Quali sono i principi generali di prevenzione per il rischio chimico? Cosa accade se il rischio non è basso per la sicurezza o irrilevante per la salute? Quali sono i valori limite di esposizione professionale?

Quando il processo di valutazione del rischio chimico nei luoghi di lavoro arrivi a concludersi con il giudizio di rischio “basso per la sicurezza ed irrilevante per la salute”, il datore di lavoro applica solo le misure e i principi generali di prevenzione dei rischi. Senza dimenticare che le misure di prevenzione e protezione di carattere generale “devono essere applicate ancora prima di iniziare a valutare il rischio da agenti chimici”.

Quali sono i principi generali di prevenzione? Cosa accade quando il rischio non è basso per la sicurezza o irrilevante per la salute? E come interpretare e applicare i valori limiti di esposizione indicati nella normativa in materia di salute e sicurezza?

Per rispondere a queste domande torniamo a presentare il recente aggiornamento del documento Inail “ Agenti chimici pericolosi: istruzioni ad uso dei lavoratori”, un documento realizzato dalla Contarp dell’ Inail e a cura di Elisabetta Barbassa, Maria Rosaria Fizzano e Alessandra Menicocci.

Gli argomenti affrontati nell’articolo:

I principi generali di prevenzione

Il documento riporta innanzitutto, tratto dall’articolo 224 del D.Lgs. 81/2008, i “princìpi generali di prevenzione dei rischi:

  • Progettazione ed organizzazione dei sistemi di lavorazione;
  • Fornitura di attrezzature idonee per il lavoro specifico e procedure di manutenzione adeguate;
  • Riduzione al minimo del numero dei lavoratori esposti;
  • Riduzione al minimo della durata e dell’intensità dell’esposizione;
  • Misure igieniche adeguate;
  • Riduzione al minimo delle quantità di agenti chimici nel luogo di lavoro a quelle effettivamente necessarie;
  • Metodi di lavoro appropriati comprese le disposizioni che garantiscono la sicurezza nella manipolazione, nell’immagazzinamento e nel trasporto sul luogo di lavoro di agenti chimici pericolosi, nonché dei rifiuti che contengono i suddetti agenti chimici”.

Le misure di prevenzione e protezione

Nel caso invece che il rischio non sia “basso per la sicurezza ed irrilevante per la salute”, il datore di lavoro “deve attuare misure specifiche di prevenzione e di protezione (art. 225 del d.lgs. 81/2008), tra cui la più importante è la sostituzione dell’agente pericoloso (o del processo) con un altro che, nelle condizioni di uso, non lo è o lo è meno”.

Quando la natura dell’attività non consente la sostituzione (art. 225) “il datore di lavoro riduce il rischio mediante l’applicazione delle seguenti misure, in questo ordine di priorità:

  • Progettazione di appropriati processi lavorativi e controlli tecnici, uso di attrezzature e materiali adeguati;
  • Appropriate misure organizzative e di protezione collettive alla fonte del rischio (aspirazioni localizzate, cappe, schermi, ecc. );
  • Misure di protezione individuale, compresi i DPI;
  • sorveglianza sanitaria dei lavoratori”. 

Inoltre – continua il documento Inail – “quando il rischio non è basso per la sicurezza, devono essere predisposte misure da attuare in caso di incidenti o di emergenze (art. 226); quando il rischio non è irrilevante per la salutedeve essere effettuata la sorveglianza sanitaria (art. 229) e devono essere istituite e aggiornate le cartelle sanitarie di rischio (art. 230)”.

Si segnala poi che il “valore limite di esposizione professionale” rappresenta un importante “parametro di riferimento per valutare la salubrità degli ambienti di lavoro ed è definito nel (art. 222, D.Lgs. 81/2008) come ‘il limite della concentrazione media ponderata nel tempo di un agente chimico nell’aria all’interno della zona di respirazione in relazione ad un determinato periodo di riferimento’. 

Valori limite di esposizione professionale

Il documento indica che generalmente i valori limite sono stabiliti “per periodi di riferimento di 8 ore, tuttavia possono essere fissati anche per periodi più brevi (15 minuti)”.

Questi valori contribuiscono “a mantenere sotto controllo l’esposizione a sostanze pericolose sui luoghi di lavoro, perché definiscono, allo stato attuale delle conoscenze, il valore massimo di concentrazione in aria di una sostanza che non causa un danno per la salute”. E “mantenere la concentrazione degli inquinanti al di sotto dei valori limite di esposizione professionale tutela la salute della maggioranza dei lavoratori”.

A questo proposito si ricorda che i limiti obbligatori per legge “si basano sull’esposizione di soggetti adulti in buona salute e di conseguenza, non sono applicabili ai casi che richiedono interventi specifici, come le donne in stato di gravidanza e i lavoratori ipersuscettibili”.

Si ricorda che gli allegati XXXVIII e XLIII del D.Lgs. 81/2008 riportano i valori limite di esposizione professionale per una serie di agenti chimici e per alcune stanze cancerogene che possono essere presenti negli ambienti di lavoro, in dipendenza del ciclo produttivo aziendale.

Si ricorda che “pur essendo stati emanati dei valori limite per alcuni agenti cancerogeni, si precisa che per essi vale il principio della riduzione dell’esposizione al più basso valore tecnicamente possibile”. E che i valori limite in Europa sono “fissati dalla normativa anche sulla base delle indicazioni della comunità scientifica, come ad es. nel caso di SCOEL (Scientific Committee on Occupational Exposure Limits)”. 

Ma cosa accade nel caso l’agente chimico presenti negli ambienti di lavoro se non compare negli allegati del D.Lgs. 81/2008?

Valori limite di soglia

Il documento indica che in questo caso si può fare “ricorso ai valori limite riportati nelle direttive UE non ancora recepite dalla legislazione italiana e ai valori limite di soglia (TLV-Threshold Limit Value) fissati dall’Associazione americana degli Igienisti Industriali (ACGIH)”.

Il documento riporta alcune utili definizioni e indicazioni sui valori limite di soglia fissati dall’ACGIH:

  • TLV-TWA (Threshold Limit Value – Time Weighted Average – Valore Limite ponderato): “rappresenta la concentrazione media, ponderata nel tempo, degli inquinanti presenti nell’aria degli ambienti di lavoro nell’arco dell’intero turno lavorativo. Indica il livello di esposizione al quale si presume che, allo stato delle attuali conoscenze scientifiche, la maggior parte dei lavoratori possano essere esposti 8 ore al giorno, per 5 giorni alla settimana, per tutta la durata della vita lavorativa, senza risentire di effetti dannosi per la salute. Per le sostanze per le quali viene proposto tale limite, inoltre, viene accettata la possibilità di escursioni durante la giornata lavorativa che tuttavia non dovranno eccedere di 3 volte il valore del TLV – TWA per più di 30 minuti complessivi nell’arco del turno di lavoro, e senza mai superare il valore di 5 volte il TLV – TWA”;
  • TLV-STEL (Threshold Limit Value – Short Term Exposure Limit – Valore Limite per brevi esposizioni): “rappresenta le concentrazioni medie che possono essere raggiunte dai vari inquinanti per un periodo massimo di 15 minuti, e comunque per non più di 4 volte al giorno con intervalli di almeno 1 ora tra i periodi di punta”;
  • TLV-C (Threshold Limit Value – Ceiling – Valore Limite di soglia): “rappresenta la concentrazione che non può essere mai superata durante tutto il turno lavorativo. Tale limite viene impiegato soprattutto per quelle sostanze ad azione immediata, irritante per le mucose o narcotica, tale da interferire rapidamente sullo stato di attenzione del lavoratore con possibili conseguenze dannose sulla persona stessa (infortuni) e/o sulle operazioni tecniche che svolge”.

Riguardo poi ai valori, il documento segnala che “salvo che si possa dimostrare con altri mezzi il conseguimento di un adeguato livello di prevenzione e protezione, il datore di lavoro, periodicamente, e ogni qual volta sono modificate le condizioni che possono influire sull’esposizione, provvede a effettuare misure degli agenti chimiciche rappresentano un rischio per la salute”.

Queste misure sono effettuate con “metodiche standardizzate di cui è riportato un elenco meramente indicativo nell’allegato XLI” (allegato del D.Lgs. 81/2008 e con riferimento alle norme tecniche corrispondenti) o in loro assenza, “con metodiche appropriate e con particolare riferimento ai valori limite di esposizione professionale e per periodi rappresentativi dell’esposizione in termini spazio temporali”. 

Sottolineando che la collaborazione all’effettuazione delle misure di agenti chimici rappresenta “il contributo che ogni lavoratore può dare per il miglioramento della salute nei luoghi di lavoro”, il documento indica, in conclusione, che “quando sia stato superato un valore limite di esposizione professionale stabilito dalla normativa vigente il datore di lavoro identifica e rimuove le cause che hanno cagionato tale superamento, adottando immediatamente le misure appropriate di prevenzione e protezione”. 

Scarica il documento da cui è tratto l’articolo:

Inail, Consulenza Tecnica Accertamenti Rischi e Prevenzione, “ Agenti chimici pericolosi: istruzioni ad uso dei lavoratori”, a cura di Elisabetta Barbassa, Maria Rosaria Fizzano e Alessandra Menicocci (Contarp), Collana Salute e Sicurezza, edizione 2018

“ Sostanze pericolose: istruzioni per l’uso”, schede informative

Fonti: Puntosicuro.it, Contarp