Indicazioni sulla sicurezza e prevenzione degli infortuni che possono avvenire nelle attività sulle coperture. Focus sulle reti di sicurezza: normativa, tipologia e strutture delle reti, scelta dei dispositivi di protezione collettiva.
Come ricordato in vari articoli sulla prevenzione in edilizia, le reti di sicurezza sono dispositivi di protezione collettiva (DPC) che, benché non siano frequentemente utilizzati in Italia, sono destinati alla protezione di persone e/o cose contro le cadute dall’alto.
Benché le reti di sicurezza non siano esplicitamente previste nel D.Lgs. 81/2008, per questi DPC si può fare riferimento all’art.122 (Ponteggi ed opere provvisionali) del Testo Unico che recita che ‘nei lavori che sono eseguiti ad un’altezza superiore ai m 2, devono essere adottate, seguendo lo sviluppo dei lavori stessi, adeguate impalcature o ponteggi o idonee opere provvisionali o comunque precauzioni atte ad eliminare i pericoli di caduta di persone e di cose…’.
E “la rete di sicurezza è senza dubbio una ‘precauzione atte ad eliminare i pericoli di caduta di persone e di cose’”.
A ricordarlo è il contenuto di un quaderno di ricerca dell’ Inail “ Esecuzione in sicurezza dei lavori in copertura. Misure di prevenzione e protezione” – a cura di Luca Rossi (Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici dell’Inail) – che ci permette di tornare a parlare di questo importante strumento di protezione collettiva.
Le reti di sicurezza e la normativa
Nel documento Inail si segnala che alle reti di protezione può essere applicato, al di là del D.Lgs. 81/2008, un altro disposto normativo: la circolare del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale n.13 del 20 Gennaio 1982 “Sicurezza nell’edilizia: sistemi e mezzi anticaduta, produzione e montaggio di elementi prefabbricati in c.a. e c.a.p. manutenzione delle gru a torre automontanti” che nella Parte II “Impiego delle reti di sicurezza” e nella Parte III “Istruzioni per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nella produzione, trasporto e montaggio di elementi prefabbricati in c.a. e c.a.p.” prevede l’utilizzo delle reti di sicurezza.
L’autore ricorda in particolare che nella circolare:
l’art.2 (Premessa) della Parte II prevede ‘Se la protezione è assicurata mediante reti, in applicazione all’art. 16 del decreto, la loro messa in opera deve essere relativamente facile e permettere una protezione efficace…’,
l’art. 23 (Protezione contro la caduta di persona) della Parte III indica ‘Ai sensi dell’art. 16 del decreto Presidente della Repubblica del 7 Gennaio 1956, n. 164, nelle operazioni di montaggio di strutture prefabbricate, quando esiste pericolo di caduta di persone, deve essere attuata almeno una delle seguenti misure di sicurezza atte ad eliminare il predetto pericolo: … c) adozioni di reti di sicurezza’.
Il problema è che, come per altri dispositivi di protezione collettiva, “le indicazioni che il legislatore fornisce spesso non sono sufficienti al fabbricante per la costruzione ed al datore di lavoro per poter effettuare una corretta valutazione dei rischi”. E in questi casi “può essere utile riferirsi alle UNI EN 1263-1: 2015 e UNI EN 1263-2: 2015, le norme che specificano i metodi di prova e la messa in opera delle reti di sicurezza”. Tali norme “stabiliscono i requisiti che le reti di sicurezza debbono possedere per assicurare la loro funzione (arresto della caduta del lavoratore) nonché la necessità di assorbimento dell’energia derivante dall’impatto del lavoratore contro la protezione o dalla sua raccolta”.
Nel documento si indica che la rete di sicurezza, “composta da una connessione di maglie, è sostenuta da una fune di bordo e da altri elementi di supporto o da una combinazione di questi aventi lo scopo di raccogliere il lavoratore che cade dall’alto”. E la struttura a rete permette al lavoratore di ricevere “meno sollecitazioni dannose, a causa delle notevoli deformazioni plastiche a cui è assoggettata la rete in caso di caduta, rispetto ad altri sistemi”. E tali reti
assicurano poi “una ampia mobilità del lavoratore, al di sopra dell’area protetta, per tutte le fasi dell’attività”.
Si ricorda poi che “sono sensibili all’invecchiamento (deterioramento delle prestazioni) dovuto ai raggi UV: pertanto devono essere utilizzate all’aperto solo per il tempo necessario allo svolgimento delle lavorazioni per poi essere subito riposte in un luogo protetto”.
Le tipologie delle reti di sicurezza
Si segnala poi che le reti di sicurezza possono essere distinte secondo la UNI EN 1263-1 per:
classe: “la classe definisce la massima dimensione della maglia e l’energia agente sulla rete. Le reti vengono divise in quattro classi (A1, A2, B1, B2) che si distinguono per la massima dimensione delle maglie (lM) e per il valore caratteristico dell’energia (E) che può agire su di esse”. Nel documento è presente una tabella con le tipologie delle reti in base alla classe”;
sistema: “il sistema indica la tipologia del supporto della rete e la diversa modalità d’impiego. Le reti di sicurezza vengono divise in quattro sistemi, due per l’impiego orizzontale (sistema S e sistema T) e due per l’impiego verticale (sistema U e sistema V)”.
Riguardo ai sistemi per l’impiego orizzontale (S, T) si indica che il sistema S “è la rete di sicurezza con fune sul bordo che incornicia e rinforza la zona perimetrale ed alla quale vengono collegati i cavi di sollevamento e le funi tiranti. Viene messa in opera in posizione orizzontale per proteggere da cadute una zona ampia dell’area di lavoro generalmente interna alla struttura da proteggere”.
Riportiamo dal documento, ricco di immagini, un esempio di sistema S con copertura in acciaio:
Inoltre queste reti di sicurezza S “devono avere una superficie minima di 35 mq e lato corto non inferiore a 5 m. Per quelle di dimensioni inferiori (non previste nelle norma UNI EN 1263-1) e che vengono spesso utilizzate è il fabbricante che deve fornire una specifica tecnica nella quale sono evidenziati i rischi che la stessa è in grado di eliminare e/o ridurre e le condizioni di utilizzo”.
Invece il sistema T è “la rete di sicurezza fissata su staffe (telaio metallico di supporto) per utilizzo orizzontale; a differenza del sistema S ha un minore sviluppo superficiale e si presenta come una mensola agganciata alla parete esterna del manufatto”.
Mentre riguardo ai sistemi per l’impiego verticale (U, V):
il sistema U “è la rete di sicurezza fissata ad una intelaiatura di sostegno per utilizzo verticale; essa può avere o non avere un telaio proprio, fornito dal fabbricante, e viene vincolata ed agganciata alla intelaiatura di sostegno tramite idonea fune o cinghia”;
il sistema V “è la rete di sicurezza con fune sul bordo fissata ad un sostegno a forca; è ad installazione verticale e protegge da cadute, sia laterali che verticali, che si verificano da due piani”.
Questo un esempio di Sistema V:
La scelta della rete di sicurezza
Rimandiamo alla lettura integrale del documento, che si sofferma anche sul posizionamento delle reti di sicurezza in relazione alla traiettoria dell’eventuale caduta del lavoratore, e veniamo al tema della scelta di una rete di sicurezza.
La scelta dipende in particolare dalla altezza di caduta e della larghezza di raccolta “definite come segue:
altezza di caduta He: distanza verticale fra il piano di lavoro e la rete di sicurezza con il lavoratore posizionato sul perimetro (bordo) della struttura,
altezza di caduta Hi: distanza verticale fra il piano di lavoro e la rete di sicurezza con il lavoratore posizionato internamente alla struttura,
altezza di caduta ridotta Hr: distanza verticale fra il piano di lavoro e la rete di sicurezza con il lavoratore posizionato internamente alla struttura a distanza non superiore a 2 m dall’ancoraggio,
larghezza di raccolta b: distanza orizzontale fra il bordo estremo del piano di lavoro ed il bordo estremo della rete di sicurezza. La larghezza di raccolta è necessaria per tener conto della componente orizzontale della velocità che il lavoratore potrebbe possedere e che lo proietterebbe fuori della superficie protetta dalla rete. Questa problematica assume particolare importanza quando l’altezza di caduta è elevata, specialmente in presenza di superfici inclinate”.
Questi sono poi i valori di tali grandezze sopra che possono essere adottati:
“altezze di caduta Hi ed He che non superano i 6 m;
altezza ridotta Hr, introdotta per reti di tipo S, che non supera i 3 m, perché localizzata nella zona strutturalmente più debole della rete;
distanza orizzontale tra rete e spigolo di caduta (zona vuota) più piccola possibile;
aree di lavoro inclinate fino a 20°: larghezza di raccolta b della rete in funzione dell’altezza di caduta He”.
Concludiamo segnalando che le reti di sicurezza “devono essere messe in opera e sospese in maniera tale che, durante la fase di raccolta del lavoratore che ha subito la caduta, la stessa non tocchi altri soggetti, ostacoli fissi od in transito sotto la rete. Nella valutazione occorre tenere conto dell’abbassamento dovuto al peso proprio della rete e della deformazione che la stessa subisce dopo la raccolta del lavoratore”.
Scarica il documento da cui è tratto l’articolo:
Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici dell’Inail, “ Esecuzione in sicurezza dei lavori in copertura. Misure di prevenzione e protezione”, a cura di Luca Rossi (Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici dell’Inail), Quaderno di ricerca numero 15, ottobre 2017
Fonti: Inail, Puntosicuro.it