Come arrivare ad un’idonea progettazione e verifica delle misure di prevenzione e protezione del rischio chimico? Qual è la giusta sequenza logica per favorire un’adeguata tutela? Ne parliamo con Celsino Govoni dell’Ausl di Modena.

Come ricordato più volte durante la campagna europea 2018/2019 “ Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro in presenza di sostanze pericolose” l’esposizione alle sostanze pericolose negli ambienti lavorativi è molto più comune e problematica di quanto s’immagini. E le sostanze pericolose nel luogo di lavoro, siano esse agenti chimici pericolosi o agenti cancerogeni/mutageni, “possono causare un’ampia gamma di problemi di salute e costituire anche un rischio per la sicurezza dei lavoratori”.

A ricordarlo è la presentazione di un recente convegno che si è tenuto ad Ambiente Lavoro il 2 dicembre 2021 e dal titolo “REACH-OSH_2021 – MISURAZIONI E MISURE – Modelli organizzativi, Campionamento, Analisi chimica, Misure generali e specifiche di Prevenzione e Protezione”.

Il convegno – organizzato da Inail, Regione Emilia-Romagna e Ausl di Modena – si è soffermato sulle misure nell’ambito della gestione del rischio chimico.

A questo proposito ricordiamo che, come normato dal D.Lgs. 81/2008 (TU) in relazione al rischio chimico, il datore di lavoro – in applicazione del Titolo IX Capi I e II del TU – deve fare una valutazione dell’esposizione. Una valutazione che deve avvenire periodicamente e ogni qualvolta si modifichino le condizioni che possono influire sull’esposizione ad agenti chimici, a meno che si possa dimostrare di avere conseguito, con specifiche misure di gestione del rischio, un effettivo ed elevato livello di prevenzione e di protezione.

Ma quali sono le criticità che nel mondo del lavoro riguardano le misure di prevenzione e protezione? Come arrivare ad un’idonea progettazione e un’adeguata verifica di queste misure?

Per rispondere a queste domande abbiamo intervistato Celsino Govoni (Dirigente Chimico Ausl Modena, Dipartimento Sanità Pubblica dell’AUSL di Modena), referente del convegno REACH-OSH 2021 e uno dei relatori dell’intervento dal titolo “Progettazione e verifica delle misure di prevenzione e protezione”.

Come sempre diamo ai nostri lettori la possibilità di ascoltare integralmente l’intervista e/o di leggerne una parziale trascrizione.

L’intervista si sofferma sui seguenti argomenti:

  • Sicurezza chimica e misure: la progettazione e la verifica
  • Sicurezza chimica: la valutazione, il miglioramento e la saldatura

Sicurezza chimica e misure: la progettazione e la verifica

Partiamo dalle criticità. Quali sono le principali criticità nell’adozione di idonee misure di prevenzione e protezione per quanto riguarda il rischio chimico nelle aziende?

Celsino Govoni: Il tema è stato trattato durante l’iniziativa del 2 dicembre, che tratta appunto gli aspetti legati alle misurazioni e le misure. Ormai non si parla più di rischio chimico, perché ovviamente il rischio chimico è basato su un pericolo in relazione a un’esposizione, ma se tu non conosci l’esposizione fai fatica a parlare di rischio.

Quindi si parte sempre dal presupposto della sicurezza chimica. Il leit motiv delle due iniziative che si sono svolte sia il primo che il 2 dicembre a Bologna hanno riguardato il tema della sicurezza chimica partendo dall’individuazione del pericolo e poi, a seguito della valutazione del rischio e della valutazione dell’esposizione, l’adozione delle misure di prevenzione e protezione.

La misura di prevenzione e protezione è intesa come misura tecnica che viene adottata per evitare l’esposizione dei lavoratori, in questo caso alle sostanze chimiche, ed è chiaro che le criticità legate le misure di prevenzione e protezione nascono dalla valutazione del rischio che deve essere prodotta. Dopodiché, a seguito di una corretta valutazione del rischio o di una corretta valutazione dell’esposizione, nel caso che io andassi a misurare e quindi effettuare le misurazioni, dovrei adottare le misure di prevenzione e protezione.

O, detto secondo i canoni del regolamento ReachRisk Management Measures, quindi misure di gestione del rischio, che nel contesto del decreto 81 sono le misure di prevenzione e protezione.

Quindi le criticità legate all’adozione delle misure di prevenzione e protezione in realtà sono legate alla conoscenza del pericolo, in relazione all’esposizione e quindi al rischio.

Ma soprattutto io devo essere in condizione di sapere come si progettano queste misure di prevenzione e protezione. Cioè la criticità è legata al fatto che chi progetta queste misure le progetta in maniera standard, non considerando l’effettivo rischio presente nei luoghi di lavoro, l’effettiva presenza degli agenti chimici; ad esempio nel senso della diffusione, nel senso delle condizioni di contorno, delle correnti interferenti, tutti quegli aspetti che vanno a condizionare il flusso degli agenti chimici presenti nell’aria, qualora questi agenti chimici non riescano ad essere captati dalle misure di prevenzione.

In questo caso quando parliamo di misure di prevenzione parliamo di impianti di ventilazione localizzata o impianti di ventilazione generale. Nel momento in cui ragioniamo in termini di protezione ragioniamo sui dispositivi di protezione individuale.

Quindi la criticità legata a queste misure è nella progettazione, ma anche nella scelta del migliore dispositivo di prevenzione collettiva o di protezione individuale.

Cioè la criticità può essere legata al fatto che io non sia nella condizione ottimale di definire, ad esempio, la conformazione di una cappa (quando si parla di un impianto di aspirazione localizzata), o di prevedere qual è la distanza che devo utilizzare nel momento in cui faccio un’attività (distanza dalla cappa di aspirazione o dal punto di aspirazione rispetto al punto di emissione degli inquinanti).

È importante comprendere come si faccia a progettare, ed è importante non solo per l’organo di vigilanza, ma anche per le imprese devono saper progettare. E molte volte si lascia fare la progettazione senza fornire i dati legati alla valutazione dei rischi. Questo è un problema.

L’organo di vigilanza, dal suo punto di vista, invece, non è sempre detto che sappia progettare e quindi se non sa progettare non sa neanche decidere quali siano le misure di prevenzione e protezione, le misure tecniche, migliori da adottare.

L’altro elemento, dopo la progettazione, che rappresenta una criticità, è la verifica.

Cioè io devo verificare quello che ho progettato e installato attraverso una metodologia che passa, appunto, dal verificare le distanze dal punto di emissione al punto di respirazione del lavoratore o comunque al punto di esposizione del lavoratore in generale (potrebbe essere anche un’esposizione di altra natura, ad esempio cutanea).

Io devo seguire un percorso per verificare se quelle misure di prevenzione, in questo caso collettive perché parliamo di impianti, siano state e siano veramente efficaci oltre ad essere efficienti.

Quindi la sequenza logica che è stata adottata in queste iniziative è proprio quella di partire dal pericolo, dalla conoscenza del pericolo, dalla comunicazione del pericolo, per passare attraverso il concetto di valutazione del rischio e, sulla base del rischio, essere in grado di scegliere in maniera corretta e adeguata le misure di prevenzione e protezione che, ovviamente, devono seguire dei canoni di progettualità e di installazione. Ma questi canoni di progettazione ed installazione devono poi essere verificati per valutare se effettivamente è stato fatto tutto nella direzione di un’adeguata tutela della salute e sicurezza del lavoratore.

Sicurezza chimica: la valutazioneil miglioramento e la saldatura

Quali strumenti sono necessari, oltre ai convegni informativi come il vostro, per arrivare a un miglioramento in Italia e in Europa nella progettazione e verifica delle misure di prevenzione e protezione?

C.G.: Il convegno ha l’utilità di dare informazioni sul percorso da seguire per arrivare a un miglioramento delle condizioni lavorative. C’è da dire che, nel caso del rischio chimico, la valutazione del rischio si esegue prima di iniziare a lavorare, non mentre che si lavora.

Per cui dopo che è stata fatta una valutazione del rischio, prima di iniziare a lavorare io adotto le misure di prevenzione e protezione.

Dopo che si è iniziato a lavorare e sulla base di quello che ho adottato, valutando anche l’esposizione dei lavoratori, è auspicabile, in caso di non conformità, di andare verso una valutazione e una riprogettazione e miglioramento di queste misure adottate inizialmente.

Per cui l’elemento di diversità che esiste fra gli altri cinque rischi presenti nei luoghi di lavoro è proprio questo, che io, dal punto di vista degli obblighi, come datore di lavoro, dovrei fare un percorso di valutazione basato sui dati presenti, di progetto, sulla carta, ma poi dovrei modificare quello che avrò adottato, prima di iniziare a lavorare, sulla base sulla base di quello che ho effettivamente costruito.

L’esempio è banale: se io ho un processo di saldatura, se la mia lavorazione è una saldatura, so già che per poter eseguire la saldatura in una postazione di lavoro fissa dovrò adottare un impianto di aspirazione, ad esempio a proboscide o con altra tecnologia. Dopodiché, nei confronti del lavoratore, dovrò fornire indicazioni: lui dovrà mantenere, sulla base della progettazione, quell’aspirazione a una distanza non superiore a un certo valore.

(…)

Riguardo alla saldatura la postazione potrebbe essere seguita, dunque, da una proboscide, e questa proboscide ha una conformazione in cui la velocità di cattura sul fronte della cappa deve essere maggiore di 5 m/s, da 5 a 8 m/s. Per cui se io già ho una cappa che non ha queste prestazioni di velocità, sul fronte della cappa stessa, so già che quell’impianto sarà un impianto chiaramente inefficiente e potrebbe essere anche inefficace il più delle volte, perché non potrò andare troppo vicino al fronte. Non riuscirò, come saldatore, a vedere bene quello che sto facendo… Quindi dovrei, in questo caso, saldare al buio…

Non posso pensare di iniziare a fare la saldatura senza aver installato una misura di prevenzione collettiva, quindi un impianto di aspirazione. Questo è l’elemento essenziale che abbiamo come caratterizzazione del rischio, per il quale io dovrà adottare una misura generale di tutela. Poi è chiaro che la misura specifica potrebbe essere legata ad un miglioramento ulteriore, in funzione anche delle modalità lavorative. Ma questo lo considero in un momento successivo.

Articolo e intervista a cura di Tiziano Menduto e puntosicuro.it