Quali sono le agevolazioni fiscali per le imprese previste per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale, kit diagnostici, vaccini e altre spese necessarie ad affrontare l’emergenza Covid-19?
Pubblichiamo un approfondimento della Fondazione Studi del Consiglio Nazionale Consulenti del Lavoro che passa in rassegna gli incentivi contenuti dapprima nel decreto Rilancio e poi incrementati dalla legge di Bilancio 2021 con ulteriori agevolazioni per la cessione dei vaccini Covid-19 e con l’implementazione dei criteri di individuazione dei dispositivi di protezione individuale detraibili ai fini delle imposte dirette.
Covid-19: le agevolazioni fiscali per vaccini e dispositivi di protezione individuale
Al fine di favorire l’adozione di misure dirette a contenere e contrastare la diffusione dell’epidemia da Covid-19 nei luoghi di lavoro, il decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla L. 17 luglio 2020, n. 77, nel Titolo VI dedicato alle “Misure fiscali”, ha introdotto:
• con l’articolo 125, un credito d’imposta in relazione alle spese sostenute nel 2020 per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti utilizzati, nonché per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale (DPI) e di altri dispositivi atti a garantire la salute dei lavoratori e degli utenti;
• con l’articolo 124, una disposizione agevolativa ai fini Iva per l’acquisto dei beni considerati necessari per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica.
Oltre alla trattazione delle citate misure previste dal c.d. decreto Rilancio, con il presente approfondimento verranno analizzate:
• le ulteriori agevolazioni ai fini Iva disposte dalla legge di Bilancio 2021 per la cessione dei vaccini Covid-19 e dei kit diagnostici;
• i criteri di individuazione dei dispositivi di protezione individuale detraibili ai fini delle imposte dirette.
1. IL CREDITO D’IMPOSTA PER LA SANIFICAZIONE E L’ACQUISTO DI DPI
1.1 AMBITO SOGGETTIVO
Al fine di contrastare la diffusione dell’epidemia da Covid-19, il comma 1 dell’articolo 125, D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla L. 17 luglio 2020, n. 77, riconosce un credito d’imposta in misura pari al 60% delle spese sostenute nel 2020 per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti utilizzati, nonché per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale. Dette spese, individuate al successivo secondo comma, devono essere sostenute da “soggetti esercenti attività d’impresa, arti e professioni, enti non commerciali, compresi gli enti del Terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti, nonché alle strutture ricettive extra-alberghiere a carattere non imprenditoriale a condizione che siano in possesso del codice identificativo di cui all’articolo 13-quater, comma 4, del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34”.
L’ambito soggettivo, pertanto, è circoscritto ai seguenti soggetti [1]:
• imprenditori individuali e società in nome collettivo e in accomandita semplice che producono reddito d’impresa indipendentemente dal regime contabile adottato;
• enti e società indicati nell’articolo 73, comma 1, lettere a) e b), del TUIR;
• stabili organizzazioni di soggetti non residenti di cui alla lettera d), del comma 1, dell’articolo 73 del TUIR;
• persone fisiche e associazioni di cui all’articolo 5, comma 3, lettera c), del TUIR che esercitano arti e professioni, producendo reddito di lavoro autonomo ai sensi dell’articolo 53 del TUIR;
• enti non commerciali, compresi gli enti del Terzo settore [2];
• enti religiosi civilmente riconosciuti [3];
• strutture ricettive extra-alberghiere a carattere non imprenditoriale a condizione che siano in possesso del codice identificativo di cui all’articolo 13-quater, comma 4, del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34.
La disposizione non prevede alcuna distinzione in ordine al regime fiscale adottabile dai soggetti beneficiari, pertanto possono accedervi:
• i soggetti in regime forfetario di cui all’articolo 1, commi 54 e ss., L. n. 190 del 2014;
• i soggetti in regime di vantaggio di cui all’articolo 27, commi 1 e 2, D.L. n. 98 del 2011;
• gli imprenditori e le imprese agricole, sia quelle che determinano per regime naturale il reddito su base catastale, sia quelle che producono reddito d’impresa.
Non rientrano nella platea dei beneficiari del credito d’imposta coloro che svolgono attività commerciali o di lavoro autonomo non esercitate abitualmente, producendo redditi diversi, ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettere i) e l), del TUIR.
1.2 AMBITO OGGETTIVO
Il comma 1 dell’articolo 125 del D.L. n. 34/2020 istituisce un credito d’imposta “in misura pari al 60% delle spese sostenute nel 2020 per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti utilizzati, nonché per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale e di altri dispositivi atti a garantire la salute dei lavoratori e degli utenti”.
Il credito d’imposta spetta fino ad un massimo di 60.000 euro per ciascun beneficiario, nel limite complessivo delle risorse stanziate (v. infra). Il legislatore ha fatto genericamente riferimento alle spese sostenute nell’anno 2020, ne deriva che risultano agevolabili tutte le spese rientranti nell’elenco di cui al successivo comma 2 dell’articolo 125, sostenute dal 1° gennaio al 31 dicembre 2020.
Il comma 2 dell’articolo 125 individua due categorie di spese:
1. quelle sostenute per la sanificazione degli ambienti nei quali è esercitata l’attività lavorativa e istituzionale o per la sanificazione degli strumenti utilizzati nell’ambito di tali attività, lettera a);
2. quelle sostenute per l’acquisto di:
– dispositivi di protezione individuale, quali mascherine, guanti, visiere e occhiali protettivi, tute di protezione e calzari, che siano conformi ai requisiti essenziali di sicurezza previsti dalla normativa europea, lettera b);
– prodotti detergenti e disinfettanti, lettera c);
– dispositivi di sicurezza diversi da quelli precedenti, quali termometri, termoscanner, tappeti e vaschette decontaminanti e igienizzanti, che siano conformi ai requisiti essenziali di sicurezza previsti dalla normativa europea, ivi incluse le eventuali spese di installazione, lettera d);
– dispostivi atti a garantire la distanza di sicurezza interpersonale, quali barriere e pannelli protettivi, ivi incluse le eventuali spese di installazione, lettera e).
Le attività di “sanificazione” (sub 1) devono essere finalizzate ad eliminare o ridurre a quantità non significative la presenza del virus SARS-Cov-2. Secondo la circolare n. 20/E del 2020 “tale condizione risulta soddisfatta qualora sia presente apposita certificazione redatta da operatori professionisti sulla base dei Protocolli di regolamentazione vigenti”.
L’Agenzia delle Entrate nel citato documento di prassi afferma che la “sanificazione” può essere svolta anche in economia dal soggetto beneficiario, avvalendosi di propri dipendenti o collaboratori, nel rispetto delle indicazioni contenute nei Protocolli di regolamentazione vigenti, come attestato da documentazione interna [4]
La circolare dell’Agenzia delle Entrate del 13 aprile 2020, n. 9/E aveva già fornito dei chiarimenti [5] per cui i dispositivi individuali agevolati di cui all’art. 125, comma 2, lett. b), D.L. n. 34/2020 sono rappresentati da:
• mascherine chirurgiche, Ffp2 e Ffp3;
• guanti;
• visiere di protezione;
• occhiali protettivi;
• tute di protezione;
• calzari.
Inoltre, con riferimento ai dispositivi di protezione individuale, per i quali la norma richiede la conformità ai requisiti essenziali di sicurezza previsti dalla normativa europea, nella citata circolare n. 9/E del 2020 si ritiene che, solo in presenza di tale documentazione, le relative spese sono considerate ammissibili ai fini del credito d’imposta in commento. Ai fini delle attività di controllo, pertanto, l’Agenzia delle Entrate richiederà ai beneficiari la documentazione attestante la conformità alla normativa europea.
Anche le spese relative alla sanificazione delle attrezzature concorrono alla determinazione del credito d’imposta in esame; secondo la circolare del 10 luglio 2020, n. 20/E, detti strumenti possono avere non solo un impiego sanitario, ma anche altre finalità e rientrare tra i beni già utilizzati prima dell’epidemia Covid-19 per adempiere ad obblighi di sicurezza sul lavoro.
1.3 LA PERCENTUALE EFFETTIVA DI FRUIZIONE DEL CREDITO D’IMPOSTA
Con i provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle Entrate prot. n. 302831 dell’11 settembre 2020 e prot. n. 381183 del 16 dicembre 2020 è stata prima resa nota e poi aggiornata la percentuale effettiva di fruizione del credito d’imposta di cui all’articolo 125, D.L. n. 34/2020.
Secondo quanto previsto dal precedente provvedimento (prot. n. 259854 del 10 luglio 2020) [6], detta percentuale è stata ottenuta rapportando le risorse finanziarie all’epoca disponibili (200 milioni di euro) all’ammontare complessivo dei crediti d’imposta risultanti dalle comunicazioni validamente presentate entro il termine del 7 settembre 2020, in assenza di rinuncia (1.278.578.142 euro). Tale rapporto, espresso in termini percentuali e troncato alla quarta cifra decimale, è risultato pari al 15,6423%.
Successivamente, l’articolo 31, comma 4-ter, del decreto legge 14 agosto 2020, n. 104, conv. con mod. dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, ha incrementato di 403 milioni di euro le risorse disponibili per il credito d’imposta in oggetto. La richiamata disposizione, inoltre, ha stabilito che le suddette risorse aggiuntive sono distribuite tra i soggetti già individuati in applicazione del citato provvedimento del 10 luglio 2020. La nuova percentuale individuata il 16 dicembre 2020 è pari al 47,1617%, ottenuta dal rapporto tra le nuove risorse disponibili (603 milioni di euro) e i crediti d’imposta richiesti (euro 1.278.578.142).
1.4 LE MODALITÀ DI UTILIZZO DEL CREDITO D’IMPOSTA
Il credito d’imposta, in relazione alle spese effettivamente sostenute, può essere utilizzato dai beneficiari fino all’importo massimo fruibile:
a) nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di sostenimento della spesa;
b) in compensazione ai sensi dell’articolo 17, D.Lgs. n. 241 del 1997.
Ai fini dell’utilizzo in compensazione del credito d’imposta:
a) il modello F24 è presentato esclusivamente tramite i servizi telematici resi disponibili dall’Agenzia delle Entrate, pena il rifiuto dell’operazione di versamento;
b) nel caso in cui l’importo del credito utilizzato in compensazione risulti superiore all’ammontare massimo del credito d’imposta fruibile, anche tenendo conto di precedenti fruizioni, il relativo modello F24 è scartato. Lo scarto è comunicato al soggetto che ha trasmesso il modello F24 tramite i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate;
c) non si applicano i limiti di cui all’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 e all’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, pro tempore vigenti.
La risoluzione n. 52/E del 14 settembre 2020 ha istituito il codice tributo “6917” denominato “Credito d’imposta sanificazione e acquisto dispositivi di protezione – articolo 125 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34”. In sede di compilazione del modello di pagamento F24, ai fini dell’utilizzo in compensazione del credito d’imposta, il suddetto codice tributo è esposto nella sezione “Erario”, in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a credito compensati”, ovvero, nei casi in cui il contribuente debba procedere al riversamento dell’agevolazione, nella colonna “importi a debito versati”. All’interno del modello F24, nel campo “anno di riferimento”, deve essere indicato il valore “2020”. Si ricorda che ai sensi del comma 3 dell’art. 125 in esame, il credito d’imposta non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell’IRAP e non rileva ai fini del rapporto di deducibilità degli interessi passivi (art. 61 del TUIR) e del rapporto di deducibilità dei componenti negativi (art. 109, comma 5, del TUIR).
2. LA DISCIPLINA IVA PER I BENI NECESSARI AL CONTENIMENTO DELLA PANDEMIA
L’articolo 124 del D.L. n. 34 del 2020 ha introdotto una disciplina Iva agevolata per l’acquisto dei beni considerati necessari per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19. A decorrere dalla data di entrata in vigore del provvedimento, ovvero dal 19 maggio 2020, è modificata la Tabella A, Parte II bis allegata al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, con l’aggiunta del numero “1-ter.1” ai sensi del quale sono soggette all’aliquota Iva del 5% le cessioni dei beni elencati dal primo comma dell’articolo 124 [7], effettuate a decorrere dal 1° gennaio 2021.
Il successivo comma 2 dell’art. 124 introduce, in via transitoria e sino al 31 dicembre 2020, un regime di esenzione da Iva che non pregiudica il diritto alla detrazione in capo al soggetto passivo cedente né pertanto, in qualità di operazione esente, influenza il calcolo del pro-rata di cui all’articolo 19-bis del d.P.R. n. 633 del 1972 [8].
In considerazione della formulazione della norma e dell’eccezionalità della stessa, l’elenco di cui al comma 1 dell’articolo 124 ha natura tassativa e non esemplificativa [9] . Per questo motivo, solo i beni ivi indicati possono godere della disciplina Iva agevolata.
Per usufruire del regime in oggetto, le cessioni dei beni devono avere una finalità sanitaria che, tenuto conto delle caratteristiche dei beni elencati all’articolo 124, comma 1. l’Agenzia delle Entrate ritiene rispettata nella generalità dei casi [10]. Secondo l’Amministrazione finanziaria, non può tuttavia escludersi che alcuni dei beni in oggetto possano prestarsi a usi e impieghi diversi da quello sanitario [11].
Si ricorda, inoltre, che secondo il c.d. “principio di accessorietà” di cui all’articolo 12 del d.P.R. n. 633/1972 “Se la cessione o prestazione principale è soggetta all’imposta, i corrispettivi delle cessioni o prestazioni accessorie imponibili concorrono a formarne la base imponibile”. A tal riguardo, la Corte di Giustizia Ue [12] ha affermato che “Una prestazione è considerata accessoria ad una prestazione principale in particolare quando costituisce per la clientela non già un fine a sé stante, bensì il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore”. Coerentemente con il citato principio di accessorietà e con quanto affermato dalla giurisprudenza comunitaria, l’Agenzia delle Entrate nella circ. 26/E del 2020 e nella recente risposta n. 56 del 25 gennaio 2021 ha chiarito che “al ricorrere delle condizioni previste dall’articolo 12 del Decreto Iva, il medesimo trattamento spetti anche alle operazioni accessorie alle cessioni dei beni individuati dall’articolo 124. (…)”. Pertanto, i beni con le predette caratteristiche di “accessorietà” possono beneficiare dello stesso trattamento Iva previsto per la cessione del bene principale ai sensi dell’art. 124, D.L. n. 34/2020.
Con riferimento all’ambito oggettivo il trattamento Iva introdotto è applicabile sia alle cessioni onerose che alle cessioni gratuite dei beni indicati al comma 1 dell’art. 124, nonché alle prestazioni di servizi di cui all’articolo 16, comma 3, del d.P.R. n. 633/1972.
Infine, dalla lettera della norma si evince un ambito soggettivo di applicazione ampio: il regime di favore è utilizzabile da qualsiasi cedente e acquirente ed in qualunque stadio di commercializzazione del bene.
2.1 ALTRE MISURE IN AMBITO IVA TESE AL CONTRASTO DELLA PANDEMIA
Tra le misure adottate in ambito Iva, tese a favorire il contrasto della pandemia da Covid19, vi sono anche quelle di cui all’articolo 66, comma 3, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. decreto Cura Italia) e all’articolo 27 del decreto legge 8 aprile 2020, n. 23 (c.d. decreto Liquidità).
L’art. 66, comma 3, D.L. n. 18/2020 considera, infatti, effettuati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione, senza pregiudizio quindi del diritto alla detrazione, gli acquisti dei beni ceduti a titolo di erogazione liberale in natura effettuate, nell’anno 2020, a sostegno delle misure di contrasto all’emergenza epidemiologica da Covid-19.
Analogo trattamento Iva è previsto dall’articolo 27, D.L. n. 23/2020 alle donazioni dei c.d. farmaci ad uso compassionevole [13], per i quali non vige la presunzione di cessione di cui all’articolo 1 del d.P.R. 10 novembre 1997, n. 441.
Oltre alle citate disposizioni, si ricorda della esistenza nell’ordinamento di una misura strutturale, prevista dall’articolo 68, comma 1, lett. f), d.P.R. n. 633/1972, che consente di importare senza assoggettare ad Iva “i beni donati ad enti pubblici ovvero ad associazioni riconosciute o fondazioni aventi esclusivamente finalità di assistenza, beneficenza, educazione, istruzione, studio o ricerca scientifica, nonché quella di beni donati a favore delle popolazioni colpite da calamità naturali o catastrofi dichiarate tali ai sensi della legge 8 dicembre 1970, n. 996”.
3. IL TRATTAMENTO IVA PER LE CESSIONI DI VACCINI E KIT DIAGNOSTICI
L’articolo 1, commi 452 e 453, della L. 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di Bilancio 2021), dispone delle esenzioni Iva per i vaccini Covid-19 e per i kit diagnostici. Nel dettaglio, il comma 452 stabilisce che sono esenti dall’imposta sul valore aggiunto, con diritto alla detrazione dell’imposta [14] dal 1° gennaio 2021 al 31 dicembre 2022:
• le cessioni della strumentazione per diagnostica per Covid-19 che presentano i requisiti indicati nelle norme UE previsti anche dalla direttiva 98/79/CE, relativa ai dispositivi medico-diagnostici in vitro, oltre che dal Regolamento (UE) 2017/745 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai dispositivi medici, o nella legislazione europea armonizzata. Nello specifico si tratta dei c.d. tamponi molecolari, dei test rapidi antigenici e dei test sierologici;
• le prestazioni di servizi strettamente connesse a detta strumentazione.
La disposizione, nel suo incipit, si pone espressamente in deroga all’articolo 124, comma 1, D.L. n. 34/2020 che applicherebbe a tali operazioni un’aliquota Iva del 5%.
Il comma 453, inoltre, dispone che le cessioni di vaccini anti Covid-19, autorizzati dalla Commissione europea o dagli Stati membri, e le prestazioni di servizi strettamente connesse a detti vaccini sono esenti dall’imposta sul valore aggiunto, con diritto alla detrazione dell’imposta dal 20 dicembre 2020 al 31 dicembre 2022. Quest’ultima disposizione deroga al numero 114) della Tabella A, parte III, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972, che stabilisce l’applicazione di una aliquota del 10% per i medicinali pronti per l’uso umano o veterinario, compresi i prodotti omeopatici nonché le sostanze farmaceutiche e gli articoli di medicazione, di cui le farmacie devono obbligatoriamente essere dotate secondo la farmacopea ufficiale.
4. LA DETRAIBILITÀ AI FINI DELLE IMPOSTE DIRETTE PER LE SPESE DI ACQUISTO DEI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE
Ai sensi dell’articolo 15, comma 1, lettera c), del TUIR è possibile detrarre dall’imposta lorda un importo pari al 19% delle spese sanitarie per la parte che eccede euro 129,11.
Dette spese sono costituite esclusivamente dalle spese mediche generiche e di assistenza specifica diverse da quelle necessarie nei casi di grave e permanente invalidità o menomazione indicate dall’articolo 10, comma 1, lettera b) del medesimo Testo Unico, dalle spese chirurgiche, dalle spese per prestazioni specialistiche, per protesi dentarie e sanitarie in genere.
Come precisato dall’Agenzia delle Entrate [15] per l’individuazione delle spese sanitarie detraibili, occorre fare riferimento ai provvedimenti del Ministero della Salute contenenti l’elenco puntuale delle specialità farmaceutiche, dei dispositivi medici e delle prestazioni specialistiche. A tal fine, è possibile consultare l’apposito elenco nel sistema “Banca dati dei dispositivi medici” pubblicato sul sito del Ministero della Salute. Secondo l’Agenzia delle Entrate, non esiste un criterio univoco per stabilire se una mascherina è o meno detraibile, ma piuttosto occorre verificare, nella banca dati ministeriale, che quella mascherina rientri o meno tra i “dispositivi medici” individuati dal richiamato dicastero.
In linea generale, con riferimento alle spese di acquisto o affitto di protesi e di dispositivi medici [16], per fruire della detrazione è necessario che, dalla certificazione fiscale (scontrino o fattura), risulti chiaramente la descrizione del prodotto acquistato ed il soggetto che sostiene la spesa, non potendo essere considerati validi i documenti fiscali che riportino semplicemente l’indicazione “dispositivo medico”. In tutti i casi in cui il documento di spesa riporti il codice “AD” (spese relative all’acquisto o affitto di dispositivi medici con marcatura CE), attestante la trasmissione al sistema tessera sanitaria della spesa per dispositivi medici, ai fini della detrazione, non è necessario che sia riportata anche la marcatura CE o la conformità alle direttive europee. Qualora, invece, il documento di spesa non riporti il codice “AD” è necessario:
1) per taluni dispositivi medici [17], conservare (per ciascuna tipologia di prodotto) la documentazione dalla quale risulti che lo stesso ha la marcatura CE;
2) per i dispositivi medici non compresi nel punto 1), che il prodotto riporti, oltre alla marcatura CE, anche la conformità alla normativa europea [18].
Il soggetto che vende il dispositivo medico può individuare i prodotti che danno diritto alla detrazione, integrando le indicazioni da riportare sullo scontrino/fattura con la dicitura “prodotto con marcatura CE” e il numero della direttiva comunitaria di riferimento per i dispositivi diversi da quelli di uso comune, elencati in allegato alla circolare 13 maggio 2011, n. 20/E. In questo caso, il contribuente non deve conservare anche la documentazione comprovante la conformità alle direttive europee del dispositivo medico acquistato.
Considerato che l’elencazione dei dispositivi medici contenuta nella circolare 8 luglio 2020, n. 19/E è da intendere come esemplificativa e non esaustiva, si ritiene che qualora le “mascherine protettive” siano classificate, in base alla tipologia, quali “dispositivi medici” dai provvedimenti del Ministero della Salute o rispettino i requisiti di marcatura CE individuati precedentemente, le relative spese di acquisto siano detraibili nella misura del 19% come previsto dall’articolo 15, comma 1, lettera c), del TUIR.
[1] 1 Cfr. circolare Agenzia delle Entrate 10 luglio 2020, n. 20/E.
[2] Per tali soggetti la citata circ. n. 20/E del 2020 afferma “(…) in assenza di una espressa limitazione della concessione dell’agevolazione in esame alla sola attività commerciale, considerata altresì l’inclusione degli enti non commerciali, degli enti del terzo settore e degli enti religiosi civilmente riconosciuti tra i soggetti beneficiari nella norma in commento, si ritiene che la volontà del legislatore sia quella di incentivare e supportare tutti i soggetti beneficiari citati, a prescindere dalla tipologia di attività svolta, nell’adozione di misure dirette a contenere e contrastare la diffusione del virus Covid-19”
[3] Ibidem
[4] In questo caso, l’ammontare della spesa agevolabile può essere determinato, moltiplicando il costo orario del lavoro del soggetto impegnato a tale attività per le ore effettivamente impiegate nella medesima. Possono essere aggiunte, ai fini del credito in esame anche le spese sostenute per i prodotti disinfettanti impiegati. L’ammontare delle spese di sanificazione, in ogni caso, dovrà essere congruo rispetto al valore di mercato per interventi similari.
[5] Con riferimento all’art. 64, D.L. n. 18/2020 poi abrogato e sostituito dall’art. 125, D.L. n. 34/2020
[6] Tale provvedimento ha definito i criteri e delle modalità di applicazione e fruizione dei crediti d’imposta per l’adeguamento degli ambienti di lavoro e per la sanificazione e l’acquisto dei dispositivi di protezione, di cui agliarticoli 120 e 125, D.L. n. 34/2020; inoltre sono state individuate le modalità per la comunicazione dell’opzione per la cessione del credito di cui all’articolo 122, comma 2, lettere c) e d), D.L. n. 34/2020.
[7] Si tratta dei seguenti beni: ventilatori polmonari per terapia intensiva e subintensiva; monitor multiparametrico anche da trasporto; pompe infusionali per farmaci e pompe peristaltiche per nutrizione enterale; tubi endotracheali; caschi per ventilazione a pressione positiva continua; maschere per la ventilazione non invasiva; sistemi di aspirazione; umidificatori; laringoscopi; strumentazione per accesso vascolare; aspiratore elettrico; centrale di monitoraggio per terapia intensiva; ecotomografo portatile; elettrocardiografo; tomografo computerizzato; mascherine chirurgiche; mascherine Ffp2 e Ffp3; articoli di abbigliamento protettivo per finalità sanitarie quali guanti in lattice, in vinile e in nitrile, visiere e occhiali protettivi, tute di protezione, calzari e soprascarpe, cuffie copricapo, camici impermeabili, camici chirurgici; termometri; detergenti disinfettanti per mani; dispenser a muro per disinfettanti; soluzione idroalcolica in litri; perossido al 3% in litri; carrelli per emergenza; estrattori RNA; strumentazione per diagnostica per Covid-19; tamponi per analisi cliniche; provette sterili; attrezzature per la realizzazione di ospedali da campo.
[8] Cfr. circolare 15 ottobre 2020, n. 26/E, par. 1.
[9] Ibidem. L’elenco di cui al comma 1, riguarda alcuni dei beni contenuti nell’elenco indicativo e non esaustivo, allegato alla decisione della Commissione UE 2020/491 del 3 aprile 2020 che, autorizza gli Stati Membri ad accordare al ricorrere di determinati presupposti e condizioni l’importazione di questi beni in esenzione da dazi e da Iva
[10] Ibidem. Circa la tassatività dell’elenco in commento si è peraltro espressa anche l’Agenzia delle dogane e dei monopoli con la circolare 30 maggio 2020, n. 12/D nella quale, ai fini dell’importazione dei beni in commento, ha individuato i codici di classifica doganale delle merci oggetto dell’agevolazione Iva in questione.
[11] A titolo di esempio, le soluzioni idroalcoliche possono essere cedute anche per finalità cosmetiche o alimentari e in tali casi la relativa cessione non potrà usufruire del regime di favore di cui all’articolo 124, D.L. n. 34/2020.
[12] Cfr. Corte di Giustizia UE, sentenza 18 gennaio 2018, causa C-463/16; sentenza 25 febbraio 1999 causa C-349/96; sentenza 19 luglio 2012, causa C-44/11; sentenza 16 aprile 2015 causa C42/14, sentenza 8 dicembre 2016, causa C-208/15.
[13] Nell’ambito dei programmi ad uso compassionevole individuati dal decreto del Ministro della salute 7 settembre 2017, (G.U. 2 novembre 2017, n. 256), autorizzate dal competente Comitato Etico, effettuate nei confronti dei soggetti indicati dall’articolo 3 dello stesso decreto del Ministro della salute.
[14] Ai sensi dell’articolo 19, comma 1, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
[15] Cfr. circ. del 6 maggio 2020, n. 11/E, par. 5.12.
[16] Cfr. circolare 8 luglio 2020, n. 19/E, par. “Acquisto o affitto di protesi e di dispositivi medici”, pag. 44.
[17] Ibidem, elenco di cui alla pag. 45
[18] Cfr. Direttive europee 93/42/CEE, 90/385/CEE e 98/79/CE e ss.mm.ii.
Fonti:Puntosicuro.it