La Conferenza Stato-Regioni sancisce l’intesa sulle linee guida inerenti i rischi di esposizioni alle Fibre Artificiali Vetrose e le misure di prevenzione. Gli effetti sulla salute, la gestione dei rifiuti e le indicazioni operative nell’utilizzo di FAV.
Con l’acronimo FAV (Fibre Artificiali Vetrose) si intende un vasto sottogruppo di fibre inorganiche che, con la messa al bando dell’amianto, hanno assunto una grande rilevanza commerciale – nei settori dell’edilizia, del tessile e dei prodotti plastici – in relazione alle loro caratteristiche di isolamento termico e acustico.
Proprio per le ottime caratteristiche di isolamento delle FAV – utili per assicurare importanti risparmi energetici – il livello di diffusione e utilizzo di queste fibre in questi anni è molto aumentato. Alcune stime, sul numero di lavoratori addetti alla produzione di FAV nei paesi europei, parlano ormai di diverse decine di migliaia di unità. E altrettanto numerosi sarebbero gli utilizzatori diretti, ad esempio dell’industria delle costruzioni e degli impianti.
È dunque più che mai necessario approfondire le conoscenze scientifiche relative ai rischi legati alla esposizione a fibre artificiali vetrose e individuare le necessarie “misure di prevenzione da adottare e le corrette modalità di impiego, uso e manutenzione da rispettare”.
In considerazione di questi problemi la Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano nella seduta del 25 marzo 2015 ha sancito l’intesa tra Governo, Regioni e Province Autonome inerente le linee guida “Le Fibre Artificiali Vetrose (FAV): Linee guida per l’applicazione della normativa inerente ai rischi di esposizioni e le misure di prevenzione per la tutela della salute”.
Il documento ricorda che l’evoluzione normativa e il progresso delle conoscenze scientifiche “hanno reso ormai datate e non più attuali le linee guida per il corretto impiego delle fibre di vetro isolanti, emanate con la Circolare del Ministero della Sanità n. 23 del 25 novembre 1991”. E un apposito tavolo di lavoro ha elaborato le linee guida proprio per consentire una corretta valutazione e consapevolezza dei rischi da parte di tutti i soggetti interessati, compresi gli utilizzatori finali, sia negli ambienti di lavoro che di vita. E per favorire, come abbiamo già detto, “l’adozione di misure di prevenzione adeguate, in linea con la vigente normativa, avendo come destinatari particolari, ma non esclusivi, sia i datori di lavoro e sia anche gli organi di vigilanza”.
Le linee guida si soffermano ampiamente sugli effetti sulla salute, specialmente in relazione alla capacità delle Fibre Artificiali Vetrose di “penetrare nell’organismo attraverso le vie respiratorie”. Tale capacità è propria delle “fibre così dette respirabili, termine con cui si identificano le fibre che, contenute in sospensione nell’aria, sono in grado di penetrare profondamente all’interno delle vie respiratorie e, in ragione delle loro dimensioni (diametro e lunghezza), di raggiungere anche le diramazioni terminali più distali”.
Il documento si sofferma in particolare su alcuni argomenti relativi agli effetti sulla salute:
– effetti infiammatori sulle strutture polmonari;
– effetti irritativi;
– cancerogenicità;
– valutazione IARC per gli effetti cancerogeni;
– effetti delle Fibre Ceramiche Refrattarie (FCR) sulle strutture polmonari;
– effetti irritativi delle FCR
– cancerogenicità delle FCR.
E riguardo ai luoghi di lavoro si indica che l’esposizione alle FAV negli ambienti di lavoro avviene in relazione alle fasi di fabbricazione, lavorazione, installazione, rimozione, bonifica e smaltimento di manufatti contenenti FAV. Le “situazioni nelle quali si può venire a contatto con le FAV in ambiente di lavoro possono essere le seguenti:
a) durante la fase di produzione sia della fibra che del prodotto;
b) durante l’immagazzinamento, sia in stabilimento che presso rivenditori e in cantiere;
c) durante il trasporto del prodotto;
d) durante le fasi di lavorazioni successive alla produzione;
e) durante le fasi di rifinitura del prodotto;
f) durante la rimozione, la bonifica e lo smaltimento dei manufatti in posa”.
E i settori maggiormente interessati all’esposizione a FAV sono “l’edilizia (isolamento termoacustico), l’industria (isolamento impianti di processo, settore del caldo e del freddo), i trasporti (isolamento termoacustico)”.
Ci si sofferma poi sull’utilizzo di FCR (Fibre Ceramiche Refrattarie) nei settori della lavorazione della ceramica (forni), nel trattamento primario dei metalli, in fonderia, nell’industria petrolchimica e altri processi chimici. In questo caso c’è una “possibile esposizione lavorativa a materiale classificato come cancerogeno di categoria 1 B”.
In conformità a quanto previsto dal D.lgs. 81/2008 “l’esposizione a lane minerali artificiali ricade nell’ambito del campo di applicazione del capo I ‘Protezione da agenti chimici’, mentre la esposizione a fibre ceramiche refrattarie, in quanto classificate cancerogene di categoria 1 B, ricade nel campo di applicazione del capo II ‘Protezione da agenti cancerogeni e mutageni’”.
Dunque nel caso di esposizione a lane minerali artificiali classificate come cancerogeno di categoria 2, “il datore di lavoro sarà tenuto ad effettuare la valutazione dei rischi ai sensi dell’articolo 223 del D.lgs. 81/08 e in esito alla stessa dovrà adottare le previste misure generali dell’articolo 224 per la prevenzione dei rischi; mentre nel caso di esposizione a fibre ceramiche refrattarie il datore di lavoro è tenuto ad effettuare la valutazione del rischio ai sensi dell’articolo 236 e in esito alla stessa a prendere in considerazione in primo luogo la possibilità della riduzione o sostituzione del materiale, se tecnicamente possibile, in secondo luogo la possibilità dell’utilizzo in un sistema chiuso e solo in ultima analisi la riduzione al minimo possibile del livello di esposizione (Art. 235)”.
In ogni caso si sottolinea che il D.Lgs. 81/2008 prevede l’obbligo della valutazione dei rischi in tutte le situazioni in cui si utilizzano materiali che presentano rischi per la salute: “categoria nella quale rientrano, sia pure con diversa misura di pericolosità rispetto alla diversa composizione e caratteristiche tutte le FAV”.
Dopo aver affrontato il tema dei limiti e dei valori di riferimento, vengono riportate indicazioni per la gestione operativa dei rifiuti contenenti fibre minerali.
Ad esempio tutti i materiali di scarto contenenti Fibre minerali, compresi i DPI usati, “nel momento della loro formazione, devono essere raccolti con cura e confezionati in modo tale da evitare la dispersione di fibre nell’aria. Le confezioni devono poi essere munite di etichettatura idonea a segnalarne la natura e la eventuale pericolosità. I rifiuti confezionati ed etichettati, in attesa dello smaltimento, devono essere collocati in deposito temporaneo all’interno del cantiere o della sede aziendale, in una apposita area, adeguatamente segnalata”.
In particolare il rifiuto deve essere classificato “speciale pericoloso” se contiene:
– “una sostanza riconosciuta come cancerogena (categorie 1 o 2) in concentrazione maggiore o uguale allo 0,1%;
– una sostanza riconosciuta come cancerogena (categoria 3) in concentrazione maggiore o uguale allo 1%;
– una o più sostanze irritanti classificate R36, R37, R38 in concentrazione totale maggiore o uguale al 20%”.
Ci soffermiamo infine su alcune indicazioni operative e attività di prevenzione da porre in atto nell’utilizzo di FAV.
Sono da distinguere nettamente le attività di prevenzione da porre in atto nell’utilizzazione di lane minerali e fibre ceramiche refrattarie: “l’attuale produzione di lane minerali risponderebbe a quanto richiesto della nota Q, per cui le stesse risultano non classificate come cancerogene (neppure come sospette cancerogene) e anche non classificate come irritanti per la pelle”.
Ricordiamo che la Nota Q è stata introdotta dalla Direttiva della Commissione Europea 97/69/CE del 5 dicembre 1997 e stabilisce la non applicabilità di alcuna classificazione di pericolosità se è provato che la sostanza rispetta almeno una delle quattro condizioni previste dalla normativa.
Concludiamo ricordando che per leattività di prevenzione da porre in essere per la messa in opere di lane minerali rispondenti alla nota Q, “un livello di prevenzione è quello normato dal d.lgs. 81/2008, per cui per l’utilizzo di fibre classificate non pericolose, conformi a nota Q o R, sono da considerare i consigli di prudenza con relativi DPI da utilizzare:
– se si lavora in ambienti non ventilati o per operazioni che possono generare emissioni di polveri, indossare una maschera protettiva usa e getta. Si raccomanda la sua conformità alla EN 149 FFP1.
– utilizzare guanti per prevenire pruriti in conformità alla EN 388;
– indossare occhiali protettivi quando si applicano prodotti al di sopra della testa. La protezione degli occhi in accordo alla EN 166 è consigliata;
– coprirsi con indumenti da lavoro;
– sciacquarsi con acqua fredda prima di lavarsi”.
Le linee guida riportano anche le indicazioni per la messa in opera di fibre ceramiche refrattarie (FCR) e lane minerali non rispondenti alla nota Q.
Fonti: Puntosicuro.it