
Cosa si intende per rischio vibrazioni? Qual è l’attendibilità delle valutazioni? Ci sono carenze normative? Cosa si intende con multifattorialità del rischio? Che consigli dare a valutatori e aziende? Ne parliamo con Stefano Casini (CTSS, Inail).
Uno dei rischi classici connessi al mondo del lavoro è quello relativo all’esposizione alle vibrazioni, sia con riferimento al sistema mano-braccio (HAV) che al corpo intero (WBV), come più volte ricordato anche nei nostri articoli.
Tuttavia, benché le vibrazioni non si possano certo definire un rischio emergente, c’è ancora una sorta di sottovalutazione di questo agente fisico, ad esempio non tenendo conto della possibile presenza di fattori sinergici nello sviluppo di patologie connesse all’esposizione. E le valutazioni del rischio specifico, anche a causa di una legislazione migliorabile, possono essere superficiali e carenti.
Per approfondire questi temi e cercare di offrire spunti per migliorare la prevenzione nei luoghi di lavoro abbiamo intervistato, durante la manifestazione bolognese Ambiente Lavoro 2024, Stefano Casini (INAIL Consulenza Tecnica Salute e Sicurezza – Direzione Regionale Sicilia).
Stefano Casini era relatore al convegno nazionale di Bologna “dBA2024 – Agenti Fisici nei luoghi di lavoro: stato dell’arte, novità e strumenti di supporto alla valutazione del rischio” con una relazione dal titolo “Valutazione del rischio da vibrazioni: multifattorialità degli agenti nocivi e limiti delle norme tecniche”.
L’intervistato non solo presenta il rischio vibrazioni, le possibili sottovalutazioni degli effetti sinergici e le lacune normative, ma si sofferma anche sulle possibili norme future auspicando una maggiore sensibilizzazione, formazione e sorveglianza sanitaria per i lavoratori esposti.
Cosa si intende per rischio vibrazioni? Quali sono le attività che espongono i lavoratori a questo rischio?
Dalla verifica di diversi documenti di valutazione dei rischi cosa è emerso riguardo alla loro qualità e attendibilità?
Ci sono carenze normative?
Ci sono norme tecniche attualmente in fase di studio?
Cosa si intende con multifattorialità del rischio? Ci sono esempi specifici di sinergie che possono aumentare i rischi dei lavoratori?
Che consigli si possono dare a RSPP, tecnici valutatori per migliorare la valutazione del rischio vibrazione?
Cosa dovrebbero fare le aziende e anche il legislatore, o chi comunque crea norme tecniche, per avere più strumenti e migliorare la prevenzione?
L’intervista si sofferma su vari argomenti:
- Il rischio vibrazioni e il problema delle valutazioni non attendibili
- Il rischio vibrazioni, la multifattorialità e i fattori sinergici
- Il rischio vibrazioni e i consigli su come migliorare la prevenzione
Come sempre diamo ai nostri lettori la possibilità di visualizzare integralmente l’intervista e/o di leggerne una parziale trascrizione.
L’intervista di PuntoSicuro a Stefano Casini
Il rischio vibrazioni e il problema delle valutazioni non attendibili
Cosa si intende per rischio vibrazioni? Quali sono le attività che espongono i lavoratori a questo rischio?
Stefano Casini: Con rischio da vibrazioni si intende sia il rischio legato all’utilizzo di attrezzature vibranti, tenute in mano, cosiddette attrezzature portatili – quali ad esempio smerigliatrici, martelli pneumatici, trapani e cose simili – sia il rischio per quanto riguarda la colonna vertebrale, dovuto all’esposizione a vibrazioni al corpo intero, che si manifestano soprattutto in conducenti di autobus, pullman di linea, insomma automezzi in genere, nonché operatori di macchine movimento terra e soprattutto negli agricoltori, per quanto riguarda la conduzione dei trattori.
Questo è il rischio vibrazioni.
In realtà, spesso e volentieri, e la cosa è sempre molto sottovalutata, il rischio vibrazioni non si presenta da solo, ma si presenta associato ad altri fattori sinergici.
Ed è quella che nel suo intervento lei chiama multifattorialità del rischio vibrazioni. Immagino che una buona valutazione debba tenere conto di questa multifattorialità e degli effetti sinergici. Lei ha parlato anche delle verifiche svolte su diversi documenti di valutazione dei rischi. Qual è la qualità e l’attendibilità delle valutazioni che avete esaminato?
Stefano Casini: Allora, le valutazioni del rischio vibrazioni – quando sono effettuate, perché non sempre vengono effettuate dai datori di lavoro – sono molto molto carenti, molto superficiali. Purtroppo, in questo anche la legislazione non aiuta, perché la legislazione (…) fa riferimento ad una direttiva che è uscita solamente nel 2003, in un momento in cui, tra l’altro, misure di vibrazioni se ne facevano molto poche. Perché a quel tempo non c’era né know-how né strumentazione. La strumentazione aveva un costo molto elevato e quindi la legislazione ha previsto la possibilità di poter fare la valutazione del rischio vibrazioni basandosi su dati di letteratura. Ovvero sia consultando la banca dati del portale Agenti Fisici oppure utilizzando i dati dichiarati dal costruttore delle attrezzature che vengono utilizzate dal lavoratore.
Purtroppo, una valutazione di questo tipo, spesso e volentieri, non è molto attendibile sull’effettivo livello di rischio.
La vibrazione andrebbe fatta facendo delle misure. Misure che sono anche un pochino complicate perché c’è una variabilità interoperatore che è molto elevata. E quindi richiedono anche tempo e impegno di risorse umane e temporali per fare una buona misura del rischio vibrazioni.
Quello che succede è che poi, nella mia esperienza – io ho fatto sul campo almeno 60-70 valutazioni di rischio su persone che denunciavano malattie professionali da vibrazioni – mi sono accorto che spesso e volentieri, andando io stesso a misurare l’esposizione a vibrazione di queste persone, mi ritrovavo con valori di esposizione che erano inferiori al valore d’azione previsto dal decreto legislativo 81.
Quindi facendo l’esame solamente sulla vibrazione, avrei dovuto ritenere queste persone non esposte a rischio, ma in realtà queste persone avevano tutte quante una patologia più o meno grave legata a qualcosa che era dovuto sia all’effetto delle vibrazioni sia all’effetto di altri fattori sinergici.
Il rischio vibrazioni, la multifattorialità e i fattori sinergici
Parliamo ancora di multifattorialità e di fattori sinergici…
Stefano Casini: I fattori sinergici principali sono la movimentazione manuale dei carichi, per quanto riguarda le patologie alla schiena, le posture incongrue, mantenute per lungo tempo – e questo può riguardare sia le vibrazioni che colpiscono la schiena, sia quelle che colpiscono il sistema mano-braccio. Poi ci sono i movimenti ripetuti. I movimenti ripetuti riguardano soprattutto le affezioni che interessano il distretto mano-braccio.
(…)
Ci può fare qualche esempio specifico di sinergie che possono aumentare i rischi dei lavoratori?
Stefano Casini: Sì. Per quanto riguarda gli autotrasportatori, ovvero sia i conducenti di automezzi che fanno viaggi molto lunghi, oppure i conducenti di autobus di linea, trasporto urbano, noi abbiamo un problema legato al fatto che il conducente sta seduto per lungo tempo in una posizione fissa e questo provoca un aggravamento del fattore vibrazioni.
E per quanto riguarda, per esempio, invece gli agricoltori c’è un problema legato al fatto che l’agricoltore mentre utilizza l’aratro sul trattore, soprattutto sui trattori più vecchi, è costretto a guidare il trattore tenendo una postura incongrua di questo tipo (l’intervistato la mostra durante l’intervista, ndR), ovvero con la testa rivolta verso l’indietro per vedere che l’aratro vada nel verso giusto e che non ci siano intoppi mentre sta arando il campo. Inoltre, sempre negli agricoltori (…) la raccolta della frutta e dei loro prodotti li obbliga a fare delle operazioni di movimentazione manuale dei carichi che sono concentrate, è vero, in pochi periodi dell’anno, però sono molto gravose.
Un altro fattore di rischio che ho riscontrato molto frequentemente, sempre negli agricoltori che raccolgono la frutta, riguarda le operazioni di potatura e di raccolta della frutta che implicano l’utilizzo di attrezzature manuali, quali sono i “forbicioni” o i seghetti per tagliare i rami. Operazioni che portano ad avere problemi sia al polso, sindromi del tunnel carpale, sia alla spalla perché devono mantenere per lungo tempo il braccio in posizione alzata.
Lo stesso può valere anche per alcuni casi, quali ad esempio i meccanici autoriparatori che lavorano in buche e lavorano quindi sotto gli automezzi pesanti. Anche loro lavorano spesso con le braccia sopra la spalla e questo può portare a problemi di lesione della cuffia dei rotatori. In questo caso c’è, per questi lavoratori, un utilizzo anche saltuario di attrezzature vibranti come, ad esempio, l’agricoltore utilizza il decespugliatore, la motozappa, la motosega, …
Però andando a fare una valutazione del rischio, queste attrezzature sì lo espongono a vibrazioni, ma non è un utilizzo continuo. Per cui andando a fare i calcoli, utilizzando appunto il decreto legislativo 81 e le norme tecniche vigenti, l’esposizione rimane comunque al di sotto del valore d’azione. Però tutti i fattori sinergici fanno in maniera tale che poi nascono queste patologie professionali.
Il rischio vibrazioni e i consigli su come migliorare la prevenzione
Che consigli si possono dare a RSPP, tecnici valutatori per migliorare la valutazione del rischio vibrazione?
Stefano Casini: Allora, un consiglio generale, che non riguarda solo il rischio vibrazione, è quello di non basarsi solamente sul rispetto del dettato normativo, cioè non focalizzarsi sull’adempimento normativo. Io vedo che, qua in giro (l’intervistato fa riferimento ad Ambiente Lavoro, ndR) è pieno di software che ti fanno il documento di valutazione dei rischi in automatico, perché così rispondi a quello che dice la legge, ma senza nessun approfondimento.
Quindi la prima cosa è mettere la persona al centro. Ovvero sia focalizzarsi su quella che è la persona, non fare valutazioni asettiche perché spesso e volentieri il datore di lavoro chiama il consulente esterno che non vive in azienda, non sa cosa succede in azienda, viene là, applica pedissequamente qualche norma tecnica, fa le misure così a spot, senza neanche capire bene quali sono le attività svolte dal lavoratore, estende il suo bel rapportino in automatico e nessuno è mai esposto.
Quindi, prima cosa, concentrarsi sulla persona. Seconda cosa, naturalmente un RSPP dovrebbe sempre studiare, documentarsi, aggiornarsi.
Nel caso specifico, per quanto riguarda le vibrazioni, l’RSPP dovrebbe valutare, appunto, intervistando la persona e conoscendo bene i processi lavorativi che questa persona svolge e se c’è la presenza di fattori sinergici. E quindi nella valutazione del rischio vibrazioni non mettere solamente il numeretto dell’esposizione delle vibrazioni, ma scrivere anche che (…) magari c’è un problema di movimentazione manuale dei carichi, se possibile anche quantificarlo numericamente, c’è un problema di movimenti ripetuti, c’è un problema di posture incongrue.
Cosa dovrebbero fare le aziende e anche il legislatore, o chi comunque crea norme tecniche, per avere più strumenti e migliorare la prevenzione?
Stefano Casini: Beh, il legislatore purtroppo non credo possa fare molto perché noi già abbiamo tanta normativa sulla sicurezza del lavoro che purtroppo viene applicata male o appunto viene vista come un adempimento. Si fanno documenti di valutazione del rischio di 300 pagine dove alla fine non c’è scritto nulla o tuttalpiù c’è una analisi molto puntuale sul fattore di rischio, ma poi non c’è niente che riguarda le misure di prevenzione e protezione da attuare dopo.
Tanto per fare un paragone è come se uno andasse dal dottore e si facesse fare tutte le analisi possibili e immaginabili, è poi una volta che il dottore gli diagnostica una certa patologia non c’è una prescrizione per curarsi.
Quindi i documenti di valutazione di rischio sono questi. Sono tanti esami, ma se c’è una patologia, non ti dico come devi curarti.
Dal punto di vista delle norme tecniche, purtroppo le norme tecniche vengono fatte a livello internazionale, è un processo lento e farraginoso e non si tiene conto di tutti gli aspetti poi reali sul campo.
Quello che possono fare sicuramente i datori di lavoro e gli RSPP è sensibilizzare i lavoratori in ogni caso, a prescindere da quelli che sono i livelli di esposizione. Ovvero (…) qualora si abbia a che fare con un lavoratore che utilizza attrezzature vibranti in maniera non proprio saltuaria (…) è bene fargli una formazione, spiegargli quali possono essere i mezzi per limitare l’esposizione ed, eventualmente, sentito il medico competente, sottoporlo ad un minimo di sorveglianza sanitaria periodica per verificare che queste malattie non insorgano.
Anche perché sono malattie molto subdole, ci vogliono in genere diversi anni, 5-10 anni minimo di esposizione. E all’inizio il lavoratore non se ne accorge (…). Se nessuno gli dice niente, appena si manifestano i primi sintomi, lui continua a lavorare, e magari per correggere accentua qualche altra disfunzione. Quindi inizia ad avere una postura diversa per compensare il braccio che gli fa male e praticamente fa ammalare anche l’altro braccio.
Quindi è importante informazione, formazione, sorveglianza sanitaria. E comunque vedere la persona nel suo insieme e valutare tutto quanto insieme, non fare solamente l’applicazione pedissequa della norma.
(…)
Fonti: Puntosicuro.it, Tiziano Menduto