Nel mondo del lavoro, anche a causa dell’emergenza COVID-19, si diffonde sempre di più il rischio emergente connesso al lavoro sedentario. Quali sono le conseguenze e come prevenirlo? Ne parliamo con Francesco Draicchio, Laboratorio Ergonomia dell’Inail.

È ormai evidente come il virus SARS-CoV-2, al di là delle conseguenze sanitarie, sociali ed economiche, abbia portato a profondi mutamenti nel mondo del lavoro.

E sicuramente uno di questi mutamenti è relativo alla nuova organizzazione lavorativa che consegue all’espansione, necessaria in relazione all’emergenza COVID-19, del lavoro in smart working, del lavoro agile.

Il problema è che tra i rischi correlati al lavoro agile, specialmente quando svolto da casa davanti ad uno strumento informatico come un computer, ce n’è uno che nel 2005 è stato dichiarato dalla Agenzia europea per la salute e sicurezza sul lavoro un rischio emergente e di cui ancora si parla troppo poco: il lavoro sedentario.

Per fornire utili informazioni, in relazione alle conseguenze sulla salute e alle possibili misure di prevenzione di questo rischio, abbiamo intervistato –  attraverso una piattaforma informatica – Francesco Draicchio, Responsabile del Laboratorio di ergonomia e fisiologia dell’Inail (Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale), che ha partecipato al convegno online “Il Lavoro agile o smart working visto dagli ergonomi” ( Ambiente Lavoro 2020, 3 dicembre 2020), organizzato dalla Società Italiana di Ergonomia,  con una relazione dal titolo “La sedentarietà nel lavoro agile, nuovi rischi?”.

Una intervista che ci permette non solo di conoscere meglio questo rischio, favorendo la diminuzione delle conseguenze sulla salute e migliorando la qualità del nostro lavoro”, ma che ricorda quanto sia importante aumentare l’attenzione verso le postazioni di lavoro in ambiente domestico.

Quali sono i fattori di rischio ergonomico a cui sono soggetti i lavoratori che lavorano davanti ad un computer?

Cosa si intende per lavoro sedentario? Quali sono i rischi e le conseguenze sulla salute?

Come affrontare questo rischio? Quali sono le misure di prevenzione che si possono mettere in atto? Ci sono documenti che i nostri lettori possono leggere per approfondire la conoscenza di questo rischio?

  

Alla fine dell’intervista diamo anche la possibilità di visualizzare un documento di approfondimento consigliato da Francesco Draicchio ed elaborato da Perosh, un network che riunisce quattordici organizzazioni europee in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

Questi gli argomenti trattati nell’articolo:

Come sempre diamo ai nostri lettori la possibilità di visualizzare integralmente l’intervista e/o di leggerne una parziale trascrizione.

 

L’intervista di PuntoSicuro a Francesco Draicchio

Il lavoro agile, i rischi ergonomici e l’importanza di adeguare gli ambienti

Se il lavoro agile in questi mesi di emergenza ha permesso di mantenere aperte molte attività, è indubbio che abbia aumentato anche alcuni rischi ergonomici. Quali sono i principali rischi ergonomici a cui possono essere soggetti i lavoratori?

Francesco Draicchio: Molti di noi si sono trovati improvvisamente a dover lavorare da casa. Siamo stati costretti, senza esserne preparati, a lavorare da casa. E non tutti siamo riusciti ad adeguare le nostre postazioni di lavoro: abbiamo portato dentro casa tutto il nostro lavoro, il nostro portatile, ma non avevamo una buona sedia, qualche volta non avevamo un tavolo all’altezza giusta, la luce non era quella giusta. Si è creata tutta una serie di nuovi problemi.

Anche se alcune aziende, alcuni sistemi, hanno provveduto a fornire schermi esterni, tastiere esterni, mouse esterni, eccetera, in ogni caso portare in casa il lavoro non è facile, quando non hai uno spazio dedicato. Qualcuno ha cominciato a lavorare dal tavolo della cucina, qualcun’altro in camera da letto; si sono create tante di quelle situazioni diverse che poi – da un punto di vista posturale o illuminotecnico, … – hanno creato varie difficoltà.

Quindi lì io vedo un problema, anche per il futuro. Questo modo di lavorare è entrato nella nostra vita e continuerà, magari in misura diversa, e quindi uno dei problemi che ci troveremo di fronte è quello di adeguare gli spazi, le postazioni, l’ambiente domestico in cui noi lavoriamo alle necessità che vi sono da un punto di vista ergonomico

(…)

 

La definizione del rischio sedentarietà e le conseguenze sulla salute

Veniamo al tema della sua relazione.

Lei nel suo intervento ha ricordato che nel 2005 la Agenzia europea per la salute e sicurezza sul lavoro ha indicato il lavoro sedentario come rischio emergente. Come si è arrivati a questo e cosa si intende per lavoro sedentario?

F.D.: Cominciamo dalla posizione dell’ agenzia Europea. Molto opportunamente, ormai più di 15 anni fa, l’Agenzia Europea ha posto l’accento su questo nuovo rischio, proponendolo alla comunità scientifica ma anche a chi si occupa di prevenzione. E lo ha fatto perché poca attenzione veniva data a questo aspetto, sebbene la letteratura scientifica avesse evidenziato via via sempre più chiaramente questo rischio.

Veniamo dalla definizione che lei mi chiedeva.

Per sedentarietà si intende l’associazione di due elementi: la postura assisa (la posizione seduta) e il basso dispendio energetico, un livello di dispendio energetico che si può quantificare intorno a 1,5 MET (unità di misura del consumo di energia da parte dell’organismo, ndR) e che sarebbe una volta e mezzo ciò che noi consumiamo, da un punto di vista metabolico, in completo riposo. Quindi, diciamo, stare seduti e svolgere un’attività a maggior impegno metabolico non è sedentarietà. Ad esempio se sto seduto in bicicletta e pedalo o sto in piedi, immobile, tutto questo non è sedentarietà. Ci deve essere la seduta e il basso dispendio energetico e questa sedentarietà è diversa dalla mancanza di attività lieve o moderata. L’ attività fisica lieve richiede un dispendio quasi doppio, quasi di tre volte il dispendio che si ha in completo riposo (…).

Quali sono le conseguenze sulla salute della sedentarietà?  Cosa dicono gli studi sul rischio sedentarietà?

F.D.: Ci sono diverse evidenze con diversa forza. L’elemento più consolidato è un incremento del rischio cardiovascolare che si stima che la sedentarietà sia capace di raddoppiare.

Vi racconto una storia antica per la medicina del lavoro.

Un medico in inglese, negli anni ’50, osservò che c’era un grande differenza nelle patologie cardiovascolari, in relazione ai lavoratori degli autobus inglesi, tra quelli che stavano seduti a fare i biglietti e quelli che invece salivano su e giù per le scale degli autobus a due piani. Si chiamava Morris questo medico e fu il primo ad aprire gli occhi su questa questione, sul fatto che la postura assisa avesse un ruolo nel determinare questa differenza nelle patologie. Se ne meravigliò, ma poi negli anni, nei decenni successivi, gli studi hanno confermato questa osservazione.

Il primo elemento, quindi, è un raddoppio del rischio cardiovascolare e a questo si associano, con altrettanta evidenza, altri elementi di rischio che si riferiscono al metabolismo, ed in particolare al metabolismo glucidico che viene anch’esso influenzato dalla postura assisa prolungata.

Poi ci sono molti altri aspetti, alcuni meno consolidati dal punto di vista delle evidenze.

Naturalmente sappiamo che, per quanto riguarda il sistema muscolo scheletrico, che la postura assisa – questo è già consolidato da tempo – comporta un rischio aggiuntivo.

Io ricordo sempre, perché a suo tempo mi colpì molto quando cominciai a studiarlo, che stare seduti comporta per la colonna vertebrale un carico del 40% superiore a quello che si ha nella stazione eretta. (…)

Oggi noi sappiamo che la sedentarietà ha un forte impatto sul rischio cardiovascolare e su quello metabolico.

Il lavoro sedentario e le misure di prevenzione e di autotutela

Ci sono degli strumenti che potrebbero ridurre lo stress per la colonna vertebrale nella posizione seduta?

F.D.: Il tema della seduta è un tema vastissimo. La sedia, anche a torto, è considerata un punto focale dell’ergonomia.

Comunque la seduta e la qualità della seduta influenzano gli aspetti legati al sistema muscoloscheletrico. Stare seduti significa scaricare parte del proprio peso sul piano della seduta, sulla superfice del pavimento e, in parte, sullo schienale, ma bisogna vedere come queste diverse componenti si distribuiscono.

Ma per risolvere il problema della sedentarietà, ci sono altre strade.

Il primo punto è alternare la postura assisa con la stazione eretta. E qui c’è un mondo che si apre (…) che è quello dei tavoli ad altezza regolabili che ci consentono, oggi sono motorizzati, di alternare la postura assisa e la stazione eretta nel lavoro. Questo può essere un aspetto.

Un altro aspetto che è stato evidenziato anche dagli studi è che questo rischio della sedentarietà si riduce se noi introduciamo delle brevi pause, pause anche di pochi minuti. È un mondo diverso da quello che richiede la nostra legislazione per quanto riguarda il lavoro al videoterminale, le pause ogni due ore, …. Qui c’è qualcosa di completamente diverso, di cui ancora il legislatore, non parla, ma le evidenze scientifiche ce lo dicono.

Pause di pochi minuti – quattro, cinque minuti, nella postura assisa ogni 30, 40, 60 minuti – hanno la capacità di ridurre l’impatto della sedentarietà sui rischi ad essa legati.

Quindi sono necessari sistemi per alternare la postura assisa e la stazione eretta, pause brevi, bastano pochi minuti, e poi una serie di atteggiamenti diversi, ad esempio le riunioni che si possono fare in piedi, facciamole in piedi. Si chiamano “standing meetings” nel mondo anglosassone, ci sono sale riunioni fatte apposta.  (…) Ci sono anche i “walking meetings” che  (…) si possono fare all’aperto (…)…  

A suo parere In Italia comincia ad esserci un minimo di attenzione nelle aziende verso questo tema, verso questo rischio?

 F.D.: Ci sono solo dei primi segnali, per ora, perché ancora non troviamo, per esempio, i tavoli ad altezza regolabile o queste sale riunioni, anche se in questo senso qualcosa comincia ad esserci nelle grandi aziende.

Quindi è necessario che cresca la consapevolezza di questo rischio che oggi è ancora poco conosciuto. E io spero che via via che crescerà la consapevolezza, anche attraverso strumenti di comunicazione come questo che stiamo praticando insieme, possa migliorare l’atteggiamento nei confronti di questo rischio.

Perché poi l’ergonomia ha due finalità, quella di tutelare la salute e il benessere ma anche di migliorare l’efficienza dei sistemi.

È molto chiaro che l’adozione di questi provvedimenti potrebbe avere un impatto positivo anche dal punto di vista, diciamo, della performance.

Alternare la postura, tra postura assisa e stazione eretta, può diminuire i rischi legati alla sedentarietà ma può anche migliorare la qualità del nostro lavoro.

Esiste qualche studio anche su specifiche forme di autotutela da parte del lavoratore?

F.D.: (…) Dal punto di vista del rischio della sedentarietà, le strategie per l’autotutela possono essere, ad esempio, quelle che ci offrono i nostri sistemi informatici. Per esempio alcuni browser hanno tra le applicazioni possibili dei sistemi che ti segnalano di alzarti, tu scegli l’intervallo di tempo, ad esempio quaranta minuti. Questi sistemi ti dicono “sono passati 40 minuti, alzati 2 minuti, muoviti un po’ perché sei stato seduto per tutto questo tempo”.

Ecco questo può essere uno strumento di autotutela. Ma forse la cosa più importante, non in termini di autotutela, ma di crescita è quella della maggior conoscenza di questo rischio.

Conoscerlo ci aiuta a prevenirne gli effetti.

(…)

A suo parere, a livello normativo, nel telelavoro e nello smart working ci sono abbastanza tutele per i rischi ergonomici e per il rischio sedentarietà dei lavoratori? Potrebbero essere utili eventuali azioni mirate di promozione della salute dei lavoratori?

F.D.: Certamente molto può fatto in termini di promozione della salute. Io credo che accanto all’attenzione che dobbiamo rivolgere al lavoro sedentario, (…) con la diffusione impetuosa che ha avuto il lavoro da remoto, il lavoro da casa, io credo sia necessaria una particolare attenzione alla postazione di lavoro in ambiente domestico. E questo perché dal mio punto di osservazione sta diventando un elemento di particolare criticità, perché noi non abbiamo quella possibilità che abbiamo negli ambienti di lavoro di verificare la qualità della postazione di lavoro. Quindi secondo me deve crescere, con le politiche di promozione della salute, una particolare attenzione alla postazione in ambiente domestico perché qui c’è il rischio, che da questi mesi lunghi di lavoro da casa dove noi ci siamo abituati a fare il lavoro in condizioni non adeguate, vengano molti problemi per la salute dei lavoratori.

Non pensa che potrebbe essere utile un’attenzione maggiore, anche nelle norme che già ci sono, proprio al tema del lavoro sedentario?

F.D.: Il problema è che la legislazione cammina molto lentamente rispetto a come cambia il mondo. Se pensiamo a quali sono oggi le norme per il lavoro con i computer e com’è oggi il mondo dei computer, ci rendiamo conto che la legislazione non ne ha seguito l’evoluzione: non c’erano i portatili, non c’erano i tablet, non c’erano gli smartphone, non c’era nulla di quello che fa parte oggi della nostra vita.

Quindi la legislazione dovrebbe fare tanti adeguamenti alla realtà.

Io non sono sicuro che sia l’unica strada. Certo prima o poi bisognerà capire quanto è cambiato il mondo del lavoro con i computer in questi decenni.

Forse per cominciare, secondo me, chi ha interesse realmente alla prevenzione può scegliere la strada della promozione della salute e guardare agli ambienti domestici, guardare a questi nuovi strumenti di lavoro proponendone un uso più adeguato.

(…)

Link al documento “A practical guidance for assessments of sedentary behavior at work: A PEROSH initiative”.

Fonti: Articolo e intervista a cura di Tiziano Menduto, Puntosicuro.