Un documento Inail fornisce informazioni generali sulla normativa e sulla classificazione relativa ai rischi biologici. Il Titolo X del D.Lgs. 81/2008, le vie di trasmissione degli agenti biologici e la valutazione dei rischi.
Benché in molti luoghi di lavoro siano diversi gli organismi che possono essere causa di infezioni e allergie o che possono portare effetti tossici, non sono molte e diffuse le conoscenze sul rischio biologico occupazionale, anche perché correlate a scenari patogeni, espositivi e di trasmissione molto diversi. Negli stessi ambienti lavorativi manca spesso la consapevolezza di questo rischio, delle eventuali conseguenze sui lavoratori e delle possibili misure di prevenzione.
Proprio per questo motivo, dopo aver dedicato in questi anni molti articoli al rischio biologico in diversi comparti lavorativi (ad esempio le strutture sanitarie e il settore agricolo e veterinario), torniamo a fare un po’ il punto sugli agenti biologici e sulla normativa di riferimento. E lo facciamo sfogliando il documento Inail “ Zoonosi trasmesse da zecche” che, malgrado sia dedicato ad alcune specifiche malattie che possono essere trasmesse dagli animali all’uomo, dedica un capitolo al quadro normativo generale del rischio biologico.
La classificazione degli agenti biologici
Nel documento, realizzato dal Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale dell’Inail, si ricorda che il Titolo X (Esposizione ad agenti biologici) del Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs. 81/2008), definisce agente biologico qualsiasi “microrganismo anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni”. E se gli agenti biologici includono batteri, virus, parassiti, funghi, “nel decreto sono stati classificati solo quelli in grado di provocare malattie infettive in soggetti umani”.
La classificazione (inserita nell’Allegato XLVI del Testo Unico) è stilata sulla base “della loro pericolosità, valutata sia nei confronti dei lavoratori che della popolazione generale, la quale tiene conto delle caratteristiche di un microrganismo di seguito riportate;
Infettività: capacità di penetrare e moltiplicarsi nell’ospite;
Patogenicità: capacità di produrre malattia a seguito di infezione;
Trasmissibilità: capacità di essere trasmesso da un soggetto infetto a uno suscettibile;
Neutralizzabilità: disponibilità di efficaci misure profilattiche per prevenire la malattia o misure terapeutiche per la sua cura”.
E dunque gli agenti biologici, con riferimento anche all’articolo 268 del Testo Unico, sono “suddivisi in quattro gruppi di rischio;
Agente biologico del gruppo 1: un agente che presenta poche probabilità di causare malattie in soggetti umani;
Agente biologico del gruppo 2: un agente che può causare malattie in soggetti umani e costituire un rischio per i lavoratori; è poco probabile che si propaghi nella comunità; sono di norma disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche;
Agente biologico del gruppo 3: un agente che può causare malattie gravi in soggetti umani e che costituisce un serio rischio per i lavoratori; l’agente biologico può propagarsi nella comunità, ma di norma sono disponibili efficaci misure profilattiche e terapeutiche;
Agente biologico del gruppo 4: un agente che può provocare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori e può presentare un elevato rischio di propagazione nella comunità; non sono disponibili di norma efficaci misure profilattiche e terapeutiche”.
Chiaramente una corretta classificazione dei microrganismi è fondamentale per una prevenzione efficace del rischio biologico: è da questa classificazione che “derivano direttamente le misure di tutela da adottare e le conseguenti sanzioni nel caso che tali misure non vengano impiegate e rispettate”.
Le vie di trasmissione degli agenti biologici
Il documento precisa che non tutte le esposizioni agli agenti biologici si risolvono in una malattia “in quanto alla realizzazione di tale evento concorrono molteplici fattori tra cui la consistenza numerica dell’agente infettante, l’aggressività del microrganismo e le capacità difensive dell’ospite”.
E, come accennato a inizio articolo, sono diverse le modalità “attraverso le quali gli agenti biologici possono raggiungere l’organismo umano in ambito occupazionale:
contatto diretto: trasferimento diretto ed essenzialmente immediato di agenti infettivi verso un ospite recettivo (esempio: scabbia) oppure diffusione di microrganismi attraverso goccioline (droplet) nelle congiuntive o nelle membrane mucose dell’occhio, del naso o della bocca (esempio: influenza);
contatto indiretto: comporta il contatto tra un ospite suscettibile e un oggetto contaminato, come aghi e taglienti contaminati da materiale biologico (esempi: AIDS, epatite virale b e C), oppure attraverso il morso di un animale infetto o la puntura di un artropode ematofago (esempi: infezione rabbica, malattia di Lyme);
via aerea: disseminazione di goccioline (droplet nuclei) contenenti microrganismi (esempio: tubercolosi)”.
Gli obblighi del D.Lgs. 81/2008 e la valutazione dei rischi
Si segnala che il Titolo X del d.lgs. 81/2008 “sancisce una serie di obblighi per il datore di lavoro che includono la valutazione del rischio, l’adozione di misure tecniche, organizzative e procedurali, le misure igieniche e di emergenza, l’informazione e la formazione dei lavoratori, la sorveglianza sanitaria, l’istituzione dei registri degli esposti e degli eventi accidentali nonché dei casi di malattia e decesso”.
In particolare la valutazione del rischio è un “processo complesso atto a valutare la probabilità che si verifichino eventi indesiderati in particolari circostanze ben definite di utilizzo di agenti pericolosi, nella fattispecie di agenti biologici. Questo processo è basato sulla ricerca di tutte le informazioni disponibili relative alle caratteristiche dell’agente biologico e delle modalità lavorative ed in particolare deve tener conto:
della classificazione degli agenti biologici (Allegato XLVI);
delle malattie che possono essere contratte;
dei potenziali effetti allergici e tossici;
di eventuali effetti sinergici in caso di coinfezione”.
Una volta analizzato l’ambiente lavorativo e raccolte le informazioni necessarie, i risultati della valutazione devono poi “essere riportati nel cosiddetto documento di valutazione dei rischi, una relazione con data certa in cui devono essere specificati, tra le altre cose, i criteri adottati per la valutazione stessa, le misure di prevenzione e protezione e i dispositivi di protezione adottati, il programma delle misure opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di tutela, l’individuazione delle procedure per l’attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell’organizzazione aziendale che vi debbono provvedere”. Inoltre la valutazione e il conseguente documento “devono essere rielaborati in occasione di modifiche del processo produttivo o dell’organizzazione del lavoro significative o in relazione al grado di evoluzione tecnica, in seguito a infortuni significativi o quando la sorveglianza sanitaria ne evidenzi la necessità”.
Alle misure di prevenzione e di emergenza il D.Lgs. 81/2008 dedica diversi articoli:
Articolo 272 – Misure tecniche, organizzative, procedurali
Articolo 273 – Misure igieniche
Articolo 274 – Misure specifiche per strutture sanitarie e veterinarie
Articolo 275 – Misure specifiche per i laboratori e gli stabulari
Articolo 276 – Misure specifiche per i processi industriali
Articolo 277 – Misure di emergenza
Riprendiamo brevemente il contenuto dell’articolo 272:
Articolo 272 – Misure tecniche, organizzative, procedurali
1. In tutte le attività per le quali la valutazione di cui all’articolo 271 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori il datore di lavoro attua misure tecniche, organizzative e procedurali, per evitare ogni esposizione degli stessi ad agenti biologici.
2. In particolare, il datore di lavoro:
a) evita l’utilizzazione di agenti biologici nocivi, se il tipo di attività lavorativa lo consente;
b) limita al minimo i lavoratori esposti, o potenzialmente esposti, al rischio di agenti biologici;
c) progetta adeguatamente i processi lavorativi, anche attraverso l’uso di dispositivi di sicurezza atti a proteggere dall’esposizione accidentale ad agenti biologici;
d) adotta misure collettive di protezione ovvero misure di protezione individuali qualora non sia possibile evitare altrimenti l’esposizione;
e) adotta misure igieniche per prevenire e ridurre al minimo la propagazione accidentale di un agente biologico fuori dal luogo di lavoro;
f) usa il segnale di rischio biologico, rappresentato nell’ALLEGATO XLV, e altri segnali di avvertimento appropriati;
g) elabora idonee procedure per prelevare, manipolare e trattare campioni di origine umana ed animale;
h) definisce procedure di emergenza per affrontare incidenti;
i) verifica la presenza di agenti biologici sul luogo di lavoro al di fuori del contenimento fisico primario, se necessario o tecnicamente realizzabile;
l) predispone i mezzi necessari per la raccolta, l’immagazzinamento e lo smaltimento dei rifiuti in condizioni di sicurezza, mediante l’impiego di contenitori adeguati ed identificabili eventualmente dopo idoneo trattamento dei rifiuti stessi;
m) concorda procedure per la manipolazione ed il trasporto in condizioni di sicurezza di agenti biologici all’interno e all’esterno del luogo di lavoro.
Ricordiamo poi il riferimento normativo europeo principale per il rischio biologico che è la Direttiva 2000/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 settembre 2000, relativa alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti biologici durante il lavoro.
Rimandiamo, in conclusione, alla lettura integrale del documento Inail che riporta ulteriori indicazioni normative specifiche – ad esempio con riferimento al DM salute del 15 dicembre 1990 che ha catalogato le malattie infettive in 5 classi e al Sistema informatizzato di malattie infettive (SIMI) – e che si sofferma in particolare sulle norme correlate al settore agro-zootecnico, alle zoonosi e alle malattie trasmesse dalle zecche.
Scarica il documento da cui è tratto l’articolo:
Inail, Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale “ Zoonosi trasmesse da zecche”, a cura di Wanda D’Amico, Diego De Merich, Simona Di Renzi, Maria Concetta D’Ovidio, Agnese Martini, Paola Melis, Paola Tomao, Nicoletta Vonesch (Inail – Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale), coordinamento scientifico di Sergio Iavicoli e Paola Tomao, edizione 2018