L’impiego dello steward fino a qualche mese fa sembrava limitato alle sole attività del calcio professionistico, sulla base di norme ben precise.
L’attuale preoccupazione legata al massiccio afflusso di persone anche in manifestazioni diverse sta proponendo la possibilità di estendere l’utilizzo della figura degli steward: il recente concerto di Vasco Rossi a Modena ne è stato un concreto esempio.
Tutto ciò pone l’attenzione sulla formazione degli steward, fino a oggi prevalentemente dedicata agli aspetti giuridici e/o legata ai problemi di security. Come ha sottolineato il Prefetto Gabrielli nella sua circolare, oggi “il modello organizzativo delineato presuppone lo scrupoloso riscontro delle garanzie di safety e di security necessariamente integrate, in quanto requisiti imprescindibili di sicurezza senza i quali, pertanto, le manifestazioni non potranno aver luogo. Significando che mai ragioni di ordine pubblico potranno consentire lo svolgimento, comunque, di manifestazioni che non garantiscono adeguate misure di safety”.
Appare del tutto evidente come sia importante pensare a un’integrazione della formazione degli steward proprio nel campo della safety.
Come già sottolineato (taggare articolo precedente), lo steward può essere una valida guida per le persone presenti qualora dovessero manifestarsi situazioni di emergenza, ma per poterlo diventare è importante che agli occhi dei presenti acquisisca da subito il ruolo di chi può “essere di aiuto”. Ciò significa che accogliere le persone non significa solo fornire corrette informazioni, ma anche divenire punto di riferimento per tutti i problemi. Per diventarlo occorre imparare a svolgere anche i propri ruoli di controllo (bonifica, prefiltraggio, filtraggio, ecc.) con atteggiamento di accoglienza ed empatia. Per empatia intendiamo la capacità di percepire le emozioni delle altre persone, di comprenderne il punto di vista e di interessarsi attivamente delle loro preoccupazioni. L’empatia non va però confusa con la simpatia: non significa buonismo, ma indica la disposizione ad agire in maniera partecipe verso l’altro. Come sottolineano Lynch (1985) e Pennebaker (2004) costruire un rapporto empatico ha la capacità di diminuire lo stato di tensione delle persone, aspetto decisamente importante nelle situazioni critiche.
Le immagini del concerto “One Love Manchester” tenuto a favore delle famiglie colpite dall’attentato del 22 maggio ci hanno mostrato molti poliziotti che ballavano con i ragazzi. A mio parere, si è trattato di un momento di condivisione molto importante, perché quegli stessi poliziotti in questo modo hanno acquistato un ruolo significativo agli occhi dei ragazzi presenti, tale da rendere molto più significativa, in caso di emergenza, la loro credibilità. Ciò non significa che gli steward devono condividere passioni e atteggiamenti degli spettatori, ma certamente accoglierli in modo empatico.
Accanto a questo è importante formare lo steward alla consapevolezza di come i suoi atteggiamenti influenzino gli altri. Se rileggiamo in questa luce gli studi sui neuroni specchio (Rizzolatti e Sinigaglia, 2006) comprendiamo come le persone possano entrare in risonanza con le emozioni vissute dallo steward. Ciò attraverso dei micromessaggi, soprattutto non verbali, che lo steward fornisce. È evidente che se c’è congruenza tra questi segnali e quello che viene detto, la comunicazione sarà efficace; se non vi è coerenza, i risultati possono essere negativi. Ad esempio, se lo steward dice alle persone “state calmi” in modo ansioso, con tutta probabilità otterrà l’effetto contrario, perché le persone saranno contagiate dallo stato d’animo dello steward e la loro ansia aumenterà: il sistema a specchio è attivato dall’ansia dello steward e non dalle parole che pronuncia (Zuliani, 2017).
Infine, è importante formare lo steward a saper guidare una eventuale evacuazione, mettendo in atto tutti gli accorgimenti tecnici e comportamentali che gli studi sui movimenti della folla ci mettono oggi a disposizione.
Bibliografia
Lynch J. (1985). The language of hearth: the human body in dialogue. Basic book, New York.
Pennebaker J.W. (2004). Scrivi cosa ti dice il cuore: autoriflessione e crescita personale attraverso la scrittura di sé. Edizione Erikson, Trento.
Rizzolatti G. & Sinigaglia C. (2006). So quello che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio. Cortina Editore, Milano.
Zuliani A. (2017). Neuroni specchio: un contributo per la gestione della sicurezza e dell’emergenza. PdE, 45, 2-5.
Fonti: Antonio Zuliani, Puntosicuro.it