Disponibile in rete un documento che si sofferma sui rischi del personale docente di sviluppare patologie psichiatriche. L’identikit dell’insegnante a rischio, i sintomi del burnout, i fattori di rischio psicosociale e di rischio stress.
Secondo alcune ricerche la categoria dei docenti nella scuola risulta particolarmente esposta al rischio di sviluppare patologie psichiatriche.
Di fronte a questi risultati è evidente quanto sia rilevante una idonea valutazione del rischio stress lavoro correlato e dei rischi psicosociali nella scuola.
Torniamo a parlare di stress nel mondo della scuola in relazione a quanto contenuto in un documento, pubblicato sul sito dell’ I.C. Gravellona Toce, dal titolo “Personale scolastico – formazione sui temi della sicurezza – rischi psicosociali e stress lavoro-correlato”.
A proposito di patologie psichiatriche e di burnout, il documento riprende alcune indicazioni tratte dal volume “Scuola di follia” di V. Lodolo D’Oria che ricordano come in Italia la “famiglia educa sempre meno e delega sempre più la scuola: cioè agli insegnanti”. Tuttavia i genitori se riconoscono la difficoltà e la fatica del proprio essere educatori, “la negano ai precettori dei propri figli”. E gli stessi insegnanti non si rendono conto che il loro mestiere comporta il logoramento psicofisico: “chi educa e insegna spende, nel bene o nel male, un mare di energie e di conseguenza, a seconda delle risorse personali e delle capacità di gestirle, ciascuno può andare dapprima incontro a situazioni di stress, ed in seguito, passando attraverso il burnout, scivolare nella psicopatologia”.
Nel documento che presentiamo si ricorda che con il termine “rischi psicosociali” si può intendere “l’insieme delle variabili organizzative, gestionali, ambientali e relazionali che possono causare un danno psicologico, sociale o fisico alle persone” (Cox & Rial-Gonzales, 2002). E tali rischi possono “determinare effetti negativi in termini di efficienza e di immagine a livello organizzativo, economico, sociale e ambientale” (De Carlo, Falco & Siragusa, 2008).
Sono riportati alcuni fattori di rischio psicosociale:
– aspetti ambientali: rumorosità; vibrazioni; variazioni di temperatura, ventilazione, umidità; carenze nell’igiene ambientale;
– caratteristiche del lavoro: a) contesto del lavoro (funzione e cultura organizzativa; ruolo nell’organizzazione; sviluppo di carriera; modalità di presa di decisione, stili di gestione e di controllo; relazioni interpersonali; mobilità e trasferimenti; equilibrio tra lavoro e vita privata); b) contenuto del lavoro (tipo di compito; carico, ritmi e orari di lavoro).
Il documento si sofferma anche sulla definizione e sulla diffusione dello stress.
Riguardo a quest’ultimo aspetto si riportano i dati di una indagine sulle condizioni di salute e di lavoro di lavoratori italiani (Fondazione Europea di Dublino, 2006):
– Stress 27%;
– Mal di schiena 24%;
– Fatica complessiva 24%;
– Dolori muscolari 23%;
– Mal di testa 17%.
Sono riportati anche i fattori di rischio riguardo allo stress con riferimento a:
– fattori oggettivi: Organizzazione e processi di lavoro (pianificazione dell’orario di lavoro, grado di autonomia, grado di coincidenza tra esigenze imposte dal lavoro e capacità/conoscenze dei lavoratori, carico di lavoro, ecc.); Condizioni e ambiente di lavoro (esposizione ad un comportamento illecito, al rumore, al calore, a sostanze pericolose, ecc.); La comunicazione (incertezza circa le aspettative riguardo al lavoro, prospettive di occupazione, un futuro cambiamento, ecc.); Fattori soggettivi (pressioni emotive e sociali, sensazione di non poter far fronte alla situazione, percezione di una mancanza di aiuto, …);
– fattori soggettivi: Percezione soggettiva di stress (distress psichico); Manifestazioni emotive (ansia, tensione, irritabilità, Insicurezza …); Manifestazioni cognitive (difficoltà di concentrazione, scarsa memoria …); Comportamenti disfunzionali ( abuso di alcol, tabagismo, farmaci …); Comportamenti sintomatici di stress (aggressività, fuga, Isolamento …).
Infine il documento si sofferma sulle forme “estreme” di disagio negli ambienti di lavoro, con riferimento al burnout e al mobbing.
Con il burnout siamo di fronte a una “ forma particolare di stress lavorativo, che fa sentire chi ne è colpito senza via d’uscita, ‘bruciato’, ‘consumato dal proprio lavoro’”.
Il burnout “colpisce le ‘professioni d’aiuto’: infermieri, medici, insegnanti, assistenti sociali, poliziotti, operatori di ospedali psichiatrici.
Questi i sintomi del burnout:
– “esaurimento emotivo: sensazione di essere svuotato e annullato dal proprio lavoro;
– spersonalizzazione: atteggiamento di allontanamento e di rifiuto nei confronti degli utenti;
– ridotta realizzazione personale: percezione della propria inadeguatezza al lavoro, e sentimento di insuccesso nel proprio lavoro;
– sintomi somatici: senso di stanchezza ed esaurimento, tachicardia, cefalee, nausea, insonnia, ecc.;
– sintomi psicologici: depressione, bassa stima di sé, senso di colpa, sensazione di fallimento, rabbia e risentimento, alta resistenza ad andare al lavoro ogni giorno, indifferenza, negativismo, isolamento, sospetto e paranoia, rigidità di pensiero e resistenza al cambiamento, cinismo, atteggiamento colpevolizzante nei confronti degli utenti”.
È frequente l’abuso di alcool o di farmaci.
Riportiamo, in merito al rischio di sviluppare patologie psichiatriche, alcuni tratti caratteristici dell’insegnante a rischio con riferimento ai risultati di uno studio condotto tra gli insegnanti della provincia di Milano (da cui prende il via il libro di Lodolo D’Oria):
– “anzianità di servizio (superiore ai 20 anni, “quasi a testimoniare lo stretto legame tra usura psicofisica e insegnamento”);
– aggressività (verso colleghi, studenti, genitori e dirigente);
– mania di persecuzione (effetto di mobbing riflesso);
– trasferimenti frequenti;
– assenze (con frequenza crescente, per numero e quantità, con l’aggravarsi del quadro psicopatologico);
– accanimento verso eventuali studenti disabili”.
Generalmente l’insegnate a rischio: “ha bassa autostima, è costantemente preoccupato e si sente incompreso. Tende ad isolarsi, possiede una vita privata povera di stimoli, manifesta comportamenti ossessivo-compulsivi, a loro volta dettati da un perfezionismo esasperato. È tipicamente ansioso, nevrotico, impulsivo, litigioso, ambizioso, incapace a mediare, aggressivo, ostile, idealista e con una forte componente onirica, che lo sgancia dalla realtà”.
Infine ricordiamo che il documento si sofferma anche sulla valutazione del rischio stress e sul Benessere Organizzativo.
In particolare il benessere organizzativo è inteso come “la capacità di un’organizzazione di promuovere e mantenere il benessere fisico, psicologico e sociale dei lavoratori. Un costrutto multidimensionale, determinato e influenzato da diversi fattori, sia a livello individuale e di gruppo, sia organizzativo”.