
Un manuale dell’Inail si sofferma sulle allergie da pollini e sull’esposizione in ambito occupazionale. Focus sull’esposizione a pollini in ambito occupazionale nei lavoratori outdoor e indoor.
Tutti, nel corso della vita, siamo esposti a vari inquinanti, inclusi quelli presenti nell’ambiente lavorativo. Ma se alcuni agenti sono specifici del contesto professionale, altri possono trovarsi sia negli ambienti lavorativi che nella vita quotidiana. Questo è il caso di alcuni agenti di origine biologica, come, ad esempio, i pollini.
Sono diverse le categorie di lavoratori che possono essere esposte a “numerose sostanze potenzialmente allergeniche”, sostanze che “includono normalmente proteine e glicoproteine ad alto peso molecolare, di origine animale, vegetale o fungina, nonché sostanze a basso peso molecolare di origine biotica o abiotica”. E molte di queste sostanze inducono allergie “causando malattie respiratorie come asma o rinite allergica, oppure reazioni cutanee quali dermatite, orticaria ed eczema allergico da contatto”.
E chiaramente malattie arrivano ad influenzare “in maniera sensibile le condizioni di lavoro dell’individuo e la qualità della sua esperienza lavorativa, influendo di conseguenza anche sulla sua vita privata”.
In particolare, l’ asma occupazionale – una delle principali malattie professionali allergiche – “causa inevitabilmente una riduzione dell’efficienza lavorativa dell’individuo, spingendolo inoltre a periodi di assenza dal lavoro prolungati”.
A ricordare, in questi termini, i rischi connessi alle sostanze allergeniche è un contributo presente nel documento Inail “ Allergie da pollini: esposizione in ambito occupazionale. Manuale informativo. Approccio integrato e multidisciplinare” prodotto nel 2025 dal Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale (Dimeila).
Nel presentare il contributo ci soffermiamo sui seguenti argomenti:
- Allergie da pollini: i lavoratori outdoor
- Allergie da pollini: esposizioni e co-esposizioni outdoor
- Allergie da pollini: i lavoratori indoor
Allergie da pollini: i lavoratori outdoor
Il contributo “Esposizione a pollini in ambito occupazionale outdoor e indoor”, a cura di M.C. D’Ovidio, C. Grandi e A. Papale (Dimeila, Inail), oltre a presentare il tema e a fornire alcuni dati, fornisce informazioni che possono essere utili “per comprendere in maniera adeguata l’origine delle allergie occupazionali e organizzare misure di prevenzione e protezione per salvaguardare la salute dei lavoratori coinvolti”.
Si ricorda che, se le modalità di esposizione ad agenti allergenici possono essere influenzate da numerosi fattori (mansione, stagionalità, orari di lavoro, abbigliamento indossato, …), un primo fattore da considerare è l’ambiente di lavoro.
In questo senso è utile distinguere tra due categorie principali di ambienti lavorativi: ambienti indoor e ambienti outdoor.
Ad esempio, l’esposizione agli inquinanti outdoor aerodispersi “riguarda, oltre alla popolazione generale, anche numerose categorie di lavoratori outdoor” (intendendo, in questo caso, quei lavoratori che “svolgono la loro attività all’aperto per tutto il turno di lavoro o per una frazione significativa di esso”).
Questo è un elenco, “certamente non esaustivo”, delle categorie di lavoratori outdoor:
- “addetti a cave e miniere a cielo aperto;
- addetti alle consegne (portalettere, rider);
- addetti a manutenzione manto stradale e infrastrutture (terrestri e off-shore);
- addetti alle operazioni di carico-scarico all’aperto;
- addetti alle operazioni di pattugliamento;
- istruttori di sport all’aperto;
- lavoratori agricoli;
- lavoratori delle costruzioni;
- lavoratori del mare;
- lavoratori degli stabilimenti balneari;
- lavoratori impegnati nel controllo/manutenzione delle aree verdi;
- sportivi professionisti (sport all’aperto);
- venditori ambulanti”.
Questi lavoratori “hanno in comune l’esposizione più o meno intensa e prolungata ad alcuni fattori di rischio condivisi, i principali dei quali sono rappresentati da ambienti termici spesso severi, agenti atmosferici, inquinamento dell’aria e radiazione solare”. E “nel caso di prolungata esposizione a significative concentrazioni di inquinanti (ad esempio in aree urbane con livelli elevati di inquinamento) i lavoratori suscettibili potrebbero avere un rischio più elevato di sviluppare ad esempio la patologia asmatica o, se già affetti da asma di origine pollinica, di sperimentare sintomi più frequenti e più gravi”.
Allergie da pollini: esposizioni e co-esposizioni outdoor
Chiaramente i lavoratori outdoor sono poi molto più esposti ai pollini durante la stagione pollinica rispetto a quelli indoor. Senza dimenticare che “tutte le manifestazioni allergiche da polline che interessano le vie respiratorie e l’occhio (comprese la rinite, l’oculorinite e la congiuntivite) possono essere aggravate da alcuni inquinanti (ad esempio l’ozono e il particolato) e, in generale, da agenti con potere irritante emessi in aria da fonti ambientali o occupazionali”.
Si segnala poi che, “per quanto riguarda le manifestazioni cutanee (dermatiti allergiche), che alcuni individui suscettibili possono sviluppare a seguito di esposizione al polline o ad altri allergeni”, esistono anche contesti lavorativi nei quali alcune “co-esposizioni di natura occupazionale possono aggravare i quadri clinici”.
Ad esempio, gli autori fanno riferimento “all’esposizione della cute non protetta a sostanze irritanti, ma anche a formulati con proprietà detergenti. Questi ultimi, infatti, distruggendo il film lipidico, alterano la funzione barriera della cute e possono facilitare la penetrazione di sostanze a potenziale allergenico nel derma e nel sottocutaneo, contribuendo in tal modo allo sviluppo di reazioni di sensibilizzazione”.
Dunque in ambito outdoor la combinazione varie esposizioni (agenti atmosferici, radiazione solare, inquinanti aerodispersi urbani, pollini, …) può “prefigurare situazioni complesse di co-esposizione, tali da porre ulteriori criticità per la tutela dei lavoratori, particolarmente quelli suscettibili allo sviluppo di patologie allergiche o già affetti da una o più patologie allergiche”.
Allergie da pollini: i lavoratori indoor
Si segnala che in ambiente indoor “le condizioni sono generalmente più stabili, con umidità dell’aria e temperatura che variano molto poco rispetto all’ambiente esterno e con movimento dell’aria minore”.
Tuttavia “la presenza di impianti di ventilazione, di riscaldamento e di climatizzazione, in generale, stabilizza la temperatura degli edifici, permettendo la presenza nell’ambiente indoor di organismi” che possono essere diversi da quelli in ambiente outdoor.
I principali allergeni indoor “includono sostanze derivate da artropodi, da mammiferi e di origine fungina”. Mentre gli allergeni di origine vegetali, come i pollini, “sono meno rappresentati in quanto difficilmente possono provenire dall’interno, tranne casi particolari di ambienti lavorativi che riguardino la coltivazione di grandi quantità di piante in spazi chiusi, come le serre”.
Si segnala poi che un ruolo fondamentale nel determinare la circolazione di inquinanti aerobiologici in ambiente indoor “è rappresentato dalla presenza e dalle azioni degli occupanti”: “la semplice azione del calpestio può causare il sollevamento di grandi quantità di frammenti biologici presenti sul pavimento di una stanza, favorendone lo spostamento in aria e l’entrata in contatto con le aree sensibili dei soggetti allergici”. E chiaramente altre azioni legate allo svolgimento dell’attività lavorativa, così come il numero dei lavoratori e l’entità/frequenza dei loro spostamenti possono avere lo stesso effetto.
Inoltre, un altro fattore importane da considerare “sono le correnti d’aria, che svolgono un ruolo fondamentale nel trasporto degli allergeni. In ambiente indoor le correnti sono sotto il diretto controllo umano. Aprire porte o finestre favorisce l’entrata di aerosol biologico dall’ambiente esterno, permettendo a pollini e altri allergeni outdoor di giocare un ruolo importante nell’ambienti indoor”.
E chiaramente la circolazione d’aria in ambiente indoor è influenzata “anche dal sistema di ventilazione e dalla disposizione delle stanze, così come dalle condizioni meteorologiche outdoor”.
Si segnala, infine, che le numerose fonti di esposizione, sia in ambiente indoor che outdoor, possono essere presenti anche nei luoghi di vita rendendo critiche le “separazioni nette tra i diversi ambiti e favorendo un approccio integrato e multidisciplinare per lo studio delle allergie da pollini che comprenda diagnosi precoce, misure di controllo, formazione e informazione”.
Rimandiamo, in conclusione, alla lettura integrale del documento Inail che riporta molti altri dettagli sulle allergie occupazionali soffermandosi anche sulla normativa, sul monitoraggio aerobiologico e sulla sorveglianza sanitaria.
Scarica il documento da cui è tratto l’articolo:
Inail, Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale, “ Allergie da pollini: esposizione in ambito occupazionale. Manuale informativo. Approccio integrato e multidisciplinare”, documento curato da Maria Concetta D’Ovidio, Armando Pelliccioni, Pasquale Capone, Simona Di Renzi, Paola Melis, Adriano Papale e Carlo Grandi (Inail, Dimeila), Andrea Lancia (Inail, Dimeila – Sapienza Università di Roma – Dipartimento di biologia ambientale), Donatella Magri e Federico Di Rita (Sapienza Università di Roma – Dipartimento di biologia ambientale), Renato Ariano (Aaiito – Associazione allergologi ed immunologi italiani territoriali ed ospedalieri), Manuela De Sario, Francesca de’ Donato e Paola Michelozzi (Dipartimento di epidemiologia del Ssr – Asl Roma1 – Regione Lazio), edizione 2025, Collana Salute e sicurezza (formato PDF, 11.58 MB).
Fonti: Puntosicuro.it, Aaiito, Asl Roma1, Università Sapienza, Inail