Dalla fase di progettazione del posto di lavoro alle fasi di gestione delle risorse umane e strumentali. Le fasi ed i processi di adattamento.
Le malattie professionali sono disturbi della salute derivanti dalle condizioni del posto di lavoro e dalla continuata esposizione a livelli di fatica eccessivi (carico biomeccanico). In generale, le malattie professionali sono correlate all’esposizione a rischi biologici, fisici, chimici o psicologici e spesso si sviluppano dopo molti mesi o anni, in relazione con l’intensità e le circostanze dell’esposizione.
Seppur in tutto il mondo industrializzato sono in costante aumento le malattie occupazionali che colpiscono il sistema neuro – muscolare e scheletrico è possibile prevenire, senza eccezioni, tutte le malattie professionali. I mezzi tecnici per risolvere un problema sono quasi sempre disponibili e, in ultima istanza, le soluzioni organizzative possono evitare esposizioni prolungate degli operatori a situazioni giudicate a rischio.
Nel pensare un approccio alla prevenzione delle malattie professionali basato sulla necessità di sviluppare sistemi di valutazione del rischio specifici per tipologia di attività si rende assolutamente necessario identificare i diversi campi di applicazione considerando che non è ragionevole pensare che un modello di calcolo del carico biomeccanico possa funzionare con uguale accuratezza e confidenza in settori con caratteristiche molto diverse. Da quanto sopra si denota l’estrema importanza di poter disporre di sistemi di misurazione del carico biomeccanico, primo passo di un percorso che deve portare alla sua riduzione attraverso la ri-progettazione del metodo e del posto di lavoro.
L’esigenza di individuare il grado di esposizione al sovraccarico biomeccanico ha portato allo sviluppo di tecniche di analisi del rischio ergonomico specifico (risk screening) correlato ad un compito lavorativo; obiettivo di questi sistemi è analizzare i fattori di rischio che potenzialmente possono provocare malattie professionali al fine di porre in atto contromisure specifiche che minimizzino la tipologia di rischio individuato. La chiave di ogni sistema di determinazione del rischio ergonomico è l’individuazione di un legame tra fattori di influenza caratterizzanti un compito lavorativo (forza, frequenza, postura, ecc.) e la possibilità di sviluppare una malattia professionale che abbia correlazione con il compito dato. La principale difficoltà consiste nello stabilire come i diversi fattori interagiscano e portino in definitiva all’insorgere di un episodio di malattia professionale.
La logica ideale per abbattere l’insorgenza di malattie professionali è quella di individuare e predisporre provvedimenti nella fase di progettazione del prodotto e/o processo (ergonomia preventiva); nei casi in cui il prodotto e/o il processo siano già definiti, l’approccio da seguire per ridurre il rischio può essere più costoso e meno efficace (ergonomia correttiva), poiché gli interventi di riprogettazione postuma risentono in generale di limitazioni dovute agli investimenti necessari per effettuare le necessarie modifiche su processi già consolidati.
Nel mercato moderno sempre più dinamico e competitivo tutte le aziende, soprattutto quelle caratterizzate da processi manuali ripetitivi, sono spinte ad affrontare il tema del controllo preventivo del carico biomeccanico dalla necessità di essere competitive nel mercato globale, raggiungendo e mantenendo livelli di eccellenza operativa, in cui ogni dettaglio legato all’organizzazione del lavoro e alla sicurezza dei lavoratori è estremamente curato e studiato. Ogni azienda, quindi, deve individuare sistemi sempre più moderni per progettare il lavoro e bilanciare le proprie linee produttive con l’obiettivo di essere efficienti e produttivi, con il fine di ridurre le perdite, gli sprechi e le inefficienze, ma al tempo stesso rispettare i vincoli imposti dalle norme tecniche ISO/CEN in materia di carico biomeccanico, riducendo al massimo i rischi per la salute del lavoratore.
La sfida alla competitività ovvero spendere meno e nel contempo offrire servizi appropriati o produrre prodotti in maggiori quantità e di qualità eccellenti la si vince se il management aziendale affronta le problematiche aziendali attraverso l’applicazione dello studio della Ergonomia. Difatti l’obiettivo centrale dell’ergonomia è la creazione di postazioni lavorative in grado di favorire l’utilizzo delle apparecchiature, attrezzi ed utensili di lavoro in condizioni sicure, adeguate e confortevoli nonché favorire all’interno dell’azienda il benessere organizzativo.
In genere, gli effetti di una postura non ergonomica, così come di movimenti o di procedure errate possono favorire danni sia sulla salute dei lavoratori che sulla loro produttività; una postazione di lavoro ergonomica si rivela un ottimo investimento in quanto è capace di ridurre la comparsa di patologie di origine professionali incrementando, nel contempo, le prestazioni dei collaboratori nonché il benessere organizzativo aziendale.
Ma vediamo cos’è l’Ergonomia.
L’ergonomia è la disciplina scientifica che affronta i numerosi e complessi problemi emergenti dai rapporti che intercorrono tra l’uomo e l’ambiente in cui egli vive e lavora, allo scopo di realizzare, attraverso la promozione di nuove posizioni di studio, di ricerca e di applicazione, condizioni di vita e di lavoro che meglio si armonizzino con le capacità e i limiti dell’uomo.
In senso stretto, con riferimento cioè alle macchine e al posto di lavoro (sistema uomo – macchina – ambiente), e secondo la definizione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), l’ergonomia “è l’applicazione congiunta di scienze biologiche e tecniche per assicurare tra l’uomo e il lavoro il massimo adattamento reciproco“. Caratteristiche fondamentali dell’ergonomia quindi, sono l’interdisciplinarità, cioè la collaborazione tra varie discipline con apporti di diversa derivazione e la globalità, cioè la considerazione globale e non settoriale di tutti gli aspetti del complesso sistema uomo – macchina – ambiente.
L’uomo, in pratica, si è occupato di ergonomia da quando ha cominciato a costruire utensili e attrezzi. Tuttavia come disciplina autonoma l’ergonomia ha una storia relativamente recente: le prime indagini sistematiche sui modi in cui le capacità dell’uomo al lavoro erano influenzate dai suoi compiti e dai suoi strumenti, furono condotte verso la fine del 19° secolo. L’ergonomia, nata a seguito dell’esperienza acquisita nell’impiego di apparecchiature militari e sviluppatasi in conseguenza della straordinaria gamma e complessità delle macchine in ogni settore della nostra civiltà industriale, non deve quindi considerarsi limitata e circoscritta in tali ambiti. Le caratteristiche psicofisiologiche dell’uomo danno una dimensione a tutte le strutture che lo circondano e costituiscono i parametri fondamentali cui devono essere adattati le macchine, i mezzi, i metodi di lavoro, l’ambiente e l’organizzazione del lavoro.
L’ergonomia, quindi, indaga e analizza i rapporti fra sistemi (uomo – macchina; uomo – ambiente; uomo – uomo; uomo – macchina – ambiente), i quali s’integrano scambievolmente e reciprocamente. Per quanto attiene la componente “uomo” l’anatomia e l’antropologia, determinando le principali caratteristiche del corpo umano in senso statico e dinamico, forniranno i dati indispensabili per un migliore ordinamento del posto e degli strumenti di lavoro durante l’esecuzione del compito, dell’accessibilità dei comandi, della percezione dei segnali. A tal proposito la Medicina del Lavoro e l’Igiene del Lavoro apportano le loro specifiche competenze sia per quanto concerne la protezione dei lavoratori contro tutti i rischi sia per realizzare condizioni ambientali che non rechino danno alla salute mentre, la Psicologia del Lavoro analizza i molteplici eventi che scaturiscono dai rapporti con il posto di lavoro, dai rapporti di gruppo, dai rapporti gerarchici, dalla politica e dall’organizzazione aziendale.
La chiave di ogni sistema di determinazione del rischio ergonomico è l’individuazione di un legame tra fattori di influenza caratterizzanti un compito lavorativo (forza, frequenza, postura, ecc.) e la possibilità di sviluppare una malattia professionale che abbia correlazione con il compito dato. La principale difficoltà consiste nello stabilire come i diversi fattori interagiscano e portino in definitiva all’insorgere di un episodio di malattia professionale.
Pertanto in considerazione del fatto che il mondo corre veloce, cambiano i modelli vincenti di business e le organizzazioni spesso si trovano nella situazione di dover fare di più, meglio ed in minor tempo con l’aggravante che non si possono far lievitare i costi di gestione un ruolo fondamentale e determinante spetta al “ management aziendale “ che, ora più di prima, deve mettere in campo ogni sua dote di vision e di implementazione delle operazioni in termini di qualità e di tempo; una variabile, quest’ultima, strettamente collegata a quanto definito in ambito strategico da cui dipende gran parte del valore percepito dal mercato poiché difficilmente una pessima strategia, correlata a un’eccellente implementazione, può generare un risultato di successo. Quindi per il manager, il primo tema da affrontare è quello di definire a monte un corretto ed efficace “ambiente collaborativo” in grado di supportare adeguatamente il modello di business pianificato.
Fonti: Puntosicuro.it