Nell’epoca delle fake news il rating reputazionale è un diritto-dovere? Il commento ad una sentenza del Tribunale di Roma sul rating reputazionale e le nuove Linee Guida dell’ l’Autorità Nazionale Anticorruzione per il rating d’impresa.
Nota alla sentenza n. 5715/2018
Il Garante della privacy l’aveva giudicato illegittimo con provvedimento del 24 novembre 2016: il progetto per l’attribuzione di un “rating reputazionale” ad aziende, enti e persone fisiche – messo a punto dall’Associazione XXX Onlus e da un gruppo di partner di primaria importanza – avrebbe violato le norme del Codice sulla protezione dei dati personali D.Lgs. n. 196/2003 e costituito una potenziale lesione dei diritti alla dignità delle persone.
La sentenza del Tribunale Civile di Roma, Sez. 1, n. 5715/2018 del 04 aprile 2018 ha al contrario accolto il ricorso dell’Associazione XXX Onlus contro il precedente provvedimento inibitorio (24.11.2016) del Garante per la Protezione dei Dati Personali – oggetto peraltro di ricorso dinanzi alla Suprema Corte per asserite violazioni di legge da parte del Tribunale di Roma.
Il progetto di realizzare la prima banca etica online della reputazione, per i soci della XXX Onlus e i loro difensori “non solo è un servizio innovativo che contribuisce a rendere maggiormente efficienti, trasparenti e sicuri i rapporti socioeconomici, ma lo fa con modalità che non ledono la privacy, la libertà e la dignità delle persone”.
La decisione del Tribunale di Roma si fonda su tre capisaldi (estratti dalla sentenza):
“… non può negarsi all’autonomia privata la facoltà di organizzare sistemi di accreditamento di soggetti, fornendo servizi in senso lato ‘valutativi’, in vista del loro ingresso nel mercato, per la conclusione di contratti e per la gestione di rapporti economici. La realtà attuale, nazionale e sovranazionale, conosce diffusamente fenomeni di valutazione e di certificazione da parte di privati, riconosciuti anche a fini di attestazione di qualità e/o di conformità a norme tecniche. Del resto, lo stesso provvedimento impugnato afferma ‘in via di principio, la legittimità dell’erogazione di servizi che possano contribuire a rendere maggiormente efficienti, trasparenti e sicuri i rapporti socio-economici …”;
“… Ne consegue che la mancanza di una disciplina normativa istitutiva del ‘rating reputazionale’ proposto dalla ricorrente, analogo, per esempio, all’art. 83, comma 10 del D. Lgvo n. 50/2016 in relazione al c.d. rating di impresa, non comporta il difetto di liceità del Sistema XXX. Esso, infatti, si avvale di uno schema negoziale di tipo associativo, per fornire un servizio di valutazione e di accreditamento a vantaggio dei consociati, perfettamente consono ai principi dell’autonomia privata, ai quali ben si adatta anche il richiamo a codici di condotta o di autoregolamentazione, che, per quanto ispirati a valori universali (Codice della reputazione universale), traggono la loro fonte esclusivamente dalle regole negoziali di libertà e di autonormazione …”;
“… non esclude tale requisito di liceità anche in relazione alla clausola contrattuale, che subordinerebbe la permanenza e/o la conclusione di un rapporto contrattuale (di lavoro, di prestazione d’opera, di appalto, di fornitura ecc.) all’adesione alla piattaforma XXX e all’associazione che se ne avvale …” .
Questa sentenza sottolinea i diritti di libertà insiti nel nostro ordinamento giuridico e occultati dal provvedimento del Garante della Privacy annullato dal giudice di merito.
In particolare emergono nuove possibilità su alcuni punti cruciali del nostro ordinamento giuridico. In primo luogo emerge con forza il diritto per cui più individui consenzienti mettano in comune i propri dati sensibili e giudiziari per scopi non vietati al singolo dalla legge penale (art. 18 della Costituzione).
In secondo luogo è poi consentito ad un’Associazione, cui essi aderiscono volontariamente, trattare i loro dati in maniera da elaborare su ciascun individuo associato un rating reputazionale complessivo, articolato in cinque sub-rating: penale, fiscale, civile, lavoro e impegno civile, studi e formazione.
Il tutto tramite l’utilizzo di:
una piattaforma web;
una banca-dati costituita documenti affidabili e sempre aggiornati di continuo, soggetti a controllo pubblico diffuso;
un algoritmo complesso ma semplice nella sua applicazione pratica, che consente agli associati di conoscere in maniera affidabile il grado di fiducia che può essere attribuito ad individui, imprese, istituzioni pubbliche e private aderenti all’Associazione.
Insomma una White list perfettamente legale. Al contrario è invece vietata la Black List di soggetti non aderenti all’associazione, afferma al contrario la sentenza citata.
Un progetto insomma che ha fatto e che farà discutere, ma che oggi assume un rilievo inedito:
da un lato sembra rappresentare una risposta alla sempre più diffusa e sentita domanda di affidabilità, di correttezza e di trasparenza, sia nei rapporti interpersonali che professionali. Dall’altro può essere un antidoto ai rischi crescenti, alimentati dall’ampliarsi dell’universo informativo detto web, derivanti da false identità o da reputazioni inventate, con referenze false, o comunque contraffatte, gonfiate o sgonfiate ad arte e su commessa.
Il concetto di reputazione certificata e spendibile è ora al centro dell’attenzione, grazie anche a questa decisione del Tribunale Civile di Roma.
Indici reputazionali e rating d’impresa secondo l’Autorità Nazionale Anticorruzione
Viene finalmente introdotto il sistema del rating di impresa, per premiare le imprese più virtuose mediante un sistema di “patente a punti”: le Linee guida Anac sul rating di impresa sono state in consultazione alla fine di giugno 2018. Si tratta delle Linee Guida recanti “Istituzione del rating di impresa e delle relative premialità”, in attuazione dell’art. 83, comma 10, codice appalti.
Infatti il Codice Appalti del 2016, all’articolo 83, comma 10, prevede che sia l’ANAC a curare la gestione del sistema di rating di impresa e la legge assegna all’ANAC i seguenti compiti:
definire i requisiti reputazionali alla base del rating di impresa e relative premialità;
stabilire i criteri di valutazione dei requisiti reputazionali;
individuare le modalità di rilascio della relativa certificazione.
istituire un sistema di penalità e premialità per la denuncia obbligatoria delle richieste estorsive e corruttive da parte degli affidatari, degli subappaltatori e dei subfornitori.
In particolare nel sistema previsto dall’Anac vengono valutate le vicende relative all’esecuzione degli appalti, per esempio la violazione dei tempi previsti. Vengono anche punite le liti temerarie o le mancate denunce per estorsione e corruzione.
Il rating di impresa, come ricordato anche in altri articoli online in materia di diritto, non deve poi essere confuso con il rating di legalità. Quest’ultimo è un istituto di applicazione generale, e quindi non limitato alla normativa appalti, volto a premiare e promuovere i principi di comportamento etico in ambito aziendale.
Il rating di legalità, introdotto dal D.L. n. 1/2012, si traduce in una valutazione indicativa del rispetto della legalità e dal grado di attenzione posto nella corretta gestione del business. A questo rating sono collegati vantaggi per le imprese che ne sono munite, soprattutto per l’ottenimento di finanziamenti pubblici ed agevolazioni per l’accesso al credito bancario.
Invece il rating di impresa, introdotto dal D.Lgs 50/ 2016, serve a valutare, promuovere e valorizzare la performance contrattuale degli operatori economici e la correttezza in fase di esecuzione, prevenendo così il rischio di cattiva esecuzione, con l’effetto di un tendenziale innalzamento della qualità e dell’efficienza del mercato dei contratti pubblici.
Il rating d’impresa riguarda requisiti reputazionali che esprimono l’affidabilità dell’impresa ed è basato su elementi quali la capacità strutturale dell’impresa, il rating di legalità, la regolarità contributiva, l’incidenza del contenzioso, i tempi di esecuzione, il mancato utilizzo del soccorso istruttorio.
Inizialmente da applicarsi ai soli fini della qualificazione delle imprese, con le modifiche al Codice degli appalti, su richiesta dell’ANAC, è stato inserito tra gli elementi di valutazione dell’offerta.
Il rating di impresa si applica su base volontaria da parte dei singoli operatori economici e può essere utilizzato per queste finalità:
qualificazione in gara per i servizi, forniture e lavori di importo inferiore a 150.000 euro;
determinazione dell’incremento convenzionale premiante ai fini dell’attestazione di cui all’articolo 84 del codice dei contratti pubblici;
calcolo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell’articolo 95, comma 13 del codice dei contratti pubblici;
riduzione della garanzia per la partecipazione alla procedura e della garanzia definitiva, ai sensi degli articoli 93, comma 7 e 103, comma 1 del codice dei contratti pubblici.
Per questo rating in primo luogo sono considerati i contratti sottoscritti dalla data di entrata in vigore delle Linee guida, e in tale ambito si considerano i comportamenti tenuti dagli operatori economici in fase di esecuzione del contratto e in fase di gara. Si considerano gli affidamenti relativi ai contratti di lavori, servizi e forniture di importo pari o superiore a 40.000 euro, nonché i subappalti e le subforniture di importo pari o superiore a 10.000 euro nei contratti sotto-soglia. Sono considerati i comportamenti tenuti in fase di esecuzione per quanto attiene gli ultimi cinque anni.
L’ANAC precisa che il mancato rilascio del certificato di collaudo o di regolare esecuzione costituisce causa ostativa al rilascio del rating di impresa.
Nel dettaglio, il rating di impresa è basato sui seguenti requisiti reputazionali:
requisiti relativi alla valutazione della performance dell’esecutore, punteggio massimo pari a 100 – a tal fine è predisposta una scheda (in allegato alle linee guida) che è compilata dal RUP, in accordo con il direttore dei lavori o con il direttore dell’esecuzione;
requisiti di carattere generale, che impattano sulla valutazione complessiva dell’operatore economico non necessariamente esecutore del contratto, con un punteggio massimo pari a 40. 25 di questi sono attribuiti per l’assenza di elementi penalizzanti mentre 15 sono attribuiti in relazione agli anni di attività nel mercato dei contratti pubblici.
Sono considerati elementi penalizzanti, per il periodo di riferimento, la mancata adesione al soccorso istruttorio, gli inadempimenti in relazione alla denuncia obbligatoria delle richieste estorsive o corruttive, l’esito del contenzioso in fase di gara o di esecuzione, la risoluzione contrattuale per inadempimento, l’escussione della cauzione per mancata sottoscrizione del contratto o per false dichiarazioni e l’attivazione della polizza decennale. Per ognuno di questi elementi/eventi, l’ANAC prevede un sistema di decurtazione per cui dal punteggio massimo di 25 punti verranno decurtati:
2 punti se l’operatore non ha dato seguito all’attivazione del soccorso istruttorio;
5 punti se l’operatore ha omesso di denunciare una richiesta estorsiva o corruttiva;
3 punti se l’operatore ha tardato di denunciare una richiesta estorsiva o corruttiva;
5 punti se l’operatore è stato condannato al pagamento delle spese di giudizio nei casi di cui all’art. 26 c.p.a.;
5 punti se il contratto sottoscritto con l’operatore è stato risolto per grave inadempimento alle obbligazioni contrattuali;
5 punti se la cauzione presentata dall’operatore è stata escussa per mancata sottoscrizione del contratto o per false dichiarazioni;
3 punti se per l’opera realizzata dall’operatore è stato necessario attivare la polizza decennale postuma con un indennizzo inferiore al 10% dell’opera;
5 punti se per l’opera realizzata dall’operatore è stato necessario attivare la polizza decennale postuma con un indennizzo pari o superiore al 10% dell’opera.
Se, a seguito delle decurtazioni, il punteggio massimo di 25 punti risulti ridotto ad un valore pari o inferiore a 10 punti il rating di impresa non può essere rilasciato.
La proposta di Linee guida prevede un punteggio pari a 1 punto per ogni anno di attività nel mercato dei contratti pubblici antecedente a quello della richiesta di rating di impresa senza elementi ostativi o penalizzanti al rilascio del rating di impresa. Vengono considerate al massimo 15 annualità e il calcolo si interrompe al primo episodio di valutazione negativa della performance o elemento penalizzante.
Agli operatori economici che si presentano per la prima volta sul mercato dei contratti pubblici o che non hanno ancora eseguito un contratto pubblico, l’ANAC propone di attribuire convenzionalmente il punteggio massimo per la valutazione della performance passata (100 punti) e quello relativo alle cause penalizzanti (25 punti), mentre non può essere attribuito alcun punteggio per l’attività passata.
Le stazioni appaltanti inviano all’ANAC le schede di valutazione della performance dell’esecutore e le informazioni sugli eventuali elementi penalizzanti.
L’operatore economico al momento della richiesta del rating di impresa, può verificare la presenza presso ANAC delle schede di valutazione relative a tutti i contratti relativi al periodo di riferimento.
Se il punteggio ottenuto è pari o superiore a 60 punti, il rating di impresa può essere utilizzato ai fini della diminuzione della garanzia (art. 93, comma 7, c. app.).
ANAC afferma che il sistema di rating d’impresa rappresenta un sistema complesso e di nuova istituzione, e quindi è previsto un periodo “lungo” di sperimentazione, prima di poter considerare avviato lo stesso.
Il periodo transitorio serve infatti a collezionare un numero sufficiente di affidamenti su cui calcolare il rating di impresa, visto che ai sensi dell’art. 83, comma 10, c. app., per «il calcolo del rating di impresa si tiene conto del comportamento degli operatori economici tenuto nelle procedure di affidamento avviate dopo l’entrata in vigore della presente disposizione».
In questa fase “sperimentale” si potrebbero condurre anche analisi circa i potenziali effetti su un campione di gare dell’utilizzo del rating di impresa per la qualificazione o la valutazione delle offerte.
E’ previsto che nel periodo iniziale, fino a quando l’ANAC non avrà adeguato i propri sistemi informatici, debbano essere gli operatori economici a fornire i dati necessari per il rilascio del rating di impresa e che le richieste possono essere inviate ad ANAC dopo un periodo non inferiore a sei mesi dalla data di entrata in vigore delle Linee guida.
Fonti: Puntosicuro.it, Rolando Dubini, mevaluate.com
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Autorità Nazionale Anticorruzione, documento di consultazione Linee guida “ Istituzione del rating di impresa e delle relative premialità”