Una pubblicazione Inail affronta il tema della contaminazione microbiologica delle superfici e si sofferma sulla diffusione dei virus negli ambienti di lavoro. Le vie di trasmissione, il ruolo delle superfici e il monitoraggio ambientale.
Come mostrato già in diversi articoli di PuntoSicuro, specialmente riguardo alle attività in ambito sanitario, i virus rappresentano nel mondo del lavoro un potenziale pericolo per la salute. Ad esempio a causa della loro “elevata resistenza ai fattori ambientali e ai trattamenti di disinfezione anche prolungati nel tempo” o per la “capacità di diffondersi attraverso molteplici vie di trasmissione”. Senza dimenticare “l’elevata variabilità genetica e la possibilità di ricombinazione” che comporta “l’eventualità di origine di nuovi agenti virali in grado di innescare problemi sanitari imprevisti, come ad esempio si è avuto con la SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome)”.
A parlare in questi termini di virus e ambienti di lavoro è un contributo, a cura di Annalaura Carducci e Marco Verani (Università di Pisa, Dipartimento di Biologia, Laboratorio di Igiene e Virologia Ambientale), presente nel documento Inail “ La contaminazione microbiologica delle superfici negli ambienti lavorativi” realizzato da Contarp e dal Dipartimento di Medicina, Epidemiologia, Igiene del Lavoro e Ambientale (Dimeila). Un documento che ha l’obiettivo di individuare criteri ed elaborare strumenti operativi utili alla “valutazione del rischio di esposizione ad agenti biologici negli ambienti di lavoro”.
Nel contributo dedicato ai virus si indica come numerose evidenze bibliografiche mostrino la presenza negli ambienti lavorativi, sia sanitari che non, di “agenti virali caratterizzati da molteplici vie di trasmissione (aerea, ematica e oro-fecale)”.
Ad esempio epidemie legate a norovirus “hanno interessato strutture di assistenza, navi da crociera (Isakbaeva et al., 2005), scuole, asili nido (CDC 2008; CDC 2009), ristoranti, alberghi (Domenech- Sanchez et al., 2011), diversi centri di addestramento militare (Mayet et al., 2011)”. Ricordiamo – come riportato su un portale a cura del Centro nazionale per la prevenzione delle malattie e la promozione della salute dell’Istituto superiore di sanità – che i norovirus ‘rappresentano uno tra gli agenti più diffusi di gastroenteriti acute di origine non batterica, costituendo così un serio problema nel campo della sicurezza alimentare’.
Il documento Inail segnala poi che l’importanza dei virus quali agenti di rischio in diversi ambienti di lavoro “è stata confermata, oltre che da evidenze epidemiologiche, anche dai risultati di monitoraggi microbiologici”. E il “rilevamento virale su una grande varietà di superfici (ad esempio le maniglie delle porte, le ringhiere per scale, le maniglie sui servizi igienici, i giocattoli, i telefoni, le tazze, i tessuti) (Gallimore et al., 2008) ha contribuito a spiegare la modalità di trasmissione epidemica”.
Si indica poi che molti agenti biologici possono avere più di una via di trasmissione.
Per esempio “è dimostrato come rinovirus possa essere trasmesso sia per via aerea che per contatto con superfici contaminate e come ciò possa influire sull’infettività virale (Couch et al., 1966). Le vie di trasmissione possono essere semplici, come nel caso dell’inalazione diretta di aerosol contenente il patogeno o estremamente complesse e coinvolgere diverse matrici ambientali”.
Ricordiamo che nel documento Inail, che vi invitiamo a leggere integralmente, sono riportate diverse tabelle relative a:
– i principali agenti virali rilevati in differenti ambienti di lavoro;
– le evidenze della trasmissione di alcuni dei virus maggiormente diffusi nella popolazione attraverso superfici;
– la persistenza di alcuni virus su superfici secche inanimate.
Il documento si sofferma poi sulle superfici.
Sono infatti molti gli studi “che attestano la possibilità di rinvenire virus su superfici e oggetti di uso comune in luoghi pubblici, come uffici e ospedali (Keswick et al., 1983). Patogeni enterici sono stati ritrovati su superfici (giocattoli, maniglie) di asili (Keswick et al., 1983), mense (d’Souza et al., 2006; Okabayashi et al., 2008) e in altri luoghi pubblici (Gallimore et al., 2008)”. Inoltre le superfici “possono essere contaminate direttamente dal contatto con sangue, vomito, feci o altre secrezioni corporee infette o, indirettamente, attraverso aerosol o altri oggetti contaminati”. E una volta che una superficie è contaminata “essa può facilmente fungere, a sua volta, da sorgente di contaminazione per altri oggetti animati e inanimati, come mani e strumenti di lavoro (Ansari et al., 1991; Gwaltney et al., 1978; Okabayashi et al., 2008)”.
Ad esempio in uno “studio di Rheinbaben (2000) è stato dimostrato che fino a 14 persone possono essere contaminate semplicemente toccando la maniglia di una porta sulla quale vi è presenza virale ed è possibile seguire la successiva trasmissione, da queste ad altre persone, fino al 6° contatto. Inoltre, è stato riscontrato che, attraverso le mani, possono essere contaminate fino a 7 differenti superfici (Barker et al., 2004)”.
Malgrado ciò non è tuttavia facile “dimostrare il ruolo delle superfici nella trasmissione virale, anche se numerose sono le prove a favore:
– le superfici possono essere contaminate direttamente o indirettamente;
– la maggior parte dei virus enterici e respiratori è in grado di sopravvivere su superfici animate e inanimate per tempi variabili;
– il trasferimento di virus dalle mani alle superfici e viceversa è possibile;
– la disinfezione delle superfici è in grado di ridurre o di interrompere le catene di trasmissione”.
Il contributo si sofferma poi sui vari fattori di sopravvivenza dei virus sulle superfici e sul monitoraggio virologico ambientale delle superfici.
In particolare si indica, riguardo al monitoraggio, che per valutare e controllare il rischio virale sulle superfici degli ambienti lavorativi “può essere utile effettuare prelievi e determinazioni analitiche che consentano di stimare l’esposizione e le vie di diffusione di questi agenti biologici e che permettano, inoltre, di verificare l’efficacia degli interventi preventivi intrapresi e delle misure collettive per il contenimento della diffusione ambientale, la capacità di isolamento delle misure individuali e la loro corretta applicazione nella routine lavorativa”.
È evidente che la scelta dei virus da ricercare richiede tuttavia “un attento studio preliminare delle possibili vie di diffusione e di infezione di tali agenti in funzione delle attività lavorative sottoposte a esame e delle procedure a rischio svolte dai lavoratori”. Non è infatti ragionevole ipotizzare “la ricerca di tutti i virus patogeni, sia per il numero degli agenti da rilevare, sia in relazione alle difficoltà tecniche spesso insite nella loro rilevazione e ai conseguenti costi economici da sostenere”.
Dunque gli agenti virali da ricercare devono “essere scelti sulla base di attente valutazioni della loro rappresentatività nei confronti dei pericoli individuati, a seconda del tipo di attività lavorativa e delle esposizioni previste. Risulta, inoltre, indispensabile definire attendibili indicatori di contaminazione, che presentino una chiara relazione con la presenza virale e siano contraddistinti da analoga resistenza ai vari trattamenti di disinfezione. Gli indicatori dovranno essere facilmente individuabili analiticamente, anche nell’ambito di laboratori non specialistici”.
Concludiamo segnalando che il contributo si sofferma infine sugli aspetti analitici e sui metodi di rilevazione colturali (utilizzo di colture cellulari) e non colturali.
Inail – Contarp – Dipartimento di Medicina, Epidemiologia, Igiene del Lavoro e Ambientale, “ La contaminazione microbiologica delle superfici negli ambienti lavorativi”, documento a cura di Raffaella Giovinazzo (Contarp centrale), autori: Simona Barca, Luigi Caradonna, Genoveffa Giaquinta, Raffaella Giovinazzo, Elena Guerrera, Marina Mameli, Gabriella Marena, Teresa Mastromartino e Daniela Sarto (Contarp), Antonella Mansi e Paola Tomao (Dimeila), con la collaborazione di Annalaura Carducci e Marco Verani (Laboratorio di Igiene e Virologia Ambientale dell’Università di Pisa) e Anna Molinari e Eleonora Masala (Laboratorio di Prevenzione dell’Agenzia della Tutela della Salute della Brianza), edizione 2017.
Fonti: INAIL, Puntosicuro.it