Una ricerca pubblicata su Plos One che illustra lo sviluppo della metodologia che i ricercatori dell’INAIL hanno progressivamente messo a punto per valutare il pericolo di contagio da Sars-CoV-2 negli ambienti professionali e superare l’emergenza epidemio
L’andamento dell’emergenza sanitaria legata alla diffusione del virus Sars-CoV-2 ha evidenziato l’importanza del fattore lavorativo come elemento sostanziale da considerare sia nell’implementazione di strategie volte a contenere il contagio sia nella definizione delle azioni necessarie per una ripresa economica sostenibile. In questo contesto, i ricercatori del Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale (Dimeila) hanno sviluppato una metodologia per valutare il rischio di infezione da Sars-CoV-2 negli ambienti di lavoro. Una procedura che integra complessivamente l’analisi del processo lavorativo e la prossimità tra i dipendenti, il rischio di infezione connesso al tipo di attività svolta e il coinvolgimento di soggetti terzi con conseguente aggregazione sociale.
Dall’Inail analisi scientifiche e report tecnici per affrontare l’emergenza
La ricerca Inail è stata pubblicata nei giorni scorsi sulla importante rivista scientifica Plos One e viene così ad aggiungersi ai contributi tecnici e di ricerca, disponibili sul sito istituzionale, prodotti dall’Istituto già a partire dalla prima fase dellapandemia.
L’impatto del virus su salute ed economia
Come ricordano gli autori nell’introduzione, la pandemia si è diffusa in tutto il mondo e a marzo 2021 risultano più di 16 milioni le persone contagiate in oltre 200 paesi, con un impatto notevole sulla salute pubblica e sull’economia, come pure sulla salute e sicurezza dei lavoratori, nonché sulla loro stabilità occupazionale.
Dalle misure di contenimento basso livello di contagio nei luoghi di lavoro
In Italia, l’adozione di diverse misure ha comportato durante la prima ondata la sospensione temporanea della maggior parte delle attività commerciali, con una conseguente riduzione di circa il 75% dei lavoratori presenti sul posto di lavoro. È stato stimato che circa il 25% dei dipendenti, come quelli impegnati in strutture sanitarie o nelle forze dell’ordine, o in presidi farmaceutici e alimentari, ha frequentato fisicamente il proprio posto di lavoro. Viceversa, gli incentivi allo smart working e ad altre misure come ferie e congedi sono stati ampiamente adottati dalla pubblica amministrazione e da molte imprese private. Di conseguenza, rileva la ricerca, i dati epidemiologici hanno mostrato un basso livello di trasmissione delle infezioni, con un rilascio progressivo delle misure di contenimento.
Classificazione del rischio per esposizione, prossimità e aggregazione
Nell’articolo viene descritto il metodo messo a punto per stimare il rischio di infezione daSars-CoV-2sul posto di lavoro, tenendo conto sia delle caratteristiche specifiche dei processi produttivi e dell’impatto dell’organizzazione del lavoro sul rischio, sia dello stretto contatto di alcune attività con soggetti esterni. L’obiettivo era quello di individuare i livelli generali integrati di rischio professionale per la popolazione attiva e per settore economico. Il rischio occupazionale di contagio virale è stato classificato sulla base di tre variabili: esposizione, prossimità e aggregazione. I dati aggiornati sulla forza lavoro sono stati così associati a ciascun settore di attività per ottenere i livelli ponderati di rischio correlati al numero di potenziali lavoratori esposti, e per valutarne l’impatto su mobilità e pendolarismo.
La metodologia Inail a supporto degli interventi di contrasto al virus
Il metodo inoltre è stato implementato nel modello di sorveglianza epidemiologica nazionale al fine di stimare l’impatto della riattivazione di attività specifiche sull’indice Rt di contagio delvirus. I risultati hanno supportato le attività di indirizzo del Comitato tecnico scientifico (Cts), istituito dal Governo presso il Dipartimento della Protezione civile, nella individuazione degli interventi progressivi di mitigazione per il superamento dell’emergenza epidemiologica. Oltre quindi a gestire e a contenere il contagio nei luoghi di lavoro, l’inclusione della dimensione lavorativa nello sviluppo delle misure di prevenzione e protezione nel controllo della pandemia si è configurata una misura utile anche per la gestione del rischio collettivo nel suo complesso.
Un contributo anche per il piano vaccinale negli ambienti lavorativi
La pubblicazione dello studio su Plos One rappresenta un riconoscimento internazionale al lavoro metodologico e di ricerca sviluppato dall’Istituto, che ha costituito la base scientifica delle indicazioni e raccomandazioni presenti nei documenti tecnici elaborati dall’Inail anche in collaborazione con l’Istituto superiore di sanità per i vari settori produttivi: dai trasporti alla ristorazione, dalla balneazione ai servizi per la cura della persona, alle attività della pubblica amministrazione. Questo risultato, concludono i ricercatori, potrà essere utile anche nella fase attuale dell’emergenza epidemiologica e nella prospettiva della campagna vaccinale nei luoghi di lavoro.
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