Opinioni e strumenti in materia di coronavirus: un esempio di risposta opponibile a chiunque richieda indebitamente l’aggiornamento del DVR da coronavirus in quei casi in cui l’esposizione sia di natura non professionale. A cura dell’Ing. Giorgio Gallo.
È evidente che il tema relativo all’eventuale aggiornamento della valutazione dei rischi – un aggiornamento utile/inutile/obbligatorio? E in quali condizioni? – in relazione all’emergenza del nuovo coronavirus, sia un tema spinoso. E lo si è visto anche, in alcuni casi, dal tono di molti commenti che non solo sono critici verso le posizioni espresse in alcuni contributi pubblicati, ma che invitano il nostro giornale a prendere posizione, a scegliere una delle parti rispondendo e fornendo il chiarimento definitivo su quando sia necessario e in che ambiti lavorativi aggiornare la valutazione dei rischi.
Ribadiamo che non è questo il compito di un organo di informazione. Il nostro compito è quello di raccogliere le opinioni, a volte divergenti, da parte di vari professionisti, di presentare le possibili risposte, di fornire gli strumenti critici per scegliere la posizione da assumere. E nostro compito – e lo stiamo portando avanti diligentemente anche se in modo meno evidente – è anche quello di stimolare un dibattito tra le persone e gli organi deputati a fornire i chiarimenti istituzionali che ancora mancano.
In attesa dei doverosi chiarimenti istituzionali (Ministero del Lavoro? Commissione Interpelli? Ispettorato Nazionale Lavoro? Inail?) su come gli operatori e le aziende debbano comportarsi riguardo al nuovo coronavirus, riceviamo e pubblichiamo oggi un contributo di un nostro lettore, l’Ing. Giorgio Gallo (RSPP, Coordinatore per la sicurezza, formatore, Consulente tecnico, …). Un documento che, in linea con quanto già affermato su PuntoSicuro dall’ ingegner Catanoso, vuole fornire un modello di risposta agli imprenditori che richiedono un aggiornamento del documento di valutazione dei rischi a causa dell’emergenza del SARS-Cov-2.
In questo periodo storico, da consulente ed RSPP di diverse aziende, mi sono trovato in diverse occasioni ripetitive a dover rispondere alla domanda che oramai attanaglia tantissimi imprenditori: “è necessario provvedere all’aggiornamento del capitolo del rischio biologico nel DVR a seguito dell’emergenza Corona Virus (SARS-Cov-2)?”. Puntualmente, ho dovuto rispondere: <<Beh, dipende!>>
A questa risposta è dovuta seguire la spiegazione di cosa sia un’esposizione professionale al rischio biologico da contatto accidentale o deliberato con conseguente necessità o meno dell’aggiornamento della valutazione dei rischi, come richiesto dal D.Lgs.81/08, e cosa sia invece un rischio non professionale in quanto sovrapponibile alla comune popolazione, per il quale non ricade sul Datore di Lavoro il potere risolutivo e direttorio, ma piuttosto basta attenersi, lui come i suoi lavoratori, alle specifiche misure imposte dagli enti sanitari e dal Ministero, passando anche per iniziative e campagne di informazione al proprio personale.
In qualche modo, mi son trovato anche costretto a dover “standardizzare” una risposta scritta, visto le richieste continue, per cui attingendo anche dall’articolo di Carmelo Catanoso pubblicato proprio su Punto Sicuro sul tema (La valutazione dei rischi e il DVR ai tempi del Coronavirus) e da alcune considerazioni ammirevoli di Andrea Rotella, ho predisposto un documento che riporto integralmente a seguire, naturalmente depurato da dati privati e reso “anonimo” in modo che chiunque, ove lo ritenga eventualmente utile, possa farlo proprio per rispondere, a sua volta, alle medesime richieste, a volte assurde, di aggiornamento del predetto documento. Una versione simile, sempre mia, è stata anche diffusa da Ugo Fonzar, tramite il suo noto blog e forum.
Chiarisco che l’obiettivo non è assolutamente minimizzare il problema. Di fatto lo scrivente sposa in pieno tutte le considerazioni già dettagliate dai citati colleghi e che non ripeto per brevità di scrittura, ed in prima linea mi sono fatto promotore delle necessarie informative, ed ove previsto oppure opportuno, degli aggiornamenti della valutazione del rischio biologico e/o delle procedure di lavoro. Bensì, con il presente articolo, si vuole evidenziare, almeno spero, quale dovrebbe essere la corretta visione normativa e la reale dimensione del problema in termini di sicurezza sul lavoro, proponendo uno strumento, per evitare che si possa creare un pericoloso precedente e perché credo fermamente che se viviamo in uno stato di diritto, l’art.23 [1] della Costituzione debba essere sacralmente rispettato. Di fatti, un’altra domanda che comunemente mi viene fatta è: <<ma per stare tranquilli ed evitare sanzioni, non è forse meglio rivederlo a prescindere il documento?>>. Lo scrivente ritiene che la sicurezza sul lavoro, già spesso ridotta ad un mero arzigogolo documentale e a collezioni pregiate di alchimie equazionistiche, finisca di trasformarsi anche in questa occasione in un prolisso, articolato e complicato collage di fogli di carta inutili, nei casi in cui la norma non lo richiede, per mere “esigenze oftalmiche” di provare in qualche modo a dribblare eventuali richieste pretestuose di enti di vigilanza che, pur costituiti in gran parte da eccellenti rappresentanti, talvolta peccano, più o meno involontariamente, nelle medesime “buche” del falso mito “che più carta c’è, meglio è!”. Insomma il precedente di cui parlavo è proprio quello che potrebbe portare, non appena tutto sarà finito (e si spera presto!), qualche ispettore a comminare sanzioni in quanto il DVR “ora per allora”, non era stato aggiornato a prescindere per l’ emergenza Corona Virus, anche nei casi non previsti.
Chiediamoci un po’ tutti noi professionisti della materia: quanto tempo oramai passiamo a scrivere documenti per le esigenze burocratiche in confronto al tempo che si dovrebbe invece realmente impiegare in mezzo agli operai, le macchine, gli impianti, i processi, ecc. per dare supporto operativo al Datore di Lavoro? Se questo divario purtroppo oggi diviene sempre più ampio, già a causa non solo dei complessismi della materia (chi non ha lavorato ab origine ai documenti anche pensandoli come “scudi” da eventuali contestazioni “apocrife”, spendendo un mucchio di tempo?), ma anche per gli aggiornamenti continui della normativa e degli adempimenti necessari, non è forse il caso di rivedere una volta e per tutte almeno quelle visioni talebanistiche che nulla aggiungono alla reale prevenzione, se non contribuire al disboscamento del mondo?
Ecco, lasciando ad ognuno di noi in scienza e coscienza di scegliere come meglio spendere il tempo in questo campo complesso che è la sicurezza sul lavoro, fermo restando quanto sia espressamente obbligatorio oppure opportuno per migliorare veramente le aziende, il sottoscritto propone, nell’ottica di cui prima, l’esempio di come rispondere –in tal caso sulla follia dell’aggiornamento del DVR da Corona Virus nei casi non previsti– non solo a chi non ha chiaro alcuni concetti, a parere del sottoscritto, ma anche a coloro che vedono talebanisticamente carte ovunque, anche quando non è strettamente necessario, per non dire inutile e deleterio ai fini della reale prevenzione. E’ innegabile comunque che chi propone aggiornamenti del DVR da Corona Virus da 50€ a 250€ facendo semplicemente “click” su un sito internet, vedrà evidentemente in tutto questo un discreto business, per cui sono certo che contesterà a prescindere questo articolo, ma tanti come me se ne faranno una ragione.
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Gentile cliente
come ho anticipato telefonicamente, personalmente è già da qualche giorno che mi giungono richieste in tal senso, ma purtroppo è mio parere che la follia collettiva che si è generata ha anche in qualche modo determinato la pretesa di misure drastiche e ultronee rispetto alla normativa, specificatamente per la sicurezza sul lavoro secondo il novellato D.Lgs.81/08 e s.m.i., tanto che sono intervenute anche associazioni e sindacati, riportando e copiaincollando anche in modo errato indicazioni che invero il legislatore non ha mai richiesto se non per specifiche attività lavorative. La confusione che a mio avviso si fa è considerare tout-court l’esposizione al Corona Virus (che fa parte di una famiglia di virus che determinano sintomi simil influenzali, sebbene la variante ultima sia una mutazione specifica di cui non esiste ancora vaccino) come rischio professionale a prescindere dal settore e dall’ambito lavorativo, per cui ne conseguirebbe inevitabilmente una revisione del Documento di Valutazione dei Rischi, delle misure preventive e protettive e di quelle a carattere sanitario.
Non è così.
Dove sta scritto? Ovviamente mi duole dover fare riferimento alla normativa, ma tale questione va risolta in punta di diritto, visto che si commette proprio l’errore di considerare l’esposizione al Corona Virus a prescindere come esposizione professionale.
La questione parte da un principio incontrovertibile, e cioè che i rischi che si devono valutare all’interno del DVR sono quelli che rientrano nell’alveo dei rischi professionali e cioè i rischi per la sicurezza sul lavoro a cui è esposto un lavoratore nell’espletamento della sua attività lavorativa nella specifica mansione e all’interno dell’organizzazione aziendale ove il Datore di Lavoro ha disponibilità giuridica anche sulle misure compensative, preventive e protettive che può disporre in base ai propri poteri direzionali. La conferma, se serve, deriva dalle definizioni stesse del D.Lgs. n. 81/08.
art.2 comma 1 lett.n) D.Lgs.81/08: «prevenzione»: il complesso delle disposizioni o misure necessarie anche secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e dell’integrità dell’ambiente esterno;
art.2 comma 1 lett.l) D.Lgs.81/08: «servizio di prevenzione e protezione dai rischi»: insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all’azienda finalizzati all’attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali per i lavoratori;
Pertanto, ogni qual volta il legislatore fa riferimento al termine “tutti i rischi”, citati per esempio nell’art.28 (valutazione dei rischi) o art.15, non può che far riferimento ai rischi professionali che siano quindi endogeni all’organizzazione aziendale o comunque collegati all’attività svolta.
Pertanto, il rischio biologico da Corona Virus è da intendersi rischio professionale? La risposta è: dipende dalle attività svolte dai lavoratori.
Certamente è un rischio professionale per chi espleta mansioni specifiche che determinano un incremento dell’entità del rischio rispetto alla popolazione, denominandosi in tal caso “rischio da contatto deliberato” oppure “rischio da contatto accidentale aggravato”, mentre non è un rischio professionale per tutti gli altri casi.
Il primo caso (rischio professionale) riguarda per esempio i laboratori che operano per trovare il vaccino da Corona Virus, oppure le strutture sanitarie ed ospedaliere che hanno a che fare con pazienti infetti o potenzialmente infetti, per i quali il Datore di lavoro dovrà aggiornare la valutazione, sebbene nel caso specifico ci sia “poco da valutare” piuttosto “trovare misure compensative di riduzione dell’esposizione” (la valutazione è già stata fatta, e aggiornata costantemente, a livello Ministeriale di OMS). In tal caso occorrerà adottare misure di riduzione della probabilità, non potendo gestire il danno potenziale intrinseco (che, per inciso, non conoscono nemmeno gli enti sanitari preposti!). Il secondo caso (rischio non professionale) riguarda invece tutte le restanti mansioni ove il rischio sia sostanzialmente riconducibile a quello di chiunque altro nella popolazione ove il Datore di Lavoro non deve fare altro che attenersi alle misure stabilite dal Ministero e su cui purtroppo oggi si fa molta confusione ponendoli sullo stesso piano del primo caso.
E non sono io consulente a dirlo, ma la normativa del D.Lgs.81/08! Infatti il caso vuole che proprio nella normativa esista un capitolo espressamente dedicato al rischio biologico, il Titolo X il quale, all’art. 271, definisce le norme per la valutazione del rischio.
Art. 266 comma 1 D.Lgs.81/08 (Campo di applicazione): Le norme del presente titolo (agenti biologici) si applicano a tutte le attività lavorative nelle quali vi è rischio di esposizione ad agenti biologici.
Di fatti, come si legge, il particolare capitolo dedicato al rischio biologico riguarda le attività lavorative ove ci sia un rischio da esposizione ad agenti biologici, ove l’attività lavorativa sia quella intesa nel senso espresso sopra, ovvero ove si possa parlare di esposizione professionale, che tenga quindi conto della reale esposizione deliberata ad agenti biologici.
A rafforzare tale concetto, la stessa normativa riporta il successivo art.271 comma 4:
art.271 comma 4 D.Lgs.81/08: Nelle attività, quali quelle riportate a titolo esemplificativo nell’Allegato XLIV, che, pur non comportando la deliberata intenzione di operare con agenti biologici, possono implicare il rischio di esposizioni dei lavoratori agli stessi, il datore di lavoro può prescindere dall’applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 273, 274, commi 1 e 2, 275, comma 3, e 279, qualora i risultati della valutazione dimostrano che l’attuazione di tali misure non è necessaria.
L’allegato XLIV esemplificativo, riporta i seguenti casi che rientrano come già detto nelle situazioni di rischio accidentale aggravato, ovvero:
- Attività in industrie alimentari.
- Attività nell’agricoltura.
- Attività nelle quali vi è contatto con gli animali e/o con prodotti di origine animale.
- Attività nei servizi sanitari, comprese le unità di isolamento e post mortem.
- Attività nei laboratori clinici, veterinari e diagnostici, esclusi i laboratori di diagnosi microbiologica.
- Attività impianti di smaltimento rifiuti e di raccolta di rifiuti speciali potenzialmente infetti.
- Attività negli impianti per la depurazione delle acque di scarico.
L’elenco non è esaustivo, ma chiarisce in modo chiaro quale è l’alveo in cui bisogna ricercare queste condizioni di “rischio accidentale aggravato”, ovvero ove il rischio non sia ritenibile sovrapponibile a quello della popolazione. In sostanza si è espressamente voluto escludere tutte quelle attività per il quale il rischio biologico non è un rischio professionale, ovvero è un rischio del tutto comparabile a quello della popolazione non lavorativa. Ne sono un esempio imprese edili, aziende produttive, logistica, carpenterie, uffici, negozi comuni, ecc. Per queste attività la valutazione del rischio biologico sarebbe equiparabile alla valutazione del rischio chimico a causa per esempio dell’inquinamento atmosferico. Sono in soldoni attività per le quali non è maggiore la probabilità di contagio comparata alla probabilità di chiunque altro nella popolazione andando a fare la spesa, oppure andando alla posta, uscendo in auto, incontrando normalmente gente e propri parenti. Ed ecco che per esempio un impiegato e un magazziniere, non hanno un maggior rischio biologico di ammalarsi della COVID-19 rispetto a quello che avrebbe andando al supermercato o al bar sotto casa o andando a prendere un figlio a scuola, solo perché si spostano per andare in azienda o semplicemente nel territorio (fuori dai focolai ovviamente, visto che per gli stessi esistono già restrizioni, quindi gestiti ab origine), o perché si è seduti alla scrivania lavorando al videoterminale con i colleghi accanto o perché si sta usando un carrello elevatore. Quindi costoro non sono soggetto alle specificazioni del Titolo X del D.Lgs.81/08.
D’altronde, ove per rischio biologico il legislatore avesse inteso qualsiasi tipologia di esposizione a prescindere dal carattere endogeno, professionale o accidentale aggravato, non avrebbero avuto senso né il comma 4 dell’art.271 e né l’All.XLIV.
Naturalmente nella piena diligenza del Datore di Lavoro e nel rispetto dell’art.2087 cc, devono essere adottate misure generali come già previsto dal Ministero e degli enti sanitari preposti, nelle recenti pubblicazioni, tramite l’adozione di cautele dettate dall’autorità, oltre al dovere di mantenersi aggiornato sulla loro evoluzione. In tal senso, vanno predisposte comunicazioni ed informative chiarificatrici delle misure generali da adottare, come per esempio quelle della circolare 3190 del 03/02/2020 per le attività non sanitarie, ed ogni ulteriore misura di prevenzione dettata dal datore di lavoro in relazione a quanto egli ritiene eventualmente necessario promuovere in aggiunta.
Considerato che l’attività svolta dall’azienda non rientra tra quelle che prevedono una esposizione di natura professionale al rischio biologico da Corona Virus, per i seguenti motivi:
- (riportare la descrizione dell’azienda, le attività svolte, le mansioni presenti, ecc.)
con questo spero di aver chiarito perché la richiesta è a mio avviso non disimpegnabile in quanto non congruente con la previsione normativa, oltre che non necessaria o opportuna in relazione al tipo di attività svolta.
Cordiali Saluti
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Fonti: Ing. Giorgio Gallo, Puntosicuro.it
[1] Art. 23 Costituzione: nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge