Quali sono i nuovi strumenti che consentono di valutare l’impegno biomeccanico con la registrazione e l’analisi di parametri fisiologici e biomeccanici? Sono alternativi ai metodi osservazionali classici? Ne parliamo con Francesco Draicchio dell’Inail.
Se nel mondo del lavoro le malattie muscoloscheletriche appaiono in costante aumento e diventa sempre più urgente nelle aziende un efficace approccio ergonomico, fortunatamente la ricerca e l’evoluzione della tecnologia forniscono utili strumenti per migliorare la prevenzione.
Stiamo parlando di nuovi strumenti che consentono di valutare l’ impegno biomeccanico “tramite la registrazione e l’analisi di parametri fisiologici e biomeccanici quali la frequenza cardiaca, le forze di compressione a livello lombo-sacrale e l’attività muscolare tramite elettromiografia di superficie”.
E in questo caso l’utilizzo dei parametri fisiologici per la valutazione dei rischi da sovraccarico biomeccanico “risulta una valida alternativa all’utilizzo dei più comuni protocolli di valutazione del rischio” specialmente in quei contesti lavorativi dove risultano inapplicabili o non riescono a cogliere le peculiarità della mansione da esaminare.
A ricordarlo in questi termini è la presentazione di un workshop Inail, dal titolo “Metodi fisiologici per la valutazione del rischio biomeccanico”, che si è tenuto durante la manifestazione Ambiente Lavoro 2018 di Bologna. Un workshop che ha testimoniato anche l’impegno dell’Inail nella promozione di una più efficace prevenzione dei rischi biomeccanici nei luoghi di lavoro.
I nuovi strumenti per valutare l’impegno biomeccanico
E proprio per fornire ai nostri lettori ulteriori informazioni su questi strumenti di valutazione del rischio biomeccanico, con alcuni esempi applicativi, abbiamo intervistato il 17 ottobre 2018, durante Ambiente Lavoro, Francesco Draicchio del Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale dell’Inail e responsabile scientifico del workshop.
Com’è la situazione in Italia? Nelle aziende è diffuso un approccio ergonomico? Quali sono le criticità?
E riguardo alla valutazione del rischio, quali sono gli strumenti che consentono di valutare l’impegno biomeccanico, non solo a livello osservazionale, attraverso la registrazione e l’analisi di parametri fisiologici e biomeccanici? Come sono utilizzati questi strumenti nelle postazioni di lavoro?
Qual è il rapporto tra questi metodi di valutazione innovativi e i metodi osservazionali classici? Sono alternativi o complementari?
Come sempre diamo ai nostri lettori la possibilità di seguire integralmente la video intervista e/o di leggerne una parziale trascrizione.
L’intervista di PuntoSicuro a Francesco Draicchio
Il tema del rischio biomeccanico è un tema attuale perché sappiamo che le malattie muscoloscheletriche sono in crescita non solamente in Italia ma anche in tutta Europa. Nel workshop di che tipologia di rischio biomeccanico avete parlato?
Francesco Draicchio: “In particolare in questo workshop abbiamo parlato delle nuove metodologie di valutazione del rischio biomeccanico e quando parliamo di rischio biomeccanico ci riferiamo fondamentalmente alle attività di movimentazione manuale dei carichi, quindi di sollevamento, ai movimenti ripetuti dell’arto superiore, la ripetitività, e alle posture. (…)”.
Com’è la situazione in Italia? Nelle aziende un approccio ergonomico è diffuso? C’è sufficiente attenzione alle posture, all’adeguamento delle attrezzature e degli ambienti?
F.D.: “Potrei rispondere così… In questi anni si sono certamente fatti dei passi in avanti. Tuttavia c’è bisogno ancora di lavorare molto su questo. Per la mia esperienza nelle aziende, che ho frequentato per motivi di studio, ho visto che spesso c’è bisogno di lavorare molto ancora su questo tema della prevenzione del rischio biomeccanico”.
A suo parere c’è una carenza di conoscenza, di consapevolezza del rischio, o una mancanza di volontà nel mettere in atto adeguate strategie di prevenzione?
F.D.: “Forse ha ragione. C’è anche – come posso dire? – una mancanza di cultura, perché quando noi abbiamo spiegato, abbiamo proposto delle soluzioni, abbiamo trovato attenzione. Forse non sempre si ha sufficiente consapevolezza di questi aspetti”.
Nel vostro workshop avete parlato di nuovi strumenti di valutazione del rischio.
Esistono nuovi strumenti che consentano di valutare l’impegno biomeccanico, non solo a livello osservazionale, attraverso la registrazione e l’analisi di parametri fisiologici e biomeccanici? È un’opportunità importante per le aziende?
F.D.: “È una grande opportunità. Abbiamo la possibilità, con lo sviluppo delle tecnologie, di utilizzare degli strumenti idonei a quantificare in una maniera più precisa il rischio biomeccanico nei diversi settori oltre le metodologie osservazionali.
Parliamo delle nuove tecnologie di analisi del movimento, sostanzialmente la sensoristica inerziale che ci consente di studiare la cinematica, cioè le modalità di esecuzione del compito. Lo studio dell’attività elettromiografica che ci permette di valutare l’impegno muscolare e i sensori di forza che ci consentono di studiare le forze applicate, …
Tutto questo insieme di strumenti, oggi largamente disponibili, ci permettono di integrare le metodologie osservazionali più diffuse, consentendo di quantificare gli elementi che le caratterizzano. Quindi possiamo avere l’integrazione delle moderne tecnologie nei metodi osservazionali. E, per una serie di aspetti, queste tecnologie ci consentono di affrontare la valutazione in quei settori in cui le metodologie attualmente più diffuse non sono capace di dare risposte”.
Facciamo qualche esempio…
F.D.: “Facciamo un esempio pratico.
Nel campo dei movimenti ripetuti dell’arto superiore noi abbiamo tante metodologie, le più conosciute sono l’Ocra check list, l’Ocra Index, poi ci sono altre metodologie come lo Strain Index, Hand Activity Level, …
Per tutti questi strumenti di questo gruppo la valutazione della forza impiegata la si fa, diciamo, con lo studio della soggettività del lavoratore. Oggi invece è possibile con l’elettromiografia di superficie acquisire dei dati quantitativi relativi all’impegno di forza e all’attività muscolare. È questo, che avviene molto più largamente che in Italia in molti paesi del mondo, oggi è possibile, in maniera semplice, anche in Italia perché questi strumenti sono diventati molto più accessibili”.
Per fare queste valutazioni cosa viene fatto nella postazione di lavoro?
F.D.: “Possiamo applicare sui muscoli impegnati nelle attività dei piccolissimi sensori, del peso di pochi grammi, che, senza fili, trasmettono i segnali relativi all’attività elettrica dei muscoli ai nostri computer. Con l’elaborazione di questi segnali noi possiamo avere delle informazioni di carattere quantitativo sull’attività che viene svolta da lavoratore”.
(…)
Come fanno le aziende e gli operatori a conoscere questi nuovi strumenti?
F.D.: “Noi, come Inail, promuoviamo una serie di iniziative formative per, diciamo, i tecnici impegnati nel settore, iniziative che guidano all’utilizzo di questi strumenti nuovi. (…)
È un nostro continuo impegno la promozione della loro conoscenza. (…) Oggi sempre di più lo sviluppo di queste tecnologie le rendono disponibili per un largo utilizzo, anche nel nostro paese, come avvenuto prima di noi in altri paesi europei e negli Stati Uniti”.
Qual è il rapporto tra questi metodi di valutazione innovativi e i metodi osservazionali classici? Sono alternativi o complementari?
F.D.: “Allora li possiamo considerare sia complementari che alternativi. Vediamo in che senso.
Complementari perché possiamo utilizzare le nuove metodologie di analisi per acquisire quei dati che sono necessari per l’utilizzo delle tecniche standardizzate oggi in uso.
Faccio l’esempio soprattutto per quanto riguarda le posture o l’attività muscolare. Abbiamo dati che possiamo ottenere con le nuove tecnologie, l’elettromiografia e la strumentazione cinematica. Questo ci consente di introdurre, ad esempio in Ocra, dei dati relativi all’impegno di forza… (…)
Ma c’è un altro settore molto ampio che riguarda quelle condizioni in cui i metodi standardizzati non possono essere usati. Tutti conosciamo le grandi limitazioni, per esempio, del metodo Niosh che ha tutta una serie di settori in cui non può essere utilizzato. Bene, per questi settori le nuove metodologie ci offrono la possibilità di valutare tutta una serie di attività che prima non potevamo valutare”.
Fonti: Puntosicuro.it