Un intervento si sofferma sulla gestione di contaminazione da agenti biologici nelle strutture ospedaliere. Le infezioni ospedaliere, le infezioni correlate alle pratiche assistenziali, i dati, i fattori di rischio, la sanificazione e i disinfettanti.
Le infezioni ospedaliere o nosocomiali sono quelle infezioni che, come ricordato da uno dei siti connessi all’ Istituto Superiore di Sanità, insorgono durante il ricovero di una persona in ospedale e che non erano presenti o in incubazione al momento dell’ingresso in ospedale. E in alcuni casi, le infezioni ospedaliere si possono manifestare anche dopo la dimissione dall’ospedale. E se parliamo di infezioni correlate alle pratiche assistenziali (ICA), infezioni che costituiscono la complicanza più frequente e grave dell’assistenza sanitaria e possono verificarsi in ogni ambito assistenziale, queste infezioni provocano ogni anno in Europa:
- “16 milioni di giornate aggiuntive di degenza
- 37.000 decessi attribuibili
- 110.000 decessi per i quali l’infezione rappresenta una concausa”.
E in Italia uno studio di prevalenza condotto nel 2016 in alcuni ospedali ha rilevato 1296 ICA in 1186 pazienti e le infezioni maggiormente riscontrate sono state quelle respiratorie (22,8%), seguite dalle batteriemie (18,3%), infezioni urinarie (18%), infezioni del sito chirurgico (14,4%).
Senza dimenticare che le infezioni acquisite in ospedale “comprendono anche le infezioni che il personale ospedaliero può contrarre nell’assistenza ai malati”.
A ricordare questi dati e questa problematica, che riguarda la salute sia dei lavoratori che della popolazione che accede agli ospedali, è l’intervento “Gestione di contaminazione da agenti biologici nelle strutture Ospedaliere”, a cura della Dott.ssa Francesca Pennino (Dipartimento di Sanità Pubblica – Università di Napoli «Federico II»). Un intervento che si è tenuto alla XIX edizione del convegno nazionale OspedaleSicuroDuemila22 (Napoli, 11 e 12 ottobre 2022).
Questi gli argomenti affrontati nell’articolo di presentazione dell’intervento:
- Indicazioni e provvedimenti per la lotta contro le infezioni ospedaliere
- Infezioni correlate alle pratiche assistenziali: fattori di rischio ed evidenze
- Infezioni correlate alle pratiche assistenziali: contaminazione e sanificazione
Indicazioni e provvedimenti per la lotta contro le infezioni ospedaliere
La relazione ricorda varie norme e circolari connesse alle infezioni ospedaliere, come la Circolare del Ministero della Sanità n. 52/1985 “Lotta contro le infezioni ospedaliere”, che ricorda come infezioni rappresentino uno dei più gravi problemi di Sanità pubblica.
Si fa poi riferimento ad altre circolari come la Circolare Ministeriale 8/1988 “Lotta contro le infezioni ospedaliere: la sorveglianza” in cui “vengono definiti i criteri standardizzati per la definizione e la diagnosi dei diversi siti di infezione ospedaliera e i metodi di sorveglianza”. E dove si raccomanda di utilizzare, “oltre ai dati del laboratorio, anche sistemi di sorveglianza ‘attiva’”.
Sono poi stati emanati “documenti specifici sul controllo delle ICA:
- Compendio delle misure per il controllo delle ICA;
- Raccomandazioni sul controllo della diffusione nosocomiale dello Staphylococcus aureus resistente alla meticillina (MRSA);
- Prevenzione di alcune malattie infettive, con impatto significativo anche in ambito assistenziale: morbillo, rosolia, HIV, TBC e malattie trasmesse da vettori”.
E si fa riferimento anche al Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2025 e si segnala che “nel Piano Nazionale di Contrasto dell’Antimicrobico-Resistenza (PNCAR) 2017-2020 è riportata ’importanza della prevenzione e del controllo delle malattie infettive e dell’antibioticoresistenza”.
Infezioni correlate alle pratiche assistenziali: fattori di rischio ed evidenze
L’intervento indica che riguardo alle infezioni correlate alle pratiche assistenziali (ICA) ci sono fattori di rischio intrinseci non modificabili (“età, sesso, stato nutrizionale, malattie croniche, deficit immunitari”) e fattori di rischio estrinseci modificabili (“procedure diagnostiche e terapeutiche invasive, durata dell’int. chir., durata della degenza, mancata adozione di misure generali di prevenzione”).
E le infezioni ospedaliere, in base alla modalità di trasmissione, si distinguono in:
- endogene: “quando l’infezione è sostenuta da un agente già da tempo presente nell’organismo del soggetto in causa, in veste di ospite abituale non patogeno, ma che ha acquistato patogenicità e virulenza in seguito a una grave compromissione delle difese dell’organismo”;
- esogene: sono le infezioni in cui il germe arriva al pz (paziente) “trasmesso da un altro pz (infezione crociata) o dall’ambiente ospedaliero, secondo due principali modalità”: (il contatto diretto in cui il paziente “viene a diretto contatto con la fonte di infezione (es. goccioline di saliva)” o il contatto indiretto in cui microrganismo patogeno “è trasportato dalla fonte di infezione all’ospite recettivo da un veicolo animato o inanimato (es. endoscopi, strumenti chirurgici)”.
La relazione riporta poi i fattori determinanti per la diffusione delle malattie infettive, ad esempio ricordando alcuni fattori di rischio che aumentano la probabilità di contrarre una malattia. Riprendiamo dall’intervento, a questo proposito, una slide esplicativa:
Inoltre si indica che:
- “numerose evidenze scientifiche hanno dimostrato che le superfici agiscono come reservoir per i microrganismi (contaminazione crociata)
- il 20% delle infezioni nelle organizzazioni sanitarie (IOS) origina dalla contaminazione delle superfici ambientali.
- I patogeni ESKAPE, responsabili di gravi ICA (Enterococcus faecium, S. aureus, Klebsiella pneumoniae, Acinetobacter baumannii, Pseudomonas aeruginosa e Enterobacter specie) e Clostridium difficile sono tutti in grado di sopravvivere per periodi di tempo particolarmente prolungati nell’ambiente sanitario (periodo che varia da giorni a settimane)
- Le spore di Clostridium difficile possono sopravvivere per mesi”.
E si pone anche l’esempio di “un paziente ricoverato in un ambiente dove precedentemente e stato ricoverato un altro paziente con infezione o colonizzazione di microrganismi multiresistenti”.
Infezioni correlate alle pratiche assistenziali: contaminazione e sanificazione
La relazione si sofferma poi sulla sanificazione, sulla sicurezza del paziente/operatore, attraverso l’eliminazione dello sporco visibile, la riduzione della carica microbica totale e l’eliminazione dei microrganismi patogeni.
Rimandiamo alla lettura integrale dell’intervento che riporta una scheda con le principali tipologie di disinfettanti e segnaliamo che l’efficacia del disinfettante è “influenzata da:
- natura e numero dei microrganismi
- natura del disinfettante (principio attivo e meccanismo d’azione). I più efficaci sono quelli che agiscono sugli acidi nucleici o sulla sintesi proteica
- concentrazione del disinfettante (azione tanto più rapida quanto maggiore è la concentrazione) Es.: l’alcool etilico non è attivo a concentrazioni inferiori al 60-80%
- durata dell’esposizione
- condizioni ambientali. Presenza di materiale organico, detergenti o saponi che abbattono l’efficacia del disinfettante”.
Si parla poi della disinfezione automatizzata, attraverso tecnologie no-touch con mezzi chimici e mezzi fisici, di cui vengono individuati vantaggi e svantaggi.
Si affronta poi il tema della contaminazione ambientale.
Infatti il rischio di contaminazione ambientale “è influenzato da diversi fattori (tecnologici, logistici, edilizi) e primariamente dalle procedure di sanificazione in uso (metodi, frequenze, tipologie di prodotti per la pulizia e la disinfezione). Servono “adeguati protocolli di pulizia e disinfezione”: “il 5-30% delle superfici risulta ancora contaminato dopo il trattamento”.
Viene espressa una “forte raccomandazione all’implementazione dei protocolli di pulizia e disinfezione delle superfici ad alta frequenza di contatto e per la valutazione della adesione ai protocolli, in particolare laddove si verificano situazioni endemo-epidemiche per la diffusione di infezioni da microrganismi multiresistenti (Multi-Drug Resistant Organisms, MDRO)”.
In conclusione sono riportati alcuni punti rilevanti di riflessione:
- “Riconoscere l’importanza della sanificazione delle superfici ambientali per ridurre al minimo per i pazienti e il personale sanitario il rischio di esposizione a microrganismi potenzialmente pericolosi
- L’introduzione delle nuove tecnologie, le esigenze di sostenibilità e sicurezza e le recenti direttive sui biocidi rivolte ad accrescere la sicurezza dei disinfettanti stanno determinando una evoluzione culturale nell’ambito della sanificazione, per la quale l’impiego di prodotti chimici resta comunque insostituibile
- Mutato assetto gestionale del servizio di pulizia e disinfezione (servizio esterno)”. È necessaria una “adeguata formazione di coloro che partecipano ai collegi tecnici per la stesura dei capitolati di gara, alle commissioni di valutazione delle offerte tecniche e alla direzione esecutiva del contratto.
Inoltre è importante:
- “Formazione negli operatori addetti al servizio di pulizia e disinfezione (Formazione continua).
- Promuovere la creazione di gruppi di lavoro interdisciplinari e multiprofessionali per la definizione degli standard igienici stratificati in funzione dell’area di rischio e la scelta di idonei indicatori di processo e di risultato da utilizzare nella verifica dei contratti di appalto
- Promuovere ricerche sul campo, da condurre in maniera indipendente, per la validazione di agenti, metodi e protocolli innovativi di sanificazione, in particolare per le superfici ad alta frequenza di contatto”.
Rimandiamo, in conclusione, alla lettura integrale dell’intervento, che riporta molte altre informazioni su:
- verifiche della conformità degli standard e sistema di valutazione e controllo
- cosa presidiare per tendere ad un ambiente sicuro in termini di pulizia e disinfezione delle superfici
- monitoraggio ambientale
- metodo di controllo biochimico ambientale (bioluminescenza)
- contaminazione microbiologica dell’aria
- aria: campionamento attivo e passivo
- superfici: campionamento
- valori di contaminazione microbica dell’aria.
Tiziano Menduto
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Fonti: Università di Napoli, Puntosicuro.it,