Un contributo si sofferma sul rapporto tra sicurezza sul lavoro ed alimentazione nel settore degli autotrasporti e sulle strategie aziendali per la promozione della salute. Il rischio alimentazione e la presentazione di una ricerca.

Da ormai alcuni anni, come testimoniano i nostri articoli, è aumentata notevolmente l’attenzione nei luoghi di lavoro al tema della promozione della salute nei luoghi di lavoro e anche all’importanza di un’adeguata e corretta educazione alimentare.

A questo proposito riceviamo e volentieri pubblichiamo un interessante contributo a cura di Carlo Zamponi (Consigliere Nazionale AiFOS, Docente a contratto Università degli Studi di L’Aquila, Master abilitante per le funzioni di Medico Competente) e Francesca Di Cesare (Tecnico della Prevenzione Azienda ULSS 3 Serenissima – UOC Servizio Igiene Alimenti Origine Animale e Derivati). Un contributo tratto dall’elaborato di tesi di Francesca Di Cesare e in relazione ad uno studio condotto presso un’azienda che opera nel settore degli autotrasporti. Il contributo si sofferma in particolare sul rapporto tra sicurezza sul lavoro ed alimentazione nel settore degli autotrasporti e sulle strategie aziendali per la promozione della salute.

Abbiamo suddiviso il corposo contributo in tre diverse parti.

In questa prima parte si affronta il rischio alimentazione e si presenta la ricerca.

Nella seconda e terza parte che pubblicheremo nei prossimi giorni si presenterà un’analisi dei risultati della ricerca con particolare riferimento alla correlazione lavoro ed attività fisica, alla correlazione lavoro ed alimentazione e alla correlazione vita lavorativa e vita extra lavorativa.

Esiste una diretta correlazione fra alimentazione ed attività lavorativa? Quanto questa incide sui rischi lavorativi?

Fermo restando i dettami stabiliti dall’ art. 2087 del c.c. sulla tutela delle condizioni di lavoro  “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”, il Datore di lavoro, come sancito dall’art. 28 del Decreto Leg.vo 81/2008, è tenuto ad effettuare in ambito aziendale una valutazione dei rischi che deve riguardare “tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori.

Ciononostante, malgrado l’esplicita indicazione del “tutti i rischi”, non accade spesso che nei documenti di valutazione, e quindi nei processi valutativi che conducono alla redazione del “documento di valutazione dei rischi”, si parli espressamente dei potenziali rischi indotti da una “cattiva alimentazione”, di frequente consumata all’interno degli stessi luoghi di lavoro.

Ma esiste il “rischio alimentazione” nella percezione del Lavoratore e del Datore di Lavoro?

La risposta è contenuta nella definizione introdotta dal Testo Unico in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, il Decreto Leg.vo 81/2008, dove per “salute” si intende uno “stato completo di benessere fisico, mentale e sociale non consistente solo con l’assenza di malattia o d’infermità”. È proprio per tale motivazione che diventa necessario ampliare l’attività investigativa e di gestione dei rischi lavorativi ricomprendendo anche altre forme quali quelle dello stile di vita (alimentazione, abitudine al fumo, abuso di alcool, assenza di attività fisica, adozione di una dieta sana) in quanto, come visto, tutti questi fattori incidono fortemente sul benessere della persona e quindi direttamente anche sulla “performance lavorativa”.

All’interno dei rischi emergenti, cioè tutti i rischi che apparentemente non sono strettamente legati all’attività aziendale, ma che intervengono a influenzare la stessa, il  rischio alimentazione assume pari importanza rispetto ad altri rischi noti quali il rischio aggressione, il rischio rapina, il rischio stress, etc.

Per affrontare tale argomento prenderemo spunto dall’elaborato di tesi redatto dalla Dott.ssa Francesca Di Cesare, Laureata presso l’Università degli Studi dell’Aquila, Corso di Laurea Magistrale in “Scienze delle Professioni Sanitarie della Prevenzione”, la quale ha condotto uno studio presso un’importante azienda del contesto produttivo nazionale che opera nel settore degli autotrasporti.

Lo studio prende forma da un questionario somministrato sia ai lavoratori sia ai Medici Competenti.

Vediamo di analizzare lo studio effettuato.

1. IL RISCHIO ALIMENTAZIONE

Qual è il nesso fra la tutela della sicurezza e salute sul lavoro e l’ educazione alimentare? Perché un lavoratore dovrebbe alimentarsi correttamente?

Secondo un Rapporto del 2005 dell’Ufficio internazionale del lavoro (ILO, 2005), un regime alimentare troppo povero o un’alimentazione troppo ricca sul luogo di lavoro può provocare una perdita di produttività del 20%. Lo stesso Rapporto testimonia che, a monte di modesti investimenti per migliorare l’ alimentazione sul lavoro, le ricadute in termini di riduzione dei giorni di malattia e degli infortuni sul lavoro sarebbero notevoli. Infatti, le malattie croniche non trasmissibili (noncommunicable disease – NCD), strettamente legate a stili di vita non salutari compresa la scorretta alimentazione, uccidono nel mondo circa 40 milioni di persone ogni anno, equivalente al 70% di tutti i decessi. Quelle cardiovascolari rappresentano la maggior parte delle morti per NCD, ovvero 17,7 milioni di persone ogni anno, seguite da tumori (8,8 milioni), malattie respiratorie (3,9 milioni) e diabete (1,6 milioni). Il fumo di tabacco, l’inattività fisica, l’uso eccessivo di alcol e diete scorrette (responsabili anche di sovrappeso e obesità) aumentano il rischio di ammalare di NCD (Organization, 2017) e i dati sembrano confermarlo: in Europa le principali malattie croniche non trasmissibili (diabete, malattie cardiovascolari, cancro, malattie respiratorie croniche e disturbi mentali) causano circa l’86% dei decessi.

Come se non bastasse, tutte queste abitudini catalogate “stili di vita” vanno poi a sommarsi, spesso con effetti sinergici, ai fattori di rischio professionali (per la salute, per la sicurezza e trasversali) propri di ogni mansione lavorativa. Oltre ai rischi più noti, quali l’utilizzo di sostanze chimiche pericolose, l’esposizione al rumore o alle vibrazioni, si pensi alle condizioni di lavoro (ad es. lavoro sedentario o in coppia), alle condizioni microclimatiche (temperatura, umidità, ricambi d’aria) in cui il lavoro è svolto, all’orario di lavoro (continuato, turni, lavoro notturno), agli aspetti legati alle relazioni sociali sia di tipo orizzontale tra colleghi, sia di tipo verticale tra capo e dipendente.

È evidente come la tipologia di lavoro svolta influenzi in modo sostanziale la vita di ciascuno, in quanto capace di dettare le regole di comportamento da adottare una volta usciti dal luogo di lavoro: a differenza di un impiegato part time che non avrà impedimenti reali nel recarsi in palestra nel pomeriggio, un operaio che svolge turni notturni dovrà sacrificare le ore di attività fisica durante il giorno per poter riposare. È immediato notare come le abitudini di ognuno, ovvero lo stile di vita sopra menzionato, sarà necessariamente influenzato dalle regole dettate dagli orari e dalla tipologia di lavoro svolto.

Il legame tra stile di vita, cibo e mansione professionale è ormai indiscusso e la problematica sui rischi emergenti legati a sonnolenza, stress, malattie croniche è di assoluta attualità. Esisterebbe in effetti una corretta alimentazione per ogni professione, in quanto l’accostamento di alcuni alimenti alla tipologia di mansione svolta aiuterebbe o meno la capacità di assimilazione dei nutrienti, andando ad incidere sul livello di attenzione, sul benessere psico-fisico in generale e, nei casi più gravi, sull’indice di sovrappeso ed obesità. Allo stesso modo, esisterebbero stili di vita sani da correlare alle mansioni lavorative, in modo tale da agire in modo mirato sulla fatica e sui risvolti psicofisici di una giornata lavorativa. Si può, pertanto, parlare a tutti gli effetti di “rischi associali agli stili di vita”.

Nello specifico, ai fini del presente elaborato, verrà esaminato il rischio alimentazione correlato alla mansione di autista / autotrasportatore.

Tale condizione deriva dall’impossibilità di consumare un pasto equilibrato durante l’orario di lavoro per mancanza di tempo, di spazi idonei, di scelta tra una varietà sana di alimenti, con il risultato di dover fare i conti con possibili deficit di attenzione e fiacchezza nel dopo pasto, potenzialmente cause di infortuni sul luogo di lavoro e di malattie croniche non trasmissibili rilevabili solo a lungo termine. D’altronde, già nel 1800, il filosofo Tedesco L. Feuerbach aveva di gran lunga anticipato ciò che le ricerche scientifiche ci stanno rivelando giorno dopo giorno affermando che “noi siamo quello che mangiamo”.

Appare quindi evidente che per garantire i diritti alla salute sanciti a livello costituzionale (art.32) e per soddisfare, allo stesso tempo, le esigenze aziendali (art.41), occorre agire offrendo soluzioni gestionali di promozione della salute, attuali e concretamente realizzabili nei luoghi di lavoro e fuori da questi ultimi, per sostenere i lavoratori durante il proprio percorso professionale e stimolarli ad acquisire nuove consapevolezze da trasmettere anche in famiglia.

Le conoscenze attuali in materia di tutela dai rischi per la salute e per la sicurezza negli ambienti di lavoro (agenti chimici, fisici, biologici, strutture, attrezzature, incendio) sono ormai consolidate.

Con l’introduzione di una definizione più completa di “salute del lavoratore”, il Decreto Leg.vo 81/08 la intende come, sopra visto, uno “stato completo di benessere fisico, mentale e sociale non consistente solo con l’assenza di malattia o d’infermità”. Di conseguenza, è necessario ampliare le vedute e considerare come emergenti tutti quei rischi definiti trasversali, associati al benessere organizzativo e legati all’individuo e alle sue abitudini, durante e fuori l’orario di lavoro, come l’alimentazione, i fattori psicologici ed ergonomici, le condizioni di lavoro difficili, l’organizzazione del lavoro che incidono direttamente sul benessere della persona e quindi sulle performance lavorative. A tal proposito lo studio, condotto ai fini di una tesi di laurea magistrale in Scienze delle professioni sanitarie della prevenzione, ha avuto quale scopo quello di analizzare un rischio, come quello dell’alimentazione, ad oggi sottovalutato per capire se e in che modo lavorare nel settore degli autotrasporti influisca realmente sull’educazione alimentare adottata dall’autista. In particolare, si è voluta indagare l’idea comune che “l’autotrasportatore mangi e si comporti in modo scorretto” analizzando il punto di vista dell’autista stesso, ma anche quello del Medico Competente per gli aspetti di sua competenza.

Il fine ultimo è quello di studiare i dati oggettivi reperiti, nonché le percezioni e le consapevolezze degli autisti sul tema in oggetto, per poi proporre a livello aziendale misure e strategie di promozione della salute e quindi della sicurezza dei lavoratori correlate alla mansione specifica di autista, considerando anche la parte extra lavorativa.

In conclusione, sensibilizzare tutto il management aziendale, forza lavoro inclusa, su un tema di assoluta attualità come quello dell’ alimentazione correlata al lavoro, risulta di fondamentale importanza nell’ambito prevenzionistico in quanto i risvolti sulla salute saranno sempre noti solo a lungo termine, quando ormai non sarà possibile tornare indietro.

2. IL CASO STUDIO: ANALISI DEI DATI

Il questionario, suddiviso in tre parti, è stato distribuito in forma anonima a tutti i lavoratori dell’azienda suddivisi nelle due mansioni di autotrasportatore (trasporto merci) ed autista (trasporto di persone), a loro volta inclusi in quattro gruppi omogenei, in base alla tipologia del turno lavorativo:

  1. Autotrasportatore con Turno giornaliero/ viaggi in giornata con rientro in serata presso la propria abitazione: 13 risposte (3%);
  2. Autotrasportatore con Trasferta (permanenza di notti fuori casa superiori ad una): 45 risposte (11%);
  3. Autista con Turno giornaliero/ viaggi in giornata con rientro in serata presso la propria abitazione: 329 risposte (84%);
  4. Autista con Trasferta (permanenza di notti fuori casa superiori ad una): 7 risposte (2%).

 

 

Struttura del questionario lavoratori

 

  • PRIMA PARTE: finalizzata alla raccolta dei dati antropometrici e fisiologici dei lavoratori (età, sesso, peso, altezza, ecc.)
  • SECONDA PARTE: incentrata sul contesto personale dei lavoratori (abitudini alimentari, conoscenze sul tema alimentazione, varietà dell’alimentazione, diversificazione della dieta, svolgimento di attività fisica, consumo di frutta e verdura, tempo impiegato per consumare un pasto, quantità di caffè assunti ogni giorno, quantità di sigarette fumate, ecc.)
  • TERZA PARTE: improntata all’analisi del contesto aziendale in termini di sensibilità dell’azienda ad una corretta educazione alimentare (valutazione dell’attenzione dell’azienda verso tematiche di corretta alimentazione, programmi di promozione della salute in azienda, adeguatezza del luogo dove effettuare la pausa pranzo, utilizzo di distributori automatici di snack e bevande gassate, utilizzo di mezzi pubblici o biciclette per recarsi a lavoro, presenza in azienda di un distributore di spremute fresche).

(fine prima parte)

Carlo Zamponi  Consigliere Nazionale AiFOS, Docente a contratto Università degli Studi di L’Aquila, Master abilitante per le funzioni di Medico Competente

Francesca Di Cesare  Tecnico della Prevenzione Azienda ULSS 3 Serenissima – UOC Servizio Igiene Alimenti Origine Animale e Derivati

Fonti: Puntosicuro.it