Indicazioni sull’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni, sui rischi per la salute e sulla normativa nazionale ed europea. Focus sulle indicazioni del nuovo D.lgs n. 44/2020. A cura di Nicholas Giralico e di Alfredo Gabriele Di Placido.
In questi mesi sono diversi gli articoli del nostro giornale dedicati alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni, in relazione alle novità normative sia a livello europeo che nazionale. Ad esempio con riferimento non solo alla Direttiva 2017/2398 e alla Direttiva (UE) 2019/130, che modificano la Direttiva (UE) 2004/37/CE, ma anche alla recente pubblicazione del Decreto legislativo 1 giugno 2020, n. 44 che attua la direttiva 2017/2398.
In relazione ai tanti mutamenti normativi e nel tentativo di fare chiarezza sulla prevenzione necessaria, riceviamo e volentieri pubblichiamo un contributo di due nostri lettori, entrambi tecnici della prevenzione nell’ambiente e sui luoghi di lavoro, Alfredo Gabriele Di Placido e Nicholas Giralico, dal titolo “Esposizione a cancerogeni ed applicazione del D.lgs. 44/2020”.
Esposizione a cancerogeni ed applicazione del D.lgs. 44/2020
È ormai accertato che l’origine delle neoplasie sia riconducibile, nell’ 80% dei casi circa, a fattori presenti nell’ambiente di vita, di cui il 90% è di natura chimica (identificabili nella dieta, come conseguenti ad abitudini voluttuarie quali fumo, alcool, all’inquinamento dell’ambiente di vita e di quello lavorativo). Il 2-8% circa sembra riconoscere un’origine professionale: questo dato deve essere però criticamente valutato, dal momento che esso appare inficiato dal cosiddetto “effetto diluizione” (ampia scala di potenziale azione viene diluita dalle poche certezze dei fatti, in quanto l’eziologia di una neoplasia è spesso multipla e di difficile individuazione).
Il NIOSH ritiene infatti sottostimata tale percentuale, ritenendo più verosimile attribuire alle cause professionali una quota del 20%.
L’interazione tra una sostanza cancerogena e/o mutagena ed il dna della cellula porta a degli effetti macroscopici di carattere stocastico.
Tali effetti, anche detti probabilistici, differiscono dai canonici effetti di carattere deterministico in quanto presentano le seguenti caratteristiche:
- Assenza di soglia: non richiedono il superamento di un valore soglia per manifestarsi;
- Probabilità d’accadimento: tali effetti hanno una frequenza di comparsa minima ed essa non sempre è correlata alla quantità della dose assorbita;
- Ampio tempo di latenza: si manifestano dopo anni dall’esposizione;
- Assenza di graduazione: la dose non rende l’effetto più grave ma solo più probabile, perché sono effetti del tipo “tutto o nulla”;
Pertanto, a differenza dagli effetti deterministici (o non stocastici), che hanno un livello soglia per cui non si ha alcun effetto e la cui gravità dipende dall’entità dell’esposizione, gli effetti probabilistici avvengono casualmente, spesso senza un livello soglia. L’entità dell’esposizione è collegata alla maggiore o minore probabilità che tali effetti si manifestino, non alla loro gravità.
Inoltre non sempre si manifestano, in quanto riguardano piccole dosi di agenti potenzialmente pericolosi, ma possono essere di volta in volta cumulati e provocare danni a lungo termine.
Il Testo unico per la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ( decreto Legislativo 81/08) all’art. 234 definisce un agente cancerogeno come:
“1) una sostanza o miscela che corrisponde ai criteri di classificazione come sostanza cancerogena di categoria 1 A o 1Bdicui all’allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio;
2) una sostanza, miscela o procedimento menzionati all’Allegato XLII del presente decreto, nonché sostanza o miscela liberate nel corso di un processo e menzionate nello stesso allegato”.
Allo stesso articolo la normativa introduce anche l’obbligo più importante che il datore di lavoro vede in capo, ovvero la valutazione del rischio.
Concetto che viene poi ampliamente esplicitato all’art. 236, dove il datore di lavoro è tenuto ad effettuare una valutazione dell’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni, i risultati della quale sono riportati nel documento di valutazione dei rischi.
Detta valutazione tiene conto, in particolare, delle caratteristiche delle lavorazioni, della loro durata e della loro frequenza, dei quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni prodotti ovvero utilizzati, della loro concentrazione, della capacità degli stessi di penetrare nell’organismo per le diverse vie di assorbimento, anche in relazione al loro stato di aggregazione e, qualora allo stato solido, se in massa compatta o in scaglie o in forma polverulenta e se o meno contenuti in una matrice solida che ne riduce o ne impedisce la fuoriuscita. La valutazione deve tener conto inoltre di tutti i possibili modi di esposizione, compreso quello in cui vi è assorbimento cutaneo.
Infine, la norma ricorda come il datore di lavoro, in relazione ai risultati della valutazione, debba adottare idonee misure preventive e protettive, ponderandole alle particolarità delle situazioni lavorative.
Tale valutazione poc’anzi citata deve avvenire, in virtù dell’ottica prevenzionistica presente e ben evidente sin nelle misure generali di tutela (art. 15), procedendo per step.
La letteratura scientifica ancora oggi pone come obiettivo, per gli agenti cancerogeni e mutageni, un livello di esposizione sicuro, che deve essere pari a zero.
Per tale motivo il primo passo, ove possibile, sarà sempre la sostituzione e/o riduzione (art. 235); il datore di lavoro evita o riduce l’utilizzo di un agente cancerogeno o mutageno sul luogo di lavoro sostituendolo, se tecnicamente possibile, con una sostanza o un preparato o un procedimento che nelle condizioni in cui viene utilizzato non risulta nocivo o risulta meno nocivo per la salute e la sicurezza dei lavoratori.
Se non è tecnicamente possibile sostituire l’agente cancerogeno o mutageno il datore di lavoro provvede affinché la produzione o l’utilizzo dell’agente avvenga in un sistema chiuso.
Se il ricorso ad un sistema chiuso non dovesse essere tecnicamente possibile il datore di lavoro provvede affinché il livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto al più basso valore possibile. L’esposizione non deve comunque superare il valore limite dell’agente stabilito nell’allegato XLIII.
La norma tecnica UNI EN 689:2018, riprendendo la EN 1540, definisce un valore limite di esposizione occupazionale (OELV) come “limite della media ponderata nel tempo della concentrazione di un agente chimico nell’aria all’interno della zona di respirazione di un lavoratore in relazione ad un periodo di riferimento specificato, solitamente 8 ore per misurazioni per lunga durata e 15 minuti per misurazioni per breve durata”.
Gli OELV sono diversi: abbiamo i limiti di esposizione occupazionale di legge (limiti europei vincolanti, limiti nazionali vincolanti); raccomandazione dei comitati scientifici (OELV indicativi, concentrazioni massime consentite, limiti di esposizione raccomandati, valori limite di soglia); valori limite di esposizione indicati dal fornitore; valori limite derivati tecnici o concentrazione correlata col rischio; valore limite basato sul rischio (concentrazione correlata al rischio accettabile o tollerabile, concentrazione correlata al rischio tecnica); valori di azione; valori limite interni.
I valori limite riportati all’interno del D.Lgs 81/08 sono il recepimento di Direttive europee: distinzione fondamentale da fare è tra i valori limite degli agenti chimici, riportati nell’allegato XXXVIII, denominati IOELV, ovvero valori limite di esposizione professionale indicativi.
Indicativi perchè gli Stati membri, nel recepimento delle Direttive in questione, hanno la facoltà di modificare i valori di riferimento europei. Per i valori limite di esposizione professionale ad agenti cancerogeni e mutageni, i c.d. BOELV, non è ammessa alcuna deroga: i valori stabiliti nelle Direttive europee devono essere recepiti tal quali a livello nazionale.
Il 2020 rappresenta un importante passo in avanti nel settore della ricerca sulle sostanze cancerogene certe, di fatti l’entrata in vigore, il 24 giugno scorso, del D.Lgs n.44 del 1° giugno 2020, attuativo della Direttiva (UE) 2017/2398 relativa alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti dall’esposizione di agenti cancerogeni e mutageni durante il lavoro, ha portato ad una modifica significativa degli allegati XLII e XLIII del D.Lgs 81/2008.
Finora queste sostanze, miscele e processi riportati nell’Allegato XLII erano cinque e comprendevano:
- Produzione di auramina con metodo Michler;
- Lavori che espongono a idrocarburi policiclici aromatici nella fuliggine, nel catrame o nella pece di carbone;
- Lavori che espongono a polveri, fumi, nebbie prodotti durante il raffinamento del nichel a temperature elevate;
- Processo agli acidi forti nella fabbricazione di alcol isopropilico;
- Lavoro comportante l’esposizione a polvere di legno duro.
Con il D.Lgs 44/2020, a questi cinque procedimenti se ne aggiunge un sesto, ovvero “lavori comportanti esposizione a polvere di silice cristallina respirabile generata da un procedimento di lavorazione”.
Questi procedimenti sono definiti come “process generated substances”, ossia fumi, gas, polveri cancerogeni e/o mutageni per i lavoratori. Tali sostanze non sono immesse sul mercato, non sono dunque classificate in base al Reg. CLP 1272/2008. Esse possono però essere generate, per l’appunto, da processi lavorativi. Nasce da qui, dunque, l’esigenza di segnalare come procedimenti a rischio di esposizione a sostanze cancerogene e/o mutagene anche delle lavorazioni.
La silice cristallina è anche una delle nuove sostanze inserite all’interno dell’Allegato XLIII, aggiornato sempre dall’articolo 2 del D.Lgs 44/2020, dove sono fissati i valori limite di esposizione professionale per gli agenti cancerogeni e mutageni.
Se finora le sostanze per cui era stato fissato un valore limite di esposizione erano tre (polvere di legno duro, benzene e cloruro di vinile monomero), ora, con il recepimento della Direttiva (UE) 2017/2398, passano ad essere 14, comprese le tre già presenti, di cui due vedono il loro valore limite modificato al ribasso: infatti per la polvere di legno duro il nuovo valore limite è 3 mg/m3 fino al 17 gennaio 2023, data in cui verrà ulteriormente abbassato a 2 mg/m3; per il cloruro di vinile monomero il nuovo valore limite è fissato a 2,6 mg/m3 (1 ppm).
Riguardo alle polveri di legno duro, la Direttiva affronta anche il problema dell’esposizione a polveri miste, nel considerando 14 si legge: “L’esposizione mista a più di una specie di legno è molto comune, il che complica la valutazione in termini di esposizione delle varie specie di legno. L’esposizione alle polveri di legno duro e di legno tenero è comune tra i lavoratori nell’Unione e può causare malattie e sintomi respiratori; l’effetto più grave sulla salute è il rischio di tumori nasali e naso-sinusali. È opportuno pertanto stabilire che, se le polveri di legno duro sono mischiate con altre polveri di legno, il valore limite di cui all’allegato dovrebbe applicarsi a tutte le polveri di legno presenti nella miscela in questione”.
Oltre alla silice cristallina, le nuove sostanze con valore limite di esposizione professionale sono: composti di cromo esavalente; fibre ceramiche refrattarie; ossido di etilene; 1,2-Epossipropano; acrilammide; 2-Nitropropano; o-Toluidina; 1,3-Butadiene; idrazina; brometilene.
La silice non è di certo un elemento di nuova scoperta per i danni che può provocare all’organismo umano. È infatti l’agente etiologico della silicosi, una pneumoconiosi sclerogena, che ha rappresentato una delle malattie professionali principali del XX secolo.
Ancora oggi però, data la presenza della sostanza come minerale in natura, e dato il suo ricorrente utilizzo in vari comparti industriali (miniere e perforazione gallerie, siderurgia, ceramica, vetro e cristallo), rappresenta un rischio concreto per i lavoratori. Il fatto di averla inserita nell’elenco delle lavorazioni ed averle attribuito un valore limite di esposizione professionale rafforza gli strumenti per la prevenzione e la protezione dei lavoratori.
Altro cancerogeno protagonista ben noto per lo più nel mondo dell’edilizia sono le fibre ceramiche refrattarie. Le FCR rientrano nella più ampia categoria delle fibre artificiali vetrose, che comprendono anche le lane di vetro, di roccia e le microfibre di vetro. Ma se le lane minerali sono classificate come cancerogene di categoria 2 (sospette cancerogene), le FCR rientrano invece nella categoria 1B (cancerogeno certo). Esse sono commercializzate già dagli anni ’50 e si possono trovare sotto forma di fiocco in ceramica, utilizzato per prodotti tessili, coperte isolanti, carta per guarnizioni, pannelli pressati uso cartone, feltri, nastri adesivi, mastici, e sotto forma di materassi, pannelli e feltri isolanti a sandwich.
Altra novità è rappresentata dai composti del cromo esavalente che, come indica il volume INAIL “ Agenti cancerogeni e mutageni: lavorare sicuri” (2015), si rilevano soprattutto nella fusione e saldatura di acciaio inox ed altre leghe contenenti cromo; nei trattamenti galvanici (cromatura, cromatazione e fosfocromatazione); nella produzione ed impiego di pigmenti per vernici, pitture, inchiostri, ceramica e cemento, che può contenere bicromato di potassio; nella litografia e fotoincisione. Si possono, inoltre, incontrare nella concia dei pellami con la tecnica “a due bagni” tramite bicromati e nella tintura dei tessuti, impiegati come mordenti.
L’ossido di etilene, oltre ad avere un utilizzo in qualità di biocida, viene impiegato anche negli inchiostri e toner, negli intonaci e nell’argilla da modellare, ma anche nei prodotti fitosanitari e di rivestimento.
1,2-Epossiprona (conosciuto anche con il nome IUPAC di metilossirano) è utilizzato come regolatore di pH per il trattamento delle acque; si rinviene nei fluidi idraulici, lubrificanti, grassi, adesivi e sigillanti, prodotti antingelo e di rivestimento, riempitivi, stucchi, vernici per dita e fluidi per il trasferimento di calore.
L’acrilammide è una sostanza per cui si sono concentrati, negli ultimi anni, non solo studi sull’esposizione a livello professionale, ma anche in ambito di sicurezza alimentare. Essa è infatti una sostanza cancerogena e mutagena, con tossicità sistemica, ma preferenziale per il sistema nervoso centrale e periferico e per quello riproduttivo, che si può trovare in prodotti alimentari, quali patatine fritte, pane, caffè, cereali e biscotti. Il Regolamento 2017/2158 affronta e regolamenta proprio l’acrilammide nell’ambito della sicurezza alimentare.
In ambito lavorativo, viene utilizzata nelle analisi di laboratorio e come flocculante nel trattamento delle acque.
Il 2-nitropropano è invece usato come solvente (per acetato di cellulosa, lacche, gomme sintetiche, olii, grassi, inchiostri, vernici, etc.), additivo per la benzina e negli oli da taglio.
O-toluidina viene utilizzata come intermedio per coloranti, farmaci, pesticidi ed in alcune sintesi organiche, come antiossidante e catalizzatore della gomma; è utilizzato anche come reattivo per analisi mediche.
L’1-3-butadiene viene utilizzato nella sintesi della gomma (pneumatici, giocattoli, scarpe). Viene inoltre utilizzato negli adesivi e sigillanti, nei prodotti antigelo, nei prodotti di rivestimento, negli stucchi, nei cerotti, vernici per dita, toner e inchiostri, prodotti per il trattamento delle superfici non metalliche e dei tessuti, lubrificanti e grassi, lucidi e cere, coloranti.
L’idrazina è invece impiegata come agente riducente antiossidante, intermedio per: organo derivati dell’idrazina, medicinali, pesticidi, elastomeri; catalizzatore per sintesi organiche, schiumogeno, stampa fotografie, combustibile per centrali termoelettriche, nel trattamento dell’acqua calda.
Il bromoetilene (o bromuro di vinile) è un intermedio nella produzione di polimeri; ritardante di fiamma per fibre acriliche e per tappeti sintetici; è un intermedio anche per pesticidi e prodotti farmaceutici; ed è usato nell’industria del cuoio e per la produzione di imbottiture per abbigliamento.
In conclusione, è bene ricordare come siano state emanate altre due Direttive, la 2019/130 e la 2019/983, che operano un ulteriore ampliamento delle sostanze cancerogene e mutagene e anche di processi lavorativi per cui è fissato un valore limite di esposizione professionale.
Tali sostanze e processi sono: il tricloroetilene; 4,4′-metilendianilina; l’epicloridina; l’etilene dibromuro; l’etilene dicloruro; emissioni di gas di scarico di motori diesel; miscele di idrocarburi policiclici aromatici, in particolare quelle contenenti benzo(a)pirene, definite cancerogene; oli minerali precedentemente usati nei motori a combustione interna per lubrificare e raffreddare le parti mobili all’interno dei motori; cadmio e suoi composti inorganici; berillio e composti inorganici del berillio; acido arsenico e suoi sali composti inorganici dell’arsenico; formaldeide; 4,4′-metilene-bis.
La Direttiva 130 del 19 gennaio 2019 dovrà essere recepita entro il 20 febbraio 2021, mentre la Direttiva 983 del 5 giugno 2019 entro l’11 luglio 2021.
I cambiamenti per il Capo II del Titolo IX del D.Lgs 81/08 non sono ancora finiti.
Dott. Alfredo Gabriele Di Placido
Tecnico della Prevenzione nell’ambiente e sui Luoghi di Lavoro
Dott. Nicholas Giralico
Tecnico della Prevenzione nell’ambiente e sui Luoghi di Lavoro
Scarica la normativa di riferimento:
Fonti: Gazzetta ufficiale,m eur-lex-europa.eu, Puntosicuro.it