Un intervento sulla valutazione del rischio nella scelta dei prodotti sanificanti presenta diverse indicazioni sui rischi per la salute. Alcoli, ipoclorito di sodio, sali di ammonio quaternario, cloro attivo, ozono, raggi UV e perossido di idrogeno.

Per sanificazione si può intendere “sia l’attività comprensiva di una fase di pulizia preliminare alla disinfezione che un’attività di sola pulizia o di sola disinfezione”. Ed infatti “in alcuni casi, con la sola pulizia (es. trattamenti con il calore) o con la sola disinfezione è possibile diminuire la carica microbica”.

Inoltre ognuna di queste fasi prevede “l’utilizzo di prodotti immessi sul mercato ai sensi di distinti ambiti normativi. In particolare, nella fase di pulizia andranno utilizzati prodotti autorizzati secondo quanto stabilito dal Regolamento (CE) N.648/2004 sui detergenti per gli igienizzanti ambientali o dal Regolamento (CE) N.1223/2009 sui prodotti cosmetici per gli igienizzanti per la cute. Diversamente, nel caso della disinfezione i prodotti applicati ricadono nel contesto normativo del D.P.R. N.392/1998 sui Presidi Medico Chirurgici, insieme al Provvedimento del 5 febbraio 1999, o del Regolamento (UE) N.528/2012 sui biocidi (noto come BPR, Biocidal Products Regulation)”. E “per l’immissione in commercio dei vari prodotti, coinvolti nei processi di sanificazione, ogni normativa prescrive requisiti diversi, sia amministrativi che tecnico-scientifici, la cui implementazione implica oneri differenti sia per l’Industria che per l’Autorità Competente responsabile della valutazione e autorizzazione”.

A ricordare con queste parole il rapporto tra sanificazione, pulizia e disinfezione e a segnalare le varie normative collegate è un intervento presentato nella pubblicazione “CLP-REACH_2020 – Sanificanti dei Luoghi di Vita e di Lavoro: Etichettatura, Scheda di Dati di Sicurezza, Notifica e Tecnologie” che raccoglie gli atti – pubblicati dall’ Azienda USL di Modena e curati da C.Govoni, G.Gargaro e R.Ricci – dell’omonimo convegno che si è tenuto online il 2 dicembre 2020 durante la manifestazione Ambiente Lavoro 2020.

L’intervento, che abbiamo già presentato nei giorni scorsi con particolare riferimento al tema della valutazione dei rischi, parte dalla constatazione che, a causa dell’emergenza COVID-19,  si è avuto un notevole “incremento del numero di prodotti chimici impiegati per le mani e per le superfici”.

Ci soffermiamo oggi su alcune utili indicazioni che l’intervento offre anche sulla normativa e sui prodotti stessi. Questi agli argomenti trattati nell’articolo:

Normativa e regolamentazione per i prodotti chimici sanificanti

Nell’intervento “La valutazione del rischio nella scelta dei prodotti chimici sanificanti”, a cura di Leonello Attias e Raffaella Cresti (Centro Nazionale Sostanze Chimiche, Prodotti cosmetici e protezione del consumatore — Istituto Superiore di Sanità), si fa riferimento, oltre che ai decreti e regolamenti indicati a inizio articolo, anche ad altre norme e provvedimenti.

Ad esempio, al Decreto Ministeriale del 7 luglio 1997, n.274, che fornisce una definizione di cosa sia la sanificazione, o alla Nota del 22 febbraio 2019 del Ministero della Salute.

Questa ultima nota, relativa a “Etichettatura prodotti disinfettanti”, riporta che la “sanitizzazione” – termine che arriva dalla traduzione dall’inglese di sanitization – “deve essere intesa come sinonimo di ‘disinfezione’. Ne consegue che prodotti ad azione disinfettante che riportano in etichetta i termini ‘sanitizzante/sanificante’ si considerano rientranti nella definizione di prodotti biocidi la cui immissione sul mercato deve rispondere ai requisiti del Regolamento (UE) N.528/2012. In particolare, secondo la nota del Ministero, la definizione ‘sanitizzante/sanificante’ andrebbe attribuita a prodotti contenenti principi attivi in revisione come biocidi disinfettanti che, tuttavia, non avendo completato l’iter di valutazione, non possono vantare in etichetta l’efficacia disinfettante”.

L’intervento, che vi invitiamo a leggere integralmente, si sofferma anche sulla situazione in altri contesti regolatori, come ad esempio negli Stati Uniti e presenta, allo scopo di fornire strumenti utili per l’identificazione delle procedure e dei prodotti da utilizzare per la corretta igiene delle mani e per la sanificazione nell’ambito dell’emergenza COVID-19, diversi Rapporti pubblicati sul sito dell’ Istituto superiore di Sanità.

I rischi per la salute umana dei prodotti per la disinfezione

Riguardo ai prodotti per la disinfezione si segnala che tra i principi attivi “contenuti nei prodotti per la disinfezione presenti sul mercato e maggiormente utilizzati, si trovano: etanolo, propan-2-olo e ipoclorito di sodio, sostanze per le quali è stata anche dimostrata un’efficacia rispetto all’azione virucida contro i virus dotati di ‘involucro’ (i.e., coronavirus) come il SARS-CoV-2”.

Riguardo ai rischi per la salute umana si ricorda che “gli alcoli (i.e., etanolo, propan-2-olo) sono caratterizzati soprattutto dalla loro capacità intrinseca di esplicare effetti acuti a livello oculare e/o inalatorio, risultando al contempo altamente compatibili con i materiali metallici e su superfici dove altri prodotti non possono essere applicati per la disinfezione”.

Invece i prodotti a base di ipoclorito di sodio “su superfici particolarmente contaminate o con presenza di materiale organico, come le pavimentazioni stradali, possono dar luogo alla formazione di sottoprodotti pericolosi, quali clorammine e trialometani”. E in ogni caso “una disinfezione massiva degli ambienti outdoor potrebbe causare problemi ambientali in considerazione del fatto che l’ipoclorito di sodio è molto tossico per l’ambiente acquatico (effetti acuti e a lungo termine)”. Si indica che “per contenere questi potenziali danni la disinfezione deve essere preceduta da un trattamento di pulizia delle superfici”.

Riguardo poi ai rischi per la salute umana dell’ipoclorito di sodio si ricorda che questo principio attivo “è in grado di provocare gravi ustioni cutanee, gravi lesioni oculari e irritazione respiratoria. Tali effetti locali sono preponderanti rispetto a potenziali effetti avversi su organi bersaglio (i.e., effetti sistemici). Ne consegue che, tra le misure identificate per il controllo del rischio durante la sanificazione degli ambienti, le aree esterne devono essere circoscritte durante i trattamenti; devono essere utilizzati erogatori in grado di ridurre eventuali dispersioni e formazione di aerosol. Inoltre, gli operatori professionali dovrebbero essere dotati di adeguati DPI per il controllo del rischio inalatorio e cutaneo”.

I relatori si soffermano anche sui sali di ammonio quaternario, “ampiamente presenti nei prodotti in commercio”.

Si indica che, analogamente all’ipoclorito di sodio, anche questi sali “esplicano il loro effetto tossico agendo sul sito di primo contatto attraverso un meccanismo di azione aspecifico determinando effetti locali, quali irritazione e/o corrosione, anziché sistemici. Pertanto, la valutazione del rischio è essenzialmente volta al controllo e alla gestione attraverso l’individuazione di opportune misure, quali l’adozione di DPI, la definizione di procedure e l’adozione di dispositivi che limitino l’eventuale insorgenza di effetti avversi”.

I rischi con cloro attivo, ozono, raggi UV e perossido di idrogeno

La relazione si sofferma anche sui principi attivi che attraverso dei generatori, con riferimento ai cosiddetti “generatori in situ”, si formano a partire da precursori. E tra i principi attivi più comuni generati in situ e utilizzati nei prodotti per la disinfezione/sanificazione delle superfici, ci sono il cloro attivo e l’ozono.

Riguardo al cloro attivo generato in situ la valutazione del rischio condotta in fase di approvazione del principio attivo “ha evidenziato un rischio non accettabile dovuto all’inalazione da parte di utilizzatori professionali durante il trattamento di disinfezione di grandi superfici, se ne sconsiglia, quindi, lo sversamento diretto sulle superfici. Inoltre, la Circolare del Ministero della Salute N.17644 del 22 maggio 2020, considerata la capacità del cloro attivo di causare irritazione cutanea, suggerisce di limitare l’utilizzo al solo personale addestrato provvisto di guanti e di altri DPI. Se ne sconsiglia inoltre l’utilizzo al di fuori dei sistemi di produzione in situ (i.e., macchina generatrice) poiché il trasferimento in flaconi, comportando un potenziale uso improprio per la mancanza di una corretta etichettatura, potrebbe determinare un rischio di esposizione e/o di intossicazione. Dal punto di vista ambientale, la generazione in situ di cloro attivo può comportare la potenziale formazione di agenti inquinanti”.

Il principio attivo biocida ozono generato in situ a partire da ossigeno è “attualmente in revisione e valutazione ai sensi del BPR”.

Si ricorda che l’ozono esplica il suo effetto tossico “attraverso effetti a breve termine (prevalentemente reversibili) quali l’irritazione oculare e delle vie respiratorie superiori, oltre a sospetti effetti cardiovascolari. Estremamente critici sono soprattutto gli effetti associati ad un’esposizione ripetuta e di durata prolungata poiché irreversibili. In particolare, ad alte concentrazioni l’ozono potrebbe determinare una riduzione della funzionalità polmonare. Pertanto, il trattamento degli ambienti con ozono generato in situ deve prevedere l’assenza di persone durante la sanificazione e il confinamento degli ambienti stessi, con un rientro negli ambienti trattati solo al termine di un periodo di tempo tale da garantire il decadimento dell’ozono ad una concentrazione al di sotto della soglia di percettibilità olfattiva per l’uomo”.

L’intervento si sofferma poi anche su altri sistemi per la disinfezione degli ambienti, ad esempio il trattamento con raggi UV a bassa lunghezza d’onda e la vaporizzazione/aerosolizzazione del perossido di idrogeno.

Per riguarda i potenziali rischi per la salute umana, “le radiazioni UV-C, comprese tra 180 nm e 280 nm, sono in grado di provocare gravi danni agli occhi e alla cute. Inoltre, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha classificato la radiazione UV nel Gruppo l come “agente cancerogeno certo per l’uomo”, per cui esistono sufficienti evidenze di cancerogenicità negli esseri umani per tumori oculari e cutanei”. Si segnala che per le sorgenti di radiazioni ottiche artificiali il D.Lgs. n. 81/2008 “prescrive l’obbligo di valutazione del rischio e stabilisce specifici valori limite di esposizione per la prevenzione degli effetti avversi su occhi e cute. Ne consegue che tra le misure di controllo del rischio, da implementare nell’utilizzo di questi dispositivi, va prevista l’accensione degli stessi solo se in assenza di persone nell’area di irraggiamento. L’impiego delle radiazioni del lontano UV-C dovrebbe essere effettuato solo da personale specializzato”.

Si indica poi che il perossido di idrogeno applicato mediante aerosol o vapore per la disinfezione delle superfici e degli ambienti “è un principio attivo approvato ai sensi del BPR. Il perossido di idrogeno vaporizzato si converte rapidamente in ossigeno e acqua determinando un basso impatto ambientale. Dal momento che il perossido di idrogeno è un liquido comburente, corrosivo per la cute e nocivo per ingestione e inalazione si raccomanda l’uso del metodo di applicazione ai soli operatori professionali”. Inoltre, “vanno rispettati i tempi di rientro nei locali trattati e di decadimento al fine di evitare fenomeni di intossicazione secondaria”.

Ricordiamo, in conclusione, che l’intervento che vi invitiamo a leggere, riporta ulteriori dettagli sui prodotti per la sanificazione delle mani e sulla valutazione dell’esposizione ai prodotti disinfettanti/sanificanti.

Scarica il documento da cui è tratto l’articolo:

Regione Emilia Romagna, Inail, Ausl Modena, “ CLP-REACH_2020 – Sanificanti dei Luoghi di Vita e di Lavoro: Etichettatura, Scheda di Dati di Sicurezza, Notifica e Tecnologie”, pubblicazione, a cura di C.Govoni, G.Gargaro, R.Ricci, che raccoglie gli atti del convegno “CLP-REACH_2020 – Sanificanti dei Luoghi di Vita e di Lavoro: Etichettatura, Scheda di Dati di Sicurezza, Notifica e Tecnologie” che si è tenuto durante Ambiente Lavoro 2020 (formato PDF, 19.41 MB).

Fonti: Inail, Puntosicuro.it, AUSL Modena, Regione Emilia Romagna