Un intervento si sofferma sul tema della sostituzione delle sostanze pericolose nei luoghi di lavoro con riferimento al D.Lgs. 81/2008 e agli obblighi di autorizzazione e restrizione secondo il Regolamento REACH.
Gli obblighi che discendono dall’applicazione del Regolamento (CE) N.1907/2006 (Regolamento REACH) non devono rappresentare un onere per il datore di lavoro, ma “piuttosto un’opportunità per rendere omogeneo l’uso sicuro delle sostanze chimiche nel rispetto della concorrenza leale fra le imprese e dell’adempimento degli obblighi in ordine alla prevenzione del rischio chimico nei luoghi di lavoro”. E la procedura dell’Autorizzazione e della Restrizione secondo il Regolamento REACH “sono due modalità e strumenti obbligatori che rivestono in ambito europeo quell’azione altamente preventiva che troviamo contenuta nella procedura della sostituzione secondo il D.Lgs. 81/2008 esaminandone la fattibilità tecnica ed economica da parte dell’U.E. Questa procedura rende consapevole il DdL del cambiamento che deve essere adottato per migliorare i processi lavorativi al fine della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori”.
A parlare in questi termini dell’applicazione del REACH, dell’integrazione tra normativa di prodotto e normativa sociale è un intervento al convegno “REACH 2016. TU2016, REACH e CLP. L’applicazione dei Regolamenti REACH e CLP e le novità nella gestione del rischio chimico nei luoghi di vita e di lavoro” che si è tenuto a Bologna, durante Ambiente Lavoro, il 19 ottobre 2016.
Nell’intervento, raccolto nella pubblicazione “REACH. L’applicazione dei Regolamenti REACH e CLP nei luoghi di vita e di lavoro” e già presentato in un precedente articolo di PuntoSicuro, ci si sofferma in particolare sul tema della sostituzione delle sostanze pericolose nei luoghi di lavoro e degli obblighi di autorizzazione e restrizione secondo il Regolamento REACH.
In “Il significato dell’Autorizzazione e della Restrizione REACH nell’ambito del Titolo IX D.Lgs.81/08” – a cura di Celsino Govoni (Regione Emilia-Romagna, Autorità Competente REACH e CLP di Modena, Azienda USL di Modena), Mariano Alessi (Coordinamento nazionale vigilanza REACH e CLP) e Luigia Scimonelli (Coordinamento nazionale vigilanza REACH e CLP, Centro nazionale Sostanze Chimiche) – si ricorda che il datore di lavoro deve provvedere, laddove necessario, affinché il rischio chimico “sia eliminato o ridotto mediante la sostituzione, qualora la natura dell’attività lo consenta, delle sostanze, miscele o processi pericolosi utilizzati, con rispettive alternative che, nelle condizioni di uso, risultassero non pericolose e meno pericolose per i lavoratori”. E a maggior ragione questo vale anche “per quanto riguarda tutte le attività nelle quali i lavoratori sono o possono essere esposti ad agenti cancerogeni o mutageni a causa della loro attività lavorativa”.
Tuttavia nonostante gli obblighi imposti dalla normativa i relatori evidenziano che l’istituto della sostituzione “rappresenta concretamente una delle tante criticità per gli adempimenti in capo al DdL, il quale è teoricamente tenuto, tutte le volte che una sostanza aumenta di pericolosità, a considerare di modificare il ciclo produttivo. Tuttavia abbandonare un ciclo produttivo o sostituire sostanze molto preoccupanti con altre, non dà la certezza tecnica di ottenere dei vantaggi dai loro sostituti, sia in termini produttivi sia in termini di salute e di sicurezza”.
Si sottolinea, invece, che il principio di sostituzione, “che è stato inserito nel REACH in maniera straordinariamente pragmatica, è ancora realmente poco conosciuto dalle imprese, le quali vengono incoraggiate alla sostituzione delle sostanze che destano maggiori preoccupazioni, o perché altamente diffusive e dispersive per l’ambiente o perché cancerogene, mutagene o analogamente preoccupanti (Substances of Very High Concern – SVHC) con altre sostanze o con tecnologie alternative meno pericolose, qualora esistano alternative economicamente e tecnicamente idonee obbligatorie per tutte le imprese in ambito U.E.”.
Con questa modalità “non si lascerà alla responsabile, ma isolata iniziativa dell’impresa, il risultato di abbandonare l’uso di una sostanza molto pericolosa o di favorirne l’impiego più sicuro, ma sarà l’Unione Europea a stabilire con certezza l’obbligo legislativo introducendo, come elemento dissuasore, il pagamento di una tassa, finalizzata chiaramente ad ostacolare l’uso di quella sostanza e quindi favorendone l’abbandono”.
Bisogna infatti ricordare che “per talune sostanze, identificate come SVHC ed elencate nell’Allegato XIV del REACH, sono previste specifiche procedure di Autorizzazione all’uso e quindi di interesse per le esposizioni lavorative”. E bisogna inoltre tener presente che per le “Restrizioni di cui invece all’Allegato XVII del REACH, in cui vengono individuati usi consentiti e vietati sia per il pubblico che per i luoghi di lavoro, si prevedono specifiche disposizioni per la gestione in sicurezza del prodotto chimico o dell’articolo che contiene una sostanza SVHC”. E per quanto concerne gli aspetti considerati salienti nell’ambito della valutazione del rischio chimico e da esposizione ad agenti cancerogeni e mutageni, il datore di lavoro “dovrà anche confrontarsi sia con i Valori Limite di Esposizione (VLEp) degli agenti chimici, sia con i Derived No-Effect Level (DNEL) e i Derived Minimal Effect Level (DMEL) indicati nelle SDS/eSDS”.
L’intervento si soffermanel dettaglio sulla procedura di autorizzazione secondo il Regolamento REACH con particolare riferimento agli obblighi del datore di lavoro. E si sottolinea che ogni datore di lavoro “prima di introdurre nel proprio processo produttivo una sostanza potenzialmente molto preoccupante per la salute e per l’ambiente (SVHC), dovrebbe essere indotto a produrre una valutazione del rischio chimico molto approfondita”. E il fatto che una sostanza SVHC impiegata nel ciclo produttivo possa essere già stata inclusa nella “Candidate List” (lista delle sostanze candidate ad essere incluse nell’Allegato XIV) “dovrebbe fargli scattare una forte attenzione alla sostituzione ancora prima della futura inclusione”.
Si ricorda poi che dal suo canto l’ECHA (Agenzia europea per le sostanze chimiche) ha il compito di “istituire un registro delle notifiche a disposizione delle Autorità Competenti per il controllo REACH e per gli Ispettori Europei REACH”. Nel documento agli atti sono riportate le informazioni che il datore di lavoro dovrà inserire nel modulo di notifica.
Riguardo alla procedura di restrizione, sempre secondo il Regolamento REACH, si indica che la procedura si applica quando “la fabbricazione, l’uso o l’immissione sul mercato di una sostanza comportano un rischio inaccettabile per la salute o per l’ambiente”. E una sostanza “in quanto tale o componente di una miscela o di un articolo non può essere fabbricata, immessa sul mercato o utilizzata se non ottempera alle condizioni della Restrizione cui è sottoposta”.
Come abbiamo poi già accennato, la procedura di Restrizione “comporta l’individuazione non solo degli impieghi consentiti o vietati, ma anche di specifiche disposizioni per la gestione ed un uso sicuro del prodotto chimico con susseguente definizione di condizioni operative e di impiego di misure specifiche di prevenzione e protezione come ad es. sono i dispositivi di protezione individuale”. Ed è compito del datore di lavoro “verificare se impiega quella sostanza in conformità alle restrizioni individuate nell’Allegato XVII del REACH od eventualmente di sostituirla se un determinato uso viene individuato come vietato”.
In conclusione si segnala che se la procedura della sostituzione delle sostanze pericolose da adottare nei luoghi di lavoro è spesso “largamente disattesa”, la procedura dell’Autorizzazione e della Restrizione secondo il Regolamento REACH può rendere consapevole il datore di lavoro del “cambiamento che deve essere adottato per migliorare i processi lavorativi al fine della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori”.
Questa procedura potrà essere in grado di “indirizzare, gradualmente ed in assenza di concorrenza sleale”, i datori di lavoro “verso l’uso di sostanze meno pericolose o comunque verso usi più sicuri delle sostanze altamente pericolose o addirittura verso il loro completo abbandono per la presenza di soluzione valide ed alternative”.
E, infine, i risultati di questo processo di miglioramento dovranno rendere i datori di lavoro “sempre più ottimisti e proattivi nell’elaborare i mutamenti tecnologici, nella consapevolezza che il cammino è unidirezionale ed è posto ad un livello europeo”.
Fonte:
Regione Emilia Romagna, Inail, Ausl Modena, “REACH. L’applicazione dei Regolamenti REACH e CLP nei luoghi di vita e di lavoro”, pubblicazione che raccoglie gli atti dei due convegni “REACH 2016. TU2016, REACH e CLP. L’applicazione dei Regolamenti REACH e CLP e le novità nella gestione del rischio chimico nei luoghi di vita e di lavoro” e “REACH edilizia. L’applicazione dei Regolamenti REACH e CLP nell’ambiente da costruire e nell’ambiente costruito”. Puntosicuro.it