Un ebook offre indicazioni sul rischio cancerogeno da idrocarburi policiclici aromatici nel comparto asfaltatura. I rischi per la salute, la sorveglianza sanitaria e le indicazioni sulle misure di prevenzione e protezione collettiva e individuale.

Gli Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA) sono “un’ampia classe di molecole costituite da due o più anelli benzenici condensati, che si ritrovano naturalmente nel carbon fossile e nel petrolio”. E se la cancerogenicità di alcune miscele di IPA “è nota da molti anni (IARC, 1987)”, esiste ancora per i lavoratori del comparto asfaltatura un rischio di esposizione a questi idrocarburi, esposizione che “avviene principalmente per inalazione e per contatto cutaneo”.

A ricordare in questi termini i rischi dell’esposizione agli idrocarburi policiclici aromatici, in particolare nelle attività di asfaltatura, è un contributo presente all’interno del documento “ EBook Rischio Chimico e cancerogeno” pubblicato dalla Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione ( CIIP) e curato in particolare da Lalla Bodini, Susanna Cantoni, Enrico Cigada e Carlo Sala. Il contributo, su cui ci siamo già soffermati in passato, fornisce non solo indicazioni sui rischi per la salute e sul monitoraggio ambientale e biologico dell’esposizione, ma anche utili suggerimenti sulle misure di prevenzione del rischio e sulla sorveglianza sanitaria.

L’articolo si sofferma sui seguenti argomenti:

I rischi per la salute degli idrocarburi policiclici aromatici

Nel contributo “Asfaltatura e rischio cancerogeno da idrocarburi policiclici aromatici”, a cura di Ettore Brunelli (medico del lavoro), si segnala che la quasi totalità dei processi di lavorazione e posa in opera di prodotti bituminosi ed asfaltici “avviene a temperature relativamente elevate (conglomerato bituminoso standard: 130°-150°C; asfalto colato: 200°-220°C; asfalto drenante: 150°-170°C), con rilascio di ‘fumi di bitume’ che contengono vapori costituiti da IPA leggeri (da 2 a 4 anelli aromatici) e materiale particolato, su cui sono adesi gli IPA più pesanti”.

Inoltre nell’attività di asfaltatura di strade “un’ulteriore fonte di esposizione professionale a IPA è rappresentata dai fumi di scarico autoveicolare, in particolare da motori diesel dei mezzi di cantiere (camion, vibrofinitrice, rullo compattatore) e dei veicoli circolanti se il cantiere non prevede la limitazione della circolazione veicolare”.

Si ricorda poi che se “l’esposizione inalatoria negli asfaltatori stradali è stata ampiamente indagata, misurando la somma degli IPA, la concentrazione di pirene e la concentrazione di Benzo[a]pirene (BaP), l’esposizione cutanea è stata indagata in un minor numero di studi”.

In ogni caso questi studi “consentono di dimostrare come entrambe le vie di esposizione contribuiscono alla dose interna di questi composti. Mentre per gli IPA più volatili, il contributo dell’esposizione inalatoria è preponderante, per gli IPA meno volatili, l’esposizione cutanea contribuisce in modo più significativo (Fustinoni et al, 2010)”.

Si segnala poi che la recente classificazione della IARC, “relativa all’esposizione occupazionale durante i lavori di applicazione del bitume, ha inserito le emissioni da esso derivanti nel gruppo 2B (cancerogeno possibile per l’uomo), mentre l’American Conference of Governmental Industrial Hygienists (ACGIH) classifica il bitume nel gruppo A4 (non classificabile come cancerogeno per l’uomo)”.

E per quanto concerne, in particolare, il rischio di tumore polmonare “diversi studi epidemiologici hanno indagato la possibile relazione fra neoplasia ed esposizione ad idrocarburi policiclici aromatici”.

Le indicazioni sulle misure di prevenzione collettiva

Si indica che “cardini della prevenzione primaria sono la scelta delle materie prime, la tecnica di preparazione e del loro utilizzo, che devono essere orientate ad ottenere il livello di esposizione dei lavoratori al più basso valore tecnicamente possibile”.

E, in particolare, lo sviluppo di nuove tecnologie a basse temperature “potrebbe contribuire a diminuire le emissioni di IPA”.

Questi alcuni accorgimenti pratici ed organizzativi che possono essere “un ottimo sistema di prevenzione dell’esposizione ad IPA:

  • selezionare i prodotti (bitumi, additivi, etc.) e i processi di applicazione meno esponenti (sulla base delle conoscenze disponibili);
  • osservare le istruzioni relative alle temperature specifiche d’uso per ogni prodotto bituminoso;
  • privilegiare le emulsioni bituminose che permettono la riduzione dei fumi favorendo le tecniche che consentono la stesa di asfalto alle temperature più basse;
  • evitare l’uso di prodotti pericolosi per la pulizia degli attrezzi da lavoro e/o delle mani;
  • garantire la messa in opera sul cantiere di sistemi di aspirazione fumi e/o dei sistemi di ventilazione adeguata quando si lavora in spazi ristretti (gallerie, sottosuolo) e l’uso di macchine di cantiere dotate della miglior tecnologia disponibile, in particolare:
    • il rullo compattatore deve essere climatizzato e con filtri adeguati in modo da permettere al manovratore di stare all’interno della cabina con un microclima confortevole; allo stesso tempo deve essergli garantita un’adeguata visibilità al fine di evitare la necessità di aprire i finestrini e sporgersi all’esterno;
    • la vibrofinitrice deve essere dotata di adeguato sistema aspirante per la gestione dei fumi
  • migliorare l’organizzazione del lavoro ad esempio scalando gli orari soprattutto d’estate per ridurre l’impatto del calore e ridurre al minimo la coesposizione ai raggi solari e ai prodotti bituminosi, e valutare la fattibilità e la pertinenza di un sistema di rotazione sulle postazioni di lavoro che permetta ai lavoratori di alternarsi nello svolgimento dei diversi compiti”.

Le indicazioni sulle misure di prevenzione e protezione individuale

Il contributo sottolinea la necessità che il datore di lavoro “metta a disposizione dei lavoratori appropriati e specifici DPI per la gestione dei rischi residui:

  • per le vie respiratorie, differenziati in ragione della tipologia di inquinante presente, sicuramente con filtro combinato per la presenza di polveri, fumi, gas;
  • per la cute: guanti ed indumenti da lavoro ad alta visibilità che garantiscano una copertura il più ampia possibile della superficie cutanea potenzialmente esposta;
  • calzature di sicurezza; occhiali per la protezione dai raggi ultravioletti e dall’abbagliamento solare; otoprotettori”.

Si ricorda poi che i DPI, se non sono monouso, “devono essere controllati e puliti dopo ogni utilizzo ed essere conservati in contenitori personali al fine di garantirne l’igiene”.

E per la tipologia di lavoro svolta e per il tipo di esposizione “è necessario che i lavoratori abbiano a disposizione in cantiere:

  • un luogo appropriato da utilizzare come servizio igienico e spogliatoio dotato di armadietto personale a doppio scomparto al fine di mantenere separati gli indumenti da lavoro da quelli civili;
  • un luogo di ristoro con microclima confortevole sia per le temperature invernali che estive”.

Inoltre:

  • “deve essere previsto il lavaggio degli indumenti da lavoro, almeno settimanale, a cura dell’impresa e non del lavoratore;
  • i lavoratori devono indossare abiti da lavoro e cambiarli prima dei pasti e a fine turno;
  • i lavoratori devono lavarsi accuratamente le mani e il volto prima di mangiare e devono obbligatoriamente fare la doccia alla fine del turno di lavoro;
  • deve infine essere rigorosamente vietata l’assunzione di cibi durante la stesa dell’asfalto e dovrà essere vietato il fumo di sigaretta, noto contribuente all’ esposizione a IPA”.

Senza dimenticare che “per garantire l’adesione dei lavoratori alle indicazioni sopra riportate è necessario:

  • predisporre adeguate procedure e misure organizzative;
  • effettuare formazione ed informazione specifica;
  • prevedere un sistema di controllo, prestando particolare attenzione al ruolo del preposto”.

 

Le indicazioni sulla sorveglianza sanitaria

Riportiamo, infine, qualche breve indicazione relativa alla sorveglianza sanitaria, “una misura che deve essere correlata e commisurata al rischio cui il lavoratore è concretamente esposto nell’esercizio dei propri compiti e la correlazione deve essere formalmente enunciata nel documento di valutazione dei rischi in modo che rientri fra le misure specifiche che sono messe in atto per il controllo del rischio”.

Il contributo riporta alcune indicazioni e riflessioni sul controllo sanitario che dovrà includere:

  • “una visita medica annuale con una accurata anamnesi lavorativa e patologica, un attento esame obiettivo a carico degli organi bersaglio, in particolare apparato cutaneo e respiratorio, e la somministrazione del questionario CECA per la bronchite cronica;
  • prove di Funzionalità Respiratoria (PFR) con periodicità triennale;
  • si ritiene inutile quale esame di screening l’esecuzione periodica di RX torace standard per la scarsa sensibilità nella diagnosi precoce delle neoplasie polmonari” (nel contributo sono riportate indicazioni sull’opportunità di considerare per alcuni soggetti l’utilità della TC Torace ad alta risoluzione e a dosi basse o ultra-basse);
  • “monitoraggio biologico: determinazione dell’1-OHP-u con periodicità almeno annuale con raccolta delle urine di fine turno e di fine settimana lavorativa in un periodo rappresentativo della massima attività, possibilmente nel periodo estivo, con somministrazione di un questionario standardizzato per la rilevazione delle abitudini di vita e di possibili confondenti per un’esposizione extraprofessionale a IPA”. 

Ricordiamo, infine, che nel contributo, che vi invitiamo a leggere integralmente, è presente anche una ricca bibliografia che può favorire ulteriori approfondimenti sul tema.

Scarica il documento da cui è tratto l’articolo:

CIIP, “ EBook Rischio Chimico e cancerogeno”, a cura di Lalla Bodini, Susanna Cantoni, Enrico Cigada e Carlo Sala (formato PDF, 6.2 MB).

Fonti: Puntosicuro.it, CIIP