Un breve saggio analizza gli obblighi gravanti su soggetti esterni al rapporto di lavoro come progettisti, fornitori, installatori e montatori. Gli obblighi normativi, i principi di prevenzione e la dichiarazione di conformità degli impianti.
È già dal 1955 che soggetti esterni all’azienda – come i progettisti, fabbricanti, fornitori e installatori – hanno precisi obblighi di sicurezza: il motivo di coinvolgere queste figure estranee all’azienda nel sistema della sicurezza nasce dall’esigenza di rendere più efficace la tutela dei lavoratori impedendo la costruzione e l’immissione nel mercato di macchine e attrezzature potenzialmente pericolose.
Per analizzare gli obblighi in materia di salute e sicurezza sul lavoro che gravano su tali soggetti esterni al rapporto di lavoro, con riferimento al decreto legislativo 81/2008 e alla letteratura giurisprudenziale, presentiamo un recente breve saggio – un Working Paper, pubblicato da Olympus nel mese di maggio 2014 – dal titolo “Gli obblighi dei progettisti, fornitori e installatori” e a cura di Danilo Volpe (avvocato del Foro di Trani).
Con l’avvento del Testo Unico in materia di sicurezza sul lavoro (D.Lgs. 81/2008) “tutta la disciplina relativa ai soggetti esterni all’azienda contenuta prima nel d.P.R. n. 547/1955 e poi nel d.lgs. n. 626/1994, è stata sostanzialmente confermata negli artt. 22, 23 e 24” del Testo Unico. E tali norme hanno natura programmatica: “non prescrivono precisamente le condotte vietate, bensì rinviano ad altre norme, di natura prevalentemente tecnica, che ne completano il contenuto”. E se è confermata la ratio iniziale della disciplina, non possono tuttavia essere sottovalutate le novità introdotte dal Testo Unico del 2008, benché di portata esclusivamente letterale:
– “il legislatore del 2008 ha sostituito il termine ‘macchine’, presente nella disciplina previgente, con il termine ‘attrezzature di lavoro’. Ciò al fine di allineare la normativa in questione con quella del d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 17, che, da un lato, ha recepito la c.d. ‘ nuova direttiva macchine’ n. 2006/42/CE, contenente i requisiti di costruzione delle attrezzature di lavoro, e, dall’altro, ha abrogato il previgente d.P.R. 24 luglio 1996, n. 459 che regolava la medesima materia”;
– nelle disposizioni introdotte dal Testo Unico, è costante il riferimento alla normativa ‘in materia di salute e sicurezza’ cui i debitori esterni di sicurezza devono attenersi nell’adempimento dei propri obblighi”.
Alla formulazione degli artt. 22, 23 e 24 è stata fatta una critica da chi ha rilevato “che, a differenza di quanto accade a proposito di altre figure soggettive protagoniste del sistema di sicurezza, nel d.lgs. n. 81/2008 manca del tutto una esplicita definizione dei soggetti ‘esterni’ all’azienda”.
Rimandando ad una lettura integrale del working paper, ci soffermiamo oggi sugli obblighi di alcune figure particolari: il progettista, gli installatori e i montatori.
Gli obblighi del progettista sono sanciti nell’art. 22 del Testo Unico che recita: ‘i progettisti dei luoghi e dei posti di lavoro e degli impianti rispettano i principi generali di prevenzione in materia di salute e sicurezza sul lavoro al momento delle scelte progettuali e tecniche e scelgono attrezzature, componenti e dispositivi di protezione rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari in materia’.
Dopo aver accennato alla sanzione comminata per l’infrazione di tale precetto – inasprita dal D.Lgs. 106/2009 – si ribadiscono i due ordini di obblighi in capo ai progettisti: “da un lato, il rispetto dei summenzionati principi nella fase di progettazione dei luoghi, dei posti di lavoro e degli impianti e, dall’altro, la scelta di attrezzature, componenti e dispositivi di protezione rispondenti alla normativa in materia di sicurezza”.
Per comprendere l’obbligo in capo ai progettisti occorre comprendere il significato di ‘attrezzature, componenti e dispositivi di protezione’ e di individuare quali siano ‘i principi generali di prevenzione in materia di salute e sicurezza’.
Riguardo a tali principi, la “dottrina più recente” pare unanime “nel ritenere che, un riferimento imprescindibile, sia rappresentato dalle ‘misure generali di tutela’ elencate dall’art. 15 del d.lgs. n. 81/2008. Con particolare riferimento all’obbligo della ‘eliminazione dei rischi e, ove non possibile, la loro riduzione al minimo in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico’ (lett. c), ‘il rispetto dei principi ergonomici nell’organizzazione del lavoro, nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione (…)’ (lett. d) e “la priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale” (lett. i).
Tuttavia, continua l’autore, “prescrizioni di notevole rilievo, soprattutto ai fini della progettazione di ‘luoghi’ e ‘posti di lavoro’, sono altresì quelle contenute nell’allegato IV del d.lgs. n. 81/2008 che elenca una serie di requisiti tecnici, tra cui quelli relativi alla stabilità degli edifici, alle dimensioni minime dei locali chiusi, alle caratteristiche di pavimenti e pareti, alle vie di circolazione ed emergenza ecc”. Sono ricordate anche le prescrizioni “esplicitamente indirizzate ai progettisti, contenute nel titolo VIII del d.lgs. n. 81/2008”.
Riguardo poi alle ‘attrezzature, componenti e dispositivi di protezione’ nel Testo Unico è l’art. 69 a fornire una definizione di ‘ attrezzatura da lavoro’, intendendo ‘qualsiasi macchina, apparecchio, utensile o impianto, inteso come il complesso di macchine, attrezzature e componenti necessari all’attuazione di un processo produttivo, destinato ad essere usato durante il lavoro’. Ma in dottrina “questa definizione non è stata ritenuta esaustiva, perché avrebbe l’effetto di escludere tutti quegli strumenti non destinati ad essere utilizzati durante il processo produttivo, ma aventi comunque lo scopo di rendere funzionali zone o locali accessori a quelli in cui si svolge l’attività lavorativa”. E l’interpretazione più estensiva”pare avvalorata dallo stesso tenore letterale dell’art. 22 laddove distingue fra ‘luoghi’ e ‘posti di lavoro’, nonché dall’ampia definizione di ‘luoghi di lavoro’ fornita dall’art. 62 del d.lgs. n. 81/2008”.
Infine circa i ‘dispositivi di protezione’ – stante l’assenza di qualsivoglia specificazione all’interno dell’art. 22 – pare condivisibile l’orientamento dottrinale che tende a ricomprendervi sia quelli individuali sia quelli collettivi.
Ci si è domandato poi “se l’obbligo del progettista non si estenda anche all’adozione delle norme tecniche” e gli orientamenti “sono stati oscillanti”. In particolare un autore [1], sottolineando l’assenza di una specifica disposizione legislativa in tal senso, “ha ritenuto che l’obbligo dei progettisti non possa estendersi” anche all’adozione della “norma tecnica”, delle “buone prassi” e delle “linee guida” di cui all’art. 2, comma 1 del D.Lgs. 81/2008.
In questo senso “la straordinaria portata dell’art. 22, che mira ad anticipare la tutela della salute dei lavoratori già alla fase di progettazione, appare quindi di scarsa utilità pratica, alla luce delle descritte difficoltà applicative”.
Ricordando che il saggio si sofferma anche sui fornitori e su vari aspetti giurisprudenziali, concludiamo dando qualche cenno relativo agli obblighi di installatori e montatori.
L’art. 24 del D.Lgs. 81/2008 che “prescrive i doveri di installatori e montatori di impianti, attrezzature di lavoro o altri mezzi tecnici: essi, infatti, per la parte di loro competenza, devono rispettare le norme di salute e sicurezza sul lavoro, nonché le istruzioni fornite dai rispettivi fabbricanti”.
In particolare le più importanti prescrizioni che installatori e montatori devono osservare “sono contenute nel D.M. 22 gennaio 2008, n. 37 e “fra gli impianti rientranti nell’ambito di applicazione di tale decreto ministeriale si ricordano gli impianti elettrici, radiotelevisivi ed elettronici in genere, di riscaldamento e di climatizzazione, per il trasporto e l’utilizzazione di gas, ascensori, montacarichi ecc”.
A questo proposito:
– per svolgere l’attività di installazione, l’impresa installatrice deve possedere il certificato di abilitazione, rilasciato dalla Camera di commercio “che comprova il possesso dei requisiti tecnico professionali, prescritti dall’art. 4 del d.m. n. 37/2008”;
– l’impresa deve realizzare gli impianti “a regola d’arte” (art. 6, DM 37/2008) “in conformità alla normativa vigente ed è responsabile della corretta esecuzione degli stessi: in particolare, gli impianti si considerano realizzati secondo la regola d’arte, quando sono conformi alle norme dell’UNI (Ente Italiano di Unificazione), del CEI (Comitato elettrotecnico italiano) o di altri Enti di normalizzazione appartenenti agli stati membri dell’Unione Europea”;
– “una volta terminati i lavori, previa effettuazione delle verifiche previste dalla normativa vigente, l’impresa deve rilasciare al committente la dichiarazione di conformità degli impianti (art. 7): questa deve essere sottoscritta dal titolare dell’impresa installatrice, recare i dati identificativi dell’impresa, la relazione sulla tipologia dei materiali utilizzati e il progetto dell’impianto”.
L’autore infine ricorda che il decreto del Ministero dello sviluppo economico del 19 maggio 2010 ha variato il modello di dichiarazione di conformità nel caso di utilizzo di prodotti “non soggetti a norme tecniche”: “in questo caso, non è più sufficiente che l’installatore firmi la dichiarazione di conformità ma occorre anche un progetto redatto e sottoscritto da un ingegnere. Ne deriva un’ipotesi di progettazione ‘obbligatoria’ che, di fatto, sminuisce la professionalità dell’installatore il quale, in caso di utilizzo di prodotti privi di norme tecniche, è tenuto ad operare sotto la stretta sorveglianza dell’ingegnere-progettista”.
In area riservata potrete trovare il documento del dottor Volpe
Fonti: Puntosicuro, Olympus (Osservatorio per il monitoraggio permanente della legislazione e giurisprudenza sulla sicurezza del lavoro)