La qualificazione civilistica dei contratti (d’appalto, d’opera, di somministrazione di cose), la concreta interferenza e il “potere di interferenza” ai fini dell’obbligo del DUVRI nel le sentenze degli ultimi mesi.
In una recentissima sentenza di questo mese (Cassazione Penale, Sez.IV, 12 ottobre 2018 n.46401), la Corte ci ricorda un principio più volte affermato negli ultimi anni, secondo il quale “ai fini della operatività degli obblighi di coordinamento e di cooperazione connessi all’esistenza di un rischio interferenziale, dettati dall’art.26 D.Lgs.vo 9.4.2008 n.81, occorre avere riguardo non alla qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra imprese che cooperano tra loro, quali il contratto di appalto, di opera o di somministrazione, ma all’effetto che tale rapporto origina, ovvero alla concreta interferenza tra le organizzazioni che operano nel medesimo luogo di lavoro e che può essere fonte di ulteriori rischi per la incolumità dei lavoratori delle imprese coinvolte (sez.IV, 7.6.2016, P.C. in proc. Carfì e altri, Rv. 267687; 17.6.2015, Mancini, Rv. 264957).”
Ad esempio, con particolare riferimento al subappalto, la Cassazione sottolinea che “con riferimento alla posizione del subappaltatore […] in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro il sub committente è sollevato dai relativi obblighi solo ove i lavori siano subappaltati per intero, cosicché non possa più esservi alcuna ingerenza da parte dello stesso nei confronti del subappaltatore (sez.IV, 5.6.2008, Riva e altro, Rv. 240314; sez.IV 20.11.2009, Fumagalli e altri, Rv.246302).”
I contratti cui fa riferimento la Cassazione in questa pronuncia e in quelle che verranno successivamente esaminate sono principalmente:
Contratto di appalto (art.1655 codice civile):
“L’appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro.”
Subappalto (art.1656 codice civile): “L’appaltatore non può dare in subappalto l’esecuzione dell’opera o del servizio, se non è stato autorizzato dal committente.”
Contratto di somministrazione (art.1559 codice civile):
“La somministrazione è il contratto con il quale una parte si obbliga, verso corrispettivo di un prezzo, a eseguire, a favore dell’altra, prestazioni periodiche o continuative di cose.”
Vediamo ora come la Cassazione nelle sue pronunce più recenti (citate secondo una selezione e senza pretese di esaustività) ricostruisce il rapporto tra le qualificazioni contrattuali (collegate ai contratti citati dall’articolo 26) e le concrete interferenze.
I contratti e il concetto di “interferenza”
Più nello specifico, una sentenza di pochi mesi fa (Cassazione Penale, Sez.IV, 23 luglio 2018 n.34788) ha precisato che “al di là della definizione operata da parte dei contraenti […] del rapporto quale “contratto di appalto””, vi è stata comunque “una errata gestione da parte degli imputati del “rischio interferenziale”.
Se il concetto di “gestione del rischio interferenziale” e, a monte, di “concreta interferenza”, sono dunque centrali in relazione all’obbligo del DUVRI, occorre focalizzare l’attenzione su come venga intesa esattamente l’interferenza in giurisprudenza.
Secondo questa pronuncia della Cassazione del luglio 2018, “a proposito del «concetto di “interferenza”, da cui sorgono gli obblighi di coordinamento e cooperazione, come ricavabili dall’art.26 al comma 1, lett.a) e b) e comma 3 del D.Lgs.81/2008, con riferimento alla posizione del committente, ed al comma 2 lett.a) e b) stesso decreto, con riferimento alla posizione dell’appaltatore e del subappaltatore”, tale concetto “non viene definito dal D.lvo 81/2008, ma una sua definizione normativa la si può rinvenire nella Determinazione n. 3/2008 dell’Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, che la intende come “circostanza in cui si verifica un contatto rischioso tra il personale del committente e quello dell’appaltatore o tra il personale tra imprese diverse che operano nella stessa sede aziendale con contratti differenti”.
Vedremo in seguito che a partire da questa prima definizione – che fa riferimento alla Determinazione 5 marzo 2008 – il ragionamento della Suprema Corte si svilupperà ulteriormente in termini estensivi.
In ogni caso, tornando al tema del rapporto tra l’obbligo del DUVRI e i rapporti contrattuali, la Cassazione prosegue chiarendo quale sia la rilevanza della qualificazione contrattuale ai fini degli obblighi di coordinamento a fini interferenziali e quindi specificando che “gli obblighi di cui al richiamato art.26 presuppongono un rapporto di appalto ovvero di somministrazione, secondo le definizioni di tali tipologie contrattuali che si ricavano dalle norme civilistiche.
Tuttavia, non possono esaurirsi in essi i rapporti a cui fa riferimento l’intero art.26, posto che la ratio della norma è quella di tutelare i lavoratori appartenenti ad imprese diverse che si trovino ad interferire le une con le altre per lo svolgimento di determinate attività lavorative e nel medesimo luogo di lavoro.”
E’ fondamentale pertanto avere chiara la “ratio” di tale norma.
Infatti, “in particolare, la ratio della norma di cui all’art.26 D.Lgs 81/2008 è quella di far si che il datore di lavoro “committente” appresti un segmento all’interno della propria azienda al fine di prevenire ed evitare i rischi interferenziali, derivanti dalla contemporanea presenza di più imprese che operano sul medesimo luogo di lavoro, attivando e promovendo percorsi condivisi di informazione e cooperazione, soluzioni comuni di problematiche complesse, rese tali dalla circostanza dovuta alla sostanziale estraneità dei dipendenti delle imprese appaltatrici all’ambiente di lavoro dove prestano la propria attività lavorativa.”
“L’interferenza tra organizzazioni” e il “potere di interferenza nei confronti dell’appaltatore”
Pertanto “se questa è la ratio, ciò che rileva ai fini della normativa di cui all’art.26 del citato decreto legislativo, non è la qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra imprese che cooperano tra loro, quanto l’effetto che tale rapporto crea, cioè l’interferenza tra organizzazioni, che può essere fonte di ulteriori rischi per entrambi i lavoratori delle imprese coinvolte.”
Tornando alle definizioni di interferenza precedentemente prese in esame, “quindi, anche se si accetta l’interpretazione del concetto di “interferenza” offertaci dalla richiamata “Determinazione n.3/2008”, al fine di individuare i confini della stessa, occorre far riferimento alla suindicata ratio per comprendere quando l’interferenza è rilevante; quest’ultima, infatti, non può essere circoscritta alle mere ipotesi di contatto rischioso tra lavoratori di imprese diverse che operano nel medesimo luogo di lavoro, perché ciò condurrebbe ad escludere in capo a quei “committenti”, che forniscono il mero luogo di lavoro, qualunque posizione di garanzia nei confronti dei lavoratori che, pur essendo alle dipendenze di altre imprese, operano nel medesimo luogo di lavoro.”
In conclusione, secondo Cassazione Penale, Sez.IV, 23 luglio 2018 n.34788, “l’interferenza rilevante – dovendosi ricercare una nozione che sia il più confacente possibile al perseguimento della sua ratio – deve essere necessariamente intesa in senso funzionale, ossia come interferenza non di soli lavoratori, ma come interferenza derivante dalla coesistenza di un medesimo contesto di più organizzazioni, ciascuna delle quali facente capo a soggetti diversi (Così Sez. IV, sentenza n.36398 del 23 maggio 2013).
Emerge, quindi, che, nell’ambito di interferenza tra organizzazioni di più imprese, in cui è irrilevante l’interferenza di fatto tra lavoratori di plurime imprese, ciò che rileva è la presenza di un potere di interferenza nei confronti dell’appaltatore”.
Conclusioni
Un’ulteriore sentenza (Cassazione Penale, Sez.IV, 31 luglio 2018 n.36715), di pochi giorni successiva a quella appena esaminata, fornisce ulteriori approfondimenti in materia.
In linea con le altre sentenze esaminate, la Corte sottolinea in questa pronuncia che “ai fini dell’accertamento della penale responsabilità a titolo colposo, l’interferenza tra impresa appaltante ed appaltatrice non attiene alla valutazione delle sole attività rischiose, ma comporta che tutte le imprese coinvolte individuino specificamente le attività potenzialmente rischiose, ed intervengano per limitarne i rischi connessi.”
La Cassazione cita a questo punto la sentenza di legittimità che per la prima volta (per quanto ci consta) ha condannato – nel 2012 – un datore di lavoro di una grande azienda italiana per omicidio colposo per omissione del DUVRI, ricordando che “il personale della ditta appaltatrice ha infatti diritto di conoscere preventivamente, con valutazione a cura dell’appaltante, i rischi cui può andare incontro in quel luogo di lavoro.
È stato in proposito affermato (Sez,4, n.5420 del 2012, non massimata) che il concetto di “interferenza” va inteso come “circostanza in cui si verifica un contatto rischioso tra il personale del committente e quello dell’appaltatore o tra il personale tra imprese diverse che operano nella stessa sede aziendale con contratti differenti”.
Ed invero, l’accezione di “interferenza” tra impresa appaltante ed impresa appaltatrice non può ridursi, ai fini della individuazione di responsabilità colpose penalmente rilevanti, al riferimento alle sole circostanze che riguardano “contatti rischiosi” tra il personale delle due imprese, ma deve fare necessario riferimento anche a tutte quelle attività preventive, poste in essere da entrambe antecedenti ai “contatti rischiosi”, destinate, per l’appunto, a prevenirli.”
Quindi “in sostanza, ancorché il personale della ditta appaltatrice operi autonomamente nell’ambito del luogo di lavoro della ditta appaltante, deve esser messo in condizione di conoscere, a cura della appaltante, preventivamente i rischi cui può andare incontro in quel luogo di lavoro con riferimento, ovviamente, all’attività lavorativa che deve ivi svolgere.”
Riguardo al rapporto tra qualificazione contrattuale e concrete interferenze, anche questa sentenza ribadisce ancora una volta il principio per cui “ai fini dell’operatività degli obblighi di coordinamento e cooperazione connessi all’esistenza di un rischio interferenziale, dettati dall’art.26 D.Lgs.9 aprile 2008, n.81- […] occorre aver riguardo non alla qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra le imprese che cooperano tra loro – contratto d’appalto, d’opera o di somministrazione – ma all’effetto che tale rapporto origina, vale a dire alla concreta interferenza tra le organizzazioni che operano sul medesimo luogo di lavoro e che può essere fonte di ulteriori rischi per l’incolumità dei lavoratori delle imprese coinvolte, (cfr., Sez.4 n.30557 del 07/06/2016, Rv. 267687.”
In definitiva, “gli obblighi di cooperazione e coordinamento rappresentano per i datori di lavoro di tutte le imprese coinvolte “la cifra” della loro posizione di garanzia e delimitano l’ambito della rispettiva responsabilità”.
Anna Guardavilla
Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro
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Fonti: Puntosicuro.it, Olympus.uniurb.it