Come cogliere i lati positivi del lavoro agile ed evitare quelli negativi.

La situazione pandemica che stiamo attraversando ha contribuito a rimuovere resistenze e vincoli di ordine tecnologico ed organizzativo rispetto al lavoro agile e la sua sperimentazione di massa ha costretto le aziende ad un’applicazione repentina di questa modalità lavorativa. Se, da un lato, questa accelerata ha permesso all’Italia di allinearsi, almeno in parte, rispetto all’impiego del lavoro agile già ampiamente utilizzato in altri paesi, dall’altro lato ha portato a galla numerosi aspetti con cui è necessario fare i conti.

In un momento di crisi sanitaria e sociale come quella provocata dal Covid19, in cui il lavoro a distanza è diventato la nuova quotidianità di tantissimi lavoratori, diventa importante chiedersi se e in che modo quest’ultimo possa, nel lungo termine, impattare sul benessere psicologico di questi ultimi. Dover passare un numero significativo di ore di fronte un computer, in assenza di interazione sociale, fondamentale per il benessere psichico, potrebbe generare stress e disturbi correlati quali ansia, depressione e in alcuni casi anche burn out.

Il “lavoro agile”, infatti, è caratterizzato da diversi aspetti contraddittori: alcune ricerche hanno accertato che, rispetto a una vita scandita da rigidi orari lavorativi, poter scegliere e organizzare luoghi e tempi in cui poter lavorare contribuisce, nella maggior parte dei casi, ad un aumento della soddisfazione personale. Ciò concede infatti di occuparsi di piccoli impegni ed incombenze della vita privata e familiare, della gestione dei figli, la pratica di attività fisica, ridurre lo stress legato agli spostamenti (pendolarismo), fare più attenzione alla propria alimentazione e integrare il lavoro ai propri ritmi di vita. Al contrario, altri studi evidenziano come la perdita dell’interazione sociale sul luogo di lavoro, la mancanza di confronto e quindi di apprendimento dal prossimo, la perdita di sicurezze e di punti di riferimento, l’apparente minore opportunità di partecipazione alla vita dell’azienda, il rimodulare psicologicamente e praticamente la propria vita familiare, sono tutti motivi per uno spiccato aumento di ansia e frustrazione.

Nonostante, fortunatamente, l’Italia non sia il paese a destare maggiore preoccupazione in termini di isolamento, non è difficile vedere le ripercussioni economiche di un cambiamento organizzativo come quello portato, o meglio “accelerato”, dalla situazione pandemica che stiamo vivendo. Non si devono sottovalutare, infatti, le conseguenze psicologico-relazionali che potrebbero portare, da un lato, come già detto, ad un importante incremento in termini di patologie ansioso-depressive, ma da un altro anche a compromissioni nelle capacità empatiche e cooperative: se l’altro diventa un individuo indefinito dietro uno schermo, sarà molto più difficile attribuirgli sentimenti ed emozioni ed entrarci davvero in contatto.

È importante considerare che, fin dalla più precoce età, l’attivazione dei “neuroni specchio” passa attraverso il contatto visivo con chi abbiamo di fronte e questo permette lo sviluppo della capacità di “sentire” quello che prova l’altro. Questo è un passaggio obbligato per lo sviluppo anche dell’altruismo e, quindi, necessario per il formarsi di una società che si sostiene e collabora per qualcosa che va al di là del solo individuo.

Ciò che si può osservare è che, spesso, si parla di “ Smart working” in modo semplicistico, senza considerare che ogni cambiamento radicale è sempre complesso e determina criticità sia strutturali dell’impresa, sia puramente personali. Per questo, è importantissimo non dimenticare che ogni persona è diversa dalle altre e che, di fronte alla stessa richiesta di cambiamento, le risposte comportamentali possono essere completamente opposte.

È indubbio che bisogna ripensare il lavoro e gli spazi in cui esso deve svolgersi, così come è necessario ritarare le regole per allineare la modalità dello “ Smart working” con gli obiettivi aziendali. Sempre più evidente diventa la necessità, per questa nuova modalità di lavoro, delle seguenti skill: disponibilità all’apprendimento degli strumenti digitali della tecnologia in generale; capacità di mantenere il focus sul progetto che si sta seguendo; la gestione del tempo; riuscire a gestire i confini tra vita privata e lavorativa.

Emerge dunque la necessità di programmi di formazione che aiutino sia il manager sia il lavoratore a sviluppare tutte quelle capacità che sono e saranno indispensabili per affrontare le sfide di un prossimo futuro, che probabilmente è già presente: la gestione dello stress, l’apertura alla sperimentazione, la calma, la resilienza, la flessibilità e l’adattabilità. Fondamentali saranno anche le abilità relazionali: l’ascolto, il rispetto, l’empatia, la cooperazione e l’assertività.

Per concludere, dobbiamo accettare che il mondo intorno è dovuto cambiare velocemente e, insieme a lui, sta decisamente cambiando anche il modo in cui lavoriamo.

Cosa si può fare, dunque, per cercare di trarre il più possibile i lati positivi che può regalarci lo “ Smart Working” cercando di scansare i suoi effetti negativi?

A livello personale, un primo consiglio è quello di dedicare degli spazi di tempo all’interno della giornata a se stessi e alle relazioni sociali ancora più di quanto non si facesse prima.

Poter fare attività fisica, piuttosto che una semplice passeggiata, trascorrere il dopo cena insieme ai familiari con attività piacevoli condivise e organizzare uscite all’aria aperta nei week-end.

Infine, mantenere uno stile di vita sano, usare tecniche di meditazione e pianificare la propria giornata, evitando il lavoro multitasking.

Quando si lavora da casa, per evitare di “perdere il controllo” della situazione e di prendere cattive abitudini, è importante darsi delle regole fisse e imparare a seguire una certa routine: alzarsi alla stessa ora e possibilmente presto, vestirsi e non rimanere in pigiama, fare una buona colazione e, se possibile, concedersi una passeggiata di 15 minuti per una boccata d’aria.

Per quel che riguarda le pause, è importante concedersi quelle che il fisico e la mente reputano necessarie, cercando però di limitarsi ad un breve e sano spuntino all’ora stabilita.

A livello aziendale, invece, è importante l’utilizzo di figure (anche esterne) che insegnino a rafforzare le abilità di coping dei lavoratori e dei manager, aumentando la resilienza e, in generale, una ristrutturazione cognitiva.

Se poi ci si rendesse conto che lo stress e l’ansia incidono significativamente sulla qualità della propria vita, la soluzione preferibile è quella di rivolgersi ad un esperto per gestirli.

Fonti: Puntosicuro.it, Massimo Servadio (Psicoterapeuta Sistemico Relazionale e Psicologo del Lavoro e delle Organizzazioni)