Rileggere quanto è accaduto durante la pandemia è fondamentale, ma occorre prestare attenzione a non farlo con la logica del senno del poi o con quella dei legami causa-effetto. Il rischio è di non comprendere ciò che è accaduto.
In questi giorni molti motivi ci spingono a cercare di ricostruire quello che è accaduto in questi mesi. D’altra parte un’esperienza così nuova e per molti versi drammatica non può essere riposta nella memoria senza un tentativo di spiegazione e di messa in ordine.
Nel lavorare per questa ricostruzione possiamo imboccare due le strade diverse. Una rivolta alla ricerca delle responsabilità, la seconda attenta più a comprendere ciò che è accaduto affinché non si ripeta più. Si tratta di due percorsi molto diversi, ma entrambi condividono la possibilità di cadere e affidarsi al semplicistico meccanismo del senno del poi (predictability in hindsight). Questo meccanismo risulta estremamente negativo perché riduce, o addirittura impedisce, di imparare dall’esperienza rischiando così di evidenziare solo gli eventi accaduti che sembrano avere una logica rispetto al risultato finale.
Se ci sembra di aver “sempre saputo” come sarebbero andate le cose ci precluderemmo ogni possibilità di apprendere dai nostri errori, togliendo così al cervello uno dei suoi maggiori strumenti per imparare da quello che accaduto.
Il senno del poi ci priva di questa grande opportunità di apprendimento e, come ricordano Hollnagel e altri (2006), riduce la capacità di resilienza di un’organizzazione che si basa sulla capacità di adottare un criterio di previsione degli eventi concettualmente opposto da quello offerto da questa prospettiva.
Se la logica adottata risulta essere quella del senno del poi (Fischhoff e Beyth, 1975) possiamo attenderci effetti perniciosi sulla valutazione che viene data a quanto accaduto. Utilizzando questa via siamo indotti a considerare ciò che è accaduto sulla base dell’esito finale buono o cattivo e non sul processo che ha potato a questo risultato (Baron e Hershey, 1988). Ciò rende pressoché impossibile valutare una decisione in maniera adeguata, ossia in base alle informazioni e alla situazione presente quando è stata presa la decisione. Ancor di più, adottare il senno del poi ci induce a trova soluzioni prevalentemente burocratiche o colpevolizzanti (Tetlock, 1985).
Soluzioni che spingeranno le persone ad affrontare ogni nuova situazione sotto il giogo della preoccupazione di doversi poi rammaricare di ogni decisione presa. Molto spesso nel momento nel quale si prende una decisione non sappiamo ciò che effettivamente accadrà: ci saranno delle buone scelte con conseguente esito, ma vi saranno anche scelte buone con conseguenze negative come scelte scadenti che avranno delle conseguenze positive. Ciò per il fatto che possono intervenire molteplici fattore, anche del tutto imprevisti a cambiare il percorso preventivato.
Proprio in queste occasioni il bias del senno del poi può indurci a ritenere di “aver sempre saputo” che le cose sarebbero “finite così” privandoci della possibilità di esaminare le vere cause del fallimento o del successo. Cadere in questo errore cognitivo significa sviluppare una pericolosa confidenza verso capacità che non si hanno o a considerarsi semplicemente sfortunati.
Garcià Màrquez descrive bene questa situazione nelle prime pagine del suo libro “l’amore ai tempi del colera” quando scrive “era inevitabile: l’odore delle mandorle amare gli ricordava sempre il destino degli amori contrastati”.
Collegato al bias del senno del poi ci imbattiamo nella constatazione che il nostro cervello sembra prediligere le connessione causa-effetto al punto tale da ricercare sempre una spiegazione che soddisfi questa esigenza, anche se con esiti sorprendenti.
Un esempio forse estremo, ma illuminante, lo riporta Dobelli (2011) immaginando 1 milione di scimmie che giocano in borsa, ovviamente comprando e vendendo azioni assolutamente a caso. Con tutta probabilità negli anni forse una sola di queste scimmie avrà ricavato utili straordinari dai suoi investimenti tanto da essere indicata come “la scimmia di successo” . Molti si chiederanno, magari per raggiungere gli stessi risultati, quali siano i principi fondamentali del suo successo. Forse perché mangia più banane? Forse perché dorme a testa in giù? Forse perché si spulcia in un determinato modo? Il problema è che noi abbiamo bisogno di spiegare questo risultato sulla base del successo ottenuto da una scimmia e non sull’analisi del processo che ha portato questo risultato. Nel primo caso inventeremo delle spiegazioni, nel secondo caso comprenderemo che si tratta dell’intervento del caso.
Fuori dell’ambito le nostre amiche scimmie quante volte attiviamo questo processo di fronte al successo di tanti uomini?
Sempre in questo campo Gandolfi (2004) riporta una pagina di Russo e Schoemaker (1989) che raccontano di un vincitore della Lotteria Nazionale Spagnola che, intervistato su come avesse fatto a vincere (già la domanda è ben strana visto che si tratta di un estrazione casuale), rispose che aveva cercato un numero che finisse con 48 perché per 7 sere aveva sognato il numero 7, e 7 per 7 fa …. Si certo fa 49, ma anche se l’uomo non sapeva fare la moltiplicazione si era convinto che quella fosse stata la sua strategia vincente … e come dargli torto.
Antonio Zuliani
Fonte: PdE n. 57, Puntosicuro.it
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