Il Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro ( D.Lgs. 81/2008) – in particolare con riferimento agli articoli 28, 29 e 71 – impone ai datori di lavoro di effettuare la valutazione di tutti i rischi, compresi i rischi correlati alle macchine presenti in azienda, a prescindere dalla loro marcatura, “allo scopo di accertarsi che le macchine siano sicure e idonee al lavoro prendendo in considerazione:
- le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere;
- i rischi nell’ambiente di lavoro;
- i rischi derivanti dall’impiego (uso e manutenzione) delle attrezzature;
- i rischi derivanti da interferenze con le altre attrezzature già in uso”.
E tale valutazione dei rischi “deve riguardare ogni macchina/impianto e le relative postazioni di lavoro prendendo in considerazione anche l’interazione tra ambiente, uomo e macchina in modo da determinare il rischio complessivo riguardante lo svolgimento della specifica attività”.
A ricordare questi importanti processi per la sicurezza delle macchine e per la prevenzione degli infortuni professionali dipendenti, ad esempio, da macchine non sicure, è il documento “Utilizzo in sicurezza delle macchine. Guida per le imprese” prodotto dall’ ATS Brianza ed elaborato attraverso il lavoro del gruppo “Sicurezza macchine” costituito nell’ambito del Comitato di Coordinamento Provinciale di Monza e Lecco ex art.7 D.Lgs. 81/08. Un documento che, come ricordato in altri nostri articoli di presentazione, non è esaustivo di tutti gli aspetti inerenti alla sicurezza delle macchine, ma può essere utilizzato “come punto di partenza e/o confronto per impostare/revisionare la propria valutazione del rischio macchine aziendale”.
In relazione al processo di valutazione ci soffermiamo oggi sui seguenti argomenti:
- La valutazione dei rischi delle macchine presenti in azienda
- Quando la valutazione dei rischi riscontra delle non conformità
- L’interfaccia uomo-macchina, il rischio residuo e la formazione
La valutazione dei rischi delle macchine presenti in azienda
Riguardo alla valutazione dei rischi delle macchine presenti in azienda, il documento, sulla scorta di quanto previsto dalla linea guida “Requisiti di conformità e valutazione del rischio delle attrezzature Titolo III capo I DLgs 81/08” elaborata dall’AUSL di Piacenza, propone il seguente modello di valutazione dei rischi:
Si indica poi che, “fermo restando che la metodologia per effettuare la VDR (valutazione dei rischi) connessa all’utilizzo delle macchine è demandata al DDL (datore di lavoro) e che deve essere completa in relazione a tutti i rischi, per gli scopi di questo documento è opportuno che la valutazione “comprenda almeno:
- un elenco delle macchine/impianti (si fa riferimento all’Allegato B – “Inventario macchine attrezzature e impianti” del documento dell’ATS Brianza) e “relativa collocazione planimetrica in azienda (layout), da inserire nel documento di valutazione dei rischi (DVR);
- un’analisi completa dei requisiti di sicurezza di tutte le macchine/impianti (rif. Allegato C – ‘Check-list macchina’) e, nel caso in cui si rilevino delle carenze/non conformità, si dovrà provvedere al loro adeguamento. Tale strumento può risultare utile per verificare le carenze palesi delle macchine, cioè quelle che un tecnico valutatore in possesso d’idonea conoscenza della legge e delle norme, è in grado di rilevare con un esame di tipo ordinario, a vista;
- una relazione di valutazione complessiva che prenda in considerazione la macchina/impianto nel suo contesto (postazioni operatore, ambiente) e che individui le misure tecniche e organizzative per la riduzione del rischio residuo (ad es. piano di miglioramento) qualora necessarie”.
Quando la valutazione dei rischi riscontra delle non conformità
Si indica poi che al termine della valutazione “è opportuno che sia espresso un giudizio sulla idoneità dell’utilizzo della macchina nelle condizioni previste ed accertate ed elaborato un eventuale piano di adeguamento”.
Il documento, che riporta anche alcuni utili riferimenti per quanto attiene all’analisi completa dei requisiti di sicurezza di tutte le macchine/impianti, ricorda che il D.Lgs. 81/2008 prevede che nella valutazione dei rischi, “al fine di evitare l’eventuale insorgenza di situazioni di pericolo, devono essere valutate anche tutte le attività accessorie effettuate sulla macchina”, quali:
- Attrezzaggio;
- Regolazione;
- Controllo / ispezione;
- Manutenzione ordinaria e straordinaria;
- Pulizia”.
In ogni caso le disposizioni concernenti l’uso delle attrezzature di lavoro contenute nell’allegato VI del D.Lgs. 81/2008 “sono un utilissimo riferimento per una completa valutazione dei rischi”.
La guida, che riporta anche indicazioni sulle norme tecniche armonizzate riferite alle macchine,
sottolinea che “qualora dalla valutazione dei rischi emergessero delle non conformità che possono pregiudicare la salute e la sicurezza, il datore di lavoro deve mettere la macchina fuori servizio” (una macchina s’intende fuori servizio “quando non è collegata alle fonti di energia ed è identificata da apposita cartellonistica, dandone informazione ai lavoratori”) predisponendo “un piano di adeguamento per sanare le criticità riscontrate”.
E l’adeguamento, “meglio se concordato con il costruttore, dovrà essere effettuato nel rispetto dei RES (macchine con marcatura CE) e nel rispetto dei requisiti generali dell’Allegato V del D.Lgs. 81/2008, tenendo conto altresì dello “stato dell’arte” imposto al datore di lavoro dall’art. 2087 del Codice Civile e dall’art.18 comma 1 lettera z) del D.Lgs. 81/2008”.
L’interfaccia uomo-macchina, il rischio residuo e la formazione
Il documento ricorda poi che “una buona progettazione, un’attenta fabbricazione e una corretta messa in esercizio di macchine rispondenti a requisiti di sicurezza definiti (standard)” riducono considerevolmente i rischi cui sono esposti gli operatori che le utilizzano, “ma non può eliminarli completamente.
I motivi sono diversi:
- la complessità tecnologica delle macchine e le loro diverse interazioni con l’uomo rende impossibile progettare con precisione totale;
- l’irriducibile differenza tra il progetto (frutto di semplificazione, come la mappa) e la realtà operativa (caratterizzata da variabilità, come il territorio) rende impossibile realizzare quanto progettato con fedeltà assoluta;
- la variabilità delle organizzazioni che utilizzeranno le macchine;
- l’incessante variabilità del contesto presente in ciascuna organizzazione”.
Si segnala che il tempo, l’usura, le condizioni di trasporto, le condizioni ambientali “sono esempi di fattori che influenzano la variabilità dei materiali di cui sono fatti gli attrezzi e i componenti delle macchine. Se ambienti e materiali sono sottoposti a fattori di variabilità, a maggior ragione questo accade con le persone” e “tra le variabili da tenere presente rientrano, tra l’altro:
- il numero delle persone che compongono un gruppo di lavoro;
- la preparazione dei diversi componenti il gruppo;
- la capacità di coordinazione;
- l’accettazione reciproca dei ruoli”.
In questo senso “nemmeno la più attenta valutazione dei rischi potrà prevedere disposizioni specifiche che comprendano ogni circostanza operativa e, quindi, nemmeno l’attuazione più scrupolosa delle misure di prevenzione e protezione individuate potrà mai azzerare il rischio residuo, rischio presente nelle anomalie di funzionamento delle attrezzature, nella variabilità delle circostanze ambientali (anche di quelle attività che possono essere considerate stabili e routinarie), nell’ambiguità della comunicazione con cui ci si coordina con gli altri ecc”.
Il rischio residuo – continua la guida – è “quella quota di rischio che rimane dopo che sono state adottate tutte le prevedibili misure di prevenzione e protezione di tipo tecnico, organizzativo e procedurale; si può manifestare nelle molteplici interfacce tra le persone, tra le persone e le macchine oppure tra le persone e l’ambiente di lavoro; la sua gestione è affidata, in ultima analisi, proprio ai lavoratori che agiscono sul front-line”.
Dunque la salute e la sicurezza non sono “obiettivi statici, che vengono raggiunti una volta per tutte, ma esiti emergenti dalla continua interazione tra la prestazione lavorativa” e le “variazioni del contesto in cui è resa”. Ed è necessario, quindi, “sostenere gli operatori a gestire con consapevolezza le variabilità delle prestazioni lavorative”.
A questo proposito si ricorda che la normativa antinfortunistica dà “rilievo all’informazione e alla formazione dei lavoratori allo scopo d’influire sul loro comportamento, aspetto che oggi costituisce il fattore causale prevalente per gli infortuni e le malattie professionali nei luoghi di lavoro”. Tuttavia “l’esperienza maturata nel campo dell’educazione alla salute” dimostra come “la sola conoscenza dei rischi non sia sufficiente ad indurre comportamenti sicuri e che, invece, sia necessario far leva sulle abilità personali, sociali e di self-management per modificare il proprio comportamento verso stili di vita più salutari”.
Si segnala che è necessario, quindi, impiegare anche “modalità di osservazione e auto osservazione che facilitino lo sviluppo di conoscenze non tecniche ( Non Technical Skills – NTS). L’obiettivo di apprendimento non è imparare a fare la cosa giusta nel modo migliore in un utopistico mondo costante e sempre uguale a se stesso, ma imparare a osservarsi mentre si fa quello che è necessario fare in un contesto reale in continuo cambiamento”.
Si ricorda, infine, che la corretta e tempestiva segnalazione di situazioni d’insicurezza non previste e accidentali “può emergere, oltre che dagli operatori, anche attraverso l’utilizzo di strumenti per l’osservazione diretta e gli audit programmati e registrati dal Servizio di Prevenzione e Protezione”.
Concludiamo l’articolo segnalando che la guida, sempre in relazione alla valutazione dei rischi delle macchine, si sofferma anche sulle macchine auto costruite, sulle quasi macchine e sugli insiemi di macchine.
Scarica il documento da cui è tratto l’articolo:
Fonti: Puntosicuro.it, ATS Brianza