In previsione della riapertura delle attività lavorative ad oggi sospese, alcuni punti del protocollo andrebbero chiariti meglio in modo da evitare mancanze che potrebbero influire negativamente sulla tutela della salute dei lavoratori. Di N. Kodheli.

E’ ormai noto a tutti che il principale riferimento per la tutela della salute dei lavoratori (negli ambienti di lavoro non sanitari) sia il protocollo del 14 marzo 2020 “ Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” (d’ora in poi, per brevità, definito “Protocollo”) [1].

La sottoscrizione di questo documento è stata sicuramente un’iniziativa lodevole, finalizzata a chiarire per i datori di lavoro le misure di prevenzione e protezione da attuare.

Tuttavia, considerando anche le prossime riaperture di attività lavorative ad oggi sospese, ci sono alcuni punti che andrebbero chiariti o approfonditi meglio in modo da evitare mancanze ed incertezze che possono influire negativamente sulla tutela della salute dei lavoratori.

In particolare, in questo articolo ci si sofferma sui seguenti punti:

  • dispositivi di protezione individuale ( DPI);
  • trasferte;
  • situazioni di particolare fragilità e patologie attuali o pregresse dei dipendenti.

Vengono inoltre fatte alcune considerazioni aggiuntive su eventuali punti di miglioramento ai fini di un maggiore livello di sicurezza per i lavoratori.

DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE PER LA PROTEZIONE DA COVID-19

Al punto 6 del Protocollo (DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE), si legge che “qualora il lavoro imponga di lavorare a distanza interpersonale minore di un metro e non siano possibili altre soluzioni organizzative è comunque necessario l’uso delle mascherine, e altri dispositivi di protezione (guanti, occhiali, tute, cuffie, camici, ecc…) conformi alle disposizioni delle autorità scientifiche e sanitarie.”.

Leggendo questa affermazione sorgono alcune domande…

Questo significa che in questi casi bisogna indossare tutti i DPI citati? E quali caratteristiche devono avere questi DPI (ad es. mascherine FFP2 o FFP3 ecc.)? Inoltre, che cosa significa ecc… (che il datore di lavoro deve valutare lui stesso quali DPI adottare?)?

Siccome il fattore di rischio è lo stesso per tutti (ossia distanza interpersonale minore di un metro), sarebbe opportuno definire con precisione nel Protocollo la lista completa (e la tipologia) dei DPI da adottare.

TRASFERTE CONSENTITE DURANTE IL PERIODO DI EMERGENZA DA CORONAVIRUS

Al punto 8 del Protocollo (ORGANIZZAZIONE AZIENDALE (TURNAZIONE, TRASFERTE E SMART WORK, RIMODULAZIONE DEI LIVELLI PRODUTTIVI), il documento riporta la seguente affermazione “sono sospese e annullate tutte le trasferte/viaggi di lavoro nazionali e internazionali, anche se già concordate o organizzate”.

Questo significa che se un’azienda (la cui attività è ritenuta essenziale e quindi legalmente operativa) necessita di trasferte per svolgere la propria funzione non può comunque operare?

Considerando che ci sono molte attività essenziali che stanno operando sin dall’inizio dell’emergenza e che queste prevedono assistenza a clienti che comporta inevitabili trasferte nazionali e internazionali (ad esempio interventi tecnici su macchinari del settore alimentare), ritengo che sia opportuno chiarire meglio il punto nel Protocollo e le modalità operative da seguire ai fini della gestione del rischio.

SITUAZIONI DI PARTICOLARE FRAGILITÀ E PATOLOGIE ATTUALI O PREGRESSE DEI DIPENDENTI, DI CUI TENER CONTO DURANTE IL PERIODO DI EMERGENZA DA CORONAVIRUS

Al punto 12 del Protocollo (SORVEGLIANZA SANITARIA/MEDICO COMPETENTE/RLS), viene specificato che “Il medico competente segnala all’azienda situazioni di particolare fragilità e patologie attuali o pregresse dei dipendenti e l’azienda provvede alla loro tutela nel rispetto della privacy il medico competente applicherà le indicazioni delle Autorità Sanitarie”.

Ma quali sono esattamente le situazioni di particolare fragilità e le patologie interessate, e soprattutto come bisogna provvedere alla loro tutela?

Sarebbe sicuramente opportuno identificare nel Protocollo stesso queste categorie di lavoratori a maggior rischio specificando in dettaglio sia le situazioni di fragilità (ad es. fascia di età dei lavoratori anziani, lavoratrici in stato di gravidanza etc.) che le patologie interessate.

Allo stesso modo sarebbe auspicabile definire come bisogna provvedere alla tutela di ognuna di queste categorie in modo da uniformare la gestione del rischio evitando responsabilità e facoltà dei vari datori di lavoro e medici competenti.

Inoltre, sarebbe essenziale definire anche l’eventuale ruolo del medico di medicina generale del lavoratore all’interno del processo di gestione del rischio.

ALTRE CONSIDERAZIONI

Considerando la necessità di una ripresa in totale sicurezza sia per la tutela della salute dei lavoratori che della popolazione generale (rischio di nuovi focolai), è sicuramente cruciale agire sempre a favore di sicurezza ed in tal senso vengono suggeriti di seguito due possibili punti di miglioramento da integrare nel Protocollo:

  • In aggiunta al punto 6 del Protocollo (DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE), sarebbe opportuno fare riferimento al principio cardinale di priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale [2] (ad esempio schermi protettivi per i lavoratori a contatto con il pubblico).
  • Facendo riferimento alla linea guida dell’Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro [3], sarebbe opportuno adottare a favore di sicurezza un distanziamento interpersonale minimo di 2 m (ricorrendo all’uso dei DPI di cui al punto 6 qualora questo non sia possibile).

Fonti: Puntosicuro.it, Nikolin Kodheli (Ingegnere, H&S Officer)


[1] DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 10 aprile 2020, Art. 2, Comma 10

[2] D. Lgs. 81/08, Art. 15, Comma 1, Lettera i)

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