chimicoUn documento dell’Università del Salento si sofferma sui dispositivi di protezione individuale fornendo informazioni sulla loro scelta, gestione e utilizzo. Focus sulla sicurezza in laboratorio, l’uso dei guanti e i rischi chimici e biologici.

Certo non possiamo utilizzare l’ipnosi, o altri metodi più invasivi, per convincere i lavoratori a utilizzarli. Tuttavia periodicamente vogliamo tornare sul tema dei DPI cercando di offrire continui promemoria, per i lavoratori e le aziende, non solo in relazione all’importanza dei DPI, ma anche in relazione alla loro scelta, gestione e utilizzo.

Per tornare sull’argomento possiamo fare riferimento a un documento pubblicato sul sito del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche e Ambientali ( Di.S.Te.B.A.) dell’ Università del Salento in relazione al Corso di laurea in Scienze Biologiche e, in particolare, alla “sicurezza di laboratorio”.

In “Dispositivi di protezione individuale”, documento a cura della Dott.ssa Daniela Pacoda, si ricorda che i dispositivi di protezione individuale (DPI) “devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro”.

Dopo aver ricordato quanto indicato sul Titolo III, Capo II del D.Lgs. 81/2008, l’autrice informa che non costituiscono DPI:
– “gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificamente destinati a proteggere la sicurezza e la salute del lavoratore;
– le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio;
– le attrezzature di protezione individuale delle forze armate, delle forze di polizia e del personale del servizio per il mantenimento dell’ordine pubblico;
– le attrezzature di protezione individuale proprie dei mezzi di trasporto stradali;
– i materiali sportivi quando utilizzati a fini specificamente sportivi e non per attività lavorative;
– i materiali per l’autodifesa o per la dissuasione;
– gli apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e fattori nocivi”.

Dopo aver presentato la divisione in tre categorie dei DPI, il documento si sofferma sulla nota informativa che “deve essere rilasciata dal fabbricante e deve essere redatta nella lingua dello stato in cui il DPI viene venduto. Deve contenere le istruzioni di deposito, impiego, pulizia e manutenzione, disinfezione a cui può essere sottoposto il DPI. Tale nota deve inoltre contenere l’indicazione sulla classe di protezione corrispondente ai livelli di rischio e i limiti di utilizzazione nonché la data o il termine di scadenza (se previsto). Qualora il fabbricante non sia in grado di determinare a priori la durata di un DPI deve, nella nota informativa, fornire all’utilizzatore tutte le indicazioni necessarie per la determinazione del termine di scadenza in base alle effettive condizioni d’impiego, manutenzione e pulizia”.

Il documento affronta poi la gestione dei DPI, come regolamentata dal D.Lgs. 81/2008 in relazione agli obblighi del datore di lavoro e dei lavoratori, e la certificazione CE.

Noi ci soffermiamo invece su quanto indicato riguardo ai requisiti dei dispositivi di protezione individuale.

Per requisiti funzionali dei DPI si indica che le “caratteristiche del dispositivo devono essere tali da:
– essere in grado di neutralizzare il rischio specifico, vale a dire che il DPI deve essere concepito in modo da poter annullare o, quanto meno ridurre il più possibile, la probabilità di infortunio per la parte protetta;
– non limitare le funzioni operative (deve essere progettato in modo che, pur mantenendo inalterate le caratteristiche protettive, siano limitate il meno possibile le capacità lavorative);
– essere ben tollerato e accettato dal lavoratore e costruito in modo che non crei eccessivo disagio;
– essere resistente e duraturo;
– essere economico, nei limiti del possibile”.
Oltre ai requisiti funzionali, il DPI deve anche rispondere alle “seguenti esigenze:
– adattabilità alla persona;
– adeguata solidità e resistenza agli agenti specifici;
– assenza di elementi o parti che possano costituire pericolo per l’operatore;
– facilità di impiego (es.: facilità di indosso e rapidità nel toglierlo in caso di necessità);
– costruzione semplificata al fine di consentire agevolmente le necessarie operazioni di pulizia, disinfezione e manutenzione;
– se del caso, colorazioni appropriate per una corretta identificazione o per evidenziare, per esempio, la presenza sul dispositivo di sostanze pericolose;
– design appropriato per conferire il necessario comfort e tale da renderlo gradito all’operatore”.
Riguardo ai requisiti dei materiali si ricorda che i materiali scelti per la costruzione dei DPI “assumono un ruolo determinante ai fini dell’efficienza del dispositivo stesso”. E il mantenimento delle caratteristiche di protezione “può essere influenzato negativamente dalle condizioni ambientali particolari in cui il dispositivo è chiamato ad operare”. Senza dimenticare che “i materiali che vengono a trovarsi a diretto contatto con la epidermide devono avere compatibilità con la stessa. Inoltre devono essere meccanicamente resistenti a tutte le operazioni di manutenzione e sterilizzazione, se necessarie”.

Ci soffermiamo ora molto brevemente su alcune delle informazioni offerte dal documento sulla protezione degli arti superiori.
Protezione che “si realizza tramite guanti ma anche con protettori dell’avambraccio. Le categorie di rischi da cui proteggersi sono molteplici e molteplici sono quindi le tipologie di guanti ognuna delle quali viene perciò sottoposta a prove specifiche”.
Ad esempio ci sono guanti di protezione contro:
– i rischi meccanici e fisici: “si utilizzano per la protezione da aggressioni fisiche e meccaniche causate da abrasione, taglio da lama, foratura, strappo e taglio da urto. Ne esistono molti tipi e in vari materiali (cuoio, tela, sintetici) per adattarli il più possibile all’uso specifico”;
– contro i prodotti chimici ed i microrganismi: “per la scelta del guanto adatto è di essenziale importanza controllare verso quali sostanze e a quali concentrazioni sono stati testati è perciò necessario consultare sempre la nota informativa. I materiali più comunemente utilizzati sono lattice, nitrile, butile, PVC etc.; per quelli privi di supporto tessile all’interno è possibile utilizzare un sottoguanto in maglia che eviti il contatto diretto con la pelle. Si ricorda che non è trascurabile la percentuale di persone allergiche al lattice è bene perciò accertarsi di tali condizioni personali prima di fornire guanti di questo materiale, in questi casi è necessario consultare anche il Medico Competente”.

Riguardo alla protezione da agenti chimici e agenti biologici, si sottolinea che “le due caratteristiche principali che determinano il comportamento dei guanti, relativamente alla protezione chimica”, sono rappresentate dalla resistenza alla penetrazione (“passaggio dell’agente chimico attraverso i pori, le cuciture, le linee di saldatura, altre aperture o imperfezioni del materiale”) e alla permeazione (“processo mediante cui la sostanza chimica attraversa a livello molecolare il materiale costituente il guanto”).
In particolare “per proteggere dai rischi biologici i guanti devono essere resistenti alla penetrazione”.
Riportiamo alcune note tratte dal documento per l’uso dei guanti utilizzabili in laboratorio:
– i guanti monouso non devono mai essere riutilizzati;
– tutti i guanti proteggono solo a breve termine in quanto nel tempo tutti, con diversi gradi, consentono la permeazione della maggior parte dei composti organici in maniera proporzionale al loro spessore;
– devono essere indossati tutte le volte che esiste un potenziale rischio di contatto con la pelle;
– per la scelta del materiale è necessario riferirsi alle tabelle specifiche. Se il rischio è sconosciuto sono raccomandati come minimo guanti in gomma nitrilica. Il tipo di guanti da utilizzare dovrebbe essere comunque specificato nella procedura operativa standard;
– devono essere tolti prima di toccare superfici che non devono essere contaminate (maniglie, telefono etc.);
– guanti speciali devono essere utilizzati per i materiali caldi o abrasivi (es. vetreria rotta): questi guanti non sono adatti a maneggiare prodotti chimici;
– i guanti devono essere tolti avendo cura di rovesciarli e quindi vanno messi fra i rifiuti pericolosi;
– è necessario lavarsi sempre le mani dopo essersi tolti i guanti;
– in caso di versamento sui guanti è necessario toglierli e lavarsi subito le mani;
– alcune manipolazioni, es. cancerogeni ed antiblastici, necessitano dell’utilizzo di due paia di guanti”.

Concludiamo ricordando che il documento, che vi invitiamo a visionare integralmente si sofferma non solo su altre tipologie di guanti (ad esempio contro il calore, il fuoco o il freddo) ma anche su altre tipologie di DPI:
– per la protezione degli occhi e del viso;
– per la protezione dell’udito;
– per la protezione delle vie respiratorie;
– per la protezione del corpo.

Qui trovate il documento

 

Fonti:Puntosicuro e Di.S.Te.B.A.