente sanzione. Sanzioni sono però previste in relazione a specifici obblighi di addestramento. Si tratta allora di verificare quali siano queste norme specifiche, talvolta rappresentate -per rinvio di legge- anche da Accordi Stato-Regioni e decretazioni.
Al proposito vale ricordare che è il comma 3 dell’art. 37 a decidere che:
3. Il datore di lavoro assicura, altresì, che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in merito ai rischi specifici di cui ai titoli del presente Decreto successivi al I°.
Ferme restando le disposizioni già in vigore in materia, la formazione di cui al periodo che precede è definita mediante l’Accordo di cui al comma 2. [“2. La durata, i contenuti minimi e le modalità della formazione di cui al comma 1 sono definiti mediante accordo in sede di Conferenza permanente (Stato-regioni)…”; Accordo intervenuto il 21 dicembre 2011]
L’Accordo S-R sulla formazione dei lavoratori del 21 dicembre 2011, specifica , al suo punto 4, che: “..i rischi specifici di cui ai Titoli del D.Lgs. 81/08 successivi al I° costituiscono oggetto della formazione [specifica, di cui al qui considerato Accordo, p. 4].”
Ciò, però, dopo aver posto in “Premessa”, cpv. secondo, che “La formazione di cui al presente accordo è distinta da quella prevista dai titoli successivi al I° del D.Lgs. 81/08 o da altre norme, relative a mansioni o ad attrezzature particolari.” [3]
Tornando alla riportata definizione di “addestramento”, nell’art. 2, comma 1, lett. cc), come “complesso delle attività dirette a fare apprendere..”, abbiamo rilevato come l’art. 36 (“Informazione ai lavoratori”) mai riferisca esplicitamente all’addestramento.
Anzi, pur richiamando i “rischi specifici cui [il lavoratore] è esposto in relazione all’attività svolta..” (art. 36, comma 2, lett. a). ), non fa alcun riferimento ad “attrezzature, macchine, impianti,..” di cui alla definizione di “addestramento” nell’art. 2.
Tutto ciò, se da un lato sembra convogliare l’addestramento nell’alveo generale di informazione e formazione, dall’altro mostra di privilegiare la formazione come “contenitore” dell’eventuale necessario addestramento. (Non è inutile ricordare che il D.Lgs. 626/94, all’art. 22 “Formazione dei lavoratori”, “ignorava” l’addestramento; con ciò, evidentemente, ritenendolo connaturato -laddove necessario- alla formazione medesima.)
Personalmente, ho sempre sostenuto (forse senza gran fantasia) essere la formazione l’alveo naturale entro il quale vada ad esplicarsi -laddove previsto- l’addestramento. Ciò [ora] anche secondo l’insegnamento della Corte di Cassazione, la quale ben chiarisce come “L’attività di informazione si distingue da quella formativa perché ha ad oggetto il trasferimento di conoscenza, senza che ciò implichi necessariamente la “costruzione” di un saper-fare. Tuttavia è evidente che quest’ultima [la formazione] incorpora la prima.”.
Di significativo interesse è che qui la Corte specifichi come questo “saper fare” debba concretarsi sia in una capacità di “facere” (essere in grado di operare in condizioni di sicurezza) che di “non facere” (essere in grado di sottrarsi a condizioni di rischio). Motiva, infatti, di:
“..competenze che a seconda dei casi prospettano un facere o un non facere.
Detto altrimenti, l’obbligo di formazione, quando si tratti di attrezzature di elevata complessità, suscettibili di richiedere operazioni riservate a personale specializzato, non implica unicamente di far conoscere ciò che deve esser fatto ma anche ciò da cui astenersi, proprio perché ad altri riservato.” ( Cass. Pen. Sez. IV, 23 0ttobre 2014, n. 44106)
Per altro verso, se torniamo alla definizione di “ Addestramento” richiamata in apertura, vediamo come per esso si debba intendere non solo la concreta pratica -guidata- nell’utilizzo di dispositivi e attrezzature. Ma, per l’appunto, il “complesso delle attività diretto a far apprendere ai lavoratori l’uso corretto..” (si pensi, ad es., al cd. “accostamento” e, per l’apprendistato, alla figura del tutor, entrambe funzioni sussidiarie; in questi casi “L’addestramento viene effettuato da persona esperta e sul luogo di lavoro.” – art. 37, c. 4 ).
In più parti il legislatore usa in tal senso i termini “istruzioni” e “istruzioni precise”.
Le stesse “informazioni” possono essere costituite dalla formazione e dall’addestramento:
Articolo 227 – Informazione e formazione per i lavoratori
2. Il datore di lavoro assicura che le informazioni siano:
a) fornite in modo adeguato al risultato della valutazione del rischio di cui all’articolo 223. Tali informazioni possono essere costituite da comunicazioni orali o dalla formazione e dall’addestramento individuali con il supporto di informazioni scritte, a seconda della natura e del grado di rischio rivelato dalla valutazione del rischio; (Tit. IX – Sostanze pericolose, Capo I°-Protezione da agenti chimici)
Ad esemplificazione e conferma di quanto sin qui sostenuto, si richiama il comma 2 dell’art. 116 del D.Lgs. 81/08 (“Obblighi dei datori di lavoro concernenti l’impiego di sistemi di accesso e di posizionamento mediante funi”):
2. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori interessati una formazione adeguata e mirata alle operazioni previste, in particolare in materia di procedure di salvataggio.
e il comma 3 subito specifica che, com’era evidente, “La formazione di cui al comma 2 ha carattere teorico-pratico…”, decidendo, alla lett b), ” l’addestramento specifico sia su strutture naturali, sia su manufatti;”
Specificazione che sarà presente anche nell’Accordo Stato-regioni intervenuto il 22 febbraio 2012 su mandato e in attuazione del comma 5 dell’art. 73 (Informazione, formazione e addestramento) Titolo III (Uso delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuali), D.Lgs. 81/08:
Art. 73
5. In sede di Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, le Regioni e le provincie autonome di Trento e di Bolzano sono individuate le attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori nonché le modalità per il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità della formazione.
Accordo Stato-regioni 22 febbraio 2012,
concernente l’individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori, nonché le modalità per il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità della formazione in attuazione dell’art. 73, comma 5, D.Lgs. 81/08
p. 3.2. Articolazione del percorso formativo
3.2.1. Il percorso formativo è finalizzato all’apprendimento di tecniche operative adeguate per utilizzare in condizioni di sicurezza le attrezzature di che trattasi. Il percorso formativo è strutturato in moduli teorici e pratici.. .
p. 3.3. Metodologia didattica
3.3.1. b) prevedere dimostrazioni e prove pratiche, nonché simulazione di gestione autonoma da parte dell’allievo dell’attrezzatura nelle condizioni di utilizzo normali e anormali prevedibili (guasto, ad es.), comprese quelle straordinarie e di emergenza;
Similmente l’art. 136 (“Montaggio e smontaggio”), al comma 6:
6. Il datore di lavoro assicura che i ponteggi siano montati, smontati o trasformati sotto la diretta sorveglianza di un preposto, a regola d’arte e conformemente al Pi.M.U.S. [piano di montaggio utilizzo e smontaggio dei ponteggi], ad opera di lavoratori che hanno ricevuto una formazione adeguata e mirata alle operazioni previste.
Anche in questo caso il comma immediatamente successivo stabilisce che:
“7. La formazione di cui al comma 6 ha carattere teorico-pratico..”
Quanto pratico sia tale carattere pratico, lo decide l’All. XXI: “al termine del modulo pratico [di 14 ore] avrà luogo una prova pratica di verifica finale,..”.
Il mancato rispetto dei contenuti dell’All. XXI è sanzionato -per gli aspetti corrispondenti- dall’art. 159, (“Sanzioni per i datori di lavoro e i dirigenti”), comma 2, lett. b), relativamente alla violazione dell’art. 136, c. 6: arresto da due a quattro mesi mesi o ammenda da 1.096 a 5.260,80 euro.
Infine, sebbene un po’ involuto, l’esempio dell’art. 294-bis.
Nel Titolo XI (Protezione da atmosfere esplosive) al Capo II, che definisce gli obblighi del datore di lavoro, l’art. 294-bis (“Informazione e formazione dei lavoratori”) prevede al suo comma 1 che:
“1. Nell’ambito degli obblighi di cui agli articoli 36 e 37, il datore di lavoro provvede affinché i lavoratori esposti al rischio di esplosione e i loro rappresentanti vengano informati e formati in relazione al risultato della valutazione dei rischi, con particolareriguardo:
g) agli eventuali rischi connessi alla presenza di sistemi di prevenzione delle atmosfere esplosive, con particolare riferimento all’asfissia;
h) all’uso corretto di adeguati dispositivi di protezione individuale e alle relative indicazioni e controindicazioni all’uso.
Si vede qui come il combinato tra le lett. g) ed h), riferisca all’utilizzo di DPI di terza categoria e dunque all’obbligo di addestramento, previsto dall’art. 77, comma 5, nel TITOLO III – Uso delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuali. Non a caso, allora, i due articoli, il 294-bis, comma 1, e il 77, comma 5, conoscono l’identica sanzione: arresto da tre a sei mesi o ammenda da 2.740 a 7.014,40 euro; il primo, sulla base dell’art. 297 (“Sanzioni a carico dei datori di lavoro e dei dirigenti”) c.2; il secondo, sulla base dell’art. 87 (“Sanzioni a carico del datore di lavoro, del dirigente, del noleggiatore e del concedente in uso”) c.2, lett. d).
Art. 77 – Obblighi del datore di lavoro
5. In ogni caso l’addestramento è indispensabile:
a) per ogni DPI che, ai sensi del Decreto Legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, appartenga alla terza categoria;
b) per i dispositivi di protezione dell’udito.
Sanzioni a carico del datore di lavoro e del dirigente
• Art. 77, co. 5: arresto da tre a sei mesi o ammenda 2.740 a 7.014,40 euro [Art. 87, co. 2, lett. d)]
Nota:
Norma importantissima, questa. Infatti, ogniqualvolta una disposizione speciale stabilisca l’obbligo di utilizzo dei DPI, si dovrà concretamente verificare se questi rientrino nel novero di quelli previsti dall’art. 4 D.Lgs. 475/92 come DPI di terza categoria.
In caso affermativo dovrà sempre svolgersi -in quanto “indispensabile”- l’addestramento stabilito dall’art. 77, c. 5, del D.Lgs. 81/08.
Stabilisce l’art. 4, commi 5 e 6, del D.Lgs. 247/92 (“Attuazione della direttiva 89/686/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1989, in materia di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai dispositivi di protezione individuale.”) :
5. Appartengono alla terza categoria i DPI di progettazione complessa destinati a salvaguardare da rischi di morte o di lesioni gravi e di carattere permanente. Nel progetto deve presupporsi che la persona che usa il DPI non abbia la possibilita’ di percepire tempestivamente la verificazione istantanea di effetti lesivi.
6. rientrano esclusivamente nella terza categoria:
a) gli apparecchi di protezione respiratoria filtranti contro gli aerosol solidi, liquidi e contro i gas irritanti, pericolosi, tossici o radiotossici;
b) gli apparecchi di protezione isolanti;
c) i DPI che assicurano una protezione limitata nel tempo contro le aggressioni chimiche e contro le radiazioni ionizzanti;
d) i DPI per attività in ambienti con condizioni equivalenti a una temperatura d’aria non inferiore a 100°C con o senza radiazioni infrarosse, fiamme o materiali in fusione;
e) i DPI destinati a salvaguardare dalle cadute dall’alto;
f) i DPI destinati a salvaguardare dai rischi connessi ad attività che espongono a tensioni elettriche pericolose o utilizzati come isolanti per alte tensioni elettriche;
Serrando il ragionamento, dovrà dirsi allora che la violazione dell’obbligo di addestramento espone a sanzioni il datore di lavoro e il dirigente, sulla base delle corrispondenti disposizioni speciali (per l’appunto, “l’addestramento specifico” “ove previsto”, di cui all’art. 37, c. 4 ).
Opera infatti, in quanto applicabile, il principio di specialità rappresentato nell’art. 298 del D.Lgs. 81/08:
Art. 298 (Principio di specialità)
1. Quando uno stesso fatto è punito da una disposizione prevista dal titolo I del presente decreto e da una o più disposizioni previste dagli altri titoli del medesimo decreto, si applica la disposizione speciale.
A conclusione, e nel tentativo di ampliare lo spettro, vorrei ulteriormente considerare il rischio fascinoso dell’utilizzo di norme “generaliste” per imputazioni che, invece, vanno riferite a disposizioni speciali.
Porto ad esempio la problematica del permanere di imputazioni sulla base dell’art. 18, c. 1, lett. l), affrontata anche recentemente in un contributo di Anna Guardavilla e nella conseguente discussione. (“ La mancata formazione è sanzionata penalmente o no?” di Anna Guardavilla, in PuntoSicuro 16 luglio 2015)
Articolo 18 – Obblighi del datore di lavoro e del dirigente
1. Il datore di lavoro, che esercita le attività di cui all’articolo 3, e i dirigenti, che organizzano e dirigono le stesse attività secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite, devono:
l) adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento di cui agli articoli 36 e 37;
Non essendo questa norma presidiata da sanzione penale, in quanto -chiarisce la Suprema Corte- “norma generale e programmatica”, è inevitabile che la Cassazione ogni qualvolta si trovi a dover giudicare una condanna sulla base di tale contestazione rilevi “la violazione del principio di legalità perché il fatto non è previsto dalla legge come reato” ( Cass.Pen. Sez. III, 23 gennaio 2014, n.3145). Mandando assolto l’imputato per riconosciuta“irrilevanza penale della condotta” ( Cass. Pen., Sez. III, 10 marzo 2015, n.10023)
Sul perché gli organi di vigilanza abbiano proceduto alla contestazione sulla base dell’art. 18, c. 1, lett. l), si possono avanzare due ipotesi:
– la prima, come osserva R. Dubini, si lega alla possibilità di “svarioni nell’individuare la fattispecie incriminatrice da parte degli [ispettori in funzione di] ufficiali di polizia giudiziaria”.
– la seconda -a mio avviso preminente- ha una sua giustificazione storico-giuridica. Essa è data dal lasso temporale necessario a che il giudicato approdi in Cassazione. Vale ricordare che nel periodo intercorrente tra l’emanazione del D.Lgs. 81 (aprile 2008) e quella del decreto integrativo e correttivo D.Lgs. 106 (agosto 2009), la norma considerata prevedeva la sanzione penale: arresto da quattro a otto mesi o ammenda da 2.000 a 4.000 euro (art. 55, c. 4, lett. e) ).
Tale seconda ipotesi -esplicitamente confermata nella sentenza della Cass. Pen. n.28577 del 6 luglio 2015- è destinata perciò a risolversi spontaneamente in un tempo ormai breve. Va cioè ad esaurirsi il riferimento, nella imputazione, alla norma penalmente sanzionata del 2008.
Così come, per il medesimo motivo, andrà tra breve a risoluzione spontanea il problema della continuità normativa del D.Lgs. 81/08 rispetto a precedente legislazione prevenzionale; problema pur già cristallizzato in principio positivo dalla Corte di Cassazione (vedi: Cass.Pen., Sez.III, 12 luglio 2010, n. 26754; Cass.Pen., Sez.IV, 24 gennaio 2011, n. 2305; Cass.Pen., Sez.III, 18 giugno 2013, n. 26420; Cass.Pen., Sez.IV, 10 agosto 2015, n. 34706). Anzi, in alcune sentenze risulta già risolto.
Permane, semmai, un problema di puntuale individuazione della fattispecie incriminatrice, sulla base del principio di specialità. I giudici di legittimità hanno, ad esempio, riconosciuto l’errore del Tribunale, consistito nella -provo a dirla così- duplice imputazione della medesima condotta colposa (imputazione rivelatasi peraltro insussistente, su entrambi i capi, al vaglio di legittimità).
Nella circostanza, il Tribunale aveva condannato l’imputato per violazione dell’art. 18, comma 1, lett. l), e dell’art. 71, comma 7 per “non aver impartito, al lavoratore infortunato, una formazione adeguata circa l’impiego delle attrezzature”. (L’art. 71, c.7, lett. a), recita: “7. Qualora le attrezzature richiedano per il loro impiego conoscenze o responsabilità particolari in relazione ai loro rischi specifici, il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché: a) l’uso dell’attrezzatura di lavoro sia riservato ai lavoratori allo scopo incaricati che abbiano ricevuto una informazione, formazione ed addestramento adeguati;).
La Cassazione accoglie come fondato il ricorso del rappresentante legale della XX S.p.a.
Articola poi, naturalmente, il giudizio sulla inconsistenza penale della enunciazione di cui all’art. 18, c. 1, lett. l), oltre che sull’insussistenza del fatto relativamente alla presunta violazione dell’art. 71, c. 7, non essendo stato, nel caso, il lavoratore vittima dell’infortunio incaricato all’uso dell’attrezzatura. ( Cass.Pen., Sez.III, 23 gennaio 2014, n. 3145)
Propongo, a parte, un Allegato che prova ad esporre, relativamente all’addestramento, lo specifico quadro sanzionatorio nei titoli speciali del D.Lgs. 81/08 s.m.i.
Pietro Ferrari
Commissione salute e sicurezza sul lavoro – Filcams-Brescia
________________________________________________________________
[1] la sanzione per la violazione dell’obbligo, presente nella stesura originaria dell’art. 18 D.Lgs. 81/08, è stata tolta dal decreto correttivo e integrativo D.Lgs. 106/09.
La violazione dell’obbligo rappresentato nell’art.. 28 (Oggetto della valutazione dei rischi), comma 2, lett. f), è invece sanzionata, con l’ammenda, per la mancata “individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento.” [il datore di lavoro è sanzionato con ammenda da 1.096 a 2.192 euro per l’adozione del DVR in assenza degli elementi previsti dalla lett. f)]
[2] si comprende l’intentio del legislatore, ma la formulazione pare inadeguata. Non sempre l’addestramento viene svolto, o può venir svolto, sul luogo di lavoro. Si veda, ad esempio, l’All. XXI, (Accordo Stato-Regioni del 26 gennaio 2006 sui corsi di formazione per lavoratori addetti a lavori in quota) laddove si indicano come sede di addestramento anche “siti addestrativi” (con evidenza non corrispondenti al luogo di lavoro) e l’addestramento per particolari attrezzature di lavoro, di cui all’Accordo Stato-Regioni del 22 febbraio 2012 (Allegato I, punto 1 a).
[3] formulazione migliore vorrebbe: “La formazione di cui al presente accordo è distinta da quella prevista dai titoli successivi al I°, o da altre norme, relativa a mansioni o attrezzature particolari.”
Chiudo il passaggio osservando come la stessa Cassazione, sia penale che civile, utilizzi questa terminologia: “..non è sufficiente una mera presenza sul posto di lavoro di attrezzature idonee per il compimento di alcuni particolari lavori di sicura pericolosità, se i dipendenti non sono stati informati ed istruiti sulla necessità di impiego e sul corretto uso di tali attrezzature. Inoltre se l’addestramento tecnico è senz’altro utile per completare il quadro informativo preventivo, esso non può comunque sostituire l’obbligo di informazione.” (Cass. Pen. Sez. IV, 14 giugno 2006, n. 20272); “..alle istruzioni impartite e all’informazione ed alla formazione dell’apprendista..” (Cass. Civ, Sez. Lav., 18 maggio 2007, n. 11622)
Fonti: Puntosicuro.it, Filcams-Brescia