L’aggressione in ambito sanitario è un problema noto e in continua evoluzione. Ma sono ancora pochi gli strumenti normativi e le linee guida per effettuare la valutazione del rischio e garantire la tutela del personale. Di Paolo Pieri.
Premessa
Negli ultimi anni i medici e molti professionisti sanitari stanno incontrando notevoli difficoltà nell’espletamento della loro attività.
Alla cronica penuria di risorse umane e tecniche, si aggiunge il progressivo incremento dei livelli di aggressività che i pazienti e i familiari riversano spesso nei confronti del personale medico e paramedico.
L’aggressività spesso si trasforma in episodi di violenza che ledono la dignità professionale del medico e degli operatori sanitari.
Il posto di lavoro viene quindi vissuto sempre più come altamente rischioso per la propria incolumità e di conseguenza lo stress di tali lavoratori aumenta progressivamente, incidendo pesantemente nella qualità del loro servizio.
Il punto di vista normativo
Lo stress della persona è un fenomeno strettamente connesso con il ‘rischio aggressione’ sia per quanto riguarda la fase precedente l’aggressione, relativa soprattutto allo ‘status psicologico’ del soggetto ‘aggressore’, e sia per quanto riguarda la fase successiva l’aggressione, relativa soprattutto allo ‘status psicologico’ della vittima.
Per tale motivo i primi sporadici tentativi a livello nazionale tesi ad affrontare in modo analitico il problema del ‘rischio aggressione’ sono stati fondati sull’esperienza già avviata per lo studio e l’analisi dello stress in ambito lavorativo.
Il D.Lgs.81/08, attualmente in vigore in Italia, nel ricordare che già il D.Lgs.626/94 indicava che il Datore di Lavoro è tenuto a valutare ‘tutti’ i rischi, ha considerato tuttavia utile menzionare e sottolineare alcuni, tra quei rischi, che è obbligatorio valutare, in quanto molti Documenti di Valutazione dei Rischi (D.V.R.), prodotti sino ad allora, tendevano a non considerarli: il rischio riguardante lo stress lavoro correlato (S.L.C.), il rischio riguardante le lavoratrici in stato di gravidanza, il rischio connesso alle differenze di genere, all’età e alla provenienza da altri paesi.
In generale, si potrebbe considerare che i fenomeni di violenza e aggressione avvengono soprattutto a causa della presenza di interferenze di persone esterne che accedono a vario titolo negli ambienti di lavoro. Un importante documento prodotto dalla ‘AUTORITA’ PER LA VIGILANZA SUI CONTRATTI PUBBLICI DI LAVORI, SERVIZI E FORNITURE’ – noto tra gli operatori della sicurezza con la denominazione ‘DETERMINAZIONE 5 marzo 2008’- sottolinea che la valutazione dei rischi da interferenza, in particolare negli edifici quali, a titolo esemplificativo, ospedali e scuole, deve avvenire con riferimento non solo al personale interno ed ai lavoratori delle imprese appaltatrici, ma anche agli utenti che a vario titolo possono essere presenti presso la struttura stessa quali i degenti, gli alunni ed anche il pubblico esterno.
I termini ‘violenza’ e ‘aggressione’ non sono però presenti nel testo del D.Lgs.81/08, anche se appare ovvio che debbano essere considerati nella valutazione del rischio, in quanto, come già sottolineato, il Datore di Lavoro è per l’appunto tenuto a valutare ‘tutti i rischi’ presenti sul luogo di lavoro.
Il D.Lgs.81/08 sulla sicurezza dei lavoratori e degli ambienti di lavoro (T.U.S. Testo Unico Sicurezza) è sostanzialmente centrato sulla ‘salvaguardia’ del lavoratore e del suo posto di lavoro, pur considerando che nella lingua italiana con il termine ‘sicurezza’ si finiscono con il considerare due aspetti ben diversi che, in modo più appropriato, la lingua inglese definisce in modo separato: la ‘ safety ‘, che identifica la sicurezza che si occupa della tutela fisica e morale dei lavoratori all’interno dell’azienda e dei clienti che a vario titolo frequentano i luoghi dove l’organizzazione svolge la propria attività, e la ‘security’, che invece identifica le tematiche concernenti la tutela del personale e dei beni aziendali dall’attacco di terzi.
Si potrebbe pertanto infine osservare che la presenza di guardie armate nelle strutture sanitarie (security) riduce il rischio aggressione, ma non elimina l’obbligo del Datore di Lavoro di applicare il D.Lgs.81/08 (safety).
L’ Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro siè invece occupata in modo esplicito del Rischio Aggressione producendo tre factsheets, consecutivi e tra loro collegati. Infatti per gli esperti di sicurezza il loro ordine cronologico non è casuale: la scheda informativa n. 22 fornisce una guida all’applicazione della valutazione e della prevenzione dei rischi allo stress di origine lavorativa (dichiarando tale valutazione utile anche per affrontare le problematiche legate alle violenza sul posto di lavoro); invece la scheda informativa n. 23 tratta il tema della violenza’interna’ all’ambito lavorativo, ovvero le vessazioni (mobbing); infine la scheda informativa n. 24 tratta il tema della violenza ‘esterna’, specificando che comprende generalmente <gli insulti, le minacce o le forme di aggressione fisica o psicologica praticate sul lavoro da soggetti esterni all’organizzazione, ivi compresa la clientela, tali da mettere a repentaglio la salute, la sicurezza o il benessere di un individuo.>.
In sostanza, per l’Agenzia europea lapresenza del RischioAggressione nell’ambito sanitario è un dato di fatto certo e preoccupante.
Dalla lettura dei vari FACTSHEET si apprende che nell’Unione Europea, lo stress legato all’attività lavorativa è il problema di salute più diffuso sul posto di lavoro, dopo il mal di schiena, che colpisce il 28% dei lavoratori dell’U.E.. Infatti lo stress legato all’attività lavorativa incide su oltre un quarto delle assenze di almeno 2 settimane dal luogo di lavoro sotto forma di vari problemi di salute connessi al lavoro e può essere un problema in un’azienda: un primo problema è quello dell’assenteismo, dovuto sia al frequente avvicendamento del personale che allo scarso controllo dei tempi di lavorazione come pure ai problemi disciplinari e agli atti vessatori dovuti alla comunicazione aggressiva e all’isolamento; un secondo problema è dovuto alla riduzione della produttività o della qualità del prodotto o del servizio, generati dagli infortuni, dal processo decisionale inadeguato; il terzo problema, infine, è dovuto all’aumento dei costi d’indennizzo o delle spese mediche, con rimando ai servizi sanitari.
Gli ambienti maggiormente a rischio si concentrano prevalentemente nel settore dei servizi, in particolare le organizzazioni che operano nei settori della sanità, dei trasporti, del commercio, della ristorazione, nel settore finanziario e nell’istruzione. Tuttavia nei paesi dell’UE si cita spesso il settore delle cure sanitarie come uno dei più colpiti.
Le conseguenze per il singolo variano notevolmente, dalla demotivazione allo svilimento del lavoro svolto, allo stress, all’assenteismo (ciò vale anche per chi è indirettamente vittima, chi assiste all’atto o all’episodio di violenza), ai danni alla salute fisica o psicologica.
Il FACTSHEET n. 24, specifico sulla ‘ Violenza sul lavoro’ segnala che la prevenzione degli effetti dannosi deve avvenire su due livelli: il primo livello è costituito dalla semplice prevenzione, o perlomeno dalla riduzione degli attidi violenza, mentre il secondo livello è costituito dalle forme di sostegno da prevedere e mettere a disposizione della vittima nel caso di episodi di violenza che si siano già verificati.
Inoltre viene sottolineato che la violenza può avere ripercussioni sull’insieme dell’organizzazione in quanto è difficile per chi lavora dare il meglio in un ambiente dominato dal timore e dal risentimento. Gli effetti negativi sull’organizzazione si tradurranno in maggiore assenteismo, perdita di motivazione e produttività, deterioramento dei rapporti di lavoro e difficoltà di assunzione.
In questo scenario già chiaramente articolato si è inserito il Ministero della salute italiano, che già nel 200 7aveva iniziato a dimostrare una particolare sensibilità al problema, a causa dell’evidente aumento della violenza nell’ambito sanitario pubblico, nonostante il mancato recepimento dellegislatore. Ma si anticipa che tale buon intento non è stato sostenuto in modo concreto e fattivo negli anni successivi ed ogni datore di lavoro, pubblico o privato, si è dovuto arrangiare in modo autonomo senza poter confidare in un sostegno istituzionale certo e significativo.
Infatti il Ministero si è sostanzialmente limitato a sviluppare delle raccomandazionie dei protocolli facoltativi che tutt’ora costituiscono l’unica linea guida perle aziende sanitarie e per gli esperti di sicurezza che debbono confrontarsi con la valutazione dei rischi in ambito sanitario:
· la raccomandazione n.8 del novembre 2007, dedicata alla prevenzione dei comportamenti aggressivi e della violenza a danno degli operatori sanitari.
· il protocollo di monitoraggio degli eventi sentinella dell’ottobre 2009.
La raccomandazione n.8 del novembre 2007 segnala, in generale, che gli eventi di violenza si verificano più frequentemente nelle seguenti aree: servizi di emergenza-urgenza, strutture psichiatriche ospedaliere e territoriali, luoghi di attesa, servizi di geriatria, servizi di continuità assistenziale. Specifica inoltre che il comportamento violento avviene spesso inmodo progressivo, come descritto nello schema seguente:
a prevenzione degli atti di violenza contro gli operatori sanitari richiede che l’organizzazione sanitaria metta in atto un programma di prevenzione della violenza che dovrebbe comprendere,nell’ordine, l’elaborazione ed implementazione di un programma di prevenzione della violenza, la costituzione di un Gruppo di Lavoro in grado, a sua volta, di analizzare le situazioni lavorative, revisionare gli episodi di violenza segnalati e condurre indagini ad hoc presso il personale, con particolare attenzione all’analisi preventiva delle condizioni operative e dell’organizzazione nei servizi considerati maggiormente a rischio.
Secondo le linee guida, la prima fase dianalisi e di studio del Gruppo di Lavoro deve necessariamente giungere alla fase successiva, nella quale saranno individuate opportune misure, sia preventive che protettive, quali adeguamenti strutturali e tecnologici, misure organizzative, formazione specifica del personale nella gestione degli episodi di violenza.
Il Ministero del Lavoro, della Salute edelle Politiche Sociali, nel mese di ottobre 2009 ha, inoltre, pubblicato il “Protocollo di Monitoraggio degli eventi sentinella”, nel quale ha identificato e classificato ben 16 categorie di eventi sentinella; come si evince dalla tabella riportata di seguito, nella posizione n.11 è stata indicata la ‘violenza su paziente’ e nella posizione n.12 sono stati inseriti gli ‘atti di violenza a danno dell’operatore’.
LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO
Se già la valutazione del rischio S.L.C. appare alquanto difficile e soggetta a varie e contraddittorie interpretazioni sia da parte dei valutatori (il Datore di Lavoro ed il suo R.S.P.P.) e sia da parte degli Organi preposti al controllo, la valutazione del Rischio Aggressione pone il valutatore di fronte a difficoltà così elevate da farlo desistere ancora prima di iniziare, con la complicità implicita del Datore diLavoro che non è culturalmente predisposto ad affrontare tale rischio dal punto di vista della ‘safety’ e pensa semmai di averlo risolto o di poterlo risolvere mediante il ricorso alla ‘security’.
Nonostante le evidenti difficoltà che anche il consulente più esperto potrebbe trovare nello studio della valutazione del rischio aggressione, si ritiene opportuno considerare la possibilità di approcciare a tale problematica scomponendola per fasi operative: sostanzialmente tre fasi iniziali e quattro fasi finali.
La prima fase è quella in cui il valutatore deve dapprima affrontare l’individuazione dei gruppi omogenei di lavoratori che rappresentano le potenziali vittime di un’aggressione e le tipologie dei potenziali aggressori.
La seconda fase, invece, prevede la classificazione dei motivi di aggressione, delle tipologie di ambienti dilavoro e di oggetti/elementi ivi presenti che possano essere utilizzati per colpire la vittima e, infine, l’individuazione delle possibili situazioni di lavoro in solitaria.
La terza fase ha l’obiettivo digiungere alla prevenzione degli atti di violenza contro gli operatori sanitari e, quindi, richiede che l’organizzazione sanitaria identifichi i fattori di rischio per la sicurezza del personale, procedendo mediante l’analisi degli indicatori che influiscono sulla valutazione del rischio che ciascuna potenziale vittima possa subire un’aggressione: la ‘probabilità’ che si verifichi e il ‘danno’ che comporterebbe verificandosi.
Tra gli indicatori che influiscono sulla probabilità si possono includere sia fattori interni che fattori esterni all’ambito lavorativo in esame, quali:
· il fattore tempo (l’attesa per il soddisfacimento di un bisogno, la durata del contatto tra la potenziale vittima e il potenziale aggressore)
· il fattore organizzativo (gli ordini discordanti o sperequati, la disorganizzazione, il lavoro in solitaria, etc.)
· il fattore istituzionale (leggi e norme rigide, vigilanza assidua degli organi preposti al controllo, le tasse elevate, etc.)
· il fattore sociale (lo status sociale, la lotta di classe, la crisi economica,etc.)
· il fattore sessuale (il modo di vestire, gli atteggiamenti, etc.)
· il fattore patologico (la confusione mentale, i problemi psichiatrici, ma anche la stanchezza e lo stress, etc.)
· il fattore persecutorio (il mobbing, lo stalking, etc.).
Tra gli indicatori che influiscono sull’entità del danno si possono includere:
· la tipologia di aggressione
· i motivi di aggressione
· l’ambiente/locale di lavoro
· la presenza di corpi\oggetti utilizzabili per offendere/colpire.
Il completamento delle prime tre fasi sopra descritte, dovrebbe consentire al valutatore di giungere ad un prima quantificazione del ‘rischio aggressione’ (fase 4).
Successivamente dovranno entrare in gioco ulteriori tre fasi che determinano l’attivazione sia delle misure preventive e protettive e sia delle procedure di vigilanza e di monitoraggio che consentiranno, infine, la messa a punto del sistema di verifica e di ricalibraturadel processo di valutazione inizialmente utilizzato, in modo da rendere il calcolo del rischio il più possibile dinamico e contestualizzato alla realtàlavorativa presa in esame: individuazionedelle misure di miglioramento (fase 5),calcolo del rischio residuo, man mano che vengono applicate le misure (fase 6), monitoraggio e analisi degli eventi sentinella (fase 7).
Il sistema di ricalibratura del processo di valutazione inizialmente utilizzato, consiste nel modificare i pesi degli indicatori diprobabilità (P) e/o di danno (D), in modo da poter ricalcolare, ad ogni modifica intercorsa, il rischio residuo.
Tra le misure migliorative, si possono annoverare:
· l’attivazione della sorveglianza periodica sui corpi potenzialmente contundenti;
· l’eliminazione di parte o di tutti i corpi contundenti;
· l’attivazione di una procedura che preveda la presenza di altre persone a contatto solo uditivo,diretto o indiretto;
· l’attivazione di una procedura che preveda la presenza di altre persone a contatto sia visivo e sia uditivo;
· l’attivazione di procedura che preveda la presenza di altre persone a contatto fisico;
· l’intervento per costruire/migliorare le vie di fuga
· l’intervento per ampliare i locali angusti
· l’attività di formazione e addestramento finalizzati al miglioramento della capacità di controllo
· l’attivazione della regolamentazione e del controllo degli accessi
· l’aumento del personale nelle fasi più critiche in cui ci possono essere fenomeni di aggressività e violenza
· l’attivazione e controllo periodico del divieto di assunzione di bevande alcoliche e di droghe
· il controllo periodico del funzionamento delle serrature di cancelli, di porte e di finestre e relativa riparazione immediata
· l’allestimento di un impianto antintrusione con programmazione di inserimento parziale aprotezione di chi lavora in solitaria o effettua l’apertura mattutina
· l’esposizione di cartelli e/o invio di circolari ai dipendenti e utenti, contenenti la tolleranza zero della Direzione agli atti di violenza
· la predisposizione di un Team addestrato alla gestione delle situazioni a rischio
· l’informazione di tutti i dipendenti sulle procedure da rispettare e da attivare in caso di eventi violenti
· l’attivazione del monitoraggio degli eventi violenti e degli eventi sentinella, con immediata individuazione e comunicazione delle misure da attivare
· la sensibilizzazione del personale e degli utenti affinché vengano sempre segnalate minacce e/o aggressioni (Modulo di Segnalazione Eventi MSE)
· l’assicurazione al personale ed agli utenti (e relativo monitoraggio) che i tempi di attesa siano ridotti e segnalazione dei tempi di attesa necessari
· lo scoramento del personale dall’indossare collane o usare stringhe per scarpe,allo scopo di prevenire un possibile strangolamento in situazioni critiche
· l’eliminazione di corde, catene, quali per esempio quelle utilizzate per attivare gli sciacquoni dei wc
· l’attivazione della Valutazione del Rischio per Differenze di Genere VRDG (genere, sesso,età, religione, provenienza, etc.)
· l’attivazione di procedura di controllo dei graffiti offensivi su arredi, muri interni edesterni all’edificio (soprattutto dei wc e degli spogliatoi) con relativa immediata cancellazione
· l’attivazione di procedura di cambio periodico dei codici dell’allarme antintrusione
· l’attivazione della PCV (Politica aziendale Contro la Violenza
· l’attivazione della PRP (Politica del Rispetto della Privacy)
· l’attivazione delle Disposizioni di Vigilanza per il personale
· l’attivazione dell’assistenza prestata da associazioni di Volontari
· la distribuzione dell’Opuscolo informativo sul rischio aggressione
· la distribuzione dell’Opuscolo informativo sull’organizzazione e sui criteri di utilizzo della struttura sanitaria
· la distribuzione di questionari
· l’attivazione del monitoraggio dei Rischi Psicosociali (Valutazione SLC, individuazione degli individui con Disagi Psicologici e Disturbi Comportamentali, etc.)
Il processo di valutazione del rischio ha quindi l’obiettivo di individuare le misure migliorative, che si dividono in MISURE DI PREVENZIONE e MISURE DI PROTEZIONE.
Tra le misure di prevenzione del rischio aggressione vi sono l’umanizzazione dell’ambiente sanitario e i requisiti dell’ambiente sanitario, argomenti che verranno trattati in un secondo articolo che verrà pubblicato nei prossimi giorni.
Paolo Pieri