Un approfondimento ISS/Inail sulle evidenze tecnico scientifiche sull’ozono nel contesto epidemico COVID-19 riporta anche le misure di mitigazione del rischio per i lavoratori. Misure tecniche, misure organizzative e dispositivi di protezione.
Come ricordato in diversi nostri articoli sull’emergenza COVID-19, l’applicazione dell’ozono per la sanificazione può essere utile in diversi contesti ambientali.
Tuttavia “in relazione alle sue proprietà pericolose e ai rischi associati, i generatori di ozono vanno utilizzati previa opportuna valutazione del rischio, adottando adeguate misure organizzative in modo da effettuare in totale sicurezza il processo di sanificazione”.
E per tali motivi “ne è pertanto sconsigliato l’impiego in ambito domestico da parte di operatori non professionali”.
A ricordare vantaggi, pericoli e prevenzione dei rischi nell’utilizzo dell’ozono per la sanificazione è il rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) “ Focus on: utilizzo professionale dell’ozono anche in riferimento a COVID-19. Versione del 23 luglio 2020” (Rapporto ISS COVID-19 n. 56/2020), un documento che fornisce anche le “evidenze tecnico – scientifiche ad oggi disponibili sull’ozono nel contesto epidemico COVID-19”.
Partendo dalla considerazione che l’utilizzo dell’ozono in ambienti di lavoro richiede l’adozione di precauzioni specifiche, ci soffermiamo oggi sui seguenti argomenti:
- L’ozono, la sicurezza d’uso e le precauzioni da adottare
- I valori limite di esposizione professionale
- Le misure tecniche e organizzative di mitigazione del rischio
L’ozono, la sicurezza d’uso e le precauzioni da adottare
Il documento sottolinea che “è necessario valutare il rischio di esposizione sia degli operatori preposti ai trattamenti di sanificazione sia dei lavoratori che devono svolgere il loro lavoro negli ambienti trattati”.
Essendo l’ozono una sostanza pericolosa utilizzata in un luogo di lavoro, “è necessario applicare le disposizioni del DL.vo 81/2008, Titolo IX – Sostanze pericolose, Capo I – Protezione da agenti chimici, effettuando la valutazione dei rischi e adottando misure generali e specifiche di protezione e di prevenzione, prevedendo disposizioni in caso di incidenti o di emergenze, ed effettuando una corretta informazione e formazione dei lavoratori”. E ai fini della riduzione del rischio chimico “si raccomanda sempre di valutare la possibilità di ricorrere a sostanze e/o processi non pericolosi o meno pericolosi (principio di sostituzione) (DL.vo 81/2008, Art. 15, co.1, lett. f)”.
L’ozono “è un gas in grado di provocare effetti avversi sulla salute umana con proprietà molto differenti dall’ossigeno”. E “a causa delle sue proprietà tossicologiche e della sua capacità di ossidare diversi materiali, la sanificazione degli ambienti di lavoro tramite ozono deve avvenire in assenza di persone, utilizzando una dose e un tempo di impiego sufficienti a eliminare i microrganismi e virus ma con effetti di deterioramento minimi sui materiali. È infatti noto che concentrazioni ambientali di ozono accettabili per la salute umana possono essere non sufficientemente efficaci come sanificanti”. Ed è pertanto necessario adottare, come detto in apertura di articolo, “tutte le possibili precauzioni incluse operazioni finalizzate a ridurre la concentrazione residua di ozono e le concentrazioni degli inquinanti che si possono formare per reazione secondaria tra ozono e composti organici volatili (COV) (es. formaldeide e altre sostanze di particolare interesse igienico-sanitario)”.
Rimandiamo alla lettura del documento che si sofferma sui prodotti con capacità di produzione di ozono e sulle fasi tipiche di un ciclo di trattamento.
I valori limite di esposizione professionale
Si segnala che per l’ozono l’Unione Europea “non ha fissato alcun valore limite indicativo di esposizione professionale (IOELV, Indicative Occupational Exposure Limit Values), ma alcuni Stati Membri hanno stabilito valori limite nazionali per esposizioni occupazionali sia a lungo che a breve termine”. E anche a livello nazionale “l’allegato XXXVIII del DL.vo 81/2008 non include alcun Valore Limite per l’Esposizione Professionale (VLEP) all’ozono”.
Tuttavia in assenza di valori nazionali e comunitari, nel quadro normativo italiano, il riferimento è rappresentato dai TLV®–TWA (Threshold Limit Value – Time Weighted Average) dell’American Conference of Governmental Industrial Hygienists (ACGIH) “che ha stabilito nel 1999 per l’ozono differenti valori in relazione al carico di lavoro e alla durata cumulativa dell’esposizione (in quanto cambiano i volumi di aria inspirata) (ACGIH, 2019)”.
Il documento riporta poi indicazioni sul dossier di registrazione REACH dell’ozono e sull’identificazione di un DNEL (Derived No Effect Level) inalatorio a lungo termine per i lavoratori.
Riprendiamo dal rapporto ISS una tabella con i valori limite di esposizione professionale, disponibili nel database IFA GESTIS (IFA – Institut für Arbeitsschutz der Deutschen Gesetzlichen Unfallversicherung), adottati in diversi Paesi europei ed extraeuropei.
Le misure tecniche e organizzative di mitigazione del rischio
Il documento presenta i rischi dovuti al campo elettromagnetico (“i generatori di ozono sono apparecchiature elettriche che operano ad alto voltaggio”) e si sofferma poi sulle misure di mitigazione del rischio.
Si indica che ai fini dell’uso sicuro di ozono in ambienti lavorativi “è necessario predisporre idonee misure di prevenzione e protezione di tipo tecnico e organizzativo che includono dispositivi di protezione individuale (DPI)”. E, come già ricordato, “complessivamente tali misure devono riguardare sia gli operatori addetti al trattamento (lavoratori professionali che sono sottoposti a piani di sorveglianza sanitaria dedicata, formazione specifica sulle caratteristiche e sull’utilizzo dell’ozono, dotati di DPI nel caso sia necessario intervenire, ecc.) sia, ove necessario, i lavoratori che prestano la propria attività negli ambienti trattati con l’ozono”.
Sul sito della Agenzia Europea delle Sostanze Chimiche (ECHA) “sono disponibili le raccomandazioni sull’uso sicuro dell’ozono (ECHA, 2020)” e i dati riportati nel fascicolo di registrazione REACH “si riferiscono in particolare all’uso industriale dell’ozono. Inoltre, si sottolinea che tali dati vanno usati con grande cautela in quanto non vi è alcuna garanzia che le informazioni contenute nel fascicolo siano corrette o che il fascicolo sia conforme al REACH”. I dati, ospitati sul sito di ECHA non necessariamente sono verificati dall’Agenzia che “attualmente vaglia esclusivamente il 20% dei fascicoli di registrazione relativi a ciascuna fascia di tonnellaggio. Inoltre, il contenuto dei fascicoli può essere modificato dai registranti senza alcun preavviso”.
Riprendiamo dunque alcune delle misure di mitigazione del rischio di esposizione all’ozono, presenti sul sito dell’ECHA, partendo dalle misure tecniche:
- “I sistemi di generazione dell’ozono devono essere collocati in locali chiusi e con serratura.
- I locali in cui sono collocati i sistemi di generazione dell’ozono non devono essere utilizzati come luoghi di lavoro permanenti. Se ciò non è possibile per motivi legati al processo, è necessario garantire che la concentrazione di ozono nell’aria sul luogo di lavoro non superi il valore limite di esposizione professionale.
- I locali in cui, in caso di guasto, può verificarsi una perdita di ozono, devono essere monitorati con rilevatori di ozono con segnale ottico e acustico che interrompano la generazione di ozono quando innescati. Ciò non è necessario per i locali in cui sono presenti tubazioni contenenti ozono senza connessioni rimovibili, che siano state esaminate per eventuali perdite da persona qualificata.
- Nei locali con sistemi di generazione dell’ozono deve essere presente opportuna segnaletica”.
- “I locali in cui sono collocati i sistemi di generazione dell’ozono devono essere dotati di scarico della ventilazione installato in modo tale che l’aspirazione sia posizionata all’altezza del pavimento e si accenda automaticamente quando viene attivato il rivelatore di gas; devono essere garantiti almeno tre ricambi d’aria per ora.
- Utilizzare le unità di distruzione dell’ozono (termiche e/o catalitiche) per eliminare l’ozono residuo dall’aria dopo i trattamenti.
- Possibilità di monitoraggio delle concentrazioni di ozono nell’aria: controllo nei locali della qualità dell’aria tramite sistemi di misurazione delle concentrazioni del gas”.
Veniamo poi alle misure organizzative:
- “Le istruzioni per l’uso dei generatori di ozono devono essere fornite prima dell’impiego e successivamente almeno una volta all’anno.
- Deve essere predisposto un piano di fuga e salvataggio se il luogo di lavoro lo richiede
- Solo gli addetti alla procedura possono accedere alle aree trattate durante il trattamento o dopo il suo completamento per verificare che siano rispettate le condizioni per il rientro dei lavoratori che devono operare in tali aree.
- Sostituire gli indumenti che sono stati a contatto o hanno assorbito l’ozono e aerare gli indumenti lontano da qualsiasi fonte di ignizione.
- Le persone con pacemaker cardiaci o altri dispositivi elettrici non devono accedere in un ambiente con un sistema di generazione dell’ozono.
- Tenuto conto della durata della procedura di trattamento e del tempo necessario per il completo decadimento e/o eliminazione dell’ozono residuo, è necessario programmare gli interventi in maniera tale da garantire il rientro in sicurezza dei lavoratori che occuperanno i locali e le aree trattati. Ciò può essere realizzato, ad esempio, utilizzando sistemi automatizzati programmabili che consentano le operazioni durante gli orari di fermo delle attività produttive”.
Riguardo, infine, alla protezione personale, si ribadisce che “il trattamento degli ambienti deve avvenire in assenza di personale. Pertanto, in linea generale, l’uso di DPI è limitato a eventuali situazioni di emergenza in cui sia necessario accedere agli ambienti in corso di trattamento e, quindi, con presenza di concentrazioni pericolose di ozono nell’aria”.
Si segnala che “oltre ai DPI per la protezione delle mani (guanti), del corpo (tute di protezione chimica) e degli occhi (occhiali a maschera), sono di fondamentale importanza i dispositivi di protezione delle vie respiratorie. In caso di basse concentrazioni o di operazioni a breve termine è consigliato l’utilizzo di un apparecchio filtrante con filtro per gas NO-P3 (codice colore blu-bianco) o CO (codice colore nero). In caso di operazioni a lungo termine è consigliato l’uso di un autorespiratore (es. sistemi aerei o autorespiratori ad aria compressa)”.
Rimandiamo, in conclusione, alla lettura integrale del rapporto ISS che riporta anche informazioni sull’impatto dell’ozono su materiali e attrezzature presenti negli ambienti di lavoro. Infatti l’ozono “è un forte agente ossidante pertanto, può danneggiare sia dal punto di vista funzionale che estetico (colore, resistenza, durata, ecc.) materiali e attrezzature presenti nei luoghi di lavoro, creando nuovi rischi in relazione alla alterata funzionalità delle attrezzature di lavoro o generando costi aggiuntivi per le aziende in relazione alla necessità di ripristinare/sostituire i materiali o le attrezzature danneggiate”.
Scarica il documento da cui è tratto l’articolo:
Gruppo di lavoro ISS-INAIL, “ Focus on: utilizzo professionale dell’ozono anche in riferimento al COVID-19. Versione del 23 luglio 2020”, Roma: Istituto Superiore di Sanità. 2020 – Rapporto ISS COVID-19 n. 56/2020 (formato PDF, 2.00 MB).
Scarica la normativa di riferimento:
DECRETO-LEGGE n. 104 del 14 agosto 2020 – Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell’economia.
Fonti: Puntosicuro.it, Gazzettaufficiale, Inail