Riguardo al controllo dell’incendio – con riferimento al capitolo S.6 delle Norme tecniche di prevenzione incendi contenute nel Decreto del Ministero dell’Interno del 3 agosto 2015 – la protezione antincendio può essere definita (par. S.6.1):
- “di base (attuata solo con estintori);
- manuale o automatica se finalizzata al controllo dell’incendio o fino alla completa estinzione (attuata manualmente o automaticamente)”.
E questa protezione si attua attraverso i seguenti presidi antincendio (par. S.6.5):
- estintori;
- reti di idranti;
- impianti automatici di controllo o di estinzione.
A fornire alcune indicazioni, con riferimento al Codice di prevenzione incendi, sul controllo dell’incendio e sui vari presidi utilizzabili è la pubblicazione “ La protezione attiva antincendio. Focus sulle misure S.6, S.7 e S.8 del Codice di prevenzione incendi. Controllo dell’incendio. Rivelazione ed allarme. Controllo di fumi e calore” che nasce come risultato della collaborazione tra Inail, Sapienza Università di Roma, Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e Consiglio Nazionale degli Ingegneri.
Dopo aver già affrontato il tema delle caratteristiche di estintori e idranti, oggi ci soffermiamo sugli impianti automatici di controllo o di estinzione:
- Controllo dell’incendio: funzionamento dei sistemi sprinkler
- Impianti di spegnimento: estinguenti di tipo gassoso, ad aerosol e a polvere
- Impianti ad acqua nebulizzata, a diluvio, a riduzione dell’ossigeno
Controllo dell’incendio: funzionamento dei sistemi sprinkler
Il documento si sofferma sugli impianti e i sistemi automatici di controllo o di estinzione dell’incendio – paragrafi S.6.5.5 e S.6.5.6 del Codice di prevenzione incendi – con riferimento a:
- sistemi sprinkler;
- impianti di spegnimento con estinguenti di tipo gassoso, ad aerosol, a polvere, a schiuma, ad acqua nebulizzata, a diluvio, a deplezione (riduzione) della concentrazione di ossigeno.
Si indica che il funzionamento di tali impianti “prevede, di norma, l’interconnessione con un sistema di rivelazione (solitamente con rivelatori di fumo o termici)”.
Partiamo dai sistemi sprinkler che sono “impianti automatici in grado di erogare acqua secondo diverse configurazioni; tali sistemi sono progettati per rilevare la presenza di un incendio ed estinguerlo nello stadio iniziale, oppure per tenere sotto controllo l’incendio così che l’estinzione possa essere completata con altri mezzi. Come per le reti di idranti, anche i sistemi sprinkler non debbono essere installati nelle aree in cui il contatto con l’acqua possa costituire pericolo o presentare controindicazioni”.
Riprendiamo dal documento un esempio di schema di sistema sprinkler:
Si indica poi che la presenza di un sistema sprinkler “non esclude l’eventuale necessità di altri mezzi di estinzione degli incendi. In caso di contemporanea presenza di sistemi sprinkler e sistemi antincendio diversi (es.: rete di idranti, sistemi per il controllo di fumo e calore, ecc.) deve essere garantito il corretto funzionamento di tutti i sistemi antincendio presenti, evitando interferenze sia nell’attivazione dell’impianto che in quella di estinzione”.
Inoltre i sistemi sprinkler “possono essere del tipo:
- ad umido (impianto permanentemente in pressione);
- a secco (impianto riempito solo in caso d’intervento: installazioni con pericolo di gelo);
- alternativi (funzionanti ad umido nei mesi caldi e a secco in quelli freddi);
- a preallarme (aventi un dispositivo in grado di differire la scarico, per escludere falsi allarmi);
- a diluvio (dotati di sprinkler aperti alimentati da valvole ad apertura rapida, in grado di fornire rapidamente grosse portate)”.
Si ricorda poi che un impianto automatico di estinzione ad acqua si compone di “diverse componenti:
- alimentazione idrica (da acquedotto, da serbatoi di accumulo, da serbatoi in pressione);
- pompe di mandata;
- rete di tubazioni fisse principali
- rete di tubazioni fisse terminali;
- stazione di controllo e allarme;
- testine erogatori sprinkler”.
E l’erogazione di acqua “può essere comandata da un impianto di rivelazione incendi, oppure essere provocata direttamente dalla apertura delle testine erogatrici, per fusione di un elemento metallico o per rottura, a determinate temperature, di un elemento termosensibile a bulbo che consente in tal modo la fuoriuscita d’acqua. Gli erogatori sprinkler funzionano a temperature predeterminate per scaricare l’acqua sopra le parti interessate dell’area sottostante; la temperatura di funzionamento delle testine, in genere, è selezionata perché si adatti alle ordinarie condizioni di temperatura dell’ambiente di installazione, garantendone quindi l’attivazione solo in prossimità dell’incendio. Anche l’eventuale coordinamento con un impianto di gestione del fumo e del calore potrebbe guidare il progettista nel selezionare appropriate temperature di intervento delle testine”.
Impianti di spegnimento: estinguenti di tipo gassoso, ad aerosol e a polvere
Riguardo poi agli impianti di spegnimento il documento si sofferma inizialmente sugli impianti di spegnimento con estinguenti di tipo gassoso.
Si indica che “fra gli estinguenti di tipo gassoso più comunemente utilizzati negli impianti di spegnimento c’è l’anidride carbonica (CO2). Le proprietà estinguenti della CO2, provocando la diminuzione della concentrazione di ossigeno nell’ambiente, bloccano la combustione determinando, nel contempo, un raffreddamento delle aree interessate dalla stessa. Un impianto basato su tale di tipo di agente estinguente agisce nelle aree dove non è prevista la presenza di persone o quando la scarica avviene dopo l’abbandono dei locali da parte degli occupanti”.
In particolare gli interventi di tali impianti “avviene in maniera rapida su qualsiasi tipo di incendio consentendo, tra l’altro, un sollecito ripristino dello stato precedente l’incendio, senza rilasciare, dopo la scarica, residui di alcun tipo nei locali oggetto dell’evento”.
Riprendiamo dal documento una tabella relativa ad altri tipi di estinguenti, anch’essi gas inerti:
Tali gas – continua il documento – “rappresentano degli efficaci agenti estinguenti per gli impianti cosiddetti a saturazione totale, utilizzabili su fuochi di tipo superficiale e derivanti da combustione di materiali solidi. Un’importante peculiarità di tali sistemi, attivabili sia manualmente che automaticamente, risiede nella capacità di proteggere aree normalmente presidiate senza esporre gli occupanti, per esposizioni dell’ordine di grandezza di 5 minuti a concentrazioni fino al 10% circa. Inoltre tali gas non determinano, al contrario della CO2, un effetto nebbia riducente la visibilità nell’ambiente”.
Rimandando alla lettura di altri dettagli sugli estinguenti di tipo gassoso, veniamo brevemente agli impianti di spegnimento con estinguenti di tipo aerosol.
Si indica che gli impianti di spegnimento con estinguenti aerosol (EA), generalmente a base di sali di potassio, “consistono in un sistema di particelle solide o liquide, finemente suddivise, sospese in ambiente gassoso generate tramite un processo di combustione di un composto solido. Il composto aerosol è contenuto entro dispositivi (generatori) che lo creano, una volta attivati, attraverso un processo di combustione”.
Una peculiarità di tali impianti di spegnimento è rappresentata dal fatto che, a differenza dei sistemi già descritti, “non necessitano di batterie di bombole e nemmeno di ugelli erogatori, avvenendo l’attivazione mediante un dispositivo termico. Lo spegnimento avviene attraverso saturazione dell’ambiente e, pertanto, la capacità estinguente viene calcolata sul volume da proteggere. Trattasi di sistemi utilizzabili su fuochi di classe A, B e C che hanno larga applicazione nell’ambito dell’impiantistica in generale”.
Il documento si sofferma anche sugli impianti di spegnimento con estinguente a polvere che prevedono “una riserva di polvere chimica, analoga a quella utilizzata negli estintori portatili, che agisce principalmente bloccando la catena di reazione della fiamma”.
L’effetto estinguente della polvere “si basa, sostanzialmente, sull’interruzione della reazione a catena nella zona della combustione più vicina alla fiamma; si tratta di una reazione endotermica che sottrae calore, agendo anche per soffocamento, in quanto genera anche CO2. L’utilizzo della polvere richiede, tuttavia, un’attività di pulizia, post scarica, piuttosto gravosa tanto da renderla sconsigliabile in presenza di talune attività. Trattasi di sistemi utilizzabili su fuochi di classe A, B, C e D”.
Impianti ad acqua nebulizzata, a diluvio, a riduzione dell’ossigeno
Si riportano poi informazioni sugli impianti di spegnimento che utilizzano come estinguente la schiuma e che combattono l’incendio “con una miscela acqua-schiuma, di tipologia e proporzioni variabili in funzione del combustile presente, interponendosi fra questo e l’ossigeno presente nell’aria ed esplicando un’azione estinguente di soffocamento e raffreddamento”.
Questi impianti, “a seconda del rapporto volume della miscela acqua-schiuma prima e dopo i generatori/erogatori, vengono classificati:
- a bassa espansione (rapporto di espansione fino a 1:20);
- a media espansione (rapporto di espansione fino a 1:200);
- ad alta espansione (rapporto di espansione fino a 1:1000)”.
Si ricorda che gli schiumogeni utilizzati “sono diversi in funzione del combustile presente” e che gli impianti di spegnimento a schiuma “sono concettualmente simili a quelli a diluvio, differendo per la presenza del serbatoio di schiumogeno e di sistemi di produzione (miscelatori) e scarico della schiuma (versatori)”.
Si tratta di sistemi utilizzabili in “installazioni industriali su fuochi di classe A e B, anche se vengono selezionati quando lo scenario di incendio, dal quale si intende proteggersi, è rappresentato da fuochi di fluidi e liquidi infiammabili (classe B)”.
Sono poi fornite indicazioni sugli impianti di spegnimento ad acqua nebulizzata (water mist), sia del tipo a saturazione totale che ad applicazione localizzata, che “costituiscono un’efficace alternativa ai sistemi di estinzione a gas, in quei casi dove i tradizionali impianti ad acqua non possono essere installati. Il meccanismo di estinzione di tali impianti è assai rapido e si basa sull’accostamento aria-acqua finalizzato a garantire un’elevata protezione volumetrica o locale. Il sistema, in sintesi, genera una nebbia, orientabile, di goccioline d’acqua tramite appositi dispositivi ed erogatori. Il getto delle microgocce d’acqua prodotte assorbe il calore prodotto dalla combustione impedendo il proseguimento della stessa; il brusco passaggio di stato, da acqua a vapore, consente, inoltre, l’abbattimento delle temperature in gioco. Inoltre, dato che le microgocce vaporizzano prima di bagnare il fuoco, quando il vapore si espande, esso priva il fuoco dell’ossigeno necessario a sostenere la combustione, con effetto soffocante in prossimità dell’incendio”.
Si indica che “per lo spegnimento di incendi prodotti da oli combustibili, si utilizzano sistemi ad acqua frazionata; questa, tramite particolari ugelli alimentati in pressione, viene diretta ad alta velocità, in un getto composto di microgocce che danno luogo ad un’emulsione in grado di neutralizzare le proprietà infiammabili del combustibile liquido. Negli ultimi anni gli impianti water mist trovano applicazione anche nella protezione dei sistemi di cottura che utilizzano olii animali o vegetali, riuscendo a proteggere anche da incendi di classe F (prEN 14972-16 November 2017 Fixed firefighting systems – Water mist systems – Part 16: Test protocol for industrial oil cookers for open nozzle systems)”. Tali sistemi “risultano utilizzabili anche su parti in tensione di apparecchiature elettriche”.
Veniamo agli impianti di spegnimento ad acqua a diluvio che sono “impianti ad acqua costituiti da una rete di spegnimento con erogatori (frazionatori) e da una rete di rivelazione pneumatica provvista di rilevatori di temperatura facenti capo ad una stazione di controllo. La rete di tubazioni è posta sotto il controllo della valvola a diluvio la quale viene aperta automaticamente in coordinazione con l’impianto di rivelazione. Parallelamente all’apertura della valvola a diluvio, l’acqua scorre nelle tubazioni della rete scaricandosi attraverso tutti gli erogatori presenti ed attivando, nel contempo, il sistema di allarme”.
Questi impianti “sono installati per la protezione di attività che presentano un elevato rischio d’incendio e necessitano, per il loro funzionamento, di elevate e consistenti quantità di acqua, immediatamente disponibili”.
Sono fornite poi alcune informazioni sugli impianti ORS (Oxygen Reduction System).
I sistemi di spegnimento a deplezione (riduzione) dell’ossigeno “sono basati sulla riduzione continuativa della concentrazione dell’ossigeno presente negli ambienti da proteggere”. Riducendo la percentuale di ossigeno ad un valore prossimo al 15% in volume “si riesce ad ottenere un’atmosfera controllata, non pericolosa per gli occupanti, ma in grado di inibire l’innesco dell’evento incendio. Tale atmosfera controllata si riesce ad ottenere immettendo nell’ambiente da proteggere gas inerte (in genere azoto); di conseguenza, l’atmosfera registrerà una percentuale di azoto che raggiungerà l’84 circa %”.
Infine il documento presenta gli impianti di spegnimento wet chemical: “si tratta di sistemi pensati per le esigenze antincendio connesse ai servizi di ristorazione”.
Infatti oli e grassi portati alla temperatura di autoaccensione, “possono provocare ingenti problematiche dal punto di vista dell’innesco dell’incendio. Peraltro, lo spegnimento e l’eliminazione della fonte di calore necessita che i prodotti vengano raffreddati, al di sotto della temperatura di autoaccensione, in maniera da prevenire fenomeni di riaccensione”.
Questi sistemi, “agendo ad una pressione nominale generalmente superiore a 10 bar, sono in grado di garantire una scarica nebulizzata dell’agente estinguente della durata compresa fra i 30 e i 40 secondi. L’agente chimico estinguente è costituito da prodotti bagnati, più agevoli da rimuovere, a scarica avvenuta, rispetto alla polvere secca”.
E, infine, il sistema “può essere azionato manualmente o automaticamente per il tramite, ad esempio, di dispositivi di rilevamento elettronici; il riferimento normativo è la norma UNI 11198”.
Segnaliamo, in conclusione, che il documento, che vi invitiamo a visionare integralmente, per ogni tipologia di impianto riporta utili immagini e schemi esplicativi.
Scarica il documento da cui è tratto l’articolo:
Inail, Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici, “ La protezione attiva antincendio. Focus sulle misure S.6, S.7 e S.8 del Codice di prevenzione incendi. Controllo dell’incendio. Rivelazione ed allarme. Controllo di fumi e calore”, realizzato in collaborazione con l’Università di Roma “Sapienza”, il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e il Consiglio Nazionale degli Ingegneri, a cura di Raffaele Sabatino (Inail, DITSIPIA), Mara Lombardi e Nicolò Sciarretta (Università degli Studi di Roma “La Sapienza” – DICMA), Michele Mazzaro, Piergiacomo Cancelliere e Luca Ponticelli (Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco), Marco Di Felice (Consiglio Nazionale degli Ingegneri) Filippo Cosi e Luciano Nigro – edizione 2019 (formato PDF, 26.51 MB).
Fonti: Inail, Puntosicuro.it