Uno strumento per offrire alle aziende indicazioni su obblighi normativi, modalità di espletamento e frequenza di aggiornamento. Focus sulle informazioni che il datore di lavoro deve fornire al servizio di prevenzione e protezione e al medico competente.
Nonostante i vari interventi, dal D.Lgs n. 106 del 3 agosto 2009 in poi, per semplificare la disciplina e la normativa in tema di prevenzione, il quadro legislativo relativo alla tutela della salute e della sicurezza sul lavoro rimane ancora oggi complesso ed articolato.
Con l’obiettivo di offrire una chiave di lettura organica ed unitaria dei diversi adempimenti a carico dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti, l’ Ente Bilaterale Nazionale del settore Terziario (EBINTER) – organismo paritetico costituito nel 1995 dalle organizzazioni sindacali nazionali dei datori di lavoro e dei lavoratori – ha elaborato una guida pratica.
Il documento “Datori di lavoro e lavoratori. Guida pratica agli adempimenti di sicurezza e all’apparato sanzionatorio”, rivolto a professionisti, responsabili della sicurezza, imprese e lavoratori, avvocati ed operatori del diritto in genere, “si propone come un pratico e agevole strumento per orientare le aziende, fornendo loro l’indicazione dei principali obblighi normativi vigenti, le modalità di espletamento, la loro frequenza di aggiornamento e le formule indispensabili per la loro corretta realizzazione”.
Infatti gli adempimenti che il datore di lavoro di una media impresa “deve compiere, unitamente al dirigente o al preposto, per vedere assicurata la conformità ai requisiti di sicurezza imposti dal D.Lgs 81/08, sono oltre 300, diversamente declinabili in ragione della tipologia di attività esercitata, del numero di lavoratori presenti in azienda e della specifica funzione aziendale rivestita. Si va dalle procedure di gestione della prevenzione, alla valutazione dei rischi, all’istituzione del servizio di prevenzione e protezione, alla formazione, informazione ed addestramento dei lavoratori, alla sorveglianza sanitaria fino alla gestione delle emergenze. Ciascun adempimento necessità poi di una modulistica specifica per essere adeguatamente compiuto e del rispetto di una ben definita scansione temporale. A ciò si aggiunga la totale assenza di indicazioni interpretative ed applicative volte a fornire risposte chiare e precise agli operatori sui numerosi aspetti ancora dubbi che sono emersi nel corso di questo primo anno e mezzo di vigenza del testo unico”.
Segnaliamo che, riguardo alla normativa in tema di sicurezza sul lavoro, il volume è aggiornato al novembre 2011 (non sono, ad esempio, presenti le modifiche al decreto 81/2008 operate recentemente dal Decreto del Fare).
Nel libro per ciascun soggetto sono stati raggruppati e descritti gli obblighi legislativi cui deve adempiere, con i riferimenti alla modulistica di sicurezza appositamente predisposta. Inoltre il testo “è arricchito con una serie di esempi pratici e replicabili, con la principale modulistica di riferimento, con questionari e check-list per una migliore e più approfondita valutazione delle condizioni di rischi aziendali”. E per ogni paragrafo è presente una tabella di sintesi che concentra tutte le informazioni utili direttamente connesse al tema trattato.
Ci soffermiamo brevemente su un punto trattato nel libro in merito alla gestione dei rischi: l’obbligo del datore di lavoro di fornire al servizio di prevenzione e protezione ed al medico competente informazioni in merito ai rischi ed alla misure preventive adottate.
In particolare il datore – con riferimento a quanto richiesto dall’articolo 18, comma 2 del D.Lgs. 81/2008 – deve fornire a loro informazioni in merito a:
– la natura dei rischi;
– l’organizzazione del lavoro, la programmazione e l’attuazione delle misure preventive e protettive;
– la descrizione degli impianti e dei processi produttivi;
– i dati di cui al comma 1, lettera r) (dell’articolo 18, relativo alle comunicazioni in via telematica, ndr) e quelli relativi alle malattie professionali;
– i provvedimenti adottati dagli organi di vigilanza.
Per ottemperare a quanto previsto dall’art. 18, comma 2, il datore di lavoro può procedere lungo cinque direttrici che descriviamo brevemente, invitando i nostri lettori ad una lettura integrale del documento originale:
– identificazione dei fattori di rischio: “la valutazione deve riguardare i rischi derivanti dall’attività lavorativa e che risultino ragionevolmente prevedibili: vanno quindi conciliate le contrapposte esigenze di ‘esaustività’ della valutazione e della identificazione dei principali problemi di prevenzione, peculiari della specifica attività produttiva, su cui concentrare l’analisi. In una prima fase pare ragionevole che il datore di lavoro programmi (indicando tale programma nel documento, ove previsto) una successiva fase di valutazione dei rischi che ad un primo esame appaiono meno prevedibili e comunque tali da provocare lievi conseguenze. Gli orientamenti comunitari indicano, a tale proposito, l’utilità di operare il seguente procedimento: ‘valutazione complessiva per separare i rischi in due categorie: quelli ben noti per i quali si identificano prontamente le misure di controllo…e rischi per i quali è necessario un esame più attento e dettagliato. Questa fase può comportarne altre se si deve applicare un sistema più sofisticato di valutazione dei rischi a situazioni effettivamente complesse’. L’identificazione dei fattori di rischio sarà guidata dalle conoscenze disponibili su norme di legge e standard tecnici, dai dati desunti dall’esperienza e dalle informazioni raccolte, dai contributi apportati da quanti, a diverso titolo, concorrono all’effettuazione della stessa valutazione”. Si ricorda che si deve tener conto dell’influenza che su tale identificazione può esercitare “la percezione soggettiva del rischio, che talvolta può portare a sottostimare o sovrastimare un pericolo sulla base dell’abitudine al rischio o dell’eccessiva fiducia concessa alle impressioni sensoriali”. Laddove poi esistano posti di lavoro e/o lavorazioni omogenee nella stessa unità produttiva o in unità produttive del medesimo comparto “è possibile definire in modo unitario un elenco orientativo dei fattori di rischio da considerare fermo restando che per ogni contesto considerato andranno verificate le eventuali differenze significative, le quali peraltro possono condurre all’attivazione di conseguenti diversificate e specifiche misure di tutela”;
– identificazione dei lavoratori esposti: “in relazione alle situazioni pericolose messe in luce dalla prima fase della valutazione, si evidenzierà il numero dei lavoratori che è possibilmente esposto ai fattori di rischio, individualmente o come gruppo omogeneo”. In particolare l’identificazione dei lavoratori esposti “non potrà prescindere dalla rilevazione delle effettive modalità di lavoro; a tale fine si richiama l’esigenza di avvalersi di modalità partecipative nella raccolta delle informazioni in merito. A questo proposito giova ricordare che l’utilizzo di check list, se pur di utilità al Responsabile del servizio di prevenzione e protezione aziendale, non può essere considerato come l’unico mezzo per la valutazione”;
– stima dell’entità delle esposizioni ai pericoli: “una prima stima dell’entità delle esposizioni (misura semiquantitativa) implica una valutazione della frequenza e della durata delle operazioni/ lavorazioni che comportano rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori. Si verificherà, in talune situazioni, la necessità o l’opportunità di procedere ad una stima più precisa delle esposizioni ai pericoli, tramite misure di igiene industriale o a criteri di valutazione più specifici e dettagliati nei casi in cui vi sia esposizione ad agenti chimico-fisici e/o qualora si siano verificati (o si possano prevedere) infortuni/incidenti gravi”. Tale fase di approfondimento può “peraltro essere programmata per un tempo immediatamente successivo alla prima valutazione e alla prima adozione delle misure di prevenzione e di protezione individuate”. Nel documento è presente una breve tabella con indicazione di casi in cui è opportuno il ricorso a misure di igiene industriale o a criteri di valutazione più specifici. Inoltre valutazioni igienistico-ambientali, eventualmente corredate da misurazioni, “sono raccomandate ogni qualvolta vengano modificate sostanzialmente linee di produzione in modo tale da poter prevedere una variazione dell’esposizione dei lavoratori a fattori di rischio chimico-fisici, al fine di progettare contestualmente le più idonee misure di prevenzione”. Nel documento sono riportati i criteri d’analisi del processo produttivo ai fini della valutazione dei rischi chimico-fisici;
– stima della gravità e della probabilità degli effetti: “vanno considerate le dimensioni possibili del danno derivante da un determinato rischio, in termini di una gamma di conseguenze” (lesioni e/o disturbi lievi, rapidamente reversibili; lesioni o disturbi di modesta entità; lesioni o patologie gravi; incidente mortale) “stimando nel contempo la probabilità di accadimento di danni (lesioni, disturbi, patologie); il livello di probabilità può essere espresso con giudizi di gravità in scala crescente”;
– programmazione o messa in atto delle misure di prevenzione: “l’individuazione delle misure di prevenzione e protezione rispetterà quanto indicato all’art. 15 del D.Lgs 81/08 ed, in particolare, farà riferimento ai principi gerarchici della prevenzione dei rischi in esso indicati”. In merito alla programmazione degli interventi, “le conclusioni desunte dall’identificazione dei fattori di rischio e dei lavoratori esposti, dell’entità dell’esposizione, della probabilità con cui possono verificarsi effetti dannosi e dell’entità delle possibili conseguenze, orienteranno le azioni conseguenti alla valutazione stessa. Un esempio di tale processo decisionale è riportato in una tabella relativa alle “azioni conseguenti alle conclusioni possibili riguardo ai rischi”.
Si ricorda infine che la valutazione delle misure di prevenzione e protezione “non dovrà trascurare la verifica di idoneità e di efficacia di quelle già in essere e, progressivamente, di quelle via via adottate. Il piano di attuazione dovrà contemplare i tempi previsti per la realizzazione degli interventi, la verifica della loro effettiva messa in atto, la verifica della loro efficacia, la revisione periodica in merito ad eventuali variazioni intercorse nel ciclo produttivo o nell’organizzazione del lavoro che possano compromettere o impedire la validità delle azioni intraprese”.
Fonte: Puntosicuro.it e Ente Bilaterale Nazionale del settore Terziario
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