Un intervento corretto e tempestivo in un’emergenza sanitaria – una situazione improvvisa e imprevista che mette in pericolo la sopravvivenza di una o più persone immediatamente o a brevissima distanza di tempo dall’inizio del malessere o del trauma – è molto importante anche negli ambienti di lavoro.
Quindi lo Studio ha pensato di inserire in questo articolo alcune informazioni base sulla gestione di un intervento, ipotetico, di primo soccorso.
Ricordiamo a tutti i lettori che alla fine di marzo Safe studio in collaborazione con Studio MO.NI. darà l’opportunità di avere ad un prezzo ragionevole e concorrenziale il corso di primo soccorso e/o il corso di aggiornamento di primo soccorso; ma andiamo a parlare della catena della sopravvivenza:
Quella che vedete qui è la “catena della sopravvivenza”; tale catena consiste in quella “serie continua di procedure da mettere in pratica per il pieno successo della rianimazione di pazienti definiti critici a causa d’eventi lesivi che avvengono al di fuori dell’ospedale”.
I suoi anelli sono rappresentati da:
a) “Allarme immediato (chiamata al numero gratuito Nazionale 118 per l’Italia);
b) Precoce Rianimazione Cardiopolmonare (BLS);
c) Defibrillazione Precoce;
d) Advanced Life Support (ALS: manovre di supporto vitale avanzato)”.
Per favorire una idonea informazione e formazione l’ Azienda USL 3 di Pistoia ha pubblicato sul proprio sito il documento “Corso Primo Soccorso Sanitario nei luoghi di lavoro” con riferimento al Decreto Ministeriale n. 388 del 15 luglio 2003 che ha introdotto una particolare classificazione aziendale per quanto attiene le modalità di organizzazione del pronto soccorso, individuando le tipologie di formazione degli addetti al pronto soccorso e specificando le attrezzature minime di equipaggiamento e di protezione individuale che il datore di lavoro deve mettere a disposizione degli addetti.
Si sottolinea inoltre anche che ai sensi del D. Lgs. 81\2008 il datore di lavoro deve prendere i provvedimenti necessari in materia di pronto soccorso e di assistenza medica di emergenza, tenendo conto delle altre eventuali persone presenti sui luoghi di lavoro e stabilendo i necessari rapporti con i servizi esterni, anche per il trasporto dei lavoratori infortunati.
Riguardo alle differenze tra emergenza e urgenza si indica che “fra le più importanti emergenze sanitarie si possono annoverare: l’ arresto cardiocircolatorio, le alterazioni emodinamiche, gli stati asfittici, le situazioni d’instabilità respiratoria, il politrauma”. E come emergenze sanitarie si riconoscono anche “quelle situazioni come l’amputazione di un arto, le lesioni facciali o le lesioni midollari basse, che ledono pesantemente l’integrità psicofisica del paziente. Per urgenza sanitaria, invece, s’intende una situazione che di per se non pone in pericolo immediato la vita del paziente ma che crea sofferenza: anch’essa deve essere affrontata, controllata e risolta, possibilmente, in breve tempo”.
Nella realtà – continua la pubblicazione – questa distinzione fra emergenza ed urgenza “non è sempre così netta e, di fatto, esistono situazioni di urgenza-emergenza e di emergenza- urgenza. Le prime sono rappresentate da situazioni poco gestibili dalla vittima e dai presenti per le quali gli operatori sanitari, costretti dall’instabilità emotiva delle persone coinvolte sia direttamente che indirettamente, devono intervenire in emergenza. Le seconde sono, invece, reali situazioni di pericolo imminente i cui segni e sintomi non sono allarmanti e risultano sottostimati dal paziente nella fase iniziale, ma che evolvono, poi, in situazioni letali o potenzialmente lesive”.
Dopo aver affrontato il tema dei corsi di pronto soccorso, conformi ai contenuti del DM 388/2003, della designazione degli incaricati al pronto soccorso e del sistema di soccorso, l’Asl si sofferma sulla catena della sopravvivenza e sul concetto di Golden Hour.
La morte inattesa “è un evento drammatico che si può e si deve non solo prevenire, limitando i fattori di rischio cardiovascolare e traumatico, ma anche combattere, impedendo che un arresto cardiorespiratorio improvviso duri così a lungo da causare la morte dell’individuo. Ciò è realizzabile se si attiva tempestivamente una sequenza d’interventi critici cui partecipano, coordinandosi, cittadini ed operatori sanitari, per formare quella che viene chiamata ‘catena della sopravvivenza’”.
Questa visione del problema rivaluta notevolmente la figura del primo soccorritore: “infatti, molte delle situazioni che possono mettere in pericolo la vita del paziente si realizzano al di fuori delle strutture ospedaliere, conseguentemente il primo soccorso è portato generalmente da personale non medico (soccorritore occasionale) che si trova costretto ad affrontare una situazione d’emergenza, in alcuni casi, senza gli strumenti adatti. Il concetto di catena della sopravvivenza si applica a tutte le situazioni di emergenza, comprese quelle traumatologiche, in cui l’importanza del fattore tempo è sottolineata dal concetto di golden hour vale a dire quell’ora d’oro entro la quale devono svolgersi le azioni di valutazione e trattamento iniziale sul campo, trasporto rapido e assistito alla struttura ospedaliera idonea, per il completamento della fase diagnostica e l’instaurazione delle terapie mirate”.
Rimandandovi ad una lettura integrale del documento, concludiamo questa breve presentazione soffermandoci su quanto riportato dall’Asl a proposito delle crisi epilettiche
La crisi epilettica si può manifestare attraverso la convulsione del corpo. La manifestazione di queste crisi convulsive “si rivela sempre molto violenta ed inaspettata, la vittima di queste crisi crolla nella maggior parte dei casi al suolo, contorcendosi ripetutamente come in preda ad una forte scarica elettrica. Si ha in quell’istante una contrattura generale dei muscoli con relativo rilascio, e può avvenire in molti casi una manifestazione di rigurgito o detta anche vomito. Si noterà la presenza di saliva e muco attorno alla bocca della vittima, questa è la conseguenza delle ripetute contrazione anche a livello gastrointestinale che spingono le sostanze presenti all’interno dell’apparato digerente verso la bocca che si rivela l’unica uscita. Si ha una rotazione degli occhi all’indietro da parte della vittima, che può rimanere addirittura cosciente durante tutta la crisi”.
Una crisi epilettica può anche essere distinta in crisi di piccolo male e crisi di grande male. Nella prima situazione “si ha una grande varietà di sintomi: il più tipico è l’assenza, breve perdita di coscienza della durata di pochi secondi, di cui il paziente non conserva alcun ricordo, non seguita da caduta a terra ed è difficilmente avvertibile persino da chi risiede vicino alla vittima colpita da epilessia di piccolo male”.
Il documento segnala anche cosa è possibile fare:
– “non cercare di impedire la crisi, ma evitare che il soggetto nella caduta possa procurarsi lesioni traumatiche;
– controllare la durata;
– controllare polso e respiro, assicurandosi che le vie aeree siano libere;
– evitare, se possibile, il morso della lingua;
– slacciare cravatte o cinture;
– non abbandonare il soggetto da solo”.
Per la lettura del documento completo ed un piccola presentazione dell’ISPELS vi rimandiamo al link in area riservata: http://schumperlin.com/area-riservata
Fonti: Puntosicuro.it, Asl 3 di Pistoia e ISPELS