La conoscenza della psicosomatica può essere utile nella tutela del benessere psicofisico dei lavoratori? Quali sono i disturbi più diffusi nelle aziende? Ne parliamo con Sonia Colombo, formatrice e psicoterapeuta ad indirizzo psicosomatico.
Da ormai diversi anni la ricerca, in relazione al tema della tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, sottolinea l’importanza di far prevenzione in azienda contemplando anche la relazione che esiste fra individuo e ambiente/luogo di lavoro.
Emerge insomma l’esigenza di approcciarsi non solo agli aspetti tecnici, ma anche ad altri aspetti che condizionano il benessere dell’individuo lavoratore e, da questo punto di vista, può essere interessante osservare i fenomeni legati allo stress, ponendo attenzione anche a fattori di carattere psicosomatico.
La psicosomatica per la prevenzione dei rischi
La psicosomatica è una disciplina che, come molti nostri lettori già sapranno, studia i legami tra psiche e soma, tra i fattori psicologici e quelli corporei nell’origine e nel manifestarsi di sintomi e malattie.
La malattia o il sintomo possono essere dunque considerati il risultato dell’interazione di più fattori/meccanismi di carattere fisiologico, personale, interpersonale e ambientale. E fattori emozionali e stili di vita o contesti stressanti possono anche influenzare l’insorgenza di varie malattie somatiche.
Partendo da questi presupposti la conoscenza della psicosomatica può essere utile nella tutela del benessere psicofisico dei lavoratori?
Per rispondere a questa domanda abbiamo intervistato, durante la manifestazione Safety Expo 2018, Sonia Colombo, formatrice e psicoterapeuta ad indirizzo psicosomatico, e conduttrice a SafetyExpo di un workshop dal titolo “Gestione dello stress ed elementi di psicosomatica nella prevenzione dei rischi nei luoghi di lavoro”.
Queste alcune domande che le abbiamo posto:
La mancanza di benessere fisico e mentale può creare condizioni di comportamenti non sicuri?
Nelle aziende c’è consapevolezza dell’aspetto psicosomatico delle malattie?
Quali sono i principali disturbi psicosomatici nelle aziende?
Cosa condiziona il benessere psicofisico di un lavoratore?
Tra i medici competenti c’è attenzione e interesse per la psicosomatica?
La gestione dello stress è una delle sfide principali che si trova nei luoghi di lavoro e credo che sia una sfida proprio perché la mancanza di benessere fisico e mentale può creare condizioni di comportamenti non sicuri, di comportamenti a rischio…
Sonia Colombo: “Certamente, confermo questa cosa che lei mi dice. Nel senso che l’interesse della psicosomatica e l’idea di allargare quello che è l’aspetto formativo, di valutazione e gestione dello stress anche a questo campo, va proprio in questa direzione.
Noi siamo poco sicuri nel momento in cui adottiamo comportamenti che ci mettono a rischio, chiaramente, ma anche comportamenti, ricordiamo, che ci possono fare ammalare. Quando dico ammalare, parlo non solo di malattie di carattere organico e quindi plurifattoriali dovute a diverse ragioni variabili. Quando purtroppo ci ammaliamo, soffriamo, a livello sintomatico, di fastidi, di sintomi, di tutto quello che può causarci un’ansia, una depressione, una stanchezza, quindi sintomi di carattere psicologico.
Essere sicuri, anche all’interno di un ambiente di lavoro, significa poter garantire, al meglio che possiamo (…) un concetto di salute unitario dove corpo e psiche non sono più divisi, viaggiano insieme”.
Secondo la vostra esperienza di lavoro nelle aziende c’è consapevolezza dell’aspetto psicosomatico delle malattie?
S.C.: “Direi che consapevolezza forse è ancora una parola un po’ grossa per il mio termometro personale, la mia esperienza. C’è molta curiosità. (…)
I lavoratori nelle aziende ti stanno ad ascoltare con piacere, perché quando parliamo di corpo, di malattia, di psiche, di reazione, parliamo di loro. È immediatamente abbiamo questa attenzione.
Diciamo che molte volte più che di consapevolezza possiamo ancora parlare della volontà, della voglia di far fronte alla sicurezza anche in questi termini. E quindi di procedere, ad esempio quando si fa una valutazione stress lavoro correlato, a farlo con attenzione, profondità, ascoltando il lavoratore. E quindi contemplando che per tutti c’è un vantaggio laddove la salute psicofisica, quindi della mente e del corpo, vengono tutelati.
Altro tema ci può essere quando ci troviamo di fronte anche a elementi quali l’assenza per malattia. Il fatto che la persona sia assente perché effettivamente ha una reazione d’ansia troppo intensa, ha una malattia improvvisa, anche per brevi giornate magari, in cui però il corpo denuncia un malessere che è sempre, ripeto, correlato e quindi dovuto anche allo stress al quale può essere sottoposto.
Stiamo sempre chiaramente molto attenti, quando facciamo i corsi, ad essere anche molto chiari: lo stress non è solo negativo. Uno dei più famosi medici austriaci che si occupò di questa tematica (…) ci disse, a un certo punto, che non c’è stress quando non c’è vita. Quindi finché c’è vita c’è stress, dobbiamo farci i conti. La cosa intelligente e interessante è capirne i suoi meccanismi e sfruttarlo a nostro favore”.
Facciamo qualche esempio di disturbi psicosomatici indicativi o che possono in qualche modo essere un segnale e di cui non si tiene spesso conto nelle aziende…
S.C.: “Potrei far riferimento anche stamattina al workshop che ho tenuto dove c’è sempre un passaggio in cui, in maniera curiosa, consegniamo un disegno, uno schema del corpo umano e chiediamo alle persone di andare proprio identificare il loro [disturbo]. Erano lavoratori quelli che avevo di fronte. E direi che sovente, la sintomatologia un po’ la conosciamo, possiamo parlare di cefalee, emicranie, mal di stomaco o gastrite, quando la cosa può peggiorare. Possiamo avere dei casi di colite. Però direi che testa, stomaco e forse intestino possono essere i sintomi principali. Abbiamo altri lavoratori che, ad esempio, denunciano la fatica sulla pelle, possiamo avere in questo caso delle reazioni, delle patologie a livello di pelle.
Ma direi che le prime due sono quelle un pochino più diffuse da questo punto di vista. Anche perché molte volte quando proviamo emozioni forti, difficoltà, conflitti è il corpo che esprime per noi quello che stiamo provando in quel momento e quindi anche il grado di stress che può essere pesante. È il mal di testa che mi porto a casa la sera quando torno, è lo stomaco che improvvisamente brucia e io fino al giorno prima, la domenica che ero a casa, non avevo questo sintomo. Mi trovo in una pesante riunione o piuttosto affronto un carico di lavoro stressante, dove magari anche le situazioni del luogo di lavoro non sono idonee, e lo stomaco comincia a bruciare”.
Possiamo dunque tracciare un quadro di ciò che può creare questi problemi, di ciò che condiziona il benessere psicofisico di un individuo…
S.C.: “Diciamo che lo stress ha anche un po’ questa particolarità. Ognuno di noi è diverso per definizione, ogni essere umano dall’altro. E quindi anche la risposta allo stress può essere molto soggettiva: ci possono essere lavoratori che resistono meglio e lavoratori che fanno più fatica di fronte alla medesima situazione e condizione di lavoro.
Possiamo però dire che certamente, di fronte anche una valutazione dello stress lavoro correlato che può essere fatta, ci sono delle variabili che possono essere un grado di tensione, un ambiente organizzativo in cui la comunicazione non è efficace, un carico di lavoro perché i turni sono molto pesanti.
Tipicamente la norma ci fa muovere tra contenuti e compiti. Dopo gli eventi sentinella, quando si fa una mappatura, si vedono le cose più urgenti, quello che sembra non funzionare. Si va un po’ sul contenuto del lavoro, le sue caratteristiche, e sul contesto.
E anche lì, quando la norma ci parla di contesto, si parla proprio dell’organizzazione, del clima, di ciò che può fare di un lavoratore, un lavoratore più sereno o meno sereno.
Potrei, detto in termini alternativi e pratici, avere un lavoro di per sé non stressante, ma convivere in un ambiente altamente conflittuale. Quindi sono molto bravo nel mio lavoro non mi pesa, anzi magari ho quel livello di stress buono, di cui parlavo prima, che mi migliora anche la performance, ma al contrario mi posso trovare in un contesto in cui la conflittualità delle relazioni, ad esempio, rende il mio lavoro stressante.
Oppure l’esatto contrario, potrei avere un lavoro in cui l’ambiente è favorevole, ma magari ho un lavoro caratterizzato da fatica, per turnazioni, per pesantezza, perché per sua natura è complesso. Mi verrebbe da dire che il primo caso “fa molto”, perché le relazioni sono molto centrali in qualunque luogo di lavoro”.
(…)
Per chi volesse ascoltare integralmente l’intervista vi rimandiamo al link di riferimento
Fonti:Puntosicuro.it