Una guida si sofferma sugli obblighi e sulle misure che il datore di lavoro deve adottare per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza. Le disposizioni generali, i piani di emergenza e l’aggiornamento delle misure di prevenzione.
Come riportato tra gli obblighi segnalati all’articolo 18 del D.Lgs. 81/2008, il datore di lavoro deve adottare le misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa.
La strategia per la pianificazione e l’adozione di misure per il controllo delle situazioni di rischio nelle emergenze ha subito in questi anni una vera e propria evoluzione: ora “l’andamento e l’evoluzione di una situazione di emergenza sono fatti dipendere dal livello organizzativo interno dell’azienda (risorse umane predisposte e disponibili, sistemi impiantistici idonei, etc.) e dalla capacità di contenere i danni (formazione professionale dei lavoratori)”. Insomma si richiede al sistema aziendale che “l’organizzazione interna per affrontare l’eventuale stato di emergenza sia uno strumento operativo facente parte a tutti gli effetti dell’insieme dei provvedimenti di sicurezza da attuare”.
A parlare in questi termini dellagestione delle emergenze è una guida prodotta dall’ Ente Bilaterale Nazionale del settore Terziario (EBINTER), dal titolo “ Datori di lavoro e lavoratori. Guida pratica agli adempimenti di sicurezza e all’apparato sanzionatorio”, nata con l’obiettivo di fornire una chiave di lettura dei diversi adempimenti a carico dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti.
La guida ricorda che la gestione delle emergenze è disciplinata dagli articoli da 43 a 46 del D.Lgs. 81/2008, decreto che riguardo alle disposizioni generali (articolo 43) “prevede che il datore di lavoro debba:
– organizzare i necessari rapporti con i servizi pubblici competenti in materia di primo soccorso, salvataggio, lotta antincendio e gestione dell’emergenza;
– designare preventivamente i lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza;
– informare tutti i lavoratori che possono essere esposti a un pericolo grave e immediato circa le misure predisposte e i comportamenti da adottare;
– programmare gli interventi, prende i provvedimenti e dà istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave e immediato che non può essere evitato, possano cessare la loro attività, o mettersi al sicuro, abbandonando immediatamente il luogo di lavoro;
– adottare i provvedimenti necessari affinché qualsiasi lavoratore, in caso di pericolo grave ed immediato per la propria sicurezza o per quella di altre persone e nell’impossibilità di contattare il competente superiore gerarchico, possa prendere le misure adeguate per evitare le conseguenze di tale pericolo, tenendo conto delle sue conoscenze e dei mezzi tecnici disponibili;
– garantire la presenza di mezzi di estinzione idonei alla classe di incendio ed al livello di rischio presenti sul luogo di lavoro, tenendo anche conto delle particolari condizioni in cui possono essere usati. L’obbligo si applica anche agli impianti di estinzione fissi, manuali o automatici, individuati in relazione alla valutazione dei rischi”.
Il documento sottolinea che solo una approfondita valutazione dei rischi permette di rilevare l’eventuale possibilità di “avere incidenti anche particolarmente gravi e a bassa probabilità di accadimento, non evitabili con interventi di prevenzione e per i quali è necessario predisporre misure straordinarie da attuare in caso di reale accadimento”.
Il piano di emergenza è proprio quell’insieme di “misure straordinarie, o procedure e azioni, da attuare al fine di fronteggiare e ridurre i danni derivanti da eventi pericolosi per la salute dei lavoratori (e della eventuale popolazione circostante)”.
I principali obiettivi di un piano di emergenza aziendale sono quelli di:
– “ridurre” i pericoli alle persone;
– prestare soccorso alle persone colpite;
– circoscrivere e contenere l’evento (in modo da non coinvolgere impianti e/o strutture che a loro volta potrebbero, se interessati, diventare ulteriore fonte di pericolo) per limitare i danni e permettere la ripresa dell’attività produttiva al più presto”.
Ad esempio un piano di emergenza dovrà essere “sicuramente predisposto per quelle attività che comportando il rischio specifico di incendio, esplosione, rilascio tossico e/o radioattivo, sono soggette ad una o più normative tecniche o legislative specifiche. In tutte le restanti attività, salvo diversa determinazione, non si ritiene necessaria la stesura di un vero e proprio piano di emergenza, bensì può essere sufficiente la predisposizione di procedure formalizzate che prevedano:
– una adeguata informazione e formazione dei lavoratori per quanto riguarda l’utilizzo degli equipaggiamenti di emergenza (estintori, autorespiratori, etc.) determinati ed introdotti in base alla valutazione dei rischi;
– una corretta gestione dei luoghi di lavoro (non ostruzione delle vie di esodo, rimozione, occultamento o manomissione degli equipaggiamenti di emergenza, etc.);
– una corretta e tempestiva manutenzione degli impianti”.
La guida si sofferma poi sulla necessità (art. 18, D.Lgs. 81/2008, comma 1, lett. z) di aggiornare le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e sicurezza del lavoro, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e della protezione.
Infatti la “dinamicità” del processo di valutazione dei rischi “comporta la necessità di continuo aggiornamento delle misure di prevenzione e protezione”.
A seconda delle caratteristiche della “strategia prevenzionale assunta dall’azienda” possono essere individuati “diversi livelli di piano di emergenza ciascuno dei quali, si ricorda, dovrà essere periodicamente adeguato a seconda della scala di gravità dei pericoli e dei mutamenti organizzativi aziendali”.
In particolare vengono presentati nella guida tre diversi livelli di pianificazione:
– piano di emergenza di unità o di impianto: “quella parte del piano di emergenza complessivo che riguarda espressamente la singola unità o impianto”;
– piano di emergenza di stabilimento: “viene predisposto quando l’azienda presenta più unità a rischio di eventi incidentali, o quando unità di per sé non a rischio possono essere interessate da incidenti verificatisi in altre unità”;
– piano di emergenza esterno: “quel piano che viene messo a punto dalla pubblica Autorità per tutelare l’incolumità della popolazione e la salvaguardia dell’ambiente”.
Rimandando alla lettura integrale della guida, concludiamo ricordando che un piano di emergenza di unità o di impianto “prende in considerazione tutti gli eventi incidentali che possono verificarsi nell’unità o nell’impianto e deve individuare chiaramente:
– responsabili locali per ciascun turno;
– area/e operativa/e dove devono recarsi il responsabile del piano di emergenza di stabilimento, il responsabile locale, le squadre di intervento, i soccorritori ed il nucleo degli addetti all’evacuazione. In caso di incidente il responsabile di PE di stabilimento, effettuata una immediata valutazione dell’entità e dei possibili sviluppi quali-quantitativi dell’evento, deciderà se attivare o meno i piani di emergenza di altre unità o dell’intera attività (piano di emergenza di stabilimento) o che interessano anche l’esterno (piano di emergenza esterno);
– composizione delle squadre di intervento;
– composizione del nucleo di soccorritori;
– composizione dell’eventuale nucleo di evacuatori;
– collocazione dell’equipaggiamento di emergenza e specificazione dei mezzi da utilizzare in base al tipo di evento incidentale;
– collocazione dell’equipaggiamento di emergenza di scorta;
– ubicazione dei DPI a disposizione del personale da evacuare;
– sistemi di allarme per allertare le squadre di intervento, i soccorritori e gli addetti all’evacuazione, nonché le procedure per la loro attivazione;
– sistemi di comunicazione tra aree operative, centri di raccolta e centro di controllo;
– vie di esodo, centri di raccolta ed eventuali mezzi per l’ulteriore allontanamento delle persone, nonché le zone ad accesso limitato o interdetto”.
Fonti: Puntosicuro.it, EBINTER