Una relazione si sofferma sui rischi del mantenimento prolungato della postura in piedi statica al lavoro. Quali sono i lavoratori più a rischio? Ci sono differenze tra uomini e donne? Quali sono gli effetti sulla salute della postura in piedi statica?
Lavorare in una posizione in piedi statica prolungata “può rappresentare un problema quando non è possibile alternare la posizione in piedi con altre posture e quando la durata, su base giornaliera, è troppo lunga”.
Con “posizione in piedi prolungata” si intende lo stare in piedi “per più di un’ora continuativa o stare in piedi per un totale di più di 4 ore complessive al giorno”. E la posizione in piedi prolungata, forzata o statica, “comporta altresì la permanenza in piedi sul posto (movimento limitato a un raggio di 20 cm) senza possibilità di interruzioni temporanee effettuate camminando o stando seduti”.
A raccontare in questi termini cosa sia la posizione in piedi statica prolungata in ambito lavorativo e quali siano i rischi e le corrette misure di prevenzione, è una recente relazione dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro ( EU-OSHA), connessa alla campagna 2020-2022 “ Ambienti di lavoro sani e sicuri. Alleggeriamo il carico!”.
Nella relazione “ Il mantenimento prolungato della postura in piedi statica al lavoro. Effetti sulla salute e buone pratiche. Sintesi”, a cura di Kees Peereboom e Nicolien de Langen (vhp human performance, Paesi Bassi) in cooperazione con Alicja Bortkiewicz (Istituto Nofer di medicina del lavoro, Łódź, Polonia), si affronta, dunque, la tematica della posizione in piedi statica o forzata e prolungata sul posto di lavoro (“in contrapposizione al lavoro che comporta la possibilità di muoversi”). Una posizione che costituisce “un problema significativo per alcuni gruppi di lavoratori” con effetti sulla salute che includono anche disturbi muscoloscheletrici (DMS).
Nell’articolo di presentazione del documento ci soffermiamo sui seguenti argomenti:
- Posizioni in piedi: quantità di tempo e lavoratori più a rischio
- Posizioni in piedi: questioni di genere e lavoratori stranieri
- Gli effetti sulla salute della posizione in piedi prolungata
Posizioni in piedi: quantità di tempo e lavoratori più a rischio
Riguardo alla quantità di tempo in cui si rimane in piedi in ambito lavorativo, la relazione segnala che “secondo i dati Eurostat del 2017, un lavoratore su cinque nell’UE (20%) ha trascorso la maggior parte del suo orario lavorativo in piedi”.
Mentre nell’indagine europea sulle condizioni di lavoro del 2010 (EWCS), “il 69 % dei lavoratori ha dichiarato di stare in piedi o di camminare per almeno il 25 % del tempo”.
Quali sono i lavoratori più a rischio per quanto riguarda i pericoli della postura in piedi?
Si indica che tra le attività lavorative in cui la permanenza prolungata in piedi è prevalente “figurano quelle del personale di cucina e camerieri, saldatori e tagliatori, venditori al dettaglio, personale addetto all’accoglienza, elettricisti, farmacisti, insegnanti e assistenti all’infanzia, fisioterapisti, baristi, addetti alle catene di montaggio, operatori di macchine, personale addetto alla sicurezza, ingegneri, assistenti di biblioteca, parrucchieri, tecnici di laboratorio, infermieri e operatori sanitari”.
Tra l’altro molti dei lavoratori che devono stare in piedi sul lavoro “svolgono lavori con un basso livello di inquadramento” ed è dimostrato che “i lavoratori temporanei sono maggiormente esposti al lavoro in piedi”.
Si segnala poi che in alcuni lavori, “ai lavoratori può essere richiesto di stare in piedi anche se non necessario, ad esempio per occuparsi dei clienti, solo perché considerato più professionale o per motivi di immagine”.
Posizioni in piedi: questioni di genere e lavoratori stranieri
La relazione si sofferma anche sugli aspetti relativi al genere.
Con riferimento anche ai dati dell’indagine europea sulle condizioni di lavoro per il 2010 si nota che è particolarmente alta la percentuale di lavoro svolto in piedi per molte donne lavoratrici.
Infatti “i tipici lavori maschili, come quelli nell’edilizia o nei magazzini, pur comportando una permanenza prolungata in piedi, spesso comportano in misura maggiore la possibilità di camminare rispetto all’assumere una posizione in piedi forzata, che è invece diffusa nei tipici lavori femminili (come quello di parrucchiera, il lavoro in una linea di produzione, il lavoro in cassa)”. E le donne sono spesso “concentrate in lavori a basso livello di inquadramento, caratterizzati da una minore discrezionalità riguardo le modalità di lavoro e su quando prendersi una pausa dal lavoro in piedi”.
Altri aspetti connessi alle questioni di genere riguardano:
- i banchi da lavoro per attività in piedi che “sono spesso progettati per adattarsi alle caratteristiche fisiche maschili e quindi non risultano adatti, dal punto di vista ergonomico, per molte donne”;
- le lavoratrici gestanti: la posizione in piedi forzata prolungata “è stata associata a esiti negativi della gravidanza. Stare in piedi diventa sempre più faticoso con il progredire della gravidanza e potrebbe aumentare il rischio di vene varicose. Il tempo giornaliero di permanenza in piedi deve essere limitato per le donne in gravidanza”.
Riguardo poi ai lavoratori stranieri o di origine straniera, le statistiche dicono che “i lavoratori appartenenti a minoranze etniche nati all’estero hanno maggiori probabilità di lavorare per più tempo in posizioni in piedi rispetto ai lavoratori nati in patria. È anche più alta la probabilità che riferiscano di lavorare in posizioni dolorose e faticose”.
Gli effetti sulla salute della posizione in piedi prolungata
La relazione si sofferma poi sul tema dell’età e sull’eventuale presenza di disturbi muscoloscheletrici cronici.
Si indica che una posizione in piedi prolungata “può diventare problematica per i lavoratori con patologie croniche come l’artrite” e l’ invecchiamento della forza lavoro, comporta un evidente aumento dei lavoratori con tali patologie.
Infatti la diffusione di disturbi muscoloscheletrici (DMS) “aumenta con l’età, che è correlata alla durata dell’esposizione cumulativa alle condizioni di rischio di DMS nel corso della vita lavorativa”.
Dunque “per garantire la sostenibilità del lavoro nel corso della vita lavorativa, è necessario ridurre il tempo passato in posizione in piedi prolungata per tutte le fasce d’età e potrebbero essere necessarie misure supplementari per gli anziani con ridotta capacità lavorativa”.
Quali sono gli effetti sulla salute della posizione in piedi prolungata?
Sulla base di una breve rassegna della letteratura scientifica sull’argomento, la relazione segnala che la prolungata permanenza in piedi “è associata sia ai DMS e sia ad altri problemi di salute non legati ai DMS, che includono:
- dolori e disturbi a gambe, ginocchia, caviglie e piedi;
- dolore lombare;
- pressione sanguigna elevata/flusso sanguigno ridotto;
- malattie cardiache;
- vene varicose;
- stanchezza;
- problemi in gravidanza”.
Inoltre l’eventuale esposizione a vibrazioni al corpo intero, quando si assume una posizione in piedi per periodi prolungati, ad esempio in piedi su una superficie che vibra, “aumenta il rischio di problemi lombari e di altri DMS, soprattutto se le posture sono forzate, scomode o scorrette”.
Infine le ricerche suggeriscono che “le occupazioni che vengono svolte dai lavoratori principalmente in piedi sono associate a un rischio più alto di malattie cardiache rispetto alle occupazioni che vengono svolte dai lavoratori prevalentemente seduti. Ciò sottolinea l’importanza non solo di sostituire il lavoro in piedi con il lavoro da seduti, ma di garantire una combinazione di posizione seduta, in piedi e di movimento sul posto di lavoro”.
Concludiamo segnalando che il documento riporta ulteriori indicazioni sulla normativa europea, sulle pratiche di prevenzione e sulle strategie per evitare posizioni in piedi prolungate.
Il link al sito della campagna “Ambienti di lavoro sani e sicuri. Alleggeriamo il carico!”.
Scarica il documento da cui è tratto l’articolo:
Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, “Il mantenimento prolungato della postura in piedi statica al lavoro. Effetti sulla salute e buone pratiche. Sintesi”, a cura di Kees Peereboom e Nicolien de Langen (vhp human performance, Paesi Bassi) in cooperazione con Alicja Bortkiewicz (Istituto Nofer di medicina del lavoro, Łódź, Polonia), documento correlato alla campagna europea “Ambienti di lavoro sani e sicuri. Alleggeriamo il carico!”.
Fonti: EU OSHA, Puntosicuro.it, consulteam-italia.com