Una guida riporta diversi casi riguardanti l’applicazione della direttiva 2013/35/UE sui campi elettromagnetici. Focus sulla valutazione dei rischi svolta in relazione alla presenza di antenne per telecomunicazioni sul tetto di un edificio.
Per parlare di questa tipologia di rischi, facciamo riferimento al contenuto di una delle guide sui campi elettromagnetici elaborate dalla Commissione Europea, la “ Guida non vincolante di buone prassi per l’attuazione della direttiva 2013/35/UE relativa ai campi elettromagnetici. Volume 2: Studi di casi” che presenta diversi studi di casi che riguardano settori professionali diversi e che si basano su valutazioni realmente effettuate di situazioni reali.
Riguardo ai rischi correlati alle “antenne da tetto” nel documento si indica che sono diversi i lavoratori che accedono al tetto per svolgere varie ispezioni dell’edificio e mansioni di pulizia e manutenzione: addetti alla pulizia dei vetri, carpentieri specializzati nei lavori sul tetto, tecnici del condizionamento dell’aria, ispettori assicurativi, tecnici di antenne, …
I tecnici di antenne “potrebbero aver ricevuto una formazione specializzata in materia di sicurezza per la radiazione da radiofrequenza ed essere dotati di segnali di allarme per il monitoraggio dell’esposizione personale”, mentre molti altri lavoratori “probabilmente non hanno ricevuto alcuna formazione e di conseguenza hanno scarsa preparazione in merito a questi problemi”.
Si indica poi che “sarebbe opportuno che gli operatori adottassero una ‘posizione sicura’ al momento di installare le antenne. Ciò significa che le antenne devono essere collocate in modo tale che i lavoratori, stando in piedi sul tetto in una posizione normale, non possano entrare inavvertitamente in una zona di esclusione dell’antenna. La zona di esclusione dell’antenna è l’area vicino all’antenna in cui l’esposizione potrebbe superare i livelli di riferimento forniti nella raccomandazione (1999/519/CE) del Consiglio. La zona di esclusione dell’antenna dovrebbe essere accessibile soltanto ai lavoratori con dispositivi di salita, come scale o impalcature. Se i lavoratori devono accedere a una zona di esclusione, potrebbe essere necessario spengere l’antenna. Se la zona di esclusione dell’antenna deve sovrapporsi all’area del tetto in cui è possibile rimanere normalmente in piedi, allora l’area del tetto deve essere delimitata”.
Lo studio presentato riguarda in particolare la valutazione svolta da un proprietario di un edificio per conoscere e prevenire i rischi cui sono esposti i lavoratori sul tetto.
In questo caso le antenne installate sul tetto erano quelle “solitamente associate ai sistemi di telecomunicazione mobile, comprese le stazioni base di telefonia mobile e un sistema di cercapersone. Oltre alle antenne settoriali, la stazione base di telefonia mobile includeva anche un collegamento di dati punto a punto. Il proprietario non ignorava che diversi tipi di antenne presentano diversi tipi di pericoli e, in termini generali, che:
– le antenne settoriali della telefonia mobile (800-2 600 MHz) possono presentare un pericolo nel caso di movimento in avanti di qualche metro e, in misura minore, sui lati e all’indietro”;
– “le antenne paraboliche a microonde (10-30 GHz) associate alle stazioni base di telefonia mobile tendenzialmente non presentano un pericolo significativo;
– le antenne dipolo e le antenne collineari (a stilo) (80-400 MHz) possono presentare un pericolo un metro o due intorno all’antenna”.
Rimandando alla lettura integrale del documento che riporta diversi tabelle e disegni relativi a valori e tassi di assorbimento di energia, veniamo ad alcune indicazioni sull’approccio alla valutazione.
In particolare il proprietario ha svolto “un’ispezione visiva di base del tetto per individuare le antenne e i relativi operatori e le ha segnate sulla pianta del tetto. Successivamente ha contattato gli operatori e ha chiesto loro di visitare il sito per identificare le proprie antenne e fornire le relative informazioni di sicurezza. Il proprietario ha poi esaminato il registro di controllo per vedere chi avesse avuto accesso al tetto e ha cercato di determinare la natura del lavoro svolto. Sulla base di queste informazioni, sono stati individuati i punti in cui i lavoratori possono accedere a regioni di campo pericolose o zone di esclusione”.
Si sottolinea che è buona prassi per i lavoratori “non avvicinarsi alle antenne irradianti e non esporsi a potenziali livelli di azione (LA) in eccesso; e soprattutto non devono rischiare di toccare antenne irradianti”.
E in seguito all’ispezione visiva e ai contatti con gli operatori il proprietario “ha raccolto in un fascicolo le informazioni rilevanti sulla sicurezza, successivamente messe a disposizione dei lavoratori che operano sul tetto. Questo comprendeva un inventario dettagliato delle seguenti informazioni relative alle antenne: tipo di antenna (per esempio antenna settoriale, parabola a microonde, dipolo ripiegato), operatore, ubicazione (posizione, altezza, orientamento), parametri operativi, estensione di eventuali zone di esclusione, data di installazione”.
Riguardo alla valutazione dei rischi si indica che il proprietario era a conoscenza “dell’obbligo di valutare tutti i rischi cui erano esposti i lavoratori che accedevano al tetto”. Ad esempio “il rischio generico di scivolare, inciampare e cadere; quello derivante dal fumo proveniente da camini, fumaioli e sfiatatoi; e infine quello presentato dai campi elettromagnetici”.
E per strutturare il processo valutativo è stata usata la metodologia proposta da OiRA (la piattaforma interattiva online dell’EU-OSHA per la valutazione del rischio).
Veniamo alle precauzioni che erano già in vigore.
L’ispezione visiva del tetto compiuta dal proprietario “ha rivelato quanto segue:
– la porta di accesso al tetto era chiusa a chiave e la chiave era custodita dal responsabile per la sicurezza dell’edificio. Un segnale di avvertimento relativo alla presenza di antenne a radiofrequenza era affisso sul lato interno della porta;
– le antenne settoriali della telefonia mobile erano installate nella parte superiore del vano ascensore, e le relative zone di esclusione erano inaccessibili. Segnali di avvertimento sono stati affissi sulle aste di supporto e sugli alloggiamenti delle antenne;
– la scala di accesso al tetto del vano ascensore si trovava al di là di una porta chiusa a chiave ed era stato predisposto un segnale di avvertimento;
– le antenne paraboliche a microonde sono state installate in alto su delle aste; i loro raggi erano inaccessibili (in ogni caso l’operatore ha dichiarato per iscritto al proprietario che non esistono zone di esclusione)”.
Queste, infine, le precauzioni supplementari adottate successivamente.
Il proprietario infatti “non era soddisfatto di alcuni aspetti delle modalità di gestione delle installazioni sul tetto, e ha deciso di applicare alcune misure precauzionali supplementari, tra cui:
– l’invito all’operatore del sistema di cercapersone di allontanare la relativa antenna (dipolo ripiegato) dal passaggio e di affiggere un segnale di avvertimento;
– l’installazione di un fermo meccanico in modo che la piattaforma di pulizia delle finestre non possa essere sollevata di fronte alle antenne settoriali;
– l’elaborazione di una procedura scritta di sicurezza che tutti i lavoratori dovranno leggere (e firmare) prima di poter accedere al tetto. Essa comprende piani di emergenza per gli incidenti ragionevolmente prevedibili”.
Commissione europea “ Guida non vincolante di buone prassi per l’attuazione della direttiva 2013/35/UE relativa ai campi elettromagnetici. Volume 2: Studi di casi”, versione in italiano
Fonti: Puntosicuro.it, Commissione europea