Un interpello sottolinea il ruolo attivo della collaborazione dei medici competenti all’effettuazione della valutazione dei rischi. L’interpretazione dell’art. 25 del D.Lgs. 81/2008 e la raccolta delle informazioni nelle aziende.
Il ruolo del medico competente in un’azienda non è solo quello di effettuare la sorveglianza sanitaria o fornire il giudizio di idoneità dei lavoratori, ma anche quello di collaborare alla redazione del documento di valutazione dei rischi, colonna portante della programmazione e gestione della sicurezza in tutti gli ambienti di lavoro.
Collaborazione che è richiesta dal D.Lgs. 81/2008 (già nelle definizioni: art. 2, c. 1, lett. h) e che è sottolineata anche dalle varie condanne di medici competenti per il reato di omessa collaborazione alla valutazione dei rischi.
Ma cosa vuol dire “collaborare”? Come riempire di significati pratici la “partecipazione comune ad uno stesso obiettivo”?
Per rispondere a queste domande interviene il parere della Commissione Interpelli che, in estrema sintesi, ricorda che tale obbligo di “collaborazione” deve essere inteso in “maniera attiva”.
Stiamo parlando del parere fornito il 13 marzo 2014 nell’Interpello n. 5/2014 – in risposta alla Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri ( FNOMCeO) – avente per oggetto “risposta al quesito sulla corretta interpretazione dell’art. 25, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 81/2008”.
La Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri ha infatti avanzato istanza di interpello – in merito alla corretta interpretazione dell’art. 25 (Obblighi del medico competente), comma 1, lett. a), del D.Lgs. 81/2008 – chiedendo in particolare di sapere come debba intendersi il termine “collabora”.
Per rispondere al delicato “quesito” la Commissione fa alcune premesse normative.
Viene premesso che l’art. 25, comma 1, lett. a). del D.Lgs. n. 81/2008 stabilisce che il medico competente collabori “con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione alla valutazione dei rischi, anche ai fini della programmazione, ove necessario, della sorveglianza sanitaria, alla predisposizione della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psicofisica dei lavoratori, all’attività di formazione e informazione nei confronti dei lavoratori, per la parte di competenza, e alla organizzazione del servizio di primo soccorso […]”.
Inoltre nello stesso articolo (lettera m) si prevede che il medico competente partecipi “alla programmazione del controllo dell’esposizione dei lavoratori i cui risultati gli sono forniti con tempestività ai fini della valutazione del rischio e della sorveglianza sanitaria”.
Ciò premesso la Commissione fornisce le seguenti indicazioni.
L’attività di “collaborazione” del medico competente era già prevista dall’ormai abrogato art. 17 del D.Lgs. n. 626/1994, ma era limitata (art. 17, c.1, lettera a) “sulla base della specifica conoscenza dell’organizzazione dell’azienda ovvero dell’unità produttiva e delle situazioni di rischio, alla predisposizione dell’attuazione delle misure per la tutela della salute e dell’integrità psicofisica dei lavoratori”.
Tale collaborazione é stata poi “ampliata dal D.Lgs. n. 81/2008 che, nell’art. 25, la estende anche alla programmazione, ove necessario, della sorveglianza sanitaria, all’attività di formazione e informazione nei confronti dei lavoratori, per la parte di competenza, ed alla organizzazione del servizio di primo soccorso”.
Inoltre – continua la Commissione – si indica che “l’art. 35, comma 1, del D.Lgs. n. 106/2009 di modifica dell’art. 58 del D.Lgs. n. 81/2008, ha introdotto la sanzione penale per la violazione degli obblighi di collaborazione alla valutazione dei rischi”.
La Commissione ritiene dunque che “il legislatore abbia voluto far assumere un ruolo di maggiore rilevanza, nel sistema di organizzazione della prevenzione aziendale, al medico competente. Inoltre, la Cassazione, con la sentenza n. 1856 del 15/01/2013, precisa che al medico competente “non è affatto richiesto l’adempimento di un obbligo altrui quanto, piuttosto, lo svolgimento del proprio obbligo di collaborazione, espletabile anche mediante l’esauriente sottoposizione al datore di lavoro dei rilievi e delle proposte in materia di valutazione dei rischi che coinvolgono le sue competenze professionali in materia sanitaria. Viene così delimitato l’ambito degli obblighi imposti dalla norma al ‘medico competente’, adempiuti i quali, l’eventuale ulteriore inerzia del datore di lavoro resterebbe imputata a sua esclusiva responsabilità penale a mente dell’art. 55, comma 1, lett. a) d.lgs. 81/2008”.
Pertanto “anche se la valutazione dei rischi è un obbligo non delegabile del datore di lavoro (art. 17, D.Lgs. n. 81/2008), il medico competente è obbligato a collaborare, all’effettuazione della valutazione dei rischi, sulla base delle informazioni ricevute dallo stesso datore di lavoro. Le suddette informazioni il medico competente le riceve, tuttavia, non solo dal datore di lavoro, come previsto dall’art. 18, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2008, ma le acquisisce anche di sua iniziativa, attraverso l’adempimento degli obblighi sanciti dall’art. 25 del decreto in parola. In particolare il medico competente può dedurre le informazioni attraverso, per esempio, le seguenti attività:
– visita degli ambienti di lavoro: nel corso del sopralluogo, il medico competente prende visione del ciclo produttivo, verifica le condizioni correlate ai possibili rischi per la salute presenti nelle specifiche aree, interagisce con il datore di lavoro e/o con l’RSPP, dialoga con i lavoratori e i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, laddove presenti;
– sorveglianza sanitaria: elementi utili allo scopo sono forniti dalla cartella sanitaria, i cui contenuti minimi sono indicati nell’allegato 3A del D.Lgs. n. 81/2008”.
Dunque la Commissione ritiene che l’obbligo di “collaborazione” vada inteso in maniera attiva; in sintesi il medico competente, prima di redigere il protocollo sanitario deve avere una conoscenza dei rischi presenti e quindi deve collaborare alla valutazione dei rischi.
E qualora il medico competente sia nominato, dopo la redazione della valutazione dei rischi, subentrando ad un altro medico competente, “deve provvedere ad una rivisitazione della valutazione stessa previa acquisizione delle necessarie informazioni da parte del datore di lavoro e previa presa visione dei luoghi di lavoro, per gli aspetti di competenza. L’eventuale mancata collaborazione del medico competente può essere oggetto di accertamento da parte dell’organo di vigilanza”.
La Commissione rammenta infine che il datore di lavoro “deve richiedere la collaborazione del medico competente alla valutazione dei rischi sin dall’inizio del processo valutativo, a partire dalla scelta dei metodi da adottare per la valutazione dei vari rischi”.