rspp DdLDisponibile in rete il parere di Cinzia Frascheri, giuslavorista e dirigente CISL, sul nuovo Accordo sulla formazione RSPP/ASPP. I percorsi formativi per RSPP/ASPP, la modalità e-learning e le modifiche alla disciplina vigente della formazione.

Abbiamo visto in queste settimane come il nuovo “ Accordo tra Governo, Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano finalizzato alla individuazione della durata e dei contenuti minimi dei percorsi formativi per i responsabili e gli addetti dei servizi di prevenzione e protezione, ai sensi dell’articolo 32 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni” – approvato il 7 luglio 2016 , pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 19 agosto ed entrato in vigore a inizio settembre – non contenga solamente indicazioni per i percorsi formativi di RSPP e ASPP, ma anche elementi che impattano direttamente o indirettamente anche sui percorsi formativi di altri attori della sicurezza aziendale, a partire dagli stessi lavoratori.

Proprio in merito alla rilevanza di questi cambiamenti e al tentativo di comprendere in che direzione la formazione alla sicurezza si stia muovendo, PuntoSicuro ha raccolto in queste settimane diversi pareri sul nuovo accordo, ad esempio con riferimento agli articoli e contributi di Anna Guardavilla, di Roberto Dubini, di Rocco Vitale e di Carmelo G. Catanoso.

Con l’aspirazione di ospitare altri spunti critici e di analisi dell’Accordo del 7 luglio, che potrebbero servire anche a futuri documenti ufficiali di puntualizzazione e chiarimento, ci soffermiamo oggi sul parere di Cinzia Frascheri, giuslavorista e responsabile nazionale Cisl salute e sicurezza sul lavoro.

Un parere già disponibile in rete che si potrebbe riassumere con una frase che sintetizza il rapporto tra cosa ha fatto e cosa non ha fatto l’Accordo: “sono più le mancate occasioni che sarebbe stato utile ed importante cogliere, anziché le modifiche introdotte da contrastare”.

Al di là di questa frase iniziale vediamo di recuperare alcuni dei giudizi contenuti nel contributo di Frascheri dal titolo “Ancora un nuovo accordo modificativo ed integrativo sulla formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro”.

Nelle premesse si indica che “se dopo dieci anni di vigenza, le modifiche all’Accordo del 2006 erano quanto mai attese, ancor più dopo il passaggio dal regime normativo del DLGS 626/94 a quello attuale del DLGS 81/08 s.m., permanendo dei dubbi, come vedremo di seguito, solo in merito a quanto stabilito, sono le ragioni avanzate, invece, a motivo degli interventi di modifica del recente Accordo sulla formazione dei lavoratori (del 21 dicembre 2011) che creano perplessità”. E si indica, tra l’altro, che bisogna considerare che “in questi anni non vi è stato alcun monitoraggio ufficiale sull’applicazione delle disposizioni introdotte nel 2011”, monitoraggio che sicuramente avrebbe favorito delle modifiche più idonee alle necessità della formazione alla sicurezza in Italia.

Veniamo a quanto riportato da Cinzia Frascheri sui percorsi formativi per RSPP e ASPP.

Si indica che ad avere “una parte rilevante nel testo dell’Accordo, è senza dubbio, visto anche il carattere altamente innovativo (ancor più se confrontato con il testo del 2006), quanto previsto nell’allegato IV, dal titolo: ‘ Indicazioni metodologiche per la progettazione ed erogazione dei corsi’”, parte su cui anche il nostro giornale si è soffermato nelle scorse settimane.

Ma – continua Frascheri – se alcune pagine dedicate al tema apportano, senza dubbio, “grande valore al testo, vista la qualità e la competenza che esprimono in merito agli aspetti metodologici necessari per la progettazione ed elaborazione di un progetto e percorso formativo, efficiente ed efficace (che incarna e supera quanto previsto dal legislatore nel richiedere alla formazione di essere ‘adeguata’), è nel confronto con quanto concretamente previsto nell’allegato A, che se ne misura l’incoerenza e il disallineamento”.

Se infatti l’RSPP è descritto “come una «figura manageriale» chiamata ad essere «protagonista dell’organizzazione aziendale in materia di sicurezza e salute dei lavoratori», affiancato, se previsto, da un ASPP, con il quale costituire il riferimento aziendale per la «valutazione, la programmazione e la consulenza» in materia previdenziale”, ci si sarebbe aspettati “un percorso formativo, in particolare per l’RSPP, mirato a fornire le conoscenze e le competenze utili e necessarie allo svolgimento di un tale innovato e potenziato ruolo, così puntualmente ed esaustivamente descritto. Ma tale non è stato. Confermati sostanzialmente nei temi e nelle ore, il modulo A e il modulo C, il cambiamento si è concentrato solo nel modulo B (di 48 ore), andando a uniformare il percorso formativo per tutti i settori produttivi, un tempo modulare, in quanto riferito ai rischi specifici collegati ai codici Ateco aziendali, prevedendo solo quattro moduli aggiuntivi (al Modulo B generale), chiamati «di specializzazione», previsti per settori e codici Ateco e, pertanto, per rischi specifici, di livello e complessità più alta (SP1 Agricoltura-Pesca, durata 12 ore; SP2 Cave-Costruzioni, durata 16 ore; SP3 Sanità residenziale, durata 12 ore; SP4 Chimico- Petrolchimico, durata 16 ore)”.

Ed è dunque “nella quasi immutata riproposizione degli altri due moduli (A e C) che si concentra una delle maggiori delusioni legate all’avvento del nuovo Accordo (al di là della minima, ma positiva novità, dell’aver escluso dal calcolo delle ore di formazione quelle utilizzate per la verifica di apprendimento, aumentando così, seppur di poco, il tempo formativo per lo sviluppo dei temi)”.

Il contributo, che vi invitiamo a leggere integralmente, si sofferma poi sull’individuazione dei soggetti formatori.

Secondo Frascheri “un plauso va fatto per la modifica (o meglio, la correzione) apportata relativamente all’eliminazione del riferimento agli enti bilaterali (da tempo richiesta dalle OO.SS), a coerenza con le disposizioni del DLGS 81/08 s.m. che indicano esclusivamente sul tema gli organismi paritetici”, tuttavia “non comprensibile, ed altrettanto condivisibile, è quanto dettato, nell’allegato A, al punto 2, lettera l), con la relativa Nota”. E “non si comprende il motivo di richiedere l’accreditamento, secondo i modelli regionali, anche alle strutture formative di «diretta ed esclusiva emanazione» delle associazioni sindacali dei datori, dei prestatori di lavoro e degli organismi paritetici”. Sul punto e sulla Nota Frascheri si sofferma ulteriormente anche con riferimento al tema delicato dei criteri identificativi della rappresentatività delle associazioni sindacali dei datori e dei prestatori di lavoro”…

Necessaria e corretta, invece, secondo Frascheri, “l’applicazione di quanto previsto dal D.I. del 6 marzo 2013, in tema di qualificazione del corpo docente, per i corsi di formazione degli RSPP/ASPP, tenuto conto che fino ad oggi, nel rispetto di quanto disposto nel 2006, vigeva ancora il solo requisito dell’«esperienza almeno biennale in materia di prevenzione e sicurezza sul lavoro»”.

Rimandiamo poi i lettori alla lettura integrale del contributo di Frascheri, riguardo al giudizio relativo a quanto previsto dall’Accordo per l’aggiornamento, che “trova ancora nel quinquennio la conferma quale periodo di svolgimento”.

Veniamo invece alla modalità e-learning.

Cinzia Frascheri indica che “affermando che e-learning «è da ritenersi valida solo se espressamente prevista da norme e Accordi Stato-Regioni o dalla contrattazione collettiva», e se svolta secondo le «modalità disciplinate» dall’Accordo in commento, secondo le nuove disposizioni introdotte (correttive di quelle precedenti indicate con l’Accordo del 2011 in tema di formazione dei lavoratori – dei dirigenti e dei preposti –, nell’allegato I), si viene a creare un precedente, non tanto sul piano del merito tecnico di quanto affermato, ma sul piano più strettamente giuridico”. E al di là dell’analisi delle sole conseguenze dirette relative all’affermazione perentoria espressa nel testo dell’Accordo, “la questione che invece si apre sul piano giuridico, è di portata ben diversa, in quanto, oltre a condurre a conclusioni di segno opposto a quanto sopra affermato, porta a conseguenze diametralmente ribaltate”.

Infatti – continua Frascheri – il punto in questione è riferito alla “prevista imposizione, introdotta con la frase «con le modalità disciplinate dall’Accordo», dei requisiti specifici dettati per lo svolgimento della formazione e-learning, nei casi di normativa che demandi alla contrattazione collettiva la definizione delle modalità dei percorsi formativi, compresa quindi l’e-learning. Considerato che il rapporto tra normativa e contrattazione in questo caso è diretto, e tenuto conto che l’Accordo (Stato-Regioni) è uno strumento giuridico di grado inferiore alle fonti primarie, rappresentate prioritariamente dalle leggi ordinarie, alcuna imposizione può dall’Accordo discendere e condizionare la libertà delle parti contraenti nel loro agire negoziale. Difatti, se gli estensori dell’Accordo del 2016 avessero fatto riferimento al principio della presunzione semplice, indicando le modalità previste per e-learning come regole a cui (poter) riferirsi per un corretto svolgimento di tale tipologia formativa, prevedendo in tal modo l’onere, in carico a coloro che intendessero non rispettare tali modalità, di dimostrare la stessa efficacia di quanto realizzato seguendo le indicazioni dell’Accordo, il principio introdotto sarebbe risultato pienamente corretto, cosa che invece, nella formulazione attuale che prevede una mera imposizione, non lo è”.

Riportiamo brevemente alcune indicazioni sulle modifiche alla disciplina vigente della formazione prevenzionale.

Si ricorda che il paragrafo 12 “Disposizioni integrative e correttive alla disciplina della formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro”, costituisce “la parte del testo dell’Accordo che introduce cambiamenti significativi nelle attuali regole (in vigore, come detto, da circa quattro anni) in materia di formazione su salute e sicurezza, prescindendo, pertanto, sia dalla parte dedicata alla necessaria revisione dell’Accordo del 2006 sui percorsi formativi degli RSPP/ASPP, sia dall’attuazione di quanto previsto dalla legge 98/2013 (già decreto legge 69/2013, c.d. decreto del fare), recepito con il comma 5-bis, nell’art.32 del DLGS 81/08 s.m.”.

Al di là del “giudizio complessivamente non positivo sulla scelta di operare frequenti cambiamenti alle regole che riguardano le attività di prevenzione nelle aziende”, un segnale positivo è rappresentato dall’impegno “previsto dell’emanazione di un ulteriore Accordo da parte della Conferenza Stato-Regioni (adottato, questa volta, previa «consultazione» delle Parti sociali), nel quale si andranno a stabilite le modalità per l’attuazione di un monitoraggio concreto e puntuale sull’applicazione degli Accordi sulla formazione e «riguardo al controllo sul mercato della formazione». Un monitoraggio e controllo che forse sarebbero dovuti avvenire prima di varare le disposizioni di modifica introdotte con l’Accordo del luglio scorso, riferite alle modalità di svolgimento della formazione prevenzionale”.

Cinzia Frascheri torna poi ad affrontare (punto 12.1 dell’Accordo) il tema dei requisiti dei docenti con possibili dubbi di legittimità che “tornano ad emergere, in particolare richiamando, ancora una volta, le disposizioni che regolano la gerarchia delle fonti del diritto”. Ad esempio la modifica introdotta “prevede che, a differenza di quanto affermato con il D.I. del 6 marzo 2013, il datore di lavoro, in possesso dei requisiti per lo svolgimento diretto dei compiti del servizio di prevenzione e protezione (di cui all’art.34 del DLGS 81/08 s.m.) possa svolgere, esclusivamente nei riguardi dei lavoratori della propria azienda, la formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro, anche se privo del requisito, richiesto espressamente, relativo alla «capacità didattica»”.

Il parere di Frascheri si sofferma poi sulle tabelle degli allegati III e V, che rispondono entrambe “pienamente alle esigenze di chiarezza, operatività e concretezza che ricercano tutti coloro che operano a diverso titolo nell’ambito della tutela della salute e sicurezza sul lavoro”, e riporta alcune conclusioni, anche se “vista l’ampiezza e l’eterogeneità delle disposizioni introdotte dall’Accordo del 7 luglio 2016, difficile, ma ancor più inutile, è l’esprimere un giudizio complessivo”.

Si indica che se il monitoraggio, disposto per il futuro, “fosse stato realizzato prima che si procedesse alla scrittura di tale testo, senz’altro interventi più efficaci e dalla necessità condivisa, ne sarebbero scaturiti”.

E sicuramente “l’attenersi al realizzare la sola revisione dell’Accordo del 2006, in tema di disposizioni per la formazione dei Responsabili e degli Addetti dei servizi di prevenzione e protezione (RSPP/ASPP), così come il dare attuazione a quanto introdotto dalla legge 98/2013, avrebbe trovato consenso unanime, anche solamente sul piano del riconoscerne la necessità”.

Ma così non è stato e, al di là dell’auspicio di Frascheri di non vedersi arrivare nei prossimi mesi un ulteriore documento a chiarimento o a modifica di quanto previsto con l’Accordo del 7 luglio, comunque “occorre prendere atto che quanto previsto deve essere rispettato e attuato”.

Ancora un nuovo accordo modificativo ed integrativo sulla formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro”, a cura di Cinzia Frascheri – giuslavorista e responsabile nazionale Cisl salute e sicurezza sul lavoro.

Conferenza permanente per i rapporti tra lo stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano – Accordo tra Governo, Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano finalizzato alla individuazione della durata e dei contenuti minimi dei percorsi formativi per i responsabili e gli addetti dei servizi di prevenzione e protezione, ai sensi dell’articolo 32 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni.

 

Fonti: CIsl, Puntosicuro.it, Cinzia Frascheri, Conferenza permanente Stato Regioni