Esempi di infortuni correlati alla neutralizzazione dei dispositivi di sicurezza nelle macchine. La manomissione in un tornio orizzontale e nel reparto verniciatura di una ditta. Quanto è diffusa la manomissione dei dispositivi nelle aziende?
Con questa puntata della rubrica “ Imparare dagli errori”, dedicata al racconto e all’analisi degli infortuni, concludiamo il lungo percorso attraverso gli infortuni dovuti alla neutralizzazione dei dispositivi di sicurezza delle macchine.
Abbiamo visto, nelle precedenti puntate, come la neutralizzazione possa dipendere da manomissioni, manipolazioni o elusioni dei dispositivi, come possa essere volontaria o involontaria e come possa essere impedita. E abbiamo anche ricordato la normativa europea e le norme tecniche correlate al tema.
Oggi raccogliamo nella rubrica ancora qualche infortunio professionale e presentiamo un approfondimento sulla manomissione dei dispositivi di sicurezza tratto da una intervista realizzata dal nostro giornale.
Le dinamiche infortunistiche presentate sono tratte dall’archivio di INFOR.MO., strumento per l’analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi.
I dispositivi di sicurezza e i casi di infortunio
Il primo caso riguarda un infortunio che si è verificato in un reparto di lavorazioni meccaniche di una ditta che produce macchine per l’industria cartaria, durante operazioni di finitura di una flangia metallica effettuate con un tornio orizzontale a controllo numerico di grandi dimensioni.
Un lavoratore sale sulla piattaforma e si avvicina al pezzo in rotazione, vicino alla torretta portautensili per rimuovere, con l’ausilio di un corto rampino metallico, la matassa di truciolo che si sta accumulando in corrispondenza dell’utensile.
Un foro presente sulla flangia in lavorazione aggancia la punta del rampino e lo trascina, e con essa la mano che lo impugna. La mano viene così incastrata e schiacciata tra pezzo e torretta portautensili. Con la mano libera l’infortunato riesce ad azionare l’arresto di emergenza che si trova sulla pulsantiera mobile poco distante, facendo fermare il tornio, sia pure non immediatamente a causa dell’inerzia. Solo dopo l’intervento del personale del 118 l’infortunato viene liberato e soccorso.
L’infortunato aveva potuto accedere alla piattaforma ed avvicinarsi al pezzo in rotazione in quanto la protezione offerta dagli schermi interbloccati di cui la macchina era provvista non era completa (restava spazio per passare) e, comunque, resa inefficace dalla manomissione dei dispositivi di interblocco dei ripari.
Questi i fattori causali rilevati:
il lavoratore “si avvicinava ed avvicinava la mano ad un pezzo in lavorazione al tornio per rimuovere con un rampino il truciolo metallico vicino all’utensile;
tornio orizzontale dotato di ripari incompleti e comunque manomessi contro l’accesso alle zone pericolose”.
Nel secondo caso l’infortunato lavora nel reparto verniciatura di una ditta.
All’interno del reparto si occupa della regolazione delle macchine che spalmano lo strato di finitura sulle lamelle di legno. La mattina dell’infortunio “comincia a lavorare alla linea olio facendo normale produzione. Dopo 2 ore di lavoro aziona la macchina spalmatrice per eseguire delle prove colore. Terminata questa operazione deve eseguire la pulizia della macchina, quindi comincia l’operazione di pulizia ed effettua il ‘lavaggio’ della macchina. Terminato il lavaggio allarga i rulli e va in pausa. Poi torna nel reparto e riprende il lavoro.
Apre il coperchio della macchina, che non si arresta e non imposta il ciclo ‘pulizia’ che avrebbe invertito il senso di rotazione dei rulli, e continua la pulizia della stessa. Si trova però ad operare con i rulli in movimento e quando avvicina la mano destra ai rulli, questa viene agganciata dai rulli in movimento che trascinano anche l’avambraccio dentro la macchina procurandogli una ferita al braccio destro. Nessuno assiste all’infortunio e il lavoratore viene liberato solo dopo l’arrivo del manutentore che smonta il rullo e libera il braccio del lavoratore”. Dagli accertamenti successivi è risultato “che il microinterruttore di blocco del coperchio era stato manomesso ed è emerso che il lavoratore ha operato senza impostare come ciclo di lavoro quello relativo alla pulizia che avrebbe fatto sì che i rulli girassero in modo da non prendere a contrasto il braccio. È emerso inoltre che il preposto nominato dall’azienda non ha segnalato la manomissione della macchina.
I fattori causali rilevati:
il lavoratore “usava una macchina con dispositivo di sicurezza manomesso e non impostava il ciclo di pulizia;
il preposto non ha vigilato sul corretto utilizzo dei macchinari;
la macchina era stata manomessa”.
La manomissione dei dispositivi è diffusa nelle aziende?
Come già preannunciato a inizio articolo, concludiamo questo percorso pubblicando un estratto di un’intervista rilasciata a PuntoSicuro nel 2014 dall’Ing. Stefano Arletti, dirigente del Servizio Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro (SPSAL) dell’ Ausl di Modena.
Che dati arrivano dalla vigilanza? La manomissione è un’eccezione o è qualcosa di purtroppo diffusa nelle aziende? E l’elusione?
Stefano Arletti: Purtroppo sono diffuse. Almeno per i dati che conosco è diffusa più la manipolazione che l’elusione perché l’elusione comporta comunque un certo studio del sistema per poterlo aggirare. La manipolazione, nonostante i dispositivi sempre più perfezionati, davanti a personale qualificato che sa come fare è relativamente semplice. I dispositivi di una ventina di anni fa erano manipolabili anche da un bambino dell’asilo senza particolari conoscenze. Oggi sono molto più sofisticati, ma alla fine individuando il punto giusto in cui azzerare quel segnale, la manipolazione è fatta. Questo avviene soprattutto e purtroppo nelle linee di produzione automatica dove una fermata emergenza costringerebbe alla fermata della linea e quindi perdita di produttività. Non c’è nessun altro motivo. A volte avviene anche in buona fede da parte del manutentore e dell’operatore che non ferma la linea per evitare altre cose (…). Però la manomissione esiste ed è frequente.
Cosa possono fare le aziende sanitarie regionali per migliorare la prevenzione? Come far capire che privilegiare la produttività a scapito della sicurezza è un rischio anche per le aziende?
S.A.: Le nostre azioni istituzionali sono azioni correttive che si esplicano attraverso emissione di un verbale di prescrizione che verrà portato a termine amministrativamente e non penalmente nel momento in cui si è sanata la situazione.
Però questo è il granello di sabbia nel deserto, perché per uno che scopri ce ne sono tanti altri da inseguire, da cercare. Allora da un lato il momento stesso della visita in azienda è un momento di divulgazione e quindi anche di prevenzione per il futuro.
Ma soprattutto si divulga la cultura della sicurezza nei momenti di partecipazione sotto qualunque forma, ad esempio con tutto quello che oggi è permesso dalla multimedialità. Ma anche attraverso i seminari e i convegni tradizionali. Informazione che arriva soprattutto anche ai lavoratori stessi spesso che a volte fanno in buona fede (la manomissione, ndr), pensando di agevolare in qualche modo il sistema, se mi è permesso il termine.
Perché non può esserci un input della direzione senza sensibilizzare chi poi è sul campo e viceversa non posso dar l’input sul campo quando la direzione tollera certe cose.
Bisogna ammettere una cosa. Nelle aziende strutturate – strutturate con quello che vuol dire in Italia, dove quando parliamo di grandi imprese non parliamo in termini europei ma ne parliamo in termini italiani, la grande impresa italiana assomiglia di più alla media impresa europea (…) – si comincia dopo un po’ di anni a capire cosa vuol dire l’applicazione dell’articolo 30 e quindi l’applicazione di un sistema di gestione della sicurezza che poi può essere associato anche ai sistemi di gestione della qualità e tutti gli altri sistemi di gestione.
Abbiamo già il riscontro, e dobbiamo farlo comprendere, che un sistema non solo bene organizzato ma anche sicuro aumenta la produttività. Mentre invece l’elemento che vado ad introdurre eludendo la sicurezza è quello che poi mi fa saltare l’organizzazione.
Diciamo che In questo momento stiamo parlando di aziende strutturate, non della totalità delle aziende. Però la cultura si sta diffondendo. Anche senza arrivare a dei veri e propri sistemi di gestione di sicurezza sul lavoro con i relativi modelli organizzativi e gestionali, di fatto si comincia a comprendere che l’operaio che non deve stare a casa due settimane perché ha perso un dito, di fatto è produttività. E non è produttività fargli perdere il dito…
Sito web di INFOR.MO.: nell’articolo abbiamo presentato le schede numero 4893 e 5215 (archivio incidenti 2002/2015).
Fonti: INFOR.MO., Puntosicuro.it