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In quali situazioni il lavoratore autonomo non è di fatto tale? Quali sono le prestazioni, gli obblighi e le facoltà che gli possono essere attribuite? Come effettuare la verifica di fatto e di diritto della loro reale posizione giuridica?

Nel mondo del lavoro si può riscontrare un aumento significativo della presenza dei lavoratori autonomi nei vari settori produttivi. E questi lavoratori, a cui corrisponde un numero di infortuni particolarmente elevato, risultano esposti a rischi per la propria salute e sicurezza al pari o in misura maggiore rispetto ai lavoratori dipendenti. Senza dimenticare che “interfacciandosi ed interagendo con altre persone, i Lavoratori Autonomi possono incidere, e anche compromettere, la sicurezza sui luoghi di lavoro”. E spesso la loro percezione della “sicurezza sul lavoro” è di un “adempimento formale” e non di una “tutela della loro integrità psicofisica”.

A esprimersi in questi termini è un intervento ad un convegno, dal titolo “Il lavoratore autonomo” che ha ricordato che il Decreto Legislativo 81/2008 ha esteso con l’art. 21 la tutela normativa anche ai lavoratori autonomi con l’obbligo di utilizzo di dispositivi personali di protezione e all’impiego di attrezzature sicure, conformi alle norme vigenti, mentre ha lasciato facoltativo l’avvalersi della sorveglianza sanitaria e della formazione. E l’incontro era correlato ad un progetto specifico – contenuto nel Piano Regionale Prevenzione della Regione Veneto, di cui alla DGR 3139/10 – volto a promuovere una maggiore tutela di questa categoria di lavoratori, proponendo azioni di assistenza, formazione e sorveglianza sanitaria con l’obiettivo prioritario di ridurre gli infortuni sul lavoro.

In correlazione a questo progetto PuntoSicuro ha presentato nelle scorse settimane anche un opuscolo realizzato dagli SPISAL di varie ULSS venete, dal titolo “ Lavoratori Autonomi. Guida pratica per lavorare sicuri”. Un opuscolo che riporta utili informazioni per conoscere la realtà di questi lavoratori e che può essere ulteriormente arricchito dalle indicazioni emerse durante il convegno di Padova.

Alcuni dati sugli infortuni dei lavoratori autonomi si possono trarre dall’intervento “Aspetti epidemiologici nella regione del Veneto”, a cura di Roberto Agnesi, Michela Veronese e Lucia Calciano.
Dai dati regionali si rileva ad esempio che:
– “i casi mortali degli autonomi sono circa il 9-10 % del totale (esclusi itinere, agricoltura, studenti, colf, sportivi);
– nel comparto costruzioni i casi mortali degli autonomi sono il 17% del totale;
– l’incidenza di casi mortali per 100.000 addetti nel 2010 e circa 9,05 (contro 3,48 dei non autonomi)”.
E fra i lavoratori autonomi “non sono inclusi i datori di lavoro di aziende con dipendenti e soci artigiani (quindi il numero complessivo di imprenditori fra le vittime del lavoro e più alto)”.

Veniamo tuttavia all’intervento “Obblighi e facoltà del lavoratore autonomo”, di Daniela Pascale (DTL Padova) e Francesco Ciardo (S.P.I.S.A.L. ULSS 16 Padova).

L’intervento, da cui abbiamo raccolto le affermazioni inserite a inizio articolo, si sofferma sulla differenza tra lavoratore autonomo, lavoratore subordinato e impresa individuale e sui rapporti fra lavoratore autonomo e datore di lavoro committente.
E riprende il tema dell’utilizzo improprio del lavoratore autonomo:
– inidoneità appalto: “quando un committente affida la realizzazione dei lavori ad un Lavoratore Autonomo pur sapendo che, data la tipologia dei lavori affidati, il lo stesso dovrà necessariamente avvalersi di altro personale (lavoratori autonomi e/o altre imprese);
– prestazione di manodopera: quando il Lavoratore Autonomo viene impiegato da un’impresa come mero prestatore di lavoro;
– società di fatto: quando il Lavoratore Autonomo ottiene in appalto un lavoro che da solo non sarebbe in grado di portare a termine e, quindi, chiama in suo aiuto altri lavoratori autonomi”.

L’intervento riporta anche i criteri per verificare l’idoneità tecnico professionale dei lavoratori autonomi (allegato XVII comma 2): iscrizione alla CCIAA con oggetto sociale inerente alla tipologia dell’appalto; documentazione attestante la conformità delle macchine e attrezzature e opere provvisionali; elenco dei Dispositivi di Protezione Individuale usati; attestati inerenti la propria formazione e la relativa idoneità sanitaria ove espressamente previsti; documento Unico di Regolarità Contributiva di cui al DM 24 ottobre 2007.
Ricordiamo che del tema dell’idoneità tecnico professionale dei lavoratori autonomi si è occupato anche l’ interpello n. 7/2013 del 02 maggio 2013.

L’intervento si sofferma anche sulla Circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 16 del 04 luglio 2012.
In particolare riguardo alla idoneità dell’appalto, il Ministero “ha posto al personale ispettivo una presunzione di subordinazione dei lavoratori autonomi addetti alle seguenti attività: 1) manovalanza; 2) muratura ; 3) carpenteria; 4) rimozione amianto; 5) posizionamento di ferri e ponti ; 6) addetti a macchine edili fornite dall’impresa committente o appaltatore”.
E si indica che in genere “non sono appaltabili le opere strutturali, quelle legate al ciclo del cemento armato, al montaggio di strutture metalliche e di prefabbricati in quanto connotate da utilizzo di un ‘cronoprogramma’ inconciliabile con l’asserita autonomia delle prestazioni”.
Mentre ad esempio gli appalti che possono essere affidati a lavoratori autonomi possono riguardare: “pittura interna delle pareti di un appartamento; rifacimento delle piastrelle di bagni e cucine; manutenzione di infissi, balaustre, ringhiere; piccoli lavori edili, facendo attenzione alla movimentazione manuale dei materiali e delle attrezzature, poiché è necessario assicurarsi che possa essere eseguita da una singola persona”. Si tratta cioè di “tipologie di lavori realizzabili da una singola persona”.

E in merito alla prestazione di manodopera, l’intervento indica che “si ha prestazione di manodopera quando il Lavoratore Autonomo svolge la propria attività sotto la direzione altrui, senza alcuna autonomia operativa. Quando la natura del contratto è un’attività lavorativa e non un risultato. È il caso di un’impresa che utilizza i Lavoratori Autonomi per eludere le norme poste a tutela del lavoro subordinato, intendendo così risparmiare sui costi dei contributi, malattia, ferie, ecc.”. Nell’opuscolo “ Lavoratori Autonomi. Guida pratica per lavorare sicuri” sono presenti alcune indicazioni per la verifica della subordinazione.
In particolare ricordiamo che la Circolare 16/2012 ha fissato “3 indicatori che possono far presumere la non genuinità del lavoro autonomo:
– inadeguatezza dell’elemento organizzativo e strumentale. Cioè va provato il possesso e/o disponibilità di macchine e attrezzature ‘consistenti’ quali ponteggi,macchine edili ecc.;
– monocommittenza;
– l’esecuzione di fasi fondamentali del ciclo produttivo”.

E riguardo infine alle società di fatto, “qualora il Lavoratore Autonomo eserciti la propria attività in collaborazione con altri Lavoratori Autonomi, che pur non essendo dipendenti svolgono sotto la sua direzione, lavori di ugual natura all’interno di un cantiere, si configura il caso di vere e proprie società di fatto in cui il primo dei soggetti citati si connota come datore di lavoro degli altri. Ciò presuppone una situazione di interdipendenza l’uno dall’altro, facendo cadere il requisito dell’autonomia, configurando conseguentemente, una impresa di fatto, soggetta all’applicazione di tutte le disposizioni previste dalla normativa prevenzionistica (non più solo l’art. 21)”.

Insomma si rende necessaria una “verifica di fatto oltre che di diritto della reale posizione giuridica del lavoratore autonomo, Impresa affidataria e/o Impresa esecutrice, ai sensi della definizione ex articolo 89 comma 1 lettera i) ed i-bis) del D.Lgs. 81/08, nel caso in cui questa assuma con propria capacità organizzativa, disponibilità di forza lavoro di macchine e di attrezzature il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro, in regime di appalto o sub-appalto”.
Nell’intervento, che vi invitiamo a visionare integralmente, si sintetizzano e si indica l’eventuale regolarità di alcune situazioni che si possono riscontrare in cantiere.

E comunque “possono essere inquadrate come prestazioni di lavoro autonome: lavori di finitura, impiantistica, elettrici posa in opera di rivestimenti, operazioni di decoro restauro montaggio di infissi, controsoffitti”. Mentre “non sono configurabili come prestazioni di lavoro autonomo: opere strutturali del manufatto (sbancamento, costruzioni delle fondamenta, opere ci cemento armato, strutture in elevazioni in genere)”.

Concludiamo ricordando che l’intervento si sofferma anche sulle conseguenze – per il committente dei lavori, per l’imprenditore e per i lavoratori autonomi stessi – per l’utilizzo improprio dei lavoratori autonomi.

Gli atti del convegno:
– “ Introduzione”, Doriano Magosso;
– “ Aspetti epidemiologici nel Veneto”, Roberto Agnesi, Michela Veronese, Lucia Calciano;
– Progetto regionale “ Promozione della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro per i lavoratori autonomi”, Doriano Magosso;
– “ Obblighi e facoltà del lavoratore autonomo”, – Daniela Pascale, Francesco Ciardo;

Fonti: Puntosicuro.it