Una scheda Inail sulla sicurezza nell’esposizione nei luoghi di lavoro alle sostanze chimiche sensibilizzanti si sofferma anche sulle polveri, sulla gestione del rischio negli ambienti di lavoro e sulla sorveglianza sanitaria.

Negli ultimi anni è cresciuta l’attenzione al rischio legato all’esposizione ai sensibilizzanti chimici, ad esempio ai sensibilizzanti respiratori sensibilizzanti cutanei, anche nel mondo del lavoro.

Si tratta di una problematica complessa e a volte “non pienamente compresa negli ambienti di lavoro”. E di fronte all’utilizzo di queste sostanze diventa necessaria “una prima attenta valutazione sulla reale necessità di utilizzo del prodotto stesso (sostituzione/eliminazione) seguita dalla messa in atto di azioni di prevenzione efficaci basate principalmente sulla informazione/formazione dei lavoratori”.

E in questo contesto “assumono una primaria importanza le figure della sicurezza, in particolar modo del medico competente, per dare alla problematica dell’ esposizione a sensibilizzanti la giusta considerazione per quanto riguarda gli effetti specifici sulla salute”.

A sottolinearlo con queste parole è il fact sheet “ Sostanze chimiche sensibilizzanti” curato dal Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale (Dimeila) dell’Inail e scritto da D. Poli, M.R. Bruno, R. Cabella, A. Campopiano, A. Cannizzaro, L. Caporossi, S. Di Renzi, M.C. D’Ovidio e S. Moriani.

Dopo aver già affrontato, nel primo articolo di presentazione, l’inquadramento normativo di queste sostanze, parliamo oggi di prevenzione con particolare riferimento ai seguenti argomenti:

  • Sostanze chimiche sensibilizzanti: i rischi delle polveri
  • Sostanze chimiche sensibilizzanti: la gestione del rischio lavorativo
  • Sostanze chimiche sensibilizzanti: la sorveglianza sanitaria 

Sostanze chimiche sensibilizzanti: i rischi delle polveri

Il documento si sofferma sulle polveri in relazione ai possibili sensibilizzanti respiratori e sensibilizzanti cutanei.

Si indica che durante diverse lavorazioni si producono polveri che “possono veicolare gli agenti chimici utilizzati nel processo produttivo, aggiungendo un rischio specifico che richiede una valutazione dedicata e la messa in atto di sistemi di prevenzione e protezione adeguati”.

A questo proposito riprendiamo dalla scheda una tabella in cui sono descritte – “a titolo puramente esemplificativo e non esaustivo” – alcune lavorazioni che “comportano la produzione di polveri che potrebbero contenere o veicolare agenti chimici classificati (in auto-classificazione o classificazione armonizzata) ai sensi del regolamento CLP come ‘sensibilizzanti respiratori’ e/o ‘sensibilizzanti per la cute’”:

La scheda sottolinea che chiaramente queste sostanze possono presentare, oltre alla capacità di sensibilizzazione, “anche ulteriori classificazioni di pericolosità, in alcuni casi anche severe (es. cancerogeno, mutageno, reprotossico, ecc.)”.

Sostanze chimiche sensibilizzanti: la gestione del rischio lavorativo

Veniamo alla gestione del rischio negli ambienti di lavoro.

Si ricorda, innanzitutto, che, come previsto dal Decreto legislativo 81/2008, “la valutazione del rischio di esposizione ad agenti chimici deve considerare le principali vie di introduzione nel corpo umano, in particolare quella per inalazione e quella per assorbimento cutaneo, poiché l’ingestione si considera un evento meno probabile nei luoghi di lavoro ed esclusivamente accidentale”. E nel caso in cui il risultato della valutazione indichi che vi sia un rischio non irrilevante per la salute dei lavoratori, è necessario “adottare misure specifiche di prevenzione e protezione, sorveglianza sanitaria e cartelle sanitarie e di rischio”.

Si ricorda poi che secondo l’art. 225 (comma 2) del d.lgs. 81/2008, “la misurazione negli ambienti di lavoro delle concentrazioni aerodisperse di sostanze pericolose (non classificate come cancerogene e mutagene) è prevista ‘salvo che [il datore di lavoro] possa dimostrare con altri mezzi il conseguimento di un adeguato livello di prevenzione e protezione’”.

Si ricorda poi che poiché la sensibilizzazione “è un processo multifattoriale dove in molti casi lo stesso valore limite viene definito tenendo in considerazione altri elementi di pericolosità, anche in presenza di un VLEP l’esposizione a valori di concentrazioni inferiori al limite non è garanzia di assenza di effetti avversi di sensibilizzazione sul lavoratore”.

Si segnala anche che nella valutazione preliminare del rischio di esposizione ad agenti chimici spesso si utilizzano algoritmi che “partono dall’assegnazione di indici di pericolo sulla base delle frasi H dell’agente chimico in questione”. E per le sostanze chimiche sensibilizzanti, “tale indice assume valori di pericolo di partenza particolarmente elevati non permettendo quindi una differenziazione puntuale dell’entità del rischio sulla base delle condizioni operative/organizzative e di gestione”. In questi casi – continua la scheda – “l’algoritmo generalmente sovrastima il rischio rispetto a quello identificato attraverso i monitoraggi ambientali e/o biologici. Tale sovrastima è documentata in letteratura e rende difficile la definizione di una scala di priorità degli interventi, nonché dell’efficacia degli stessi”.

Si conclude che questo “corretto approccio cautelativo” mostra la “complessità della valutazione e della gestione del rischio per le sostanze chimiche sensibilizzanti negli ambienti di lavoro”.

Sostanze chimiche sensibilizzanti: la sorveglianza sanitaria

Forniamo, infine, qualche informazione sulla sorveglianza sanitaria.

Si fa riferimento ad un documento del 2012, della Commissione consultiva permanente per la salute e la sicurezza del lavoro, in cui si indica che “fatto salvo quanto previsto dall’art. 224 comma 2 del d.lgs. 81/2008”, sono da sottoporre a sorveglianza sanitaria “i lavoratori esposti, fra gli altri, anche agli agenti chimici classificati secondo i criteri del Regolamento CLP come sensibilizzanti respiratori e cutanei”. E il protocollo sanitario per i lavoratori esposti “deve tenere conto degli indirizzi scientifici più avanzati (art. 25 del d.lgs. 81/2008) definiti in base a possibili effetti dannosi, anche sinergici, delle diverse sostanze presenti sul luogo di lavoro, al fine di evitare/limitare l’insorgenza di una malattia professionale”.

Il documento si sofferma poi sulle malattie professionali e riporta alcune indicazioni, in una immagine della scheda a cui rimandiamo, sulle malattie professionali tabellate e sugli agenti chimici sensibilizzanti (le malattie professionali tabellate che potrebbero essere riconducibili all’esposizione ad agenti chimici sensibilizzanti).

Ricordiamo che nelle malattie professionali tabellate l’assicurato “non deve dimostrare l’origine professionale della malattia in quanto vige la presunzione legale, superabile solo da una solida dimostrazione scientifica da parte dell’Inail, che la malattia ha esclusivamente cause professionali”.

In ogni caso si rimanda, per maggiori dettagli, a quanto indicato nel DPR 1124/1965 e s.m.i.

Concludiamo ricordando che la scheda Inail presenta ulteriori indicazioni su:

  • inquadramento e riferimenti normativi
  • dimensione del problema
  • diisocianati e restrizione REACH.

Scarica il documento da cui è tratto l’articolo:

Inail, Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale, “ Sostanze chimiche sensibilizzanti”, a cura di D. Poli, M.R. Bruno, R. Cabella, A. Campopiano, A. Cannizzaro, L. Caporossi, S. Di Renzi, M.C. D’Ovidio e S. Moriani, Factsheet, edizione 2024 (formato PDF, 410 kB).

Fonti: Puntosicuro.it, Inail