Un documento Inail sulla valutazione della qualità dell’aria nei luoghi di lavoro si sofferma sulle sostanze di origine antropica. Le sostanze emesse attraverso la traspirazione/sudorazione, la respirazione e le soglie di accettabilità.
Riguardo alla qualità dell’aria negli ambienti di lavoro indoor sono quattro le possibili tipologie di sostanze inquinanti:
- “le sostanze generate dagli occupanti;
- le sostanze generate dai materiali edilizi e di arredo;
- le sostanze generate dalle lavorazioni eseguite;
- le sostanze presenti nell’aria esterna (particolato e gas/vapori), immesse all’interno dalla ventilazione naturale o meccanica”.
E quando le concentrazioni di una o più di tali sostanze “sono tali da risultare dannose/ pericolose, il datore di lavoro è tenuto alla valutazione del rischio per la salute per esposizioni a sostanze pericolose (d.lgs. 81/2008 Titolo IX)”.
A dirlo è il documento Inail, elaborato dalla Direzione regionale per la Campania, “ La valutazione della qualità dell’aria nei luoghi di lavoro. Benessere, performance”, che non considera l’esposizione al fumo, “di fatto vietata nei luoghi di lavoro chiusi ai sensi dell’art. 51 “Tutela della salute dei non fumatori” della legge 3/2003”.
In particolare, si sottolinea che se “nessuna delle sostanze sopra elencate è presente in concentrazioni tali da risultare dannosa/pericolosa, la valutazione da effettuare è relativa all’entità dell’eventuale disturbo arrecato dalla qualità dell’aria indoor (IAQ)”. Un elemento che potenzialmente concorre, “assieme ad altri elementi quali l’ambiente termico, acustico e luminoso, ad impedire che gli individui presenti avvertano quella generale sensazione di soddisfazione per l’ambiente, comunemente definita ‘benessere’ o ‘ comfort’. Ed è di questo caso che si occupa la pubblicazione.
Dopo aver già presentato nel dettaglio il documento, riprendiamo oggi alcune indicazioni sulle possibili sostanze di origine antropica presenti nell’ aria indoor.
L’articolo si sofferma sui seguenti argomenti:
- Le sostanze di origine antropica: la traspirazione/sudorazione
- Le sostanze di origine antropica: la respirazione
- Le sostanze di origine antropica: le soglie di accettabilità e l’insoddisfazione
Le sostanze di origine antropica: la traspirazione/sudorazione
Il documento – a cura di Michele del Gaudio, Daniela Freda, Pasquale Avino e Paolo Lenzuni – si sofferma sulle sostanze di origine antropica che sono generalmente divise “fra quelle emesse attraverso la traspirazione/sudorazione, e quelle emesse attraverso la respirazione”.
Le prime – le sostanze emesse per traspirazione/sudorazione – sono generalmente note come bioeffluenti (composti chimici derivati dai processi metabolici) e “rappresentano una famiglia molto numerosa di sostanze spesso presenti in concentrazioni minime”. E nonostante alcuni progressi tecnologici (“naso artificiale”), “una misura affidabile di tali sostanze risulta ad oggi molto difficile per non dire impossibile”.
Tuttavia la loro consistenza può essere stimata con buona precisione “grazie alla esistenza di una ottima correlazione lineare fra l’emissione dei bioeffluenti e l’emissione (associata alla respirazione) di CO2. Tale correlazione nelle emissioni ne implica un’altra, anch’essa lineare nelle concentrazioni”.
In particolare se la concentrazione di bioeffluenti nell’aria esterna è trascurabile e la concentrazione di CO2 nell’aria esterna non lo è affatto, “la correlazione che si stabilisce è fra la concentrazione assoluta dei bioeffluenti e la concentrazione differenziale (interno – esterno) di CO2” (indicata per brevità con il simbolo ΔCO2).
Le sostanze di origine antropica: la respirazione
Veniamo alle sostanze emesse per respirazione.
Queste sostanze “formano anch’esse una famiglia molto numerosa, che si è scelto di rappresentare mediante la sostanza con la concentrazione più elevata (a parte il vapore acqueo) nell’aria espirata, ovvero la CO2”. E tale sostanza “risulta pertanto coinvolta nella valutazione dell’inquinamento di origine antropica sia come tracciante dei bioeffluenti emessi nella traspirazione, sia come descrittore del processo di respirazione”.
Se “si è molto discusso, ed in una certa misura si continua a discutere”, riguardo al “possibile ruolo della CO2 come agente inquinante in sé”, molti studi indicano che “le concentrazioni alle quali la CO2produce un effetto negativo, sia sulla percezione della IAQ sia sulla performance, sono nettamente superiori a quelle alle quali essa indica, come tracciante, la presenza di sostanze bioefluenti in quantità chiaramente percettibile (Zhang et al. 2017)”.
Se la valutazione di accettabilità delle sostanze di origine antropica “si esegue mediante la concentrazione differenziale di CO2”, tale quantità risulta “direttamente collegata alla concentrazione di sostanze bioeffluenti, e di conseguenza al sistema percettivo umano, e quindi per essa è possibile individuare alcune soglie assolute che non vanno superate”.
Le sostanze di origine antropica: le soglie di accettabilità e l’insoddisfazione
Veniamo alle soglie di accettabilità.
Essendo mancanti delle indicazioni quantitative nella legislazione italiana, “il riferimento per le soglie di accettabilità della concentrazione di CO2diventa la normativa tecnica, ed il documento cardine in questo senso è la norma UNI EN 16798-1” (Prestazione energetica degli edifici – Ventilazione per gli edifici – Parte 1: Parametri di ingresso dell’ambiente interno per la progettazione e la valutazione della prestazione energetica degli edifici in relazione alla qualità dell’aria interna, all’ambiente termico, all’illuminazione e all’acustica).
Riprendiamo dal documento, a questo proposito, una tabella con le soglie di accettabilità per la concentrazione differenziale di CO2 (le “soglie vengono fornite non sulla concentrazione assoluta ma sulla concentrazione differenziale”, interna/esterna, ΔCO2):
Per avere poi un’idea di quali siano “le concentrazioni indoor associate a queste soglie di accettabilità è necessario stabilire quali siano le tipiche concentrazioni outdoor”.
Si indica (vengono presentati vari studi) che “possiamo indicare come valori tipici 520 ppm per un ambiente urbano e 455 ppm per un ambiente rurale” e il limite differenziale della categoria II, “che probabilmente troverà applicazione nella maggior parte dei casi, conduce pertanto ad un limite sulla concentrazione indoor di CO2fra 1255 ppm (rurale) e 1320 ppm (urbano), decisamente più elevato del limite di 1000 ppm divenuto popolare a partire dagli anni ‘80”. E i limiti sulla concentrazione indoor delle categorie III e IV “si collocano invece fra 1805 e 1870 ppm”.
Rimandiamo alla lettura del capitolo sui criteri di classificazione che riporta anche indicazioni dettagliate sulle categorie. Anche in questo caso riprendiamo una tabella:
Ricordando che la qualità dell’aria interna “è considerata accettabile quando in essa non sono presenti inquinanti in concentrazioni dannose, secondo quanto stabilito dalle autorità competenti, e quando una larga maggioranza delle persone esposte (80% o più) non esprime insoddisfazione verso di essa” (ANSI/ASHRAE), il documento si sofferma anche sulla percentuale di insoddisfatti associata alla concentrazione di CO2”.
Si segnala che “essendo la concentrazione differenziale ΔCO2 strettamente correlata con la concentrazione di sostanze bioeffleuenti, ed essendo quest’ultima la principale causa del discomfort prodotto da una modesta qualità dell’aria, è logico attendersi che ΔCO2 sia un buon predittore della percentuale di insoddisfatti PD” (Percentage of Dissatisfied). E le cose “stanno in effetti in questi termini”.
Rimandiamo, in conclusione, alla lettura integrale del capitolo 4 sulle sostanze di origine antropica che riporta ulteriori dettagli sulle percentuali di insoddisfatti, sulla quantificazione dell’accettabilità della qualità dell’aria e sulle soglie per la concentrazione differenziale.
Scarica il documento da cui è tratto l’articolo:
Inail – Direzione regionale Campania, “ La valutazione della qualità dell’aria nei luoghi di lavoro. Benessere, performance” – Responsabile scientifico Michele del Gaudio – Autori: Michele del Gaudio (Inail, Direzione regionale Campania, Unità Operativa Territoriale di Avellino), Daniela Freda (Inail, Dipartimento DIT), Pasquale Avino (Università degli Studi del Molise, Dipartimento Agricoltura, Ambiente e Alimenti) e Paolo Lenzuni (Inail, Direzione regionale Toscana, Unità Operativa Territoriale di Firenze) – Collana Salute e Sicurezza, edizione 2023. (formato PDF, 5.36 MB).