L’entrata in vigore, il 25 maggio 2018, del nuovo regolamento europeo sulla protezione dei dati personali ha già prodotto interessanti reazioni.

I miei lettori sono certamente al corrente del fatto che un cittadino europeo, Max Schrems, a capo di una organizzazione non profit, chiamata NOYB– Centro europeo per i diritti digitali, ha più volte in passato fatto appello alla corte di giustizia europea per violazioni nelle precedenti regolamentazioni in materia di protezione dei dati personali.

Entro 48 minuti dalla mezzanotte del 24 maggio 2018, questo soggetto ha presentato più ricorsi, affermando che molti grandi gestori di dati personali operano in un contesto di “consenso forzato”. Questa situazione è nettamente contraria ad una esplicita dichiarazione del regolamento, che afferma che il consenso deve essere libero ed informato.

Ad esempio, egli ha affermato che molte di queste organizzazioni non consentono agli interessati di utilizzare i loro servizi, se non esprimono il consenso.

Questi ricorsi sono stati presentati in Francia, Austria, Belgio e Germania ed è stata avanzata la richiesta di imporre sanzioni fino a 4,3 miliardi di dollari, facendo riferimento alla sanzione in percentuale del fatturato, prevista dal regolamento. Vedremo come andrà a finire.

Altre organizzazioni, soprattutto in Francia, si sono già attivate, e la presidente del comitato europeo per la protezione dei dati, Andrea Jelinek, ha già detto che il comitato è pronto ad esaminare queste situazioni.

Anche il commissario irlandese per la protezione dei dati, Helen Dixon, ha dichiarato che l’Irlanda è pronta a esaminare questi reclami ed attivarsi nel modo più appropriato.

A fronte di questa nuova situazione, molti commercianti on-line degli Stati Uniti, timorosi di violare i dettati del regolamento europeo, hanno preso una decisione drammatica, bloccando l’accesso ai loro servizi per i cittadini europei.

Ad esempio, il Washington Post richiede agli europei, che desiderano accedere al proprio sito, di sottoscrivere un nuovo modulo di informativa e consenso, con un sovrapprezzo di circa 50%, rispetto ai prezzi praticati a cittadini residenti negli Stati Uniti.

Mentre venivano presentati tutti questi reclami, è saltato fuori che la commissione europea aveva rivelato, per negligenza, i dettagli personali di centinaia di cittadini europei, con nome, indirizzo e professioni. Se ciò fosse accaduto ad un altro titolare, sarebbero subito scattati i provvedimenti con l’applicazione delle sanzioni, ma la commissione europea si trova in una situazione ambigua, perché il regolamento europeo non si applica alle istituzioni europee, se non dopo l’approvazione di un nuovo regolamento, che ancora è in corso di esame.

Un altro aspetto in corso di esame riguarda le presunte facilitazioni di cui dovrebbero godere le piccole e medie industrie, nel contesto del nuovo regolamento europeo. Nel mio libro dedicato a questo argomento, ho fatto presente come queste facilitazioni siano assai più di facciata che di sostanza, tant’è vero che molte associazioni, che rappresentano piccole e medie industrie, hanno fatto presente che l’allineamento con i dettati del nuovo regolamento è assai più impegnativa di quanto non si pensasse inizialmente.

Non mancherò di tenere informati i lettori su queste evoluzioni, che d’altronde erano del tutto prevedibili per chiunque avesse letto con attenzione le disposizioni del nuovo regolamento.

Fonti: Puntosicuro.it, Adalberto Biasiotti