Le novità dell’articolo 14 del D.Lgs. 81/2008 con riferimento al provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale. Focus sull’obbligo di motivazione del provvedimento di sospensione. A cura dell’avvocato Paolo Demattè.
Per valutare pienamente l’impatto del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146 recante “Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili”, come modificato dalla legge di conversione n. 215/2021, riprendiamo a pubblicare alcuni contributi dei nostri lettori.
Pubblichiamo oggi un approfondimento sulla riscrittura dell’articolo 14 del D.Lgs. 81/2008 con riferimento al provvedimento disospensione dell’attività imprenditoriale attraverso un contributo dell’avvocato Paolo Demattè dal titolo “L’obbligo di motivazione del provvedimento di sospensione adottato ex art 14 d. lgs. 81 del 2008”.
L’obbligo di motivazione del provvedimento di sospensione adottato ex art 14 d. lgs. 81 del 2008
La legge 215 del 2021, di conversione del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146 ha completamente riscritto, tra gli altri, l’art 14 del Decreto legislativo 81/2008 rubricato “Provvedimenti degli organi di vigilanza per il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori”.
L’art 14 prevede che il provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale vada adottato in tutti i casi in cui sia accertata – nell’unità produttiva ispezionata – una delle seguenti situazioni:
- Impiego di personale irregolare in misura pari o superiore al 10% del totale dei lavoratori regolarmente occupati;
- gravi violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro individuate dall’Allegato I del medesimo TUSL (anch’esso riscritto).
Quanto alla decorrenza, l’INL sottolinea che nell’adottare il provvedimento sospensivo gli Ispettori devono comunque valutare l’opportunità di farne decorrere gli effetti in un momento successivo (“dalle ore dodici del giorno lavorativo successivo ovvero dalla cessazione dell’attività lavorativa in corso che non può essere interrotta”), secondo quanto previsto dall’art. 14, c. 4, D.Lgs. n. 81/2008 (si veda la circolare n. 33/2009 del Ministero del lavoro). La circolare n. 3/2021 però ribadisce l’esigenza di sospendere con effetto immediato le attività nelle quali “si riscontrino situazioni di pericolo imminente o di grave rischio per la salute dei lavoratori o dei terzi o per la pubblica incolumità”. Secondo l’INL, pur dovendo gli Ispettori fare salve “specifiche valutazioni da effettuarsi caso per caso”, il provvedimento di sospensione per motivi di salute e sicurezza deve essere, di norma, “adottato con effetto immediato”.
Diviene quindi di decisiva importanza, per il soggetto che subisca il provvedimento di sospensione, valutare la tenuta del provvedimento sotto il profilo motivazionale e al contempo quali strumenti attivare per opporsi alla sospensione. Sul punto va chiarito che avverso i provvedimenti di cui al comma 1 adottati per l’impiego di lavoratori senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro è ammesso ricorso, entro 30 giorni, all’Ispettorato interregionale del lavoro territorialmente competente, il quale si pronuncia nel termine di 30 giorni dalla notifica del ricorso. Decorso inutilmente tale ultimo termine il provvedimento di sospensione perde efficacia.
Inspiegabilmente il nuovo testo dell’art. 14 non indica, invece, quale sia l’organo amministrativo competente a ricevere gli eventuali ricorsi avverso i provvedimenti di sospensione adottati in presenza delle violazioni prevenzionistiche. Parrebbe quindi che, in tali ipotesi, per far valere le proprie ragioni, il datore di lavoro possa unicamente proporre, entro sessanta giorni dalla notifica del provvedimento, il più oneroso e complesso ricorso giurisdizionale innanzi al TAR territorialmente competente. Senonchè la giurisprudenza amministrativa (T.A.R. Bari, (Puglia) sez. III, 24/09/2019, n.1215 ( conforme T.A.R. Latina, (Lazio) sez. I, 05/02/2019, n.82; T.A.R. Torino, (Piemonte) sez. II, 24/09/2016, n.1164) ha di recente affermato che “…Il provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale con riferimento a lavoratori in nero va impugnato innanzi al Giudice ordinario…” ( e così dovrebbe essere anche nella specifica materia delle violazioni sicuristiche), in quanto il “…Il provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale ex art. 14 comma 1 del d.lg. 81/2008 non è reso nell’esercizio di una discrezionalità amministrativa, tenuto conto che il potere di sospensione consegue dall’accertamento della sussistenza di una attività imprenditoriale e di lavoratori irregolari in misura superiore al 20% degli addetti, riconnettendosi, pertanto, alla sussistenza di fatti che rilevano obiettivamente ai sensi della disciplina di settore. Il provvedimento di sospensione, infatti, incide direttamente sull’attività imprenditoriale svolta dal ricorrente, sicché la posizione azionata dal privato assume i caratteri del diritto soggettivo, in assenza, peraltro, di rimozione, da parte della P.A procedente, di alcun pregresso provvedimento autorizzativo ampliativo della sfera giuridica del privato…”.
In questo contesto è ben evidente l’importanza che assume la motivazione del provvedimento di sospensione; occorre interrogarsi, quindi sui presupposti per l’applicazione della sospensione, e sulla necessità di corretta ed adeguata motivazione del provvedimento, atteso che i provvedimenti «sin qui richiamati soggiacciono all’obbligo di motivazione di cui all’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (comma 5 del nuovo art. 14); articolo che prevede che “ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti l’organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato…” e che “la motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria”; (così nel Dossier del Servizio studi del Senato a commento del Dl 146 del 2021 – Dossier n. 468/2 p.169). Sul punto si veda, con riferimento alla norma precedente, T.A.R. Napoli, (Campania) sez. III, 05/08/2020, n.3502 secondo cui “… Il procedimento volto all’irrogazione del provvedimento di sospensione di cui all’art. 14, d.lgs. n. 81/2008 resta assoggettato ai principi e alle regole della legge sul procedimento amministrativo (l. n. 241/1990), nel senso che gli organi di vigilanza del Ministero del Lavoro sono tenuti a condurre una adeguata istruttoria, della quale va dato conto nella motivazione e sulla cui base devono essere, poi, estrinsecati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione…”.
QUANTO ALLA SOSPENSIONE COLLEGATA CON LE IPOTESI DI LAVORO IRREGOLARE LA MOTIVAZIONE DOVRÀ RIGUARDARE I SEGUENTI ELEMENTI:
- La sussistenza dei requisiti numerici minimi per l’applicazione delle sospensione (“…almeno il 10 per cento dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro risulti occupato, al momento dell’accesso ispettivo, senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro ovvero inquadrati come lavoratori autonomi occasionali in assenza delle condizioni richieste dalla normativa…”) e cioè:
- quanti lavoratori complessivi siano impiegati;
- quanti lavoratori irregolari e il loro rientrare nella tipologia di lavoratori di cui tenere conto secondo quanto illustrato nella circolare 3/2021 dell’INL; sul punto si veda anche quanto stabilito dall’art 13 comma 1 del DECRETO LEGISLATIVO 23 aprile 2004, n. 124, sui contenuti del verbale di attività ispettiva ( “Alla conclusione delle attività di verifica compiute nel corso del primo accesso ispettivo, viene rilasciato al datore di lavoro o alla persona presente all’ispezione, con l’obbligo alla tempestiva consegna al datore di lavoro, il verbale di primo accesso ispettivo contenente: a) l’identificazione dei lavoratori trovati intenti al lavoro e la descrizione delle modalità del loro impiego; b) la specificazione delle attività compiute dal personale ispettivo; c) le eventuali dichiarazioni rese dal datore di lavoro o da chi lo assiste, o dalla persona presente all’ispezione; d) ogni richiesta, anche documentale, utile al proseguimento dell’istruttoria finalizzata all’accertamento degli illeciti, fermo restando quanto previsto dall’articolo 4, settimo comma, della legge22 luglio 1961, n. 628;
- il calcolo della percentuale dei lavoratori irregolari – esclusi i lavoratori che non possono essere considerati in nero pur sconosciuti alla pubblica amministrazione rispetto ai quali non vi è l’obbligo di trasmissione della comunicazione UniLav quali, per esempio, i coadiuvanti familiari o i soci lavoratori, di cui pure si deve tenere conto ai fini della considerazione del numero complessivo di lavoratori impiegati;
- nel computo dovranno essere ricompresi anche i lavoratori autonomi occasionali impiegati in assenza delle condizioni di legge (sulla nozione di lavoratore autonomo occasionale si veda l’art. 2222 c.c.) e la motivazione dovrà ricomprendere anche le ragioni che giustifichino l’assenza delle condizioni di legge con riferimento alla abitualità, professionalità, continuità e coordinazione del soggetto solo apparentemente autonomo.
- il fine di far cessare il pericolo per la salute e la sicurezza dei lavoratori, (ad es. perché non formati ed addestrati), nonché di contrastare il lavoro irregolare – fine, il primo, direttamente connesso con la presenza di lavoratori irregolari.
QUANTO ALLE IPOTESI DI GRAVI VIOLAZIONI SICURISTICHE COLLEGATE ALL’ALLEGATO I, LA MOTIVAZIONE DOVRÀ RIGUARDARE I SEGUENTI ELEMENTI:
1) CON RIFERIMENTO AL FINE DI FAR CESSARE IL PERICOLO PER LA SALUTE E LA SICUREZZA
Sotto questo profilo va osservato che il carattere per così dire “obbligatorio” della sospensione non esime dalla necessità di motivare sia in positivo quanto alla esigenza di far cessare il pericolo, quanto in negativo qualora la sospensione dell’attività rischi di introdurre pericoli maggiori di quelli che si vogliono contrastare (es., la sospensione di lavoratori addetti alla sicurezza, il blocco di attività legate allo svolgimento di altre attività che potrebbero continuare a svolgersi, ma con i rischi derivanti dalla sospensione delle altre lavorazioni; si pensi alla sospensione di uno scavo in presenza di una falda d’acqua o a scavi aperti in strade di grande traffico, a demolizioni il cui stato di avanzamento abbia già pregiudicato la stabilità della struttura residua e/o adiacente o, ancora, alla necessità di ultimare eventuali lavori di rimozione di materiali nocivi). In relazione alla precedente versione dell’art 14 – sospensione all’epoca sicuramente facoltativa – una circolare del Ministero del lavoro aveva evidenziato proprio le ipotesi in cui non andava adottata la sospensione (circ. 33/2009)- la circolare riportava alcuni esempi, come la sospensione di un lavoro di rimozione di materiali nocivi); va aggiunta l’ipotesi in cui ci trovi di fronte a mancanza di pericolo per attività conclusa (si pensi alla violazione contestata nell’ultimo giorno di attività di un cantiere)
2) CON RIFERIMENTO ALLA SUSSISTENZA DI UNA DELLE IPOTESI TASSATIVE PREVISTE DALL’ALLEGATO I – NON OGNI VIOLAZIONE DA LUOGO ALLA SOSPENSIONE MA SOLO LA VIOLAZIONE DI QUEI COMPORTAMENTI CHE SONO DESCRITTI NELL’ALLEGATO I E CIOÈ LE VIOLAZIONI CHE ESPONGONO:
- a rischi di carattere generale: mancata elaborazione del documento di valutazione dei rischi, mancata elaborazione del Piano di Emergenza ed evacuazione, mancata formazione ed addestramento, mancata costituzione del servizio di prevenzione e protezione e nomina del relativo responsabile e mancata elaborazione Piano Operativo di Sicurezza (POS), omessa vigilanza in ordine alla rimozione o modifica dei dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo; mancata notifica all’organo di vigilanza prima dell’inizio dei lavori che possono comportare il rischio di esposizione all’amianto”,
- al rischio di caduta dall’alto: mancata fornitura del dispositivo di protezione individuale contro le cadute dall’alto e mancanza di protezioni verso il vuoto;
- al rischio di seppellimento: mancata applicazione delle armature di sostegno, fatte salve le prescrizioni desumibili dalla relazione tecnica di consistenza del terreno;
- al rischio di elettrocuzione: lavori in prossimità di linee elettriche in assenza di disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi; presenza di conduttori nudi in tensione in assenza di disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi; mancanza protezione contro i contatti diretti ed indiretti (impianto di terra, interruttore magnetotermico, interruttore differenziale).
Si era sin da subito segnalato che quando l’allegato I prevede, tra i presupposti per l’adozione della sospensione, la “mancata elaborazione del documento di valutazione dei rischi”, l’unica lettura testuale possibile era quella caratterizzata dalla assenza totale di un documento di valutazione dei rischi e che, quindi, la violazione non fosse integrata dalla diversa ipotesi della non corretta o carente elaborazione. A sostegno di tale tesi era evidenziato che il Dlgs n. 81/2008 sanziona in modo diverso la mancata elaborazione del documento di valutazione dei rischi (art. 55, comma 1, lett. a), Dlgs 81/2008) e la elaborazione “in assenza degli elementi di cui all’articolo 28, comma 2, lettere b), c) o d), o senza le modalità di cui all’articolo 29, commi 2 e 3” (art. 55, comma 3, Dlgs n. 81/2008) (sul punto vedasi l’intervista a Fabio Pontrandolfi, dirigente dell’Area Lavoro, Welfare e Capitale Umano di Confindustria in Punto sicuro “ DL 146: un provvedimento denso di criticità e dubbi interpretativi” articolo del 01.12.2021). Lo stesso doveva ritenersi per le altre ipotesi (POS, formazione, etc.) in cui la violazione è caratterizzata dalla “mancanza” di un certo adempimento. Di parere opposto, ritenendo la necessità di interpretazione estensiva del termine “mancanza” del DVR allargata ad ogni ipotesi di carenza, per così dire, strutturale, Raffaele Guariniello Sospensione dell’attività imprenditoriale: come accertare le gravi violazioni Ipsoa – professionalità quotidiana – PER LA SICUREZZA SUL LAVORO – 28 OTTOBRE 2021 ORE 06:00 che citava: “non è solo l’assenza, ma l’incompletezza del documento a concretizzare l’ipotesi di reato, giacché, ritenendo diversamente, tale redazione assumerebbe un significato solo formale“, e, “invece, lo scopo del documento di valutazione dei rischi, la cui redazione si applica a tutte le lavorazioni, è quello di costituire un elemento concreto per la protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori, in quanto in esso il datore di lavoro, dopo aver valutato i rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro, specificando pure i criteri adottati per la valutazione stessa, procede ad individuare le misure di prevenzione e di protezione e dei dispositivi di protezione individuale, conseguenti alla valutazione suddetta nonché a formulare il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza“(Cass. n. 37412/2017); “il primo periodo dell’art. 28, comma 2, lett. a), D.Lgs n. 81/2008 richiede una ‘valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa, e il riferimento ad una valutazione di ‘tutti i rischi’ rende palese l’inidoneità di indicazioni generiche, prive di riferimenti allo specifico tipo di lavorazione da svolgere” (Cass. n. 30308/2021).
Sul punto la circolare 4/2021 dd. 09.12.2021 dell’INL ha dato risposta a gran parte delle criticità evidenziate in fase di prima lettura chiarendo, e i relativi passaggi dovranno essere oggetto di idonea motivazione:
- Quanto alla mancata elaborazione del documento di valutazione dei rischi, del Pos, del Piano di Emergenza ed evacuazione interpretando il termine mancanza come mancata redazione (cui corrisponde per il Dvr l’ipotesi in cui, in sede di accesso, venga dichiarato che il DVR è custodito in luogo diverso, e successivamente lo stesso non venga consegnato o non sia provata la data certa dello stesso nel termine stabilito dagli organi accertatori
- Quanto alla mancata formazione ed addestramento interpretando la norma come applicabile solo quando è prevista la partecipazione del lavoratore sia ai corsi di formazione sia all’addestramento e cioè in riferimento alle seguenti fattispecie del TUSL:
- Articolo 73, in combinato disposto con art. 37, nei casi disciplinati dall’accordo Stato-Regioni del 22/02/2012 (utilizzo di attrezzatura da lavoro);
- Articolo 77, comma 5 (utilizzo di DPI appartenenti alla III categoria e dispositivi di protezione dell’udito);
- Articolo 116, comma 4 (sistemi di accesso e posizionamento mediante funi);
- Articolo 136, comma 6 (lavoratori e preposti addetti al montaggio, smontaggio, trasformazione di ponteggi);
- Articolo 169 (formazione e addestramento sulla movimentazione manuale dei carichi).
Sul punto va chiarito che la norma non introduce un obbligo di contemporanea formazione ed addestramento fuori dell’ipotesi sopra menzionate e che la semplice mancanza di formazione, generica o specifica non rientra nell’ipotesi esaminata
- Quanto alla mancata costituzione del servizio di prevenzione e protezione e nomina del relativo responsabile… Il provvedimento di sospensione va adottato nei soli casi in cui il datore di lavoro non abbia costituito il servizio di prevenzione e protezione e non abbia altresì nominato il RSPP, ai sensi dell’art. 17, comma 1 lett. b, del d.lgs. n. 81/2008, o assunto lo svolgimento diretto dei relativi compiti dandone preventiva informazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
- Quanto alla mancata elaborazione piano operativo di sicurezza (POS) si evidenziano alcuni chiarimenti doverosi, oggetto di motivazione e cioè che l’elaborazione del POS può desumersi anche dal relativo invio al coordinatore o all’impresa affidataria, “e che l’art. 96, comma 1-bis, del citato Testo Unico esclude l’obbligo di redazione del POS relativamente “alle mere forniture di materiali o attrezzature“.
- Identiche considerazioni valgono anche per le altre ipotesi in cui sia richiamata la “mancanza” di un certo adempimento – mancata fornitura del dispositivo di protezione individuale contro le cadute dall’alto, mancanza di protezioni verso il vuoto, mancata applicazione delle armature di sostegno. Per i DPI la violazione non sarà sussistente nel caso di consegna, cui consegua il mancato utilizzo; per la mancanza di protezioni o delle armature, quando le stesse manchino del tutto o siano “talmente insufficienti da essere considerate sostanzialmente assenti”
- Quanto ai Lavori in prossimità di linee elettriche in assenza di disposizioni organizzative e procedurali idonee a procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi “…Si adotta la sospensione in presenza di lavori non elettrici effettuati in vicinanza di linee elettriche durante i quali i lavoratori operino a distanze inferiori ai limiti previsti dalla Tab. 1 dell’Allegato IX, in assenza di disposizioni organizzative e procedurali conformi alle specifiche norme tecniche CEI idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi”.
- Quanto alla presenza di conduttori nudi in tensione in assenza di disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi “… si adotta la sospensione in presenza di lavori non elettrici effettuati in vicinanza di impianti elettrici con parti attive non protette, durante i quali i lavoratori operino a distanze inferiori ai limiti previsti dalla Tab. 1 dell’Allegato IX, in assenza di disposizioni organizzative e procedurali conformi alle specifiche norme tecniche CEI idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi”.
- Quanto alla Mancanza protezione contro i contatti diretti ed indiretti (impianto di terra, interruttore magnetotermico, interruttore differenziale) “… ai fini dell’adozione del provvedimento, rileva l’assenza degli elementi indicati (impianto di terra, magnetotermico, differenziale), ovvero il loro mancato funzionamento”.
Nelle ipotesi in cui la violazione è legata alla adozione di “idonee” misure (armature, linee elettriche, conduttori nudi in tensione), che richiedono un esame ed un confronto in termini di adeguatezza va rilevato quanto segue. La motivazione dovrà concretamente valutare se il meccanismo disegnato e i controlli previsti siano in grado di ridurre il rischio ipotizzato, alternativamente o congiuntamente in termini di riduzione della probabilità di accadimento o di impatto che possa derivare dalla materializzazione della minaccia nel concreto. Si tratta, insomma, di idoneità concreta, presunta sulla base delle caratteristiche e delle modalità di funzionamento attese e quindi prevista nel caso concreto. Si sta comunque parlando di una valutazione dinamica, perché si modificano le condizioni organizzative ed operative dell’azienda: ciò che in un dato momento può essere considerato adeguato in termini di contenimento del rischio, non necessariamente sarà adeguato nel tempo.
- Quanto alla omessa vigilanza in ordine alla rimozione o modifica dei dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo “… Si adotta il provvedimento di sospensione allorquando si accerta la rimozione o la modifica dei dispositivi. La disposizione, in altri termini, consente di adottare il provvedimento di sospensione in base alla sola circostanza che sia stato rimosso o modificato il dispositivo di sicurezza, senza che sia necessario accertare anche a quale soggetto sia addebitabile la rimozione o la modifica… così nella circolare 04/2021”.
Qualche perplessità suscita l’affermazione secondo la quale per la rimozione dei dispositivi di sicurezza occorrerebbe solo verificare la rimozione, -e motivare solo su questo-. Perplessità perché per un provvedimento come quello oggetto della presente trattazione la semplice rimozione nulla dice sulla possibilità di attribuire ad una carenza organizzativa l’omesso controllo (si pensi al caso del danneggiamento volontario del macchinario da parte del lavoratore licenziato). In questa ultima ipotesi pare di dover consigliare di attendere la verifica giudiziale che dia dimostrazione dell’imputabilità al datore di lavoro di una condotta omissiva di controllo.
3) CON RIFERIMENTO AL REQUISITO DELLA GRAVITÀ DELLE CONDOTTE OGGETTO DI MOTIVAZIONE, SI PROPONE DI SEGUITO UN ELENCO MERAMENTE ILLUSTRATIVO DI CONDOTTE “GRAVI”:
- La violazione che abbia dato luogo ad infortunio, con lesioni gravi o gravissime o morte (che escluderebbero, ad esempio, l’applicazione dell’articolo 131 bis del codice penale, non punibilità per lievità del fatto; fattispecie che danno luogo anche a responsabilità 231 dell’impresa);
- la violazione di più disposizioni contenute nel medesimo allegato I (es. omessa consegna dei dispositivi anticaduta ed omessa formazione ed addestramento del lavoratore);
- le violazioni che siano caratterizzate da carenze strutturali dell’attività di impresa anche non sanzionate dall’allegato, collegate con violazioni dell’allegato (es. omessa consegna dei dispositivi anticaduta e di qualsiasi altro Dpi, unitamente alla consegna di attrezzature inadeguate);
- la reiterazione di violazioni da parte del medesimo DDL o da parte della medesima società od azienda, a maggior ragione se si tratti di violazione della stessa indole ed in tempi ravvicinati (la reiterazione non è più prevista tra i presupposti per l’applicazione della sospensione, ma può costituire un’utile Indicatore della perseveranza dell’omissione, indicativa di una condotta in spregio sistematico delle norme):
- la condotta che abbia causato o possa causare danno per l’ambiente, per la collettività o per gruppi di lavoratori;
- la violazione riguardi categorie particolarmente protette, come i gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, le lavoratrici in stato di gravidanza, nonché in base a quanto previsto dal d.lgs. n.151/2001, quelli connessi alle differenze di genere, all’età ed alla provenienza da altri Paesi.
La gravità potrà essere altresì motivata con riferimento al fatto che sia stato applicato in precedenza altro provvedimento definitivo di sospensione, evidentemente insufficiente ad indirizzare l’attività verso percorsi virtuosi (sulla necessità che il SINC venga rafforzato si veda sopra commento all’art 8 “… a tale fine è stabilito che gli organi di vigilanza alimentino un’apposita sezione del sistema informativo dedicata alle sanzioni irrogate nell’ambito della vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro…”).
4) CON RIFERIMENTO ALLA PORTATA SPAZIALE DEL PROVVEDIMENTO: LA MOTIVAZIONE DOVRÀ DIRE QUALE PARTE DELL’ATTIVITÀ IMPRENDITORIALE SIA INTERESSATA DAL PROVVEDIMENTO
La circolare n. 3/2021, nel richiamare i precedenti orientamenti ministeriali, ribadisce come esso vada adottato “in relazione alla parte dell’attività imprenditoriale interessata dalle violazioni” (unità produttiva, cantiere, ecc.) e non all’intera impresa. Anche sulla circoscrizione spaziale, il provvedimento dovrà essere idoneamente motivato.
Diversamente dal passato, adesso la sospensione potrà essere ulteriormente limitata. La nota, in coerenza col dettato normativo, prevede infatti che il provvedimento possa essere alternativamente adottato in relazione all’attività lavorativa svolta da singoli lavoratori rispetto ai quali il datore di lavoro abbia:
- omesso la formazione e l’addestramento (violazione n. 3, All. I);
- omesso di fornire i dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall’alto (violazione n. 6, All. I).
In questi casi, pur potendo l’attività imprenditoriale proseguire, i lavoratori coinvolti dovranno essere sospesi dal lavoro conservando, comunque, tutti i diritti patrimoniali e previdenziali.
Non vi è chi non veda in conclusione l’importanza di una adeguata motivazione e la prevedibile possibilità che in tempi brevi si sviluppi una casistica giudiziaria consistente sulla base delle impugnazioni proposte.
Scarica la normativa di riferimento:
Fonti: Avv. Paolo Demattè , Puntosicuro.it, gazzetta ufficiale