campi elettromagnetici
Là dove, a volte, la scienza tardi dare un certo riscontro, ci pensano i giudici. La stranezza è che a far da “apripista” in merito siano Giudici Italiani è da un lato cosa positiva ma dall’altro curiosa.
Sul fatto che i telefoni cellulari siano in qualche modo dannosi per la salute (principalmente per i campi elettromagnetici), il senso comune è pressoché unanime, ma di fronte al provvedimento assunto dalla Cassazione, iniziano ad arrivare anche le prime conferme ufficiali.

Con la sentenza 17438 del 12 ottobre 2012, infatti, la Corte Suprema ha dato ragione a Innocente Marcolini, ex manager affetto da una neoplasia benigna al nervo trigemino, noto come neurinoma del Ganglio di Gasser, diagnosticato nel 2002.

Una patologia tumorale che l’ex dirigente si è detto convinto di aver maturato dopo aver sottoposto la sua persona a oltre sei ore al giorno di telefonate via cellulare per motivi di lavoro, nell’arco di un decennio. Per questa ragione, Marcolini ha aperto un contenzioso con l’INAIL, al fine di vedersi riconosciuto il diritto al risarcimento dell‘invalidità professionale. Già durante le prime battute del processo i Tribunali di Brescia avevano fatto pendere la bilancia dalla parte del ex dirigente obbligando quindi l’INAIL a ricorrere in terzo, e massimo, grado di giudizio.

La Cassazione quindi a sentenziato e giudicato che le prove addotte da Marcolini fossero verosimili e quindi vi era una dimostrazione ed una correlazione tra l’attività svolta, l’esposizione alle onde elettromagnetiche e la patologia diagnosticata.

Nel caso di malattia professionale non tabellata – si legge nella sentenza – la prova della causa di lavoro, che grava sul lavoratore, deve essere valutata in termini di ragionevole certezza“. Insomma, la Corte ha preso in esame tutti i dati e, pur non disponendo di prove inconfutabili della correlazione tra abuso del telefonino e insorgenza del tumore, ha acconsentito alle richieste del manager.

Con la sentenza, la Cassazione ha introdotto, più ad ampio raggio, il principio secondo cui vige anche la validità di tipo probabilistico a comprova dell’eventuale danno subito, includendo in questo processo anche eventuali effetti derivanti dai macchinari nell’ambiente lavorativo e anche da fattori esogeni, non strettamente legati all’attività occupazionale.

Sulla base di questi presupposti, dunque, è stato confermato all’ex manager bresciano l’80% di invalidità,come già stabilito in secondo grado di giudizio, sulla base preminente degli studi non “ufficiali” sul tasso di nocività prodotto dall’esposizione prolungata e ravvicinata alle onde del telefonino.

Non a caso, basti ricordare come molte compagnie telefoniche inseriscano – non troppo in evidenza – nei libretti di istruzioni dei loro apparecchi il monito di tenere regolarmente il telefono a alcuni centimetri dall’orecchio a tutela della salute.

Una raccomandazione che vale già come un preventivo scarico di responsabilità nell’eventualità in cui dovesse confermarsi con tutta evidenza scientifica la correlazione tra patologie e utilizzo del telefonino(le multinazionali del tabacco hanno pagato un grosso scotto ed hanno fatto storia in tal senso).

Si tratta, insomma, di un provvedimento rivoluzionario, sia per i contenuti finali che per gli strumenti e i principi utilizzati per il loro raggiungimento, che abbatte per la prima volta il muro dell’omertà scientifica di fronte a un rischio che, ora, si presenta sempre più reale, anche sulla carta. Considerato poi che questa sentenza è servita per una nuova causa instaurata dal PM Raffele Guariniello, il quale ha avviato un’inchiesta che dovrà stabilire il nesso di causalità tra l’utilizzo del telefonino e l’insorgere di un tumore cerebrale. Il caso, arrivato all’Osservatorio sui tumori professionali della Procura di Torino, riguarda un torinese di 45 anni, autotrasportatore, affetto da glioblastoma, un tumore al cervello dalla prognosi infausta. Nessun nome al momento sul registro degli indagati, sotto accusa, invece, il cellulare che l’uomo utilizzava da 20 anni, per lavoro, circa sette ore al giorno. Telefonate della durata media di dieci minuti, effettuate senza l’ausilio di auricolare o viva voce. Attualmente i casi in esame sono ben 13 di lavoratori con forme neoplastiche derivanti, o derivabili, dall’uso dei cellulari.

Fonti: Repubblica online, leggioggi.it e Corte di Cassazione civile