Dopo la fotografia scattata dal
Dossier Donne 2021 sui contagi professionali da Covid-19 e sugli infortuni e le malattie più diffusi tra le lavoratrici, il nuovo numero del periodico Dati Inail, fornisce ulteriori spunti di approfondimento sulle disparità di genere nel mondo del lavoro. La lettura dei dati infortunistici in base alle denunce pervenute, conferma, infatti, la preponderanza maschile e la presenza delle donne solo in certi ambiti professionali, come attestano i dati Istat.
Delle 644.907 denunce di infortuni sul lavoro nel 2019, poco più di un terzo ha interessato le donne, un dato rimasto pressoché costante nel periodo compreso tra il 2015 e il 2019. La quota di infortuni al femminile è più elevata nella gestione Conto Stato (52%), seguita dall’Industria e servizi (34%) e dall’Agricoltura (18%). Nel quinquennio, le denunce di infortunio delle lavoratrici hanno registrato un aumento dell’1,8%, maggiore rispetto a quello rilevato tra gli uomini (+1,0%), mentre i decessi sono diminuiti del 17,1% a fronte del calo dell’8,9% registrato tra i lavoratori.
Le donne sono presenti soprattutto nel Terziario e nella Pubblica amministrazione, situazione che si riflette nelle denunce di infortunio per settore di attività economica, dove una maggiore incidenza si registra nella Sanità e assistenza sociale, con il 74,2% (27.431 casi per le donne contro i 9.540 per gli uomini), nell’Amministrazione pubblica, con circa il 55%, e nell’Istruzione, che supera il 50%. Particolarmente elevata l’incidenza degli infortuni delle lavoratrici nel settore dei servizi domestici e familiari (colf e badanti), con l’89,9% sul totale delle denunce del settore.
Nel 2019, 60 infortuni ogni 100 sono stati denunciati da lavoratrici dell’area Nord del Paese (139.175 casi), distribuiti mediamente in parti uguali tra Nord-est e Nord-ovest (69.933 casi il primo e 70.242 il secondo). Seguono le regioni del Centro, con il 20,6% dei casi, e il Mezzogiorno, con il 19,2%. Tra le regioni, la Lombardia è la quella con la più alta quota di denunce al femminile (il 18,5%), seguita dall’Emilia Romagna (13%) e dal Veneto (10,9%). Oltre 30mila
denunce di infortunio, infine, sono state presentate da lavoratrici straniere. Tra queste il 68,2% è di nazionalità extra Ue mentre il restante 31,8% proviene da Paesi dell’Unione.
Quasi un infortunio su quattro nel tragitto tra la casa e il lavoro
Oltre la metà (54.299 casi su 105.823) degli infortuni “in itinere”, avvenuti cioè nel percorso di andata e ritorno tra la casa e il luogo di lavoro, e circa un terzo di quelli “in occasione di lavoro” (176.829 casi su 539.084), sono stati denunciati dalle donne. Dei 231.128 infortuni denunciati delle lavoratrici, il 76,5% sono avvenuti in “occasione di lavoro” (circa il 98% senza mezzo di trasporto) e il 23,5% “in itinere” (il 62,5% con mezzo di trasporto). L’82% degli eventi mortali in itinere sono avvenuti con mezzo di trasporto (36 casi su 44). Tra i 53 casi in occasione di lavoro, infine, sono stati 21 quelli occorsi con mezzo di trasporto e 32 quelli avvenuti senza mezzo.
Infermiere e operatrici socio sanitarie le più colpite dalle malattie professionali
Se i dati complessivi, per entrambi i sessi, hanno confermato il trend in aumento delle
malattie professionali nell’ultimo biennio 2018-2019, con un +2,9%, prendendo in considerazione solo le denunce femminili, si registra un aumento pari al 4,1% rispetto al 2018, maggiore di quello relativo agli uomini (+2,5%). L’incremento delle malattie per le lavoratrici ha interessato in particolare la gestione assicurativa Industria e servizi (+5,4%) dove si concentrano i tre quarti delle denunce, e la gestione Agricoltura (+1,2%) mentre per il Conto Stato c’è stata una diminuzione del 7,7%. Le più colpite della gestione Industria e servizi, sono le infermiere e le operatrici socio sanitarie (12%) per le quali si osserva una crescita di circa l’8% rispetto all’anno precedente. Seguono le commesse, con poco più del 7%, e le addette ai servizi di pulizia di uffici ed esercizi commerciali (oltre il 6%) con un aumento complessivo del 5%.
Sollevare pesi o pazienti è la causa principale delle tecnopatie più diffuse
Nel 2019, circa il 73% delle malattie professionali femminili, contro il 64,5% per la componente maschile, sono quelle del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo, dovute soprattutto al sollevamento di pesi e di strumentazioni e di pazienti (nelle strutture sanitarie) o alle posture incongrue. Più frequenti i disturbi dei tessuti molli, con oltre il 56% dei casi, e le dorsopatie, con il 26% circa. Seguono le tecnopatie del sistema nervoso (18,2%, 3.035 casi), tra le quali troviamo per la quasi totalità la sindrome del tunnel carpale, dovuta principalmente a movimenti ripetitivi, con 2.852 casi per le lavoratrici, il 94%, contro i 3.551 degli uomini, circa l’89%.
A novembre 2020 il maggior numero di contagi professionali da Covid-19.
In base al numero di
denunce pervenute all’Inail alla data del 31 gennaio scorso, il mese che ha registrato il più alto numero di contagi professionali femminili da Coronavirus, sia in termini relativi che assoluti, è stato novembre, con una denuncia su quattro, seguito da marzo, con poco meno di una denuncia ogni cinque. Per quanto riguarda i decessi femminili, è stato aprile a far registrare il più alto numero di eventi mortali, con oltre il 42% di casi. Dall’inizio della pandemia, le donne sono state le più colpite dai contagi professionali da Covid-19, con circa 70 casi ogni cento. Le infermiere sono le figure professionali più a rischio, nella categoria tecnici della salute, con l’81,1% dei casi, seguite dalle fisioterapiste, con il 5,8%. Per quanto riguarda i decessi femminili, i casi si sono fermati al 17,1%. Uno ogni quattro riguarda i tecnici della salute: il 70% sono infermiere, seguite dalle operatrici socio-sanitarie e socio-assistenziali, con il 14,1 e il 12,8% dei casi.
Gli interferenti endocrini e gli agenti chimici nocivi per gravidanza e allattamento
Il periodico si chiude con un approfondimento sulle sostanze pericolose che possono mettere a rischio la salute umana e l’ambiente. A cominciare dagli interferenti endocrini, tra i quali rientrano sostanze destinate ad usi industriali e a beni di consumo come pure inquinanti prodotti per effetto di processi industriali, in grado di compromettere la capacità riproduttiva, di ritardare lo sviluppo sessuale e quello neuro-comportamentale o di alterare il sistema immunitario. Nella donna, in particolare, possono indurre lo sviluppo di tumori endocrini, endometriosi e malformazioni congenite dei neonati. Allo stesso modo, l’esposizione prolungata ad alcune sostanze da parte di lavoratrici gestanti, puerpere o nel periodo di allattamento, può compromettere l’esito della gravidanza, provocare danni al feto o al neonato allattato al seno. Tra queste sostanze, i composti inorganici del piombo, usati nella produzione di pitture e vernici, i composti del cromo esavalente, utilizzati ad esempio per le analisi di laboratorio o la concia dei pellami, e alcuni antiparassitari.
Dall’emergenza un possibile rilancio per il lavoro delle donne – Gli infortuni al femminile nel periodo 2015-2019 – Le donne: in crescita le malattie professionali nel 2019 – Donne e covid tra occupazione e infortuni – Il regolamento reach e le sostanze estremamente preoccupanti: gli interferenti endocrini – Agenti chimici nocivi per la gravidanza e/o l’allattamento
Fonte: INAIL , Puntosicuro.it